Chi manda le onde - di Fabio Genovesi (2015)
Forte dei Marmi, Versilia. Luna è una bambina albina, ci vede poco a causa della sua condizione, ma è amata dalla madre Serena e dal fratellone Luca. Se Luna è una sorta di emarginata a scuola, Luca è l'esatto opposto: bello, carismatico, le ragazze fanno la fila per lui, i ragazzi vogliono tutti essergli amici. Del padre di Luna e Luca, non se ne sa niente, e Serena ha da sempre custodito gelosamente questo segreto. Serena è una quarantenne bellissima anche appena sveglia, che nella vita non ha combinato granché, ad esclusione di questi due figli, per lei splendidi entrambi, naturalmente. Fa la parrucchiera, vive insieme ai figli nella casa di famiglia (che, però, il resto della famiglia vuole vendere, come tutti a Forte dei Marmi, ai russi, che ristrutturano, sbancano, e impiantano ville inguardabili ovunque), guida un'auto vecchissima, non vuol saperne degli uomini, e riesce a stento a mettere insieme il pranzo con la cena.
A scuola con Luna c'è Zot, un bambino ucraino di Chernobyl arrivato qua per un programma di aiuti, che vive con Ferro, un vecchio sempre incazzato che possiede una dozzina di fucili proprio per non vendere ai russi. Zot lo chiama "nonnino", e insieme vivono nella cosiddetta "casa dei fantasmi", per via di una storia di partigiani. Luna e Zot solidarizzano tra di loro, in quanto emarginati entrambi. Zot parla un italiano perfetto, perfino troppo educato e arcaico, suona una fisarmonica bucata e ascolta Claudio Villa.
E poi c'è Sandro, altro quarantenne che nella vita ha combinato ancora meno di Serena. Lui aveva grandi progetti rivoluzionari, era un punk, voleva vivere di musica, essere alternativo fino in fondo. A quarant'anni suonati vive ancora con i genitori, guadagna qualche soldo con espedienti a volte normali, a volte buffi, ed è inseparabile dai suoi due amici di sempre, Rambo e Marino, altri due quarantenni che non hanno mai combinato un cazzo nella vita.
Vi ho già parlato di Genovesi in occasione dei suoi precedenti Versilia Rock City, Esche vive e del mini-saggio Morte dei Marmi. Mi tocca ripetermi anche stavolta: il ragazzo ci sa fare, e tra l'altro, consolida una sorta di interessante new wave di scrittori toscani, voglio citare solo il pisano Malvaldi e il pratese Nesi, (ma ce ne sono altri e ne parleremo) giusto perché dopo aver letto questo Chi manda le onde ho letto proprio, a ruota, due libri di questi altri due toscani.
Rischiando di ripetersi (ambientazione praticamente identica a quella di Versilia Rock City, quella di Esche vive cambiava solamente di qualche chilometro), il Genovesi prende lo sfondo che ama (il suo luogo d'origine, alcune delle sue passioni, tipo la musica, usata comunque con parsimonia, ma con tocchi di classe; quando l'ho visto, ho pensato che un libro che intitola un capitolo Il doppio manico di Jimmy Page doveva essere bello per forza), non manca di ricordarci il periodo che stiamo vivendo e da dove veniamo, e ci racconta delle storie piccole, ispirate a storie vere, apparentemente insignificanti, eppure bellissime, meravigliose, forse a lieto fine ma non senza dolore.
Lo fa scrivendo in maniera colloquiale anche quando non scrive dialoghi, inserendoci un po' di vernacolo (che fa tanto bene al cuore, credetemi), risultando quindi molto comprensibile; ciò non toglie che, dietro questa patina di semplicità, le storie di Genovesi non siano storie universali, e che non possano toccare il cuore. Anzi.
"Vai in macchina con Luna, ti ci porto io a casa. Veloce!"
"Lungi dal volerla offendere signora, però io non la conosco, non so se posso fidarmi."
"Ma che te ne frega? Al massimo ti picchio, ma tanto ti picchiano tutti, cosa ti cambia? Vai alla macchina con Luna e aspettatemi lì."
"Si, ma non mi pare una scelta ponderata, non..."
"E vai, cazzo!", lo prendi per un braccio e lo spingi via. Luna lo chiama, lui la raggiunge e finalmente partono verso la macchina, mentre la mamma di Damiano arriva con le caviglie enormi e i capelli di quel biondo tinto che in una nazione seria sarebbe illegale.
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