No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20100329

bronzi


Da Internazionale nr.833, un fatto del quale si è occupato di recente anche il Venerdì di Repubblica, e che pare interessante.


Duecento immigrati per ridare vita a Riace


Juliane von Mittelstaedt, Der Spiegel, Germania


Un sindaco calabrese punta sugli stranieri per ripopolare il suo paese. Dà loro vitto e alloggio in cambio della manodopera. Ma la ’ndrangheta non è contenta


Domenico Lucano, 51 anni, è il sindaco di Riace, un paese calabrese con tre chiese, due santi patroni, greggi di pecore che pascolano sulle colline circostanti e filari di mandarini che crescono nelle valli. Fino a non molto tempo fa Riace stava rapidamente diventando una città fantasma. Gli abitanti se ne andavano in cerca di fortuna a Milano, Torino, Genova, in Germania o negli Stati Uniti. La popolazione si era ridotta così drasticamente che in paese non c’erano neanche un bar, un ristorante o una macelleria. A scuola non c’erano abbastanza bambini per formare le classi. Ma questo succedeva prima che il sindaco decidesse di ridare vita al paese accogliendo gli immigrati provenienti da Somalia, Eritrea, Afghanistan, Bosnia, Iraq e Libano. Tutto è cominciato dodici anni fa con l’arrivo di un barcone. Era il 1 luglio 1998. Lucano, che all’epoca era insegnante, stava guidando lungo la costa quando vide un gruppo di persone che camminava sulla riva. Erano profughi curdi, almeno trecento tra uomini, donne e bambini, che erano arrivati su una spiaggia vicino al suo paese. In quello stesso punto, nel 1972, erano state ritrovate sul fondale marino le due statue di bronzo che hanno reso famosa Riace in tutto il mondo. Secondo Lucano era un segno. “Il vento ci ha portato un carico speciale. Chi siamo noi per rifiutarlo?”, si è detto. Nell’antichità i greci avevano attraversato il Mediterraneo fino alla Calabria, poi erano arrivati gli arabi e i normanni. Ora era il momento dei rifugiati curdi. Lucano li ha accolti in paese, guadagnandosi il soprannome di “Mimmo dei curdi”. Poi ne sono arrivati altri, che fuggivano dalle guerre e dalla povertà. Lucano ha deciso di creare un luogo dove i rifugiati e gli abitanti di Riace potessero vivere e lavorare fianco a fianco, un villaggio globale nell’angolo più povero di una delle regioni più povere d’Italia. È nata così un’associazione dal nome ambizioso: Città futura.
I poveri salvano il centro
La popolazione europea è in calo e l’Italia ha uno dei tassi di natalità più bassi del continente. Ma Lucano è convinto di aver trovato un modo per stimolare la crescita demografica: accogliendo i rifugiati nelle località che si stanno spopolando. Secondo lui, in queste zone ci sono meno probabilità che gli abitanti abbiano paura di un’invasione. La sede dell’associazione Città futura è a palazzo Pinnarò. Anche dopo essere stato eletto sindaco nel 2004, Lucano ha mantenuto qui il suo ufficio. Lavora alla sua vecchia scrivania di legno, circondato da cartine geografiche, un disegno di Che Guevara e un poster che ritrae i ribelli zapatisti messicani. È un uomo piccolo con dei grandi sogni. La sua parola preferita è utopia. Non è iscritto a nessun partito e quando si è candidato come sindaco ha basato la sua campagna elettorale su un’idea semplice: i più poveri dei poveri avrebbero salvato Riace e, in cambio, Riace avrebbe salvato loro. Ha vinto le elezioni. Da allora Lucano assegna ai rifugiati le case vuote del centro storico medievale. Gli stranieri ricevono vitto e alloggio e non pagano l’elettricità. In cambio devono imparare l’italiano e lavorare. Le donne fabbricano prodotti artigianali e gli uomini ristrutturano le case, che poi sono date in affitto ai turisti. Helen viene dall’Etiopia ed era incinta di otto mesi quando è arrivata su un barcone. Ha imparato a tessere la lana per realizzare dei prodotti tipici calabresi di alta qualità. Mohammed, un iracheno minacciato dai miliziani dell’esercito del Mahdi, vende il kebab e fa il muratore. Shukri, un donna somala di 23 anni, talmente minuta che ne dimostra tredici, ha due figli e lavora il vetro soffiato con cui crea delle farfalle. A Riace vivono 220 immigrati e milleseicento riacesi. Il sindaco spera che presto la popolazione torni a tremila abitanti. I nuovi residenti aprono negozi e mandano i figli a scuola, mentre i turisti vanno a Riace per acquistare i prodotti d’artigianato. “Un luogo da cui le persone se ne andavano è diventato un luogo d’accoglienza”, dice fiero Lucano. Qualche settimana fa, dopo la rivolta scoppiata nella vicina cittadina di Rosarno, Lucano ha rilasciato un’intervista televisiva in cui diceva che Riace avrebbe accolto i braccianti africani che erano scappati. Poco tempo dopo tre ragazzi della Guinea si sono presentati alla sua porta. Uno di loro aveva una ferita d’arma da fuoco all’anca. Lucano gli ha spiegato le regole: avrebbero ricevuto due euro al giorno per le piccole spese e cinquecento euro al mese per i lavori che avrebbero svolto. I ragazzi erano sbalorditi. Sembra quasi troppo bello per essere vero, ma l’idea funziona. Lucano è riuscito a convincere sia gli anziani del paese, che avevano paura degli immigrati, sia i giovani, che temevano di perdere il lavoro. Città futura è il datore di lavoro più importante, sia per i profughi sia per la gente del posto. Ma c’è qualcuno che non è affatto contento di non avere più il controllo di Riace: la ’ndrangheta. Gli uomini dei boss mafiosi hanno avvelenato i tre cani di Lucano e hanno sparato due proiettili contro la porta della taverna Donna Rosa, gestita dall’associazione.
Un buon segno
Lucano, però, considera queste minacce un complimento e un segno che ha fatto bene il suo lavoro. Due comuni vicino a Riace hanno già adottato il suo approccio e la regione Calabria ha approvato una legge che permetterà ad altri paesini di seguire il suo esempio. I politici fanno continui pellegrinaggi a Riace e nell’autunno del 2009 è arrivato perfino il regista tedesco Wim Wenders. Wenders voleva girare un film sui profughi che sbarcano sulle coste dell’Italia del sud, ma ha finito per realizzare una via di mezzo tra un documentario e un film hollywoodiano di ventisette minuti, girato in 3D, su Riace e i suoi nuovi abitanti. Il titolo è Il volo. Poco tempo dopo a Berlino, dove erano appena finite le celebrazioni per il ventesimo anniversario del crollo del muro, Wenders ha detto: “La vera utopia non è la caduta del muro, ma quello che è stato realizzato in Calabria, a Riace”. Lucano ha stampato le parole di Wenders sui biglietti d’auguri per il 2010, che ha spedito in tutto il mondo nella speranza che il miracolo di Riace si difonda anche altrove.

1 commento:

Cladinè ha detto...

GRANDE INIZIATIVA