No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20100325

Maarakat madinat al Jazaer


La battaglia di Algeri - di Gillo Pontecorvo 1966




Giudizio sintetico: da vedere (3,5/5)
Giudizio vernacolare: firmone!



Tramite un flashback nei ricordi di Ali La Pointe, attivista dell'FLN (Front de Libération Nationale), organo algerino che ha combattuto per l'indipendenza dalla Francia, che governava l'Algeria dal 1830, vengono ripercorsi i fatti accaduti ad Algeri dal 1954 al 1957, con chiusura sulla successiva sollevazione del 1960.


Vediamo come si organizzò l'FLN ad Algeri, eliminando con la forza la malavita dalla Casbah, in modo da porre le basi per un'appoggio completo della popolazione araba, come fu organizzata la struttura del fronte, l'escalation delle azioni di guerriglia urbana che portarono alla militarizzazione del perimetro della Casbah stessa, le contromosse dei civili francesi, i primi attentati sanguinosi ai danni di obiettivi non militari, l'arrivo dei paracadutisti comandati dal colonnello Mathieu (ispirato al comandante Jacques Massu), che diede il via ad una massiccia e duratura operazione, che effettivamente decapitò l'FLN (e qui torniamo all'inizio, quando comincia il flashback di La Pointe); ma, evidentemente, non placò la voglia di indipendenza di almeno una parte piuttosto importante della società civile algerina, che nonostante le diverse proposte francesi, allarmate da anni di turbolenze, non era mai stata veramente presa in considerazione per essere "elevata" e riscattata da una povertà diffusa.




E' interessante guardare questo film, ancora oggi molto citato, con occhi attuali, alla luce di questa sorta di divisione tra mondo europeo e mondo arabo che si è venuta a creare ultimamente, come pure è interessante leggere le recensioni d'epoca (qui ne trovate alcune), tutte molto acute, ancorchè schierate, e tenere conto dell'epoca in cui il film uscì (1966), o non uscì (in Francia proibito fino al 1972), delle reazioni che suscitò in Francia (bombe), e pure in Algeria (malcontento e proteste).


Il film appare piuttosto moderno nell'uso del flashback, come pure fuori dagli schemi con la negazione di un protagonista principale, se escludiamo l'antipatico colonnello Mathieu, nel quale lo spettatore, crediamo, non si voglia identificare, anche se alla fine si rivela il più profetico, e l'unico che spiattella scottanti verità. Piuttosto obiettivo e molto attento a conservare una certa equidistanza, ad osservare quantomeno le ragioni di entrambi gli schieramenti, anche se, forse, si dimentica la gente comune, Pontecorvo, forse impedito dalle convenzioni, forse dal budget, commette però un errore che, stranamente, notò a suo tempo Gian Luigi Rondi (e dico stranamente perchè difficilmente mi trovo d'accordo con lui, e non solo perchè Pasolini gli disse "sei così ipocrita che quando l'ipocrisia ti avrà ucciso, sarai all'inferno, ma ti dirai in paradiso", ma proprio perchè mi sembra sempre che veda un altro film, quando lo ascolto parlare di qualcosa che ho visto, anche se, per dirla proprio tutta, lui è sicuramente più accreditato di me per parlare), evidenziando che "I dialoghi non sono tutti egualmente asciutti e verosimili (specie in un film il cui nudo realismo documentario non consente di accettare facilmente la convenzione di una lingua italiana letteraria parlata indiscriminatamente da algerini della Kasbah e da paracadutisti francesi, per di più doppiati da voci convenzionali e stereotipate)"; verissimo. Strano che a dirlo sia un così influente critico italianissimo (nonchè ex Presidente della Biennale di Venezia e attuale sovraintendente della Festa del Cinema di Roma), quindi mi sarei aspettato da lui una crociata per, almeno, una quota di film in lingua originale nelle sale italiane, ma ancora non ne ho notizia.

Chiusa la parentesi, c'è da notare anche come il film, nonostante non sia velocissimo anche nelle scene di azione, sia invece scandito da un montaggio mozzafiato, per l'epoca, e da intelligenti espedienti che scandiscono le scene e il passare del tempo, l'escalation del conflitto (uno su tutti, le "aperture" sulle telefonate dei giornalisti alle redazioni, ma l'attenzione per alcuni particolari perdura per tutte le due ore di film). Bianco e nero asciutto, musica a cura di Morricone e dello stesso Pontecorvo interessante, anche se in un paio di occasioni troppo "presente" e poco dentro allo spirito realista del film.

Comunque, un lavoro molto interessante.

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