No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20110107

Aziz


Farsan - di Josef Fares (2010)

Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Giudizio vernacolare: popo' di figura lulì

Svezia, Trollhattan, una cittadina iper-tranquilla. Aziz (probabilmente detto Farsan, così lasciano intuire le note del cast) è un uomo di mezza età che, nonostante sia vedovo da oltre 10 anni, vive la sua vita con il sorriso sulle labbra. Immigrato in Svezia dal Medio Oriente, integratosi perfettamente, è sempre sorridente, pronto allo scherzo, disponibile e pieno di energie. Pieno di attenzioni verso il figlio Sami e la moglie Amanda, è eccitatissimo, visto che la nuora è incinta, e a breve quindi avrà un nipotino.
Ma la verità è che Sami è sterile, e la giovane coppia è in attesa di ricevere un bambino in adozione, ma non riescono a trovare il modo per dirlo ad Aziz. Sami pensa che il padre è troppo concentrato su questo nipote, e crede che ridestare il suo interesse per le donne gli permetterebbe di allentare la tensione, e trovare il coraggio per dirgli la verità.
Nel frattempo, il collega di Aziz, Juan, altro immigrato, spagnolo questa volta, e il padrone del negozio di biciclette dove lavorano entrambe, Jorgen, hanno tutti e due le loro preoccupazioni. Juan non riesce ad accettare che il suo cane Dino sta morendo, e Jorgen è convinto che la moglie Lotta sia attratta da uomini più virili di lui.

Josef Fares è un regista svedese, ma è nato in Libano, ed è emigrato in Svezia con la sua famiglia quando lui aveva 10 anni. In Italia di lui abbiamo visto Jalla! Jalla! del 2000, e Kops del 2003, due film deliziosi e assolutamente esilaranti. Il primo affronta con allegria il problema dell'immigrazione e dell'integrazione, il secondo parte da un problema di bilancio svedese. Di solito fa recitare il padre (Jan Fares, qui Aziz), a volte il fratello, l'amico e qui cosceneggiatore Torkel Petersson (Jorgen), poi completa il cast con ottimi attori da noi sconosciuti, e lavora quasi sempre con budget molto bassi, scegliendo storie semplici, a volte semplicissime. Grande senso dell'umorismo, intuizioni geniali, amore per la vita, buona tecnica, fotografia semplice e luminosa.
Questo film non è uscito in Italia, e dubito ci arriverà mai, ed è un peccato. Se vi fate un giro in rete, l'aggettivo più usato per definire questo "piccolo" film è "caldo", nonostante arrivi dalla Svezia. Sarà per le origini libanesi, sarà perché, come ebbi già a dire in occasione di Kops, Fares per me è un genietto, anche scegliendo un registro meno ilare (ma non crediate che non si rida, anzi, ci sono momenti di divertimento assoluto, come questo) e, soprattutto nel finale, più sentimentale, è impossibile rimanere impassibili di fronte a un ennesimo film delizioso come questo.
Con questo suo tocco delicato ed ironico, Fares affronta ancora una volta i temi dell'immigrazione dal punto di vista delle tradizioni, come pure quelli della famiglia, dell'adozione, dell'amicizia e della morte, a volte con una tale leggerezza da non farsene neppure accorgersene, nell'immediato. Ma, come sempre, ed è per questo che è uno da tenere d'occhio, diverte con tatto, tocca, e commuove. Come troverete, appunto, scritto in giro, scalda il cuore.
Grandiosi come sempre Jan Fares e Torkel Petersson, ottimo Juan Rodrìguez (Juan), che ricorda un po' Depardieu, anche per la stazza, formidabile Anita Wall (Edith; pensate, era nel cast di Scene da un matrimonio di Bergman), fanno la loro parte sia Hamad Khemiri (Sami) che Jessica Forsberg (Lotta), e rivediamo con molto piacere la bella Nina Zanjani (Amanda), vista da poco in A casa per Natale.
Bravi tutti, bravo Fares!

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