Bestie senza una patria - di Uzodinma Iweala (2006)
Agu è un bambino che, apparentemente, ha l'età per frequentare le nostre scuole elementari. Vive una vita africana relativamente tranquilla, senza troppa povertà ma anche senza troppo lusso, amato dai genitori. Ama studiare e frequentare la scuola, vuole diventare qualcuno per potersi elevare socialmente, e ha capito che la scuola è la maniera giusta. Ma, improvvisamente, in questo paese africano senza un nome preciso, scoppia una guerra civile senza quartiere. Eserciti improvvisati vagano di villaggio in villaggio, seminando morte, distruzione, annichilimento delle più semplici e basilari regole sociali. L'ONU interviene, la madre e la sorellina di Agu vengono portate via, lui rimane col padre, ma non riesce a scampare all'atrocità: viene catturato da una milizia guidata da un despota, conosciuto come Comandante, che dopo iniziali minacce di morte, lo arruola e, visto che è troppo piccolo per imbracciare un fucile, gli dà un machete. Cominciano una serie infinita di atrocità, che Agu attraversa come guardandosi dall'esterno, riflettendo sul senso della vita, della famiglia, della religione, con la sua mente da bambino, alle prese con cose che difficilmente anche un adulto sopporterebbe.
L'autore, classe 1982, è nato negli USA, ma ha vissuto anche in Nigeria. E' figlio di Ngozi Okonjo-Iweala, economista nigeriana che ha avuto più volte incarichi di governo, ed è stata candidata più volte a presiedere la Banca Mondiale. Di Uzodinma, laureato ad Harvard in lingua e letteratura inglese e americana, riportai un interessante articolo sulla dannosità degli aiuti economici all'Africa. Uzodinma è pure laureato in medicina e chirurgia alla Columbia University. Bestie senza una patria è, al momento, il suo primo e unico romanzo, ed è un lavoro particolare, scritto in un inglese strano, un po' sgrammaticato e reinventato: ce lo dice la traduttrice, Alessandra Montrucchio, nella nota introduttiva (farebbe pensare a Pigmeo di Palahniuk, se non fosse così dannatamente drammatico). La traduttrice, quindi, ha pensato a trasporlo in un italiano "parlato dai nigeriani (connazionali dell'autore) residenti nel nostro Paese e alle difficoltà che incontrano nell'esprimersi in una lingua tanto diversa dalla loro". Il risultato è interessante, inizialmente un po' difficoltoso da leggere, profondamente drammatico: forse per questo, forse perché lungo poco più di 100 pagine, l'ho letto in poche ore, un po' in apnea appunto, per la crudezza e la drammaticità della storia raccontata. Ovviamente, per poi "crollare" dopo la chiusura, semplice ma bellissima. Niente male, chissà se l'autore ci regalerà un secondo libro.
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