Cosmopolis - di David Cronenberg (2012)
Giudizio sintetico: si può vedere ma anche no (2,5/5)
Giudizio vernacolare: ma 'r firme vando comincia?
New York. Eric Packer è un ventottene miliardario. Annoiato dalle riunioni classiche, indifferente agli avvertimenti del capo della sua sicurezza personale, il prestante Torval, decide che vuole attraversare Manhattan per andare a "rifarsi il taglio" da Anthony, il barbiere del padre. Forte della sua limousine blindata, affronta questo viaggio che diviene un'odissea, incontrandosi con i suoi consulenti, spostando capitali e disegnando strategie, con la sua amante, con la sua giovanissima moglie, piena di soldi più di lui, fendendo una durissima protesta no global, filosofeggiando, uscendo di testa, e finendo, come si suol dire, in bocca alla sua nemesi.
Dopo un paio di settimane, è tempo di prendersi le proprie responsabilità. Con la morte nel cuore, sono qui a parlarvi, male, per la seconda volta consecutiva, di un film del regista canadese, che ho sempre considerato genialoide, uno che ha sempre osato. E sicuramente anche questo film è un lavoro coraggioso: è, infatti, la trasposizione cinematografica del romanzo omonimo di Don DeLillo.
Il film, a me, non è piaciuto per nulla. Diciamo che non l'ho compreso. Anche se, mi son detto, se David voleva regalarci una metafora anti-capitalista, ok, abbiamo capito, grazie, ma diobono che palle! Che poi, quando un film ti prende male, non c'è niente da fare: anche gli esterni (pochi, a dire il vero) palesemente finti, tipici di Cronenberg, diventano fastidiosi, quando in altri film, decisamente migliori, avevano il suo perché pseudo-claustrofobico. E non bastano Juliette Binoche (Didi Fancher), sempre piacevole, Samantha Morton (Vija Kinsky), Jay Baruchel (Shiner), e l'allucinata ma bella Sarah Gadon (Elise Shifrin), che avevamo già notato, sempre con Cronenberg, nei panni fastidiosissimi di Emma Jung in A Dangerous Method. Protagonista (questa si, una scelta davvero coraggiosa, e rischiosa) Robert Pattinson, che oltre a conservare il pallore del vampiro di Twilight, risulta (per rimanere in tema di bianco) ingessato, ancora ben lontano dall'essere un attore. E sono piuttosto impietosi i confronti. Uno, prolungato, anche relativamente intenso, un po' la summa del film, con il sempre immenso Paul Giamatti (Benno Levin). L'altro, breve ma rivelatorio, con Mathieu Amalric (Andre Petrescu): quando la scena con i due finisce, ti ritrovi a dire a te stesso: "cazzo, questo si che è un attore".
E insomma, spiace un po' mettersi contro molti che hanno apprezzato il film, e soprattutto contro David Cronenberg, ma a mio parere, i suoi grandi film erano un'altra cosa.
2 commenti:
Perfettamente in accordo con te soprattutto nella frase "ma diobono che palle" riferita all'ultima parte del film. Il mio pensiero era "Cazzo, spara, almeno usciamo da 'sto cinema!!!" e poi alla fine nemmeno si sa se spara o no! Poi tutta questa metafora sulla prostata asimmetrica, come si dice a Roma "ma che davero??". Niente a che vedere con The history of violence. Non mi è piaciuto. Si è capito? Non ci andate!!!
Ciao
Miki :)
:)
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