No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20120629

Tourism

Turismo - di Nirpal Singh Dhaliwal (2008)


L'amica di Cecily se ne stava al centro della stanza, tesa, con le mani intrecciate e gli occhi fissi sul pavimento. Era più rotonda, con i fianchi ampi e le cosce grassocce; nel complesso era più attraente e sexy della sua amica. Aveva i capelli scuri e ricci, caldi occhi castani e una traccia di acne sulla fronte e sull'attaccatura del naso. Mi sorrise dolcemente, con aria imbarazzata. Non era sovrappeso, ma era consapevole della sua figura che, a differenza di quella di Cecily, non era stata modellata dal vomito e dal pilates.


Bhupinder Singh Johal è un londinese nato da genitori indiani sikh, nel sobborgo di Southall, non certo un quartiere raffinato. Non ha ancora trent'anni, ma è già annoiato a morte dalla vita. Lo troviamo, all'inizio del romanzo, in Puglia, mentre sbava su una ragazzina forse diciottenne, ma si fa abbordare dallo zio gay, per rimediare qualche notte con un tetto sulla testa gratis, e qualche pasto a sbafo. E' ad un punto piuttosto basso della sua esistenza, ed è così che inizia a raccontare come è arrivato fin lì. Nella Londra blairiana, i suoi amici fraterni sono Luca, un dj alcolizzato senza un futuro, la cui madre sta morendo di cancro, Michael, un ragazzo di origini caraibiche che tenta invano di diventare giornalista, e si ricicla artista concettuale con l'aiuto della fidanzata, artista già affermata, che non vede di buon occhio la sua amicizia con Bhupinder, e Rory, un ragazzo gay molto ricco che riesce a fare coming out grazie all'involontario aiuto di Bhupinder. Bhupinder, per tutti Puppy, vorrebbe fare lo scrittore, ma nel frattempo si è riciclato come giornalista freelance, uno di quelli che scrive recensioni cambiando qualche parola alle cartelle stampa di accompagnamento. Follemente innamorato della ricca, irraggiungibile Sarupa, anche lei di origini indiane e con un padre ben introdotto negli ambienti londinesi che contano, promessa sposa e fidanzata felice con Duncan, un ricco e annoiato giovane londinese, Puppy riesce finalmente a farsi considerare da Sarupa casualmente: mentre aspetta gli amici per una bevuta, abborda Sophie, un'aspirante modella ricca di famiglia e anoressica per status, e senza volerlo ci si fidanza, e, rimasto senza casa, si trasferisce da lei, che è ben contenta, essendo innamorata, di riceverlo nella sua vita. Poco dopo averla conosciuta, Puppy scopre che Sophie è nientemeno che la cugina di Duncan, e molto amica di Sarupa.

Donald è un californiano nerboruto e capellone, sua moglie una smunta bohémienne inglese di buona famiglia. Indossano caffettani e gioielli etnici, leggono libri di Ram Das, recitano preghiere in sanscrito e seguono una scarna dieta rigorosamente vegana. Hanno la pelle arancione scuro e ricoperta di scaglie, tipica di chi si espone troppo al sole; la loro corporatura è elastica e ossuta. Hanno una cinquantina d'anni e pensano di aver resistito ai colpi dell'età e di aver trasceso il mondo materiale. Di fatto, sono solo dei bianchi strampalati che stanno invecchiando, denutriti e incapaci di accettare la realtà. In India, l'Occidente si replica sotto forma di farsa, mentre negli occidentali l'India si replica sotto forma di tragedia.


Lessi di questo libro qualche anno fa, probabilmente proprio poco dopo la sua traduzione italiana, uscita appunto nel 2008. Mi intrigò, ma non lo trovai da nessuna parte. Ho conservato il ritaglio del giornale dove lessi un articolo a proposito, finché di recente, con colpevole ritardo, ho scoperto amazon.it, e l'ho finalmente comprato. Ho atteso ancora un po', perché fosse il momento giusto, e poi l'ho letto.

Michael annuì e finì il suo caffè. Lo osservai alzarsi, appoggiare la tazza nel lavello e uscire. Era ben oltre il metro e ottanta d'altezza, ed era un interessante miscuglio caraibico - pelle nera come il carbone, occhi europei color nocciola e lineamenti eleganti, quasi asiatici, combinati con la possente corporatura tipica dell'Africa occidentale perfezionata dalla schiavitù, dalle severe leggi della selezione naturale. E' magnifico se si pensa che nella loro smania di ricchezza i musi bianchi hanno creato i corpi che le loro donne vogliono scopare più di ogni altro.


E', fin'ora, l'unico romanzo di questo autore, che rifiuta di essere definito anglo-indiano, essendo, come il protagonista del romanzo, nato a West London, anche se da genitori Punjabi (pare che spesso puntualizzasse di essere stato in India solo una volta nel 1982, altro punto di contatto col personaggio del romanzo; sembra che però, adesso spesso risieda a New Delhi). L'autore è stato al centro di diverse polemiche, soprattutto in patria, innanzitutto perché è stato sposato per un periodo non breve con la famosa giornalista di moda Liz Jones, ex anoressica e molto più vecchia di lui; la Jones dopo la separazione ha raccontato, in termini non certo lusinghieri, il loro matrimonio (la descrizione dell'allora marito assomiglia molto a quella che Dhaliwal dà di Puppy; certo, nonostante il libro sia dedicato anche a lei, e sia presente nei ringraziamenti - per avermi aiutato a scrivere questo libro e per aver cambiato la mia vita -, alcuni tratti che potrebbero essere riferiti alla Jones sono presenti sia nel personaggio di Sophie, sia in altri); inoltre, si è espresso spesso, sia nel libro, sia nelle interviste, contro alcuni scrittori e scrittrici inglesi di origine coloniale, sostenendo che raccontano solo favolette e non conoscono gli ambienti dei quali parlano, mentre lui si.

"Con il lavoro che faccio adesso, mi resta a malapena un po' di tempo libero. Ma la baby-sitter è bravissima, e poi Ben torna a casa presto. Prepara la cena e mette a letto Olivia... Vero, tesoro?" Guardò Ben, che si fissava le mani appoggiate sulle ginocchia. Mi piaceva Ghislaine. Incarnava i valori delle donne moderne: in carriera e madre, curava il proprio aspetto ed era sposata con un rammollito in sottane che comandava a bacchetta. Donne come lei dominerebbero il mondo.


Tralasciando il gossip e la biografia dell'autore, il libro a mio parere è più che valido. Lo avevano paragonato a Houellebecq, ed in effetti chi lo ha fatto non ha sbagliato. C'è lo stesso nichilismo, lo stesso dolore di vivere, lo stesso fatalismo, lo stesso atteggiamento politicamente scorretto. Scrittura scorrevole, ottimo e caustico senso dell'umorismo, una trama ben costruita, seppur complessa nei suoi flashback e flash forward.

Le ultime due settimane, disse Sophie, erano state un'ottima opportunità per fare shopping e un sacco di lavoro su di sé. Che cazzo volesse dire non lo sapeva nessuno. Sophie era tornata piena di idee e di entusiasmo; mi stava facendo girare i coglioni a mille. Continuava a leggere i passaggi che aveva sottolineato in un libro regalatole da Mika, "La felicità non costa nulla, ed è più facile di quanto si creda!" Guardai il titolo e desiderai davvero che fosse così, canticchiando mentalmente una canzoncina in modo da non sentire una parola.


Perfino il finale, anche se decisamente intuibile, è valido e lascia l'amaro in bocca, è dolente ma induce un sottile senso di speranza. L'autore, quindi, lascia intravedere capacità di emozionare, di descrivere, in un mare di pessimismo e con un attitudine molto no future, anche sentimenti profondi. Nelle apparenti sparate politicamente scorrette, ci sono riflessioni che non andrebbero trascurate, sulle relazioni inter-etniche, soprattutto in società post-coloniali. Insomma, Dhaliwal non è per niente uno scemo, anche se sicuramente si diverte a fare il provocatore. E spero si rifaccia sentire presto con un altro bel romanzo.

KinQ veniva dai bassifondi di South Central L.A.; non era una femminuccia. Lo stesso non si poteva dire dei frocetti che ancheggiavano in pista seguendo la sua canzone. Il locale era pieno di faggamuffin e homeysexual - quei gay che adottano vestiti, modi e gergo tipici di reggae e hip hop - che si muovevano eleganti sulla musica, cercando nel contempo di darsi un'aria da maschioni scontrosi. Era inevitabile che la cultura gay si fondesse con la musica rap; hanno così tanto in comune: dissolutezza, consumi cospicui, misoginia e fascismo del corpo. KinQ ci era arrivato per primo; sarebbe diventato una star.

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