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Non lasciare niente al caso
Per gli interni degli aerei le norme da rispettare sono ancora più rigide. Quasi tutti gli elementi sono sottoposti a un procedimento che ne aumenta la sicurezza chiamato “deletalizzazione”: i sedili devono essere in grado di sopportare un impatto pari a sedici volte la forza di gravità, e rimanere al loro posto, in modo da non bloccare le vie d’uscita e non colpire nessuno. Non possono andare in fiamme né rilasciare gas tossici. Fare una cosa semplicissima come aumentare leggermente lo spessore del cuscino può richiedere altri test e certificazioni, perché in caso d’impatto una poltrona più elastica potrebbe far rimbalzare di più il passeggero, aumentando il rischio di infortuni causati dalle turbolenze o da un atterraggio d’emergenza. Per deletalizzare alcune poltrone di prima classe – nelle quali la testa e il busto dei passeggeri hanno molto spazio per sobbalzare prima di incontrare qualcosa di solido – è necessario aggiungere un dettaglio di cui molti passeggeri non si accorgono neanche: un airbag nascosto nella cintura. In classe economica gli airbag sono quasi inutili, perché lo spazio tra i sedili è molto più ristretto. Ma gli schermi collocati negli schienali e le loro cornici sono un’altra sfida per la sicurezza, in parte perché ci si può battere la testa, in parte a causa dei computer e dei circuiti elettrici che li alimentano, che devono essere ignifughi e isolati dal resto del velivolo, in modo che l’intreccio di fili all’interno del sedile non consenta a un ragazzino di dieci anni che sta usando un videogioco di assumere improvvisamente il controllo dell’aereo. Di conseguenza, i dispositivi multimediali usati in volo sono incredibilmente dispendiosi. In media, mi hanno detto, costano quattrocento dollari al centimetro, il che significa che per il piccolo schermo sullo schienale di ogni poltrona della classe economica una compagnia può spendere anche diecimila dollari, più qualche altro migliaio per il telecomando. Al tempo stesso, quasi tutte le superfici dei sedili devono essere facilmente sostituibili durante il breve intervallo tra l’atterraggio e il decollo, così se un passeggero ci versa sopra un bicchiere di vino rosso la poltrona non deve essere lasciata vuota nel volo successivo, e la compagnia aerea non perde i soldi di un biglietto. Nessuna modifica del design è fatta a caso, perché anche la più piccola può influire sui costi operativi. Qualche anno fa la Gulf Air del Bahrein ha ridotto di 120mila dollari la spesa annuale per il carburante usando un tipo di cuoio leggermente più sottile per rivestire i sedili di prima classe, e la modifica ha riguardato solo sedici poltrone su ogni aereo. Nonostante queste difficoltà, la Jpa aveva progettato per la Singapore una cabina di prima classe decisamente diversa da tutte le altre. I sedili, che potevano essere trasformati in letti, non somigliavano tanto ai soliti sedili d'aereo quanto a comode poltrone da salotto, ognuna con il suo sgabello imbottito, il suo tavolinetto e il suo monitor incorniciato di legno (anche se il legno era in realtà un’imitazione deletalizzata). I nuovi sedili furono introdotti per la prima volta nel 1998. Vinsero molti premi e sono rimasti in servizio per quasi dieci anni. Quelli che si usano oggi sono i loro successori. Con il lavoro per la Singapore lo studio di Park si guadagnò un’ottima reputazione, e non solo nel campo dell’aviazione. Lo studio aveva realizzato per la compagnia anche una sala d’attesa di prima classe all’aeroporto Changi e poco dopo si era occupata della ristrutturazione di diversi alberghi compreso il Pierre di New York nel 2009, dove il rifacimento delle stanze costò cento milioni di dollari (la maggior parte dei progetti alberghieri della Jpa sono gestiti dalla sua sede di Singapore). Di conseguenza, i progetti commissionati allo studio sono aumentati fino a comprendere vari tipi di ambienti di lusso, e Park ha esteso il lavoro dagli aerei agli aeroporti e oltre. “Ci sono certe piccole cose che fai attraversando un terminal fino all’aereo”, mi ha confidato, “che dovrebbero culminare con la visione della poltrona".
Prossima generazione
Un pomeriggio vado a Heathrow con John Tighe, uno dei capoprogettisti della Jpa, per vedere la nuova poltrona di classe business per la lunga distanza, chiamata Next Generation. Lo studio l’ha creata per la Singapore ed è stata introdotta nel 2013. Tighe ha 32 anni e prima di entrare allo studio di Park ha lavorato per una fabbrica di poltrone e per una compagnia aerea. Dice di essere ormai diventato “bilingue” per quanto riguarda i sistemi di misura: passa senza sforzo dai centimetri ai pollici e non si lascia confondere neanche da unità di misura misteriose come quella taiwanese, che equivale a poco più di un pollice. Salire su un aereo senza carta d’imbarco è un po’ complicato. Dobbiamo esibire i nostri passaporti e siamo scortati attraverso i controlli di sicurezza fino all’aereo da un dipendente della compagnia. Manca un’ora e mezzo alla partenza e le assistenti di volo corrono di qua e di là come macchinisti alla prima di uno spettacolo. All’inizio degli anni settanta le hostess della compagnia erano diventate famose grazie allo slogan: “Le ragazze della Singapore, un gran bel modo di volare”, e ancora oggi indossano i sarong disegnati nel 1968 da Pierre Balmain. Per non disturbarle mi siedo su una delle nuove poltrone, spaziose ma anche confortevolmente intime. Quasi tutte le superfici dure sono curve, e i colori caldi: marrone chiaro, malva, prugna, grigio talpa, rame rosato, marrone. L’aereo ha due settori business: uno piccolo, con solo otto posti e appena dietro alla prima classe, e uno più grande alle sue spalle, con 34 posti. Per evitare che lo spazio più ampio appaia enorme, e quindi meno esclusivo, la Jpa ha ricoperto le poltrone con fodere di colori diversi alternati a scacchiera, perché sembra che così il cervello registri uno spazio più ristretto di quello reale. “Inganna l’occhio”, mi spiega Tighe. “Riduce la percezione degli oggetti che si ripetono”. Tighe spinge un pulsante su un pannello di controllo vicino al mio braccio e una serie di luci nascoste evidenzia le spie della console alla mia destra. Un altro pulsante all’interno del bracciolo dal lato del corridoio è posizionato in modo che un’assistente di volo possa spegnere il mio schermo dopo che mi sono addormentato. Tighe apre il tavolinetto, facendomi notare che anche la hostess potrebbe farlo senza passarmi davanti, e poi lo solleva all’altezza che mi permette di fare colazione a letto. Con un clic fa scattare uno sportellino alla destra dello schermo mostrandomi uno specchio illuminato, molto utile prima dell’atterraggio. “Una buona poltrona non deve rivelare tutto quello che contiene nei primi dieci minuti”, mi dice. “Deve sorprenderti durante il volo, farti scoprire cose che non t’immaginavi”. Questi dettagli possono ripagare in modo inaspettato: nelle schede di valutazione i passeggeri soddisfatti delle poltrone tendono ad attribuire un punteggio più alto a tutto, compresa la scelta dei film. Alla sinistra dello schermo c’è un gancio retrattile, un accessorio sorprendentemente modesto, considerato che oggi i passeggeri di prima classe hanno spesso una sorta di armadietto personale in cui possono appendere giacche e cappotti. Ma Tighe mi spiega che quella semplicità è voluta. Per la Singapore era importante che nessun dettaglio di progettazione mettesse in secondo piano l’attenzione che la compagnia dedica al servizio, e il gancio, dice, permette ai passeggeri di interagire con il personale. “Quando arrivi al tuo posto appendi la giacca, ma appena ti siedi un’assistente la porta via”. In base allo stesso principio, la poltrona è disegnata in modo che la trasformazione in letto sia manuale e non, come nella maggior parte degli aerei, un’operazione che il passeggero deve fare spingendo un bottone. “Di solito è un’assistente a fare il letto, magari mentre ti prepari per andare a dormire”, aggiunge. La parte superiore del letto si forma spingendo indietro lo schienale, che svela una sezione di materasso rivestita di stoffa (la pelle va bene per stare seduti ed è facile da pulire, ma per dormire è troppo calda e scivolosa). Una mensola riempie lo spazio tra il letto e il poggiapiedi, e l’assistente aggiunge le lenzuola e il cuscino. Il funzionamento manuale serve anche a rendere la poltrona più leggera, riducendo le parti meccaniche al suo interno. Come si deduce dal nome, la Next Generation è l’evoluzione del precedente sedile che la Jpa aveva progettato per la Singapore. In entrambi i modelli il passeggero siede guardando in avanti ma dorme in diagonale: grazie a questa novità ha l’impressione di essere in prima classe anche se si trova in uno spazio molto più ristretto. Quando si trasforma in letto, ogni poltrona ruba un po’ di spazio vuoto alla parte inferiore della poltrona di fronte. Disegnare questi sedili è come risolvere un rompicapo tridimensionale: tutti i pezzi devono incastrarsi perfettamente tra loro e ogni centimetro diventa importante. Una notte, durante la realizzazione di un progetto a cui la Jpa praticamente lavorava ventiquattro ore al giorno con i dipendenti di entrambe le sedi, i progettisti di Singapore hanno mandato a quelli di Londra un messaggio entusiastico dicendo che pensavano di aver ricavato un altro centimetro.
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