Rectify - di Ray McKinnon - Stagione 2 (10 episodi; Sundance Channel) - 2014
Daniel è in coma in un ospedale di Atlanta, in seguito al pestaggio subito nel finale della prima stagione. Amantha, la sorella che ormai ha costruito la propria vita su quella di Daniel, sul suo rilascio e sulla sua assoluzione, e la madre Janet, che ancora non riesce a scrollarsi di dosso il senso di colpa per non averci creduto tanto quanto la figlia, sono costantemente al suo capezzale, aggredendo quasi i dottori per una parvenza di novità positiva. Nel frattempo, Daniel rivive alcuni momenti della sua prigionia, e se ne inventa di nuovi, insieme all'amico vicino di cella Kerwin, che diventa la proiezione del suo inconscio, e che lo stimola a tornare verso la vita. Fuori, lo sceriffo Daggett sta forse cambiando punto di vista, dopo l'aggressione a Daniel, mentre Ted Jr. sta faticosamente cercando di mettere in piedi un'attività propria, e di andare realmente d'accordo con la moglie Tawney.
Oltre a rileggere la trama del primo episodio Running With the Bull, stavolta mi sono rivisto un paio di dialoghi, quelli onirici tra Daniel e Kerwin, all'inizio e alla fine dell'episodio. E, indovinate un po'? Si, amici, ho pianto. Di nuovo. C'è poco da fare, questa serie, questa situazione di quest'uomo che viene privato dell'adolescenza, viene incarcerato per 19 anni, condannato a morte e poi scarcerato da adulto, che si ritrova a dover ricominciare a vivere la vita senza averne le capacità o l'esperienza, mentre attorno a lui la cittadina dove è nato si divide in maniera aspra tra innocentisti e colpevolisti, ti tocca nel profondo, probabilmente laggiù dove ognuno di noi continua a chiedersi quale sia il senso della vita.
Questo come punto di partenza. Per allargare il discorso, Rectify prosegue nel suo percorso lentissimo (se pensavate, per dire, che il ritmo di Breaking Bad fosse lento, comparatelo con questo) verso la ricerca della verità, anche se dimostra che questa non è precisamente la cosa che la serie si prefigge. Al pari dei flashback della prigione, alcuni dolorosi ma molto spesso davvero belli ed intensi, le vicende che si sviluppano nella fittizia cittadina di Paulie e nei suoi dintorni, ci raccontano di meschinità ed incomprensioni umane. E' inutile sperare in un pallido ritorno alla normalità per una vita ed una famiglia che è stata scossa da tale sisma; in parte, si giustifica l'apparente decisione che Daniel prende verso il finale di stagione. Ma vi ho già detto troppo: se non vi interessa l'azione, ma volete qualcosa che vi lasci dentro un briciolo di umanità, Rectify fa al caso vostro.
Non riesco a smettere di pensare che il creatore sia contro la pena di morte; ingiustificabile altrimenti il fatto che le migliori persone siano proprio due carcerati nel braccio della morte (o, comunque, le storylines che ne derivano: a parte che tutto l'episodio è magnifico, ma la visita - non parlo di quella al museo, spassosa - alla quale assistiamo nell'episodio 2x04 Donald the Normal è praticamente strappacuore). Rectify non manca neppure di un certo obliquo umorismo, basicamente generato dal protagonista e dal suo strano adattamento alla vita fuori dalla prigione dopo 19 anni. Cast impeccabile, fotografia luminosa e colonna sonora che estremizza le parti drammatiche.
Curiosità varie: in questa stagione, 3 episodi (il primo e l'ultimo, carichi di emozioni, ed il 2x03) sono stati diretti da Stephen Gyllenhaal, il padre degli attori Jake e Maggie; la serie è stata rinnovata per una terza stagione, che andrà in onda nel 2015 e che probabilmente sarà composta da 6 episodi, come la prima.
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