No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20171203

Tuffo

Plunge - Fever Ray (2017)

Appena riletto la mia recensione sul precedente omonimo: guardate i video promozionali e ditemi se non è matta. Karin Dreijer si è fatta attendere ben otto anni per sfornare il suo secondo disco, e c'è da dire che se siete di quelli che, come me, accolgono a braccia aperte le cose strane, asimmetriche, fuori dal comune e con un pizzico di follia, beh, l'attesa è stata ampiamente ripagata. Il caleidoscopio musicale che la svedese propone è spiazzante, seppure chi conosce l'album precedente e qualcosa dei The Knife, riconoscerà le coordinate principali. Eppure, Karin non si ferma, osando sempre qualcosa di più. Ritmiche ossessive, sperimentazioni folli (ancora), elettronica spinta al massimo e world music. L'atmosfera è, se volete, meno cupa rispetto al disco precedente, a volte quasi gioiosa, e addirittura c'è chi si spinge (Philip Sherburne su Pitchfork in questa meravigliosa recensione) ad affermare che il plunge (tuffo) del titolo sia l'immagine del tuffarsi dentro un nuovo amore. I testi sono un manifesto femminista seppur sghembo e misterioso, anticapitalista, provocatorio e gender fluid. Disco assolutamente da gustare, fuori dagli schemi, affascinante e coraggioso.



I've just reread my review on the previous homonym: watch the promotional videos and tell me if she's not crazy. Karin Dreijer has been waiting eight years to churn out her second album, and it must be said that if you are one of those who, like me, welcome with open arms the strange things, asymmetrical, out of the ordinary and with a pinch of madness, well, the wait has been amply repaid. The kaleidoscope that the Swedish offers is unsettling, although those who know the previous album and something of The Knife, will recognize the main coordinates. Still, Karin does not stop, always daring something more. Obsessive rhythms, crazy (again) experiments, electronic push to the maximum and world music. The atmosphere is, if you want, less gloomy than the previous record, sometimes almost joyful, and even there are those who push (Philip Sherburne on Pitchfork in this wonderful review) to say that the plunge of the title is the image of diving into a new love. The texts are a feminist manifesto, though crooked and mysterious, anticapitalist, provocative and gender fluid. Disc to be tasted, outside the box, fascinating and courageous.

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