Sons Of Anarchy - di Kurt Sutter - Stagioni 1, 2 e 3 (13 episodi ciascuna; FX) - 2008/2010
Non so perché, ma come già vi ho anticipato nella recensione di
The Shield, mi sono ritrovato a pensare questo
SOA come una sorta di
spin-off della serie ideata da Shawn Ryan. Tanto è vero che, avendo iniziato a vedere la prima stagione contemporaneamente a
The Shield, ho deciso di fermarmi, vedermi tutto
lo scudo, e poi proseguire con
SOA.
Brevemente, perché penso ciò. Perché Sutter, dopo Ryan, in
The Shield era quello più impegnato e attivo (produttore, sceneggiatore). Perché
SOA è ambientato in una cittadina fittizia, Charming, ma immaginata nella
Valle di San Joaquin, nella California interna e centrale, quindi non lontana da Los Angeles, e le
gang che girano intorno ai
Sons, per comprare armi e/o commerciare droghe, potrebbero benissimo essere quelle di
The Shield in (breve) trasferta.
Perché molti attori e attrici recitano in entrambe le serie. Addirittura, il personaggio interpretato da Jay Karnes (in
The Shield era il detective Wagenbach, in
SOA è l'agente federale Scott Kohn), sembra un po' la versione deviata di quello da lui stesso interpretato in
The Shield (il potenziale molestatore, che a mio giudizio era in nuce dentro la testa di Wagenbach). E non finisce qui: c'è chi (
Maureen Ryan su Tvsquad) ha sottolineato la vicinanza del personaggio dell'agente June Stahl (interpretata in maniera superba da Ally Walker, già in
The Shield fugacemente, ma soprattutto in
Tell Me You Love Me) a quello di Vic Mackey.
Perché Sutter prende la lezione di Ryan e la innesta su una storia che ha un respiro quasi medievale, ma trasportata ai giorni nostri, attingendo a piene mani, come ammesso da lui stesso, e puntualizzato da critici attenti, dalle tragedie
shakespeariane (
Kevin McDonough su Southcosttoday), acutizza l'uso
machiavellico della trattativa, del doppio gioco, delle trame segrete, tessendo una tela complessa, facendo a volte un uso smodato del colpo di scena inaspettato, piazzando tranelli allo spettatore (l'episodio 13 della terza stagione,
NS, è
paragonabile al 12 della settima e ultima di
The Shield,
Possible Kill Screen). Tutto questo, in uno scenario dal fascino
born-to-be-wild del mondo degli
outlaw bikers, un mondo a parte fatto di regole, appunto, medievali, gerarchie incontrovertibili, riti di iniziazione. Le sottotrame sono infinite, ma il punto di partenza è l'animo inquieto del protagonista, Jackson
Jax Teller, una sorta di Kurt Cobain moderno (jeans con cavallo basso) e fisicato, vicepresidente del club, figlio di uno dei nove fondatori John Teller, e di sua moglie Gemma, che dopo la morte di John si è sposata con Clarence
Clay Morrow, altro fondatore e attuale presidente.
Jax comincia a nutrire dei dubbi sulla conduzione del club, e sulla sua stessa vita, quando si ritrova padre di Abel, che appena nato deve lottare tra la vita e la morte, avuto dalla ormai ex moglie Wendy (Drea De Matteo, Adriana La Cerva in
The Sopranos, così anche questo collegamento è fatto), tossicodipendente incallita. S.A.M.C.R.O. (Sons of Anarchy Motorcycle Club Redwood Original), dietro la copertura del grande garage/officina Teller-Morrow, traffica armi, principalmente. Le compra dall'IRA (i collegamenti dei
Sons con l'Irlanda sono fortissimi, e verranno fuori pian piano), e le rivende alle
gang di Los Angeles, preferibilmente agli
One-Niners (o
Niners), che appaiono anche, indovinate un po', in
The Shield.
I dubbi sono acuiti dal ritrovamento di una bozza di un libro, scritto da suo padre, dove John, con stato d'animo triste e contrariato, esponeva la sua grande delusione sul fatto. Il club da lui creato insieme all'amico e compagno reduce dal Vietnam, Piney, sull'onda di una costola del movimento hippy (non per niente si chiama figli dell'anarchia), stava diventando solo una banda di fuorilegge, incapaci di far funzionare il cervello, dediti esclusivamente all'occhio per occhio, dente per dente. Questo lo porta ad entrare in contrasto con Clay e la sua stessa madre.
Tutto ciò si svolge, come detto, a Charming, dove i Sons sono praticamente i padroni della città, legati a doppio filo al Chief of local Police Wayne Unser (amico d'infanzia di Clay e Gemma), insieme al quale riescono a tenere fuori droga e crimine, e pure il progresso e le grandi speculazioni, che porterebbero un numero maggiore di poliziotti e maggior attenzione.
Sutter, quindi, si spinge ancora più in là di Ryan con The Shield: oltre ai poliziotti corrotti che fanno accordi con i malavitosi, qui si arriva al potere praticamente in mano direttamente a questi ultimi. Ma il potere logora, anche chi lo ha, e vedendo Sons Of Anarchy si può intuire.
Molto più levigato a livello visivo (fotografia, direzione), rispetto a The Shield, Sutter e il suo team confezionano un prodotto ambizioso, fuori dagli schemi per gli argomenti trattati (il discorso fatto per Ryan e The Shield qui si può ripetere ed estendere: dal punto di vista politico, è un serial repubblicano, che cerca l'empatia verso dei fuorilegge che cercano di sostituirsi alla giustizia, oppure è democratico e si pone delle domande?), piuttosto violento ed animale, passatemi il termine, ma intrigante e coinvolgente, con qualche tempo morto di troppo (in diversi episodi si allunga decisamente il brodo), ma tutto sommato da vedere.
Colonna sonora naturalmente rock-oriented, con Monster Magnet e Black Keys (spolpatissimi dalla tv, a dire il vero) su tutti, ma pure con rifacimenti di grandi classici.
Cast ben scelto, tutto fatto da bravi caratteristi (Clay Morrow, per dire, è impersonato da Ron
Hellboy Perlman), dove pure a chi piacciono gli ometti avrà di che gioire, visto che il protagonista è il bonazzo Charlie Hunnam (già in
Queer As A Folk), nei panni di Jax, che non se la cava affatto male. Sutter si ritaglia una particina interessante: è Big Otto. Comparsate da segnalare: Adam Arkin (Ethan Zobelle), Q'orianka Kilcher (vi ricordate la meravigliosa Pocahontas di
The New World? Qui è Kerrianne, la figlia di Chibs), il leggendario Henry Rollins (è AJ Weston), e addirittura Stephen King (cameo rapidissimo ma indimenticabile, nella terza stagione).
Se devo essere sincero, mi hanno colpito molto Ryan Hurst (Opie) e Dayton Callie (Wayne Unser), oltre alla bellezza strana di Maggie Siff (Tara Knowles), che avevamo già apprezzato marginalmente in
Mad Men (era Rachel Menken). Tra l'altro, se avrete occasione di vederlo in originale, sia Perlman, sia Hunnam che Hurst, hanno delle voci molto belle.
In settembre dovrebbe partire la quarta stagione, e la verità è ancora molto lontana...