Dallas Buyers Club - di Jean-Marc Vallée (2013)
Giudizio sintetico: da vedere (4/5)
1985, Dallas, Texas. Ron Woodroof è un elettricista e un cowboy da rodeo. Un tipo allegro e spensierato nel senso più vasto del termine: beve, si droga, scopa un po' ovunque e con chiunque. Sostanzialmente razzista, omofobico e misogino, sempre a corto di soldi non disdegna qualche truffa, anche ai danni degli amici. Ultimamente si sente un po' stanco, e ha qualche giramento di testa. Un bel giorno, sviene. Viene ricoverato nell'ospedale locale, dove gli viene diagnosticato il virus dell'HIV, l'ingresso già avvenuto nell'AIDS conclamato, e gli vengono dati 30 giorni di vita. Ron rifiuta la diagnosi e le cure che gli vengono offerte, ma la sua salute peggiora a vista d'occhio. La notizia si diffonde, viene ostracizzato da amici, familiari, perde il lavoro e viene sfrattato. Torna in ospedale, dalla dottoressa Eve Saks, che gli propone di entrare in un programma di studi: i pazienti vengono divisi in due gruppi, ad un gruppo verrà somministrato l'AZT, all'altro gruppo un semplice placebo, senza naturalmente dirlo ai pazienti. Ron rifiuta, perché nel frattempo si è convinto che l'AZT sia l'unica cura. Corrompe quindi un infermiere dell'ospedale, e lo paga per farsi rifornire di AZT. La sua salute, però, continua a peggiorare, mentre lui naturalmente continua a fare uso di cocaina. L'infermiere smette di rifornirlo, e lui finisce ancora una volta in ospedale, dove conosce Rayon, un transessuale HIV positivo e tossicodipendente, verso il quale naturalmente, all'inizio, Ron è decisamente ostile. Eppure, questa nuova conoscenza, e la dritta verso un ex medico statunitense, che adesso esercita in Messico, non lontano dalla frontiera, cambieranno la vita di Woodroof.
Ecco, avete letto diciamo metà della storia raccontata dal film. Immaginatevi il resto, oppure no, e immaginatevi un Matthew McConaughey in stato di grazia, dimagrito in maniera impressionante, impersonare un tipo come quello descritto nel riassunto della trama. Comprimari molto bravi, Jared Leto bellissimo e sofferente nei panni di Rayon, fotografia giusta, direzione evidentemente perfetta per tirar fuori prestazioni attoriali da Oscar (i due, Leto e McConaughey, hanno vinto nelle rispettive categorie), una storia esemplare, di redenzione, lotta, protesta, tolleranza. Speranza, in fondo, e nonostante tutto. Cosa si può volere di più? Non c'è proprio nulla da aggiungere. Se non l'avete ancora visto, fatelo.
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