22, A Million - Bon Iver (2016)
In 29 #Strafford APTS, Justin Vernon e i suoi pards ci ricordano che di base, loro sarebbero musicisti folk. Ma certamente, se vi mettete all'ascolto di questo suo nuovissimo terzo disco intitolato 22, A Million, cercando del folk, o peggio, dell'alternative rock, siete davvero fuori strada, oppure avrete una brutta sorpresa.
Chiariamo: prima di ascoltarlo per la prima volta, mi è capitato per puro caso di leggere una recensione in proposito, scritta da qualcuno che probabilmente se ne intende più di me, che stroncava completamente il disco. Son rimasto sorpreso, e mi sono posto all'ascolto ennesimo, ma definitivo, con un po' di preoccupazione. Poi, mentre ascoltavo il disco con la dovuta concentrazione, ne ho letta un'altra, quella su Pitchfork a cura di Amanda Petrusich, una recensione che vi consiglio caldamente di leggere forse più che di ascoltare il disco, perché bellissima, che mi è parsa molto più vicina all'obiettività (ma ovviamente, è un giudizio personale).
Tutto questo panegirico per dirvi che i Bon Iver, al terzo disco, sorprendono ancora una volta, andando verso territori poco conosciuti, rischiando, territori oggi battuti anche da altri artisti, ma che naturalmente necessitano di attenzione e, come detto, comportano dei pericoli. Sapete che mi piace "premiare" gli artisti che osano, anche se non sempre riesco a seguirli. Non mi sono mai ripreso da Kid A dei Radiohead (un disco che la recensora di Pitchfork usa molto come pietra di paragone), ma debbo confessarvi che questo disco della band del Wisconsin mi affascina, se escludiamo forse l'eccessiva sperimentazione di 21 M<><>N WATER, senza contare i testi, impregnati di esistenzialismo minimale e delicatezza sensibile.
In 29 #Strafford APTS, Justin Vernon and his pards remind us that base, they would be folk musicians. But certainly, if you stand listening to this its brand new third album titled "22, A Million", looking folk, or worse, alternative rock, you are really out of the way, or you will have a bad surprise.
Let's be clear: before listening for the first time, I happened by chance to read a review about it, written by someone who probably understand music more than me, which completely loathed the album. I was amazed, and I set myself to listening another time, but for the decisive time, with a little concern. Then, while I was listening to the disc with due concentration, I read another one, the Pitchfork's, by Amanda Petrusich, a review that I strongly suggest you read perhaps more than to listen to the disc, because beautiful, it seemed to me much closer to objectivity (but of course, is a personal taste).
All this eulogy to tell you that Bon Iver, with this third disc, surprises again, going to unfamiliar territory, territories also beaten today by other artists, but of course that need attention and, as mentioned, involve dangers. You know that I like to "reward" the artists who dare, even though I am not always capable to follow them. I never recovered myself from Radiohead's "Kid A" (an album that the reviewer from Pitchfork uses a lot as a touchstone), but I must confess that this album of the Wisconsin band fascinates me, maybe if we exclude the over-testing of 21 M<><>N WATER, not counting the texts, imbued with minimalist existentialism and sensitive delicacy.
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