The Desaturating Seven - Primus (2017)
E così, a sorpresa, ecco il nono disco dei mitici Primus. L'album vede l'ennesimo ritorno di Tim Alexander alla batteria (già dal precedente Primus & the Chocolate Factory with the Fungi Ensemble), e a differenza del disco precedente, contiene materiale originale (cosa che mancava da Green Naugahyde del 2011), anche se pure questo disco è ispirato ad un libro/fiaba. Stiamo parlando di I coboldi degli arcobaleni (The Rainbow Goblins), dell'artista italiano Ul de Rico, che si autodefinisce "pittore, scenografo e traduttore di emozioni".
Les Claypool era uso leggere questa fiaba ai suoi figli, quando erano piccoli, e si è detto da sempre affascinato dall'illuminazione artistica e dall'uso dei colori. Ha così deciso di sottoporlo all'attenzione di Larry LaLonde e Tim Alexander, dopo di che ne è uscito un disco, piuttosto breve, ma classicamente Primus, come al solito ritmato, abbastanza ispirato e piacevole. Apparizione di Justin Chancellor (Tool) nei "panni" vocali del Goblin Master sul pezzo di apertura The Valley. Probabilmente non è il disco da consigliare a chi non ha mai sentito parlare dei Primus, ma decisamente possiamo dire che il trio californiano non è ancora da pensionare.
And so, surprisingly, here's the ninth disc of the legendary Primus. The album is yet another return of Tim Alexander on the drum (back in the line up already from the previous "Primus & the Chocolate Factory with the Fungi Ensemble"), and unlike the previous album, it contains original material (which was missing from "Green Naugahyde" in 2011), but even this record is inspired by a book / fairy tale. We are talking about "The Rainbow Goblins", by the Italian artist Ul de Rico, who define himself as "painter, stage & set designer and translator of emotions".
Les Claypool was used to reading this fairy tale to his children when they were small, and he has always been fascinated by the vibrant artwork and the use of colors. He decided to submit it to Larry LaLonde and Tim Alexander, after which a disc was released; rather classic Primus, as usual rhythmically, quite inspired and pleasing. Justin Chancellor (Tool) as guest in the Goblin Master's vocal "cloths", on the opening track "The Valley". Probably not the record to recommend to anyone who has never heard of Primus, but we can definitely say that the California trio is not yet retired.
No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.
20171031
20171030
Seduzione di massa
Masseduction - St Vincent (2017)
Come al solito, c'è bisogno di tempo per "accedere" ai dischi di Anne Erin Clark aka St. Vincent, qui al suo quinto disco. Mi innamorai della sua musica con il suo terzo Strange Mercy, dopo di che non mi piacque granché Love This Giant, la sua collaborazione con David Byrne del 2012, e non riuscii ad entrare nell'umore giusto per comprendere il precedente (a questo) St.Vincent. Stavolta, presi i tempi giusti, sto godendo degli ascolti, e per prima cosa devo dire che l'etichetta futuristic pop trovo sia quella maggiormente appropriata per tentare di descrivere un minimo il caleidoscopio di influenze musicali che, la signorina Clark, polistrumentista dalla voce bellissima e versatile, riesce a riversare in questo disco. Senza dubbio, il già citato David Byrne è una di quelle influenze, probabilmente ancora oggi la più forte, ma come notano gli esperti, anche Bowie e Kate Bush sono tra quelle fortemente riconoscibili. Ma dentro ai suoi affreschi musicali da 3/4 minuti, ci sono dentro una marea di cose. Gli arrangiamenti sono un altro dei suoi punti di forza, insieme ad una marcata ironia. I testi, a suo dire, sono i più personali, rispetto ai dischi precedenti. Jack Antonoff ha contribuito molto alla scrittura, e la lista degli ospiti è molto lunga, tutta gente non troppo conosciuta, ma decisamente brava. La palma della canzone più bella, a mio parere, va divisa tra Happy Birthday, Johnny e New York. Bellissimo disco.
As usual, it takes time to "access" into the records of Anne Erin Clark aka St. Vincent, here at her fifth album. I fell in love with her music with her third "Strange Mercy", after which I did not like "Love This Giant", her collaboration with David Byrne in 2012, and I could not get in the right mood to understand the previous (to this) "St. Vincent". This time, taking the right time, I'm enjoying listening, and first I have to say that the "futuristic pop" label, is the most appropriate one to try to describe the kaleidoscope of musical influences that, Miss Clark, polistrumentist wit a beautiful and versatile voice, is able to pour into this disc. No doubt, the aforementioned David Byrne is one of those influences, probably still the strongest today, but as experts say, Bowie and Kate Bush are among the most recognizable. But within her 3/4 minutes musical frescoes, there are a lot of things inside. The arrangements are another of her strengths, along with a marked irony. The lyrics, she said, are the most personal, compared to previous records. Jack Antonoff has contributed a great deal to songwriting, and the guest list is very long, all people not too familiar, but definitely good. The prize of the most beautiful song, in my opinion, is divided between "Happy Birthday, Johnny" and "New York". Very beautiful disc.
Come al solito, c'è bisogno di tempo per "accedere" ai dischi di Anne Erin Clark aka St. Vincent, qui al suo quinto disco. Mi innamorai della sua musica con il suo terzo Strange Mercy, dopo di che non mi piacque granché Love This Giant, la sua collaborazione con David Byrne del 2012, e non riuscii ad entrare nell'umore giusto per comprendere il precedente (a questo) St.Vincent. Stavolta, presi i tempi giusti, sto godendo degli ascolti, e per prima cosa devo dire che l'etichetta futuristic pop trovo sia quella maggiormente appropriata per tentare di descrivere un minimo il caleidoscopio di influenze musicali che, la signorina Clark, polistrumentista dalla voce bellissima e versatile, riesce a riversare in questo disco. Senza dubbio, il già citato David Byrne è una di quelle influenze, probabilmente ancora oggi la più forte, ma come notano gli esperti, anche Bowie e Kate Bush sono tra quelle fortemente riconoscibili. Ma dentro ai suoi affreschi musicali da 3/4 minuti, ci sono dentro una marea di cose. Gli arrangiamenti sono un altro dei suoi punti di forza, insieme ad una marcata ironia. I testi, a suo dire, sono i più personali, rispetto ai dischi precedenti. Jack Antonoff ha contribuito molto alla scrittura, e la lista degli ospiti è molto lunga, tutta gente non troppo conosciuta, ma decisamente brava. La palma della canzone più bella, a mio parere, va divisa tra Happy Birthday, Johnny e New York. Bellissimo disco.
As usual, it takes time to "access" into the records of Anne Erin Clark aka St. Vincent, here at her fifth album. I fell in love with her music with her third "Strange Mercy", after which I did not like "Love This Giant", her collaboration with David Byrne in 2012, and I could not get in the right mood to understand the previous (to this) "St. Vincent". This time, taking the right time, I'm enjoying listening, and first I have to say that the "futuristic pop" label, is the most appropriate one to try to describe the kaleidoscope of musical influences that, Miss Clark, polistrumentist wit a beautiful and versatile voice, is able to pour into this disc. No doubt, the aforementioned David Byrne is one of those influences, probably still the strongest today, but as experts say, Bowie and Kate Bush are among the most recognizable. But within her 3/4 minutes musical frescoes, there are a lot of things inside. The arrangements are another of her strengths, along with a marked irony. The lyrics, she said, are the most personal, compared to previous records. Jack Antonoff has contributed a great deal to songwriting, and the guest list is very long, all people not too familiar, but definitely good. The prize of the most beautiful song, in my opinion, is divided between "Happy Birthday, Johnny" and "New York". Very beautiful disc.
20171029
La fine del giorno
Gomorra - di Roberto Saviano, Stefano Bises, Leonardo Fasoli, Ludovica Rampoldi, Giovanni Bianconi - Stagione 2 (12 episodi; Sky Italia) - 2016
Don Pietro è latitante, dopo che i suoi lo hanno fatto scappare assaltando il furgone della polizia che lo stava trasferendo. Ciro, stretta l'alleanza con Salvatore Conte, mette al sicuro la moglie Deborah e la figlia Maria Rita, per paura della vendetta del clan Savastano. Deborah però è inquieta, angosciata per il futuro della figlia, nervosa, instabile, tentata di consegnare Ciro alla polizia. Ciro, però, è pronto a tutto pur di avere successo.
Genny è sopravvissuto per miracolo, e pian piano si riprende. Dopo un anno è di nuovo in Honduras, per organizzare il traffico della miglior droga sulla piazza, a favore dei superstiti del suo clan. Di ritorno in Europa, si incontra col padre, che sopravvive contrabbandando carburante e armi a Colonia.
Gomorra ritorna (e continuerà per altre due stagioni, pare) ovviamente, dopo il grande successo della prima stagione, e continua nell'unico modo in cui poteva andare avanti. Ricalcando molte trame reali, assistiamo alla traballante nascita di un'alleanza tra ex sottomessi, con altrettanti naturali tradimenti, doppi giochi, complotti, sottotrame, e all'organizzazione della vendetta dell'ex boss. Molto prevedibile ma ben fatto, a tratti monodimensionale, sempre interessante il dualismo tra Don Pietro e Genny. Le prove attoriali sono buone, ma non si riesce a dimenticare che siamo in Italia, e che quindi, manca spesso quel qualcosa in più. A breve la terza stagione.
Gomorrah returns (and will continue for another two seasons, it seems) obviously, after the great season's success, and continues in the only way he could move on. Recalling many real plots, we witness the shaky beginning of an alliance between ex-submissives, with as many natural betrayal, double games, conspiracy, sub-plots, and the organization of the ex-boss's revenge. Very predictable but well-made, sometimes monodimensional, always interesting the dualism between Don Pietro and Genny. The acting is good, but you can not forget that we are in Italy, and that's why that more often is not so good. In shortly the third season.
Don Pietro è latitante, dopo che i suoi lo hanno fatto scappare assaltando il furgone della polizia che lo stava trasferendo. Ciro, stretta l'alleanza con Salvatore Conte, mette al sicuro la moglie Deborah e la figlia Maria Rita, per paura della vendetta del clan Savastano. Deborah però è inquieta, angosciata per il futuro della figlia, nervosa, instabile, tentata di consegnare Ciro alla polizia. Ciro, però, è pronto a tutto pur di avere successo.
Genny è sopravvissuto per miracolo, e pian piano si riprende. Dopo un anno è di nuovo in Honduras, per organizzare il traffico della miglior droga sulla piazza, a favore dei superstiti del suo clan. Di ritorno in Europa, si incontra col padre, che sopravvive contrabbandando carburante e armi a Colonia.
Gomorra ritorna (e continuerà per altre due stagioni, pare) ovviamente, dopo il grande successo della prima stagione, e continua nell'unico modo in cui poteva andare avanti. Ricalcando molte trame reali, assistiamo alla traballante nascita di un'alleanza tra ex sottomessi, con altrettanti naturali tradimenti, doppi giochi, complotti, sottotrame, e all'organizzazione della vendetta dell'ex boss. Molto prevedibile ma ben fatto, a tratti monodimensionale, sempre interessante il dualismo tra Don Pietro e Genny. Le prove attoriali sono buone, ma non si riesce a dimenticare che siamo in Italia, e che quindi, manca spesso quel qualcosa in più. A breve la terza stagione.
Gomorrah returns (and will continue for another two seasons, it seems) obviously, after the great season's success, and continues in the only way he could move on. Recalling many real plots, we witness the shaky beginning of an alliance between ex-submissives, with as many natural betrayal, double games, conspiracy, sub-plots, and the organization of the ex-boss's revenge. Very predictable but well-made, sometimes monodimensional, always interesting the dualism between Don Pietro and Genny. The acting is good, but you can not forget that we are in Italy, and that's why that more often is not so good. In shortly the third season.
20171028
20171027
Sognatore di eventi futuri
Berdreyminn - Solstafir (2017)
Devo dire molto onestamente, che più ascolto il nuovo, e sesto album per gli islandesi Sólstafir ("raggi crepuscolari" in islandese), più mi pento di non aver loro dato una chance in passato. Tra l'altro, la motivazione per la quale mi sono deciso ad ascoltarli, nasce dall'interesse per Myrkur, e dal fatto che tra poco andrò a vederla in concerto, ma lei non è l'headliner, bensì proprio gli islandesi. Dunque, riprendo alcune definizioni che la stampa specializzata ha usato per tentare di spiegare il suono dei Sólstafir: "suonano come gli Hellacopters che vanno alla scuola d'Arte, facendo un sacco di valium"; "immaginatevi Nacthmystium, Alice in Chains e Neurosis che si ubriacano ascoltando DCLXVI: To Ride, Shoot Straight and Speak the Truth degli Entombed"; "i Sigur Rós che suonano metal". Ecco, sono sicuro che non ci avete capito granché, ma in effetti, anche solo l'ascolto di questo nuovo disco, fa capire che questa band è difficile da inquadrare. Atmosfere dilatate e tendenti all'epico, sensazione straniante ascoltando cantare in una lingua poco musicale come appunto l'islandese, basi rock e più death 'n' roll che metal, suoni non ortodossi ma grezzi al punto giusto per guadagnarsi molti ascoltatori, appunto, in campo metal, ma soprattutto, post metal (tanto è vero che pubblicano per la Season of Mist), cambi di tempo repentini che modificano completamente l'atmosfera dei pezzi. Decisamente interessanti.
I have to say very honestly, that the more I listen to the new, and sixth album for the Icelandic Sólstafir ("crepuscular rays" in Icelandic), the more I regret not have given them a chance in the past. Among other things, the motivation for which I decided to listen to them came from my latest interest for Myrkur, and the fact that I will soon see her in concert, but she is not the headliner, but the Icelanders themselves. So, taking some definitions that the specialized press used to try to explain the sound of the Sólstafir: "Sounds like The Hellacopters if they went to art school and did a lot of Valium"; "Imagine if Nachtmystium, Alice in Chains, and Neurosis got hammered while listening to Entombed's DCLXVI: To Ride Shoot Straight and Speak the Truth – it would sound something like this"; "Sigur Rós goes metal!". Here, I'm sure you did not understand much, but in fact, just listening to this new record, it makes sense that this band is difficult to frame. Atmospheres dilated and tending to epic, strange feeling listening to sing in a less musical language like Icelandic, rock bases and more death 'n' roll than metal, non - orthodox but rough sounds, to the point to earn many listeners, in the metal field, but above all, in the post metal one (so much so that they publish for Season of Mist), sudden changes of rhythm that completely modifies the atmosphere of the tracks. Definitely interesting.
Devo dire molto onestamente, che più ascolto il nuovo, e sesto album per gli islandesi Sólstafir ("raggi crepuscolari" in islandese), più mi pento di non aver loro dato una chance in passato. Tra l'altro, la motivazione per la quale mi sono deciso ad ascoltarli, nasce dall'interesse per Myrkur, e dal fatto che tra poco andrò a vederla in concerto, ma lei non è l'headliner, bensì proprio gli islandesi. Dunque, riprendo alcune definizioni che la stampa specializzata ha usato per tentare di spiegare il suono dei Sólstafir: "suonano come gli Hellacopters che vanno alla scuola d'Arte, facendo un sacco di valium"; "immaginatevi Nacthmystium, Alice in Chains e Neurosis che si ubriacano ascoltando DCLXVI: To Ride, Shoot Straight and Speak the Truth degli Entombed"; "i Sigur Rós che suonano metal". Ecco, sono sicuro che non ci avete capito granché, ma in effetti, anche solo l'ascolto di questo nuovo disco, fa capire che questa band è difficile da inquadrare. Atmosfere dilatate e tendenti all'epico, sensazione straniante ascoltando cantare in una lingua poco musicale come appunto l'islandese, basi rock e più death 'n' roll che metal, suoni non ortodossi ma grezzi al punto giusto per guadagnarsi molti ascoltatori, appunto, in campo metal, ma soprattutto, post metal (tanto è vero che pubblicano per la Season of Mist), cambi di tempo repentini che modificano completamente l'atmosfera dei pezzi. Decisamente interessanti.
I have to say very honestly, that the more I listen to the new, and sixth album for the Icelandic Sólstafir ("crepuscular rays" in Icelandic), the more I regret not have given them a chance in the past. Among other things, the motivation for which I decided to listen to them came from my latest interest for Myrkur, and the fact that I will soon see her in concert, but she is not the headliner, but the Icelanders themselves. So, taking some definitions that the specialized press used to try to explain the sound of the Sólstafir: "Sounds like The Hellacopters if they went to art school and did a lot of Valium"; "Imagine if Nachtmystium, Alice in Chains, and Neurosis got hammered while listening to Entombed's DCLXVI: To Ride Shoot Straight and Speak the Truth – it would sound something like this"; "Sigur Rós goes metal!". Here, I'm sure you did not understand much, but in fact, just listening to this new record, it makes sense that this band is difficult to frame. Atmospheres dilated and tending to epic, strange feeling listening to sing in a less musical language like Icelandic, rock bases and more death 'n' roll than metal, non - orthodox but rough sounds, to the point to earn many listeners, in the metal field, but above all, in the post metal one (so much so that they publish for Season of Mist), sudden changes of rhythm that completely modifies the atmosphere of the tracks. Definitely interesting.
20171026
La torre
The Tower - Motorpsycho (2017)
Confesso, mi ci sono voluti molti anni per apprezzare la band norvegese. Vi basti mettere a confronto la mia recensione di Heavy Metal Fruit del 2010, con quella del penultimo Here Be Monsters del 2016. Ricordo discussioni appassionate con i componenti della band in cui suonavo attorno al 94/95, a proposito di Timothy's Monster (triplo LP del 1994). Come che sia, il mese scorso è uscito questo The Tower, che dovrebbe essere il loro 17esimo disco "lunga durata" in studio, dopo il cambio di batterista: esce Kenneth Kapstad, entra Tomas Jarmyr. Il risultato è, ancora una volta, quasi incredibile, se si pensa che questa band pubblica dischi dal 1991: un disco potente, compatto, senza cedimenti, meno introspettivo del precedente, ma un disco dove si riconoscono sia il loro marchio di fabbrica, sia il loro amore per il prog rock e per un certo tipo di psichedelia. I Motorpsycho sono una di quelle band che riesce ad attualizzare questo tipo di influenze, suonare in modo devastante, e risultare dannatamente convincente. Non sto ad elencarvi i pezzi, perché sono veramente uno più bello dell'altro. Come ho già detto in altre occasioni, ma stavolta è un complimento, un disco dove perdersi, letteralmente.
I confess, it took me many years to appreciate the Norwegian band. You just need to compare my "Heavy Metal Fruit" review of 2010, with that of the penultimate "Here Be Monsters" of 2016. I remember passionate discussions with members of the band which I played around 94/95, about "Timothy's Monster" (triple LP of 1994). As it is, last month came out "The Tower", which should be their 17th "long-lasting" record in the studio, after drummer change: Kenneth Kapstad leaves, Tomas Jarmyr jump in. The result is, once again, almost unbelievable if you think this band has been releasing records since 1991: a powerful, compact, relentless album, less introspective than the previous one, but a record where you can recognize both their trademark, and their love for prog rock and for psychedelic rock. The Motorpsycho are one of those bands that can actualize this kind of influences, play devastatingly, and prove to be convincing. I'm not listing the tracks, because really, to me, they are one of the nicest of the other. As I said on other occasions, but this time it is a compliment, a disc where you can lose yourself, literally.
Confesso, mi ci sono voluti molti anni per apprezzare la band norvegese. Vi basti mettere a confronto la mia recensione di Heavy Metal Fruit del 2010, con quella del penultimo Here Be Monsters del 2016. Ricordo discussioni appassionate con i componenti della band in cui suonavo attorno al 94/95, a proposito di Timothy's Monster (triplo LP del 1994). Come che sia, il mese scorso è uscito questo The Tower, che dovrebbe essere il loro 17esimo disco "lunga durata" in studio, dopo il cambio di batterista: esce Kenneth Kapstad, entra Tomas Jarmyr. Il risultato è, ancora una volta, quasi incredibile, se si pensa che questa band pubblica dischi dal 1991: un disco potente, compatto, senza cedimenti, meno introspettivo del precedente, ma un disco dove si riconoscono sia il loro marchio di fabbrica, sia il loro amore per il prog rock e per un certo tipo di psichedelia. I Motorpsycho sono una di quelle band che riesce ad attualizzare questo tipo di influenze, suonare in modo devastante, e risultare dannatamente convincente. Non sto ad elencarvi i pezzi, perché sono veramente uno più bello dell'altro. Come ho già detto in altre occasioni, ma stavolta è un complimento, un disco dove perdersi, letteralmente.
I confess, it took me many years to appreciate the Norwegian band. You just need to compare my "Heavy Metal Fruit" review of 2010, with that of the penultimate "Here Be Monsters" of 2016. I remember passionate discussions with members of the band which I played around 94/95, about "Timothy's Monster" (triple LP of 1994). As it is, last month came out "The Tower", which should be their 17th "long-lasting" record in the studio, after drummer change: Kenneth Kapstad leaves, Tomas Jarmyr jump in. The result is, once again, almost unbelievable if you think this band has been releasing records since 1991: a powerful, compact, relentless album, less introspective than the previous one, but a record where you can recognize both their trademark, and their love for prog rock and for psychedelic rock. The Motorpsycho are one of those bands that can actualize this kind of influences, play devastatingly, and prove to be convincing. I'm not listing the tracks, because really, to me, they are one of the nicest of the other. As I said on other occasions, but this time it is a compliment, a disc where you can lose yourself, literally.
20171025
Gigli
Lilies - Melanie De Biasio (2017)
Non è certamente un'artista prolifica, la belga De Biasio: debutto (A Stomach is Burning) nel 2007, secondo disco (No Deal) nel 2013, un EP con un solo, lunghissimo pezzo (Blackened Cities, molto bello) nel 2016, e adesso un nuovo, terzo disco, questo, piuttosto breve. Breve si, ma bello bello, basico come creazione (la cantante e flautista ha voluto ritirarsi senza band, col suo microfono da pochi soldi, il suo computer con il suo Pro-Tools, e "tornare al seme della creatività" - ascoltare Sitting in the Stairwell per credere), ma affascinante per la padronanza del songwriting, che spazia dal gospel al trip-hop, mantiene una base standard jazz, la colora di scuro come le storie che racconta nei testi, e il risultato è al tempo stesso, classico e moderno. Senza virtuosismi, né strumentali, né tantomeno vocali, la De Biasio è una di quelle artiste che riconciliano con l'arte della musica, e ci ricordano quanto può essere semplice e bellissima.
She is certainly not a prolific artist, Belgian De Biasio: debut (A Stomach is Burning) in 2007, second album (No Deal) in 2013, one EP with a single track (Blackened Cities, very beautiful) in 2016, and now a new, third album, also this, rather short. Short, but beautiful, basic as its creation (the singer and flutist wanted to retire herself, without band, with her cheap microphone, her computer with her Pro-Tools, and "return to the seed of creativity" - listen to "Sitting in the Stairwell" to believe her), but fascinating by the mastery of songwriting, ranging from gospel to trip-hop, maintains a standard jazz base, she colors everything of dark as the story she tells in the lyrics, and the result is at the same time classic and modern. Without virtuosity, no instrumental or vocal, De Biasio is one of those artists who reconcile you with the art of music, and remind us of how simple and beautiful it can be.
Non è certamente un'artista prolifica, la belga De Biasio: debutto (A Stomach is Burning) nel 2007, secondo disco (No Deal) nel 2013, un EP con un solo, lunghissimo pezzo (Blackened Cities, molto bello) nel 2016, e adesso un nuovo, terzo disco, questo, piuttosto breve. Breve si, ma bello bello, basico come creazione (la cantante e flautista ha voluto ritirarsi senza band, col suo microfono da pochi soldi, il suo computer con il suo Pro-Tools, e "tornare al seme della creatività" - ascoltare Sitting in the Stairwell per credere), ma affascinante per la padronanza del songwriting, che spazia dal gospel al trip-hop, mantiene una base standard jazz, la colora di scuro come le storie che racconta nei testi, e il risultato è al tempo stesso, classico e moderno. Senza virtuosismi, né strumentali, né tantomeno vocali, la De Biasio è una di quelle artiste che riconciliano con l'arte della musica, e ci ricordano quanto può essere semplice e bellissima.
She is certainly not a prolific artist, Belgian De Biasio: debut (A Stomach is Burning) in 2007, second album (No Deal) in 2013, one EP with a single track (Blackened Cities, very beautiful) in 2016, and now a new, third album, also this, rather short. Short, but beautiful, basic as its creation (the singer and flutist wanted to retire herself, without band, with her cheap microphone, her computer with her Pro-Tools, and "return to the seed of creativity" - listen to "Sitting in the Stairwell" to believe her), but fascinating by the mastery of songwriting, ranging from gospel to trip-hop, maintains a standard jazz base, she colors everything of dark as the story she tells in the lyrics, and the result is at the same time classic and modern. Without virtuosity, no instrumental or vocal, De Biasio is one of those artists who reconcile you with the art of music, and remind us of how simple and beautiful it can be.
20171024
Le mie Americhe
Mis Américas, Vol 1/2 - Kevin Johansen + The Nada (2016)
Vi ho parlato già varie volte di Kevin Piojo Johansen (detto Piojo proprio per la somiglianza col calciatore Claudio López), e come dico sempre, è un vero peccato che qua in Europa lo conoscano in pochi. Già dai suoi dischi, si evince l'onestà e l'amore per la musica di questo artista, e la padronanza di tutti i generi musicali americani. Tendo a ripetermi, ma sembra quasi che Kevin, nato in Alaska da madre argentina e padre statunitense, che ha vissuto, oltre che in Alaska, in Colorado, California, New York, e poi a Buenos Aires e a Montevideo, abbia fatto dell'inglobare i generi musicali latino-americani e quelli nord americani, la propria missione. E quel che è bello, è che ci riesce perfettamente. Quando canta pezzi come 5 in the Morning (The Great Divide), Tiene Algo (Interesting Little Thing), Life is Killing Me, Amor Telepathic Love, se non fosse per qualche titolo o qualche inserto di testo in castigliano, nessuno penserebbe che il ragazzo abbia radici argentine. Quando invece, per esempio, canta pezzi come la divertentissima Oh, What a Waist (Pero qué cintura!), un pezzo col ritmo di Son dedicato a Barranquilla, Colombia, si capisce che nelle sue vene scorre sangue sudaca. Deliziosa l'apertura con Es como el día, dove duetta con la figlia maggiore Miranda (mentre nei cori c'è anche la seconda figlia, Kim Ema), ma l'intero disco, che vede anche partecipazioni interessanti (Miss Bolivia, Sebastián Schachtel, Javier Casalla, Rod Hohl, Robert Bonhomme, Leo Sidran, Marcos Mundstock dei magnifici Les Luthiers, con uno spassoso spoken word su La Bach-Chata (Habladurías), dove c'è anche Palito Ortega, Aldo Asenjo, Arnaldo Antunes, Kanaku y El Tigre, Ricardo Mollo), è il solito, meraviglioso viaggio lungo le due Americhe, come dice appunto il titolo (le mie Americhe, con il solito gioco di parole - vedete la copertina). Anche questo è un artista che potrebbe servirvi per provare ad "entrare" dentro la musica latino americana.
I have already talked about Kevin Piojo Johansen several times (named Piojo for the likeness with the soccer player Claudio López), and as I always say, it's a shame that in Europe there are few connoisseurs. Already from his records, he shows the honesty and love for the music of this artist, and the mastery of all American musical genres. I tend to repeat myself, but it seems as if Kevin, born in Alaska by a Argentinian mother and an American father, who lived in Alaska, Colorado, California, New York, and then in Buenos Aires and Montevideo, has made of incorporate the Latin American and North American music genres in his music, his mission. And what is beautiful is that it fits perfectly. When he sings songs such as "5 in the Morning (The Great Divide)", "Tiene Algo (Interesting Little Thing)", "Life is Killing Me", "Amor Telepathic Love", if it were not for some title or some text insertion in Castilian, no one would think that the guy have Argentine roots. When, for example, he sings tracks like the funny "Oh, What a Waist (Pero qué cintura!)", a track with Son's rhythm dedicated to Barranquilla, Colombia, it is understood that "sudaca" blood is flowing through his veins. Delightful the opener "Es como el día", where he duets with her older daughter Miranda (while at backing vocals there is also his second daughter, Kim Ema), but the whole album, which also sees interesting participations (Miss Bolivia, Sebastián Schachtel , Javier Casalla, Rod Hohl, Robert Bonhomme, Leo Sidran, Marcos Mundstock of the magnificent Les Luthiers, with a funny spoken word on "La Bach-Chata (Habladurías)", where there is also the voice of Palito Ortega, Aldo Asenjo, Arnaldo Antunes, Kanaku y El Tigre, Ricardo Mollo), is the usual, marvelous journey along the two Americas, as the title says ("my Americas", with the usual play of words - see the cover). This is also an artist that could serve you to try to "enter" Latin American music.
Vi ho parlato già varie volte di Kevin Piojo Johansen (detto Piojo proprio per la somiglianza col calciatore Claudio López), e come dico sempre, è un vero peccato che qua in Europa lo conoscano in pochi. Già dai suoi dischi, si evince l'onestà e l'amore per la musica di questo artista, e la padronanza di tutti i generi musicali americani. Tendo a ripetermi, ma sembra quasi che Kevin, nato in Alaska da madre argentina e padre statunitense, che ha vissuto, oltre che in Alaska, in Colorado, California, New York, e poi a Buenos Aires e a Montevideo, abbia fatto dell'inglobare i generi musicali latino-americani e quelli nord americani, la propria missione. E quel che è bello, è che ci riesce perfettamente. Quando canta pezzi come 5 in the Morning (The Great Divide), Tiene Algo (Interesting Little Thing), Life is Killing Me, Amor Telepathic Love, se non fosse per qualche titolo o qualche inserto di testo in castigliano, nessuno penserebbe che il ragazzo abbia radici argentine. Quando invece, per esempio, canta pezzi come la divertentissima Oh, What a Waist (Pero qué cintura!), un pezzo col ritmo di Son dedicato a Barranquilla, Colombia, si capisce che nelle sue vene scorre sangue sudaca. Deliziosa l'apertura con Es como el día, dove duetta con la figlia maggiore Miranda (mentre nei cori c'è anche la seconda figlia, Kim Ema), ma l'intero disco, che vede anche partecipazioni interessanti (Miss Bolivia, Sebastián Schachtel, Javier Casalla, Rod Hohl, Robert Bonhomme, Leo Sidran, Marcos Mundstock dei magnifici Les Luthiers, con uno spassoso spoken word su La Bach-Chata (Habladurías), dove c'è anche Palito Ortega, Aldo Asenjo, Arnaldo Antunes, Kanaku y El Tigre, Ricardo Mollo), è il solito, meraviglioso viaggio lungo le due Americhe, come dice appunto il titolo (le mie Americhe, con il solito gioco di parole - vedete la copertina). Anche questo è un artista che potrebbe servirvi per provare ad "entrare" dentro la musica latino americana.
I have already talked about Kevin Piojo Johansen several times (named Piojo for the likeness with the soccer player Claudio López), and as I always say, it's a shame that in Europe there are few connoisseurs. Already from his records, he shows the honesty and love for the music of this artist, and the mastery of all American musical genres. I tend to repeat myself, but it seems as if Kevin, born in Alaska by a Argentinian mother and an American father, who lived in Alaska, Colorado, California, New York, and then in Buenos Aires and Montevideo, has made of incorporate the Latin American and North American music genres in his music, his mission. And what is beautiful is that it fits perfectly. When he sings songs such as "5 in the Morning (The Great Divide)", "Tiene Algo (Interesting Little Thing)", "Life is Killing Me", "Amor Telepathic Love", if it were not for some title or some text insertion in Castilian, no one would think that the guy have Argentine roots. When, for example, he sings tracks like the funny "Oh, What a Waist (Pero qué cintura!)", a track with Son's rhythm dedicated to Barranquilla, Colombia, it is understood that "sudaca" blood is flowing through his veins. Delightful the opener "Es como el día", where he duets with her older daughter Miranda (while at backing vocals there is also his second daughter, Kim Ema), but the whole album, which also sees interesting participations (Miss Bolivia, Sebastián Schachtel , Javier Casalla, Rod Hohl, Robert Bonhomme, Leo Sidran, Marcos Mundstock of the magnificent Les Luthiers, with a funny spoken word on "La Bach-Chata (Habladurías)", where there is also the voice of Palito Ortega, Aldo Asenjo, Arnaldo Antunes, Kanaku y El Tigre, Ricardo Mollo), is the usual, marvelous journey along the two Americas, as the title says ("my Americas", with the usual play of words - see the cover). This is also an artist that could serve you to try to "enter" Latin American music.
20171023
Tempi duri
Rough Times - Kadavar (2017)
Da me conosciuti con il loro album precedente Berlin, il power trio tedesco è arrivato oggi al quarto disco, e c'è da dire che (anche vedendo le loro foto promozionali), molto pacificamente, non ne vogliono proprio sapere di venire fuori dagli anni '70. Nessun problema: li ascoltiamo comunque, e sempre con grande piacere. Si, perché se si ama quel periodo, ma si prova comunque a non suonare come delle cover band o, peggio, delle pessime caricature, si può sicuramente trovare un pubblico che ti segue e ti ascolta: gli svedesi Graveyard ne sono la prova provata. Suono pieno, denso, potente, canzoni che prendono ispirazione sia dalle grandi band hard rock dell'epoca d'oro (divertitevi, durante l'ascolto, a domandarvi chi vi ricordano ora, e poi dopo un poco), sia da quelle, sempre almeno vecchie di 40 anni, meno dure e più spiccatamente melodiche. Disco estremamente godibile, e massimo rispetto.
I "met" Kadavar with their previous album "Berlin", now the German power trio arrived today to the fourth album, and it is to be said (even seeing their promotional photos), very quietly, they do not really want to know how to come out of the seventies. No problem: we listen to them anyway, and always with great pleasure. Yes, because if you love that time, but you still try not to play as one cover band or, worse, as bad caricatures, you can definitely find an audience that follows you and listens to you: the Swedish Graveyard is a proven test. Full, dense, powerful sound, sonsgs inspired from the big hard rock bands of the golden era (enjoy, while you are listening, ask yourself who are reminding to you now, and then after a while), but also, still at least 40 years old, the ones less tough and more melodic. Extremely enjoyable album, and maximum respect.
Da me conosciuti con il loro album precedente Berlin, il power trio tedesco è arrivato oggi al quarto disco, e c'è da dire che (anche vedendo le loro foto promozionali), molto pacificamente, non ne vogliono proprio sapere di venire fuori dagli anni '70. Nessun problema: li ascoltiamo comunque, e sempre con grande piacere. Si, perché se si ama quel periodo, ma si prova comunque a non suonare come delle cover band o, peggio, delle pessime caricature, si può sicuramente trovare un pubblico che ti segue e ti ascolta: gli svedesi Graveyard ne sono la prova provata. Suono pieno, denso, potente, canzoni che prendono ispirazione sia dalle grandi band hard rock dell'epoca d'oro (divertitevi, durante l'ascolto, a domandarvi chi vi ricordano ora, e poi dopo un poco), sia da quelle, sempre almeno vecchie di 40 anni, meno dure e più spiccatamente melodiche. Disco estremamente godibile, e massimo rispetto.
I "met" Kadavar with their previous album "Berlin", now the German power trio arrived today to the fourth album, and it is to be said (even seeing their promotional photos), very quietly, they do not really want to know how to come out of the seventies. No problem: we listen to them anyway, and always with great pleasure. Yes, because if you love that time, but you still try not to play as one cover band or, worse, as bad caricatures, you can definitely find an audience that follows you and listens to you: the Swedish Graveyard is a proven test. Full, dense, powerful sound, sonsgs inspired from the big hard rock bands of the golden era (enjoy, while you are listening, ask yourself who are reminding to you now, and then after a while), but also, still at least 40 years old, the ones less tough and more melodic. Extremely enjoyable album, and maximum respect.
20171022
Polvere
Ash - Ibeyi (2017)
Secondo disco, che esce a due anni e mezzo di distanza dal debutto omonimo, per il duo franco-cubano (con origini nigeriane e venezuelane) formato dalle gemelle Lisa-Kaindé Diaz e Naomi Diaz. Pitchfork le accosta, tra gli altri, a Solange Knowles, a me ricordano moltissimo le Zap Mama, ma le Diaz sono musicalmente un viaggio bellissimo attraverso la world music ed il girl power (in No Man Is Big Enough for My Arms, uno dei due spoken-word del disco, usano un discorso di Michelle Obama). Belle, pensanti, dotatissime, pensare che abbiano "solo" 22 anni mette quasi paura. Partecipazioni eterogenee ma interessantissime (Kamasi Washington, Meshell Ndegeocello, Mala Rodrìguez, Chilli Gonzales), disco intenso e raffinato, splendida conferma che due stelle sono nate, e stanno brillando.
Second album, after two years and a half away from the debut with their same name, for the Franco-Cuban duo (with Nigerian and Venezuelan origins) composed by female twins Lisa-Kaindé Diaz and Naomi Diaz. Pitchfork write that they reminds, amongst others, Solange Knowles, to me, instead, they let come into my mind the Zap Mama, but the Diaz twins are a beautiful musical journey through world music and girl power (in "No Man Is Big Enough for My Arms", one of the two spoken-word of the album, uses a speech by Michelle Obama). Beautiful, thinking, very gifted, thinking that they have "only" 22 years almost put fears in you. Heterogeneous but interesting contributions (Kamasi Washington, Meshell Ndegeocello, Mala Rodriguez, Chilli Gonzales), an intense and refined record, stunningly confirms that two stars are born and are shining.
Secondo disco, che esce a due anni e mezzo di distanza dal debutto omonimo, per il duo franco-cubano (con origini nigeriane e venezuelane) formato dalle gemelle Lisa-Kaindé Diaz e Naomi Diaz. Pitchfork le accosta, tra gli altri, a Solange Knowles, a me ricordano moltissimo le Zap Mama, ma le Diaz sono musicalmente un viaggio bellissimo attraverso la world music ed il girl power (in No Man Is Big Enough for My Arms, uno dei due spoken-word del disco, usano un discorso di Michelle Obama). Belle, pensanti, dotatissime, pensare che abbiano "solo" 22 anni mette quasi paura. Partecipazioni eterogenee ma interessantissime (Kamasi Washington, Meshell Ndegeocello, Mala Rodrìguez, Chilli Gonzales), disco intenso e raffinato, splendida conferma che due stelle sono nate, e stanno brillando.
Second album, after two years and a half away from the debut with their same name, for the Franco-Cuban duo (with Nigerian and Venezuelan origins) composed by female twins Lisa-Kaindé Diaz and Naomi Diaz. Pitchfork write that they reminds, amongst others, Solange Knowles, to me, instead, they let come into my mind the Zap Mama, but the Diaz twins are a beautiful musical journey through world music and girl power (in "No Man Is Big Enough for My Arms", one of the two spoken-word of the album, uses a speech by Michelle Obama). Beautiful, thinking, very gifted, thinking that they have "only" 22 years almost put fears in you. Heterogeneous but interesting contributions (Kamasi Washington, Meshell Ndegeocello, Mala Rodriguez, Chilli Gonzales), an intense and refined record, stunningly confirms that two stars are born and are shining.
20171021
20171020
Essere l'unica
Dua Lipa - Dua Lipa (2017)
Tralasciamo il fatto che dopo Rita Ora, scoprire che pure Dua Lipa, modella prima di essere cantante, è di origini kosovare/albanesi (seppur nata a Londra, da due genitori kosovari, e poi tornata in Kosovo per qualche anno, quando lei aveva già 13 anni), riporta in auge la gita a Pristina. Parliamo di musica.
Il genere non è propriamente quello che amo di più, probabilmente se i Manowar venissero a sapere che ascolto anche Dua Lipa mi giustizierebbero sull'altare del True Metal, ma, invitato dall'amico Filo e sostenuto da Beach, mi sono informato e sono passato all'ascolto. Beh, anche se in parte si può dire che è una raccolta dei suoi singoli, pubblicati dal 2015 fino ad oggi, su questo disco non c'è un pezzo brutto nemmeno pagando. E si, siamo d'accordo, è pop, ma che classe, e che voce (ditemi se su Thinking 'Bout You non vi ricorda Amy Winehouse)! C'è da notare anche che la signorina mette mano alla scrittura su tutti i pezzi (immagino sui testi), e che naturalmente ci sono ospiti importanti (Chris Martin nel duetto Homesick, e Grimes sulla bonus track Dreams, ma questi sono solo i più famosi, almeno per me), oltre ad uno stuolo infinito di produttori, songwriter e backing vocals. Di tutte le influenze che Dua (tra l'altro, figlia d'arte, il padre, Dukagjin Lipa è un cantante, pare abbastanza famoso in patria) cita, si sente forte quella di Pink.
Il genere non è propriamente quello che amo di più, probabilmente se i Manowar venissero a sapere che ascolto anche Dua Lipa mi giustizierebbero sull'altare del True Metal, ma, invitato dall'amico Filo e sostenuto da Beach, mi sono informato e sono passato all'ascolto. Beh, anche se in parte si può dire che è una raccolta dei suoi singoli, pubblicati dal 2015 fino ad oggi, su questo disco non c'è un pezzo brutto nemmeno pagando. E si, siamo d'accordo, è pop, ma che classe, e che voce (ditemi se su Thinking 'Bout You non vi ricorda Amy Winehouse)! C'è da notare anche che la signorina mette mano alla scrittura su tutti i pezzi (immagino sui testi), e che naturalmente ci sono ospiti importanti (Chris Martin nel duetto Homesick, e Grimes sulla bonus track Dreams, ma questi sono solo i più famosi, almeno per me), oltre ad uno stuolo infinito di produttori, songwriter e backing vocals. Di tutte le influenze che Dua (tra l'altro, figlia d'arte, il padre, Dukagjin Lipa è un cantante, pare abbastanza famoso in patria) cita, si sente forte quella di Pink.
Let's consider that after Rita Ora, finding out that Dua Lipa, model before being a singer, is Kosovar / Albanian origin (though born in London, by two Kosovar parents, and then returned to Kosovo for a few years when she had already 13 years old), the tour in Pristina come back on the priority. That being said, let's talk about music.
The genre is not exactly what I love most, probably if the Manowar heard that I've been listening also Dua Lipa, they probably sacrifice me on the altar of True Metal, but, invited by my friend Filo and supported by Beach, I started to collect information, and then I started to listen. Well, although part of it can be said that it's a collection of her singles, published from 2015 to date, on this record there is not a bad song even paying. And yes, we agree, it is pop, but what class, and what a voice (tell me if, on Thinking 'Bout You, don't remind you Amy Winehouse)! It is also worth noting that the young lady puts hand in writing on all the tracks (I guess on the lyrics), and of course there are important guests (Chris Martin in duo "Homesick", and Grimes on the bonus track "Dreams", but these are just the most famous, at least for me), as well as an endless array of producers, songwriters and backing vocals. Of all the influences that Dua (among other things, art daughter, her father, Dukagjin Lipa, is a rock singer, seems quite famous at home) cites, it feels strong that of Pink.
The genre is not exactly what I love most, probably if the Manowar heard that I've been listening also Dua Lipa, they probably sacrifice me on the altar of True Metal, but, invited by my friend Filo and supported by Beach, I started to collect information, and then I started to listen. Well, although part of it can be said that it's a collection of her singles, published from 2015 to date, on this record there is not a bad song even paying. And yes, we agree, it is pop, but what class, and what a voice (tell me if, on Thinking 'Bout You, don't remind you Amy Winehouse)! It is also worth noting that the young lady puts hand in writing on all the tracks (I guess on the lyrics), and of course there are important guests (Chris Martin in duo "Homesick", and Grimes on the bonus track "Dreams", but these are just the most famous, at least for me), as well as an endless array of producers, songwriters and backing vocals. Of all the influences that Dua (among other things, art daughter, her father, Dukagjin Lipa, is a rock singer, seems quite famous at home) cites, it feels strong that of Pink.
20171019
Il racconto dell'ancella
The Handmaid's Tale - Di Bruce Miller - Stagione 1 (10 episodi; Hulu) - 2017
Una donna sta scappando, alcuni uomini armati la inseguono. Lei è con sua figlia, suo marito è scomparso. Viene catturata, e separata dalla piccola. La rivediamo in abiti strani e castigati, viene chiamata Offred (Di Fred), è un'ancella, una serva, nella casa del comandante Fred Waterford. L'equilibrio, almeno in questa parte del mondo, è decisamente cambiato. Offred si reca a fare compere, le ancelle (Handmaid) devono essere in coppia: la compagna di Offred è Ofglen. Durante il loro cammino, passano davanti ad un muro usato per le impiccagioni. I motivi sono vari: essere gay, ebrei, cattolici, aver lavorato in una clinica per gli aborti. Con alcuni flashback, assistiamo all'indottrinamento delle ancelle. Una donna istruttrice (si chiamano Zie), Zia Lydia, spiega loro la diminuzione vertiginosa dei tassi di natalità, spiega che loro sono "speciali", e che stanno servendo uno scopo biblico. All'ingresso nell'aula, Offred nota una compagna di Università, Moira. Un'altra allieva, Janine, risponde in modo sarcastico a Zia Lydia, e per tutta risposta la Zia le cava letteralmente un occhio. Tornati all'oggi, assistiamo al tentativo di inseminazione, da parte del comandante, di Offred. Offred giace tra le gambe della moglie del comandante, Serena Joy. Il giorno seguente, le ancelle sono riunite in uno spazio aperto, dove Zia Lydia le informa che un uomo ha violentato un'ancella incinta. Come punizione, le ancelle hanno il permesso di picchiare l'uomo fino alla di lui morte. Janine dice a Offred che Moira è morta. Lungo la strada di ritorno a casa, Ofglen dice a Offred che una volta lei aveva una moglie e un figlio, e la avverte che nella casa dove vive c'è un Occhio (Eye, una spia). Grazie ad una voce fuori campo, Offred ci rivela il suo vero nome, June, e la sua intenzione di sopravvivere per ritrovare sua figlia.
E' bellissima quanto angosciante ed inquietante, la prima stagione di questa serie tv, tratta dal best seller (titolo omonimo) di Margaret Atwood del 1986, libro pluripremiato, già trasporto al cinema e a teatro, e adesso in tv, dove ha fatto incetta di Emmy all'ultima edizione. Ci ricorda come può essere davvero il fondamentalismo, l'estremismo, la schiavitù in tempi moderni, gli eccessi ai quali può condurre seguire un libro considerato sacro, alla lettera. Gli effetti collaterali sono tra l'altro estremamente attuali: l'estremizzazione generata e conseguente alla fondazione dell'immaginaria Repubblica di Gilead, dittatura militare teonomica, sui resti degli USA dilaniati da una guerra civile e dal successivo governo, porta molti cittadini alla fuga verso il Canada: quello che accade al di là della frontiera vi ricorderà l'attualità europea (al contrario). Da non perdere.
Margaret Atwood's Best Seller (1986), a prize-winning book, already a film and theater opera, is now one of the most exciting and disturbing TV series. The Handmaid's Tale won a lot of Emmys at the latest edition. It reminds us that fundamentalism, extremism, slavery in modern times, excesses to which it can lead to follow a book considered sacred to the letter. The side effects are, among other things, extremely current: the extremism generated and resulting from the foundation of the imaginary Republic of Gilead, theonomic military dictatorship, on the remains of the US disbanded by a civil war and the subsequent government, causes many refugees, citizens that flee to Canada: what happens across the border will remind you of European topicality (on the contrary). Not to be missed.
Una donna sta scappando, alcuni uomini armati la inseguono. Lei è con sua figlia, suo marito è scomparso. Viene catturata, e separata dalla piccola. La rivediamo in abiti strani e castigati, viene chiamata Offred (Di Fred), è un'ancella, una serva, nella casa del comandante Fred Waterford. L'equilibrio, almeno in questa parte del mondo, è decisamente cambiato. Offred si reca a fare compere, le ancelle (Handmaid) devono essere in coppia: la compagna di Offred è Ofglen. Durante il loro cammino, passano davanti ad un muro usato per le impiccagioni. I motivi sono vari: essere gay, ebrei, cattolici, aver lavorato in una clinica per gli aborti. Con alcuni flashback, assistiamo all'indottrinamento delle ancelle. Una donna istruttrice (si chiamano Zie), Zia Lydia, spiega loro la diminuzione vertiginosa dei tassi di natalità, spiega che loro sono "speciali", e che stanno servendo uno scopo biblico. All'ingresso nell'aula, Offred nota una compagna di Università, Moira. Un'altra allieva, Janine, risponde in modo sarcastico a Zia Lydia, e per tutta risposta la Zia le cava letteralmente un occhio. Tornati all'oggi, assistiamo al tentativo di inseminazione, da parte del comandante, di Offred. Offred giace tra le gambe della moglie del comandante, Serena Joy. Il giorno seguente, le ancelle sono riunite in uno spazio aperto, dove Zia Lydia le informa che un uomo ha violentato un'ancella incinta. Come punizione, le ancelle hanno il permesso di picchiare l'uomo fino alla di lui morte. Janine dice a Offred che Moira è morta. Lungo la strada di ritorno a casa, Ofglen dice a Offred che una volta lei aveva una moglie e un figlio, e la avverte che nella casa dove vive c'è un Occhio (Eye, una spia). Grazie ad una voce fuori campo, Offred ci rivela il suo vero nome, June, e la sua intenzione di sopravvivere per ritrovare sua figlia.
E' bellissima quanto angosciante ed inquietante, la prima stagione di questa serie tv, tratta dal best seller (titolo omonimo) di Margaret Atwood del 1986, libro pluripremiato, già trasporto al cinema e a teatro, e adesso in tv, dove ha fatto incetta di Emmy all'ultima edizione. Ci ricorda come può essere davvero il fondamentalismo, l'estremismo, la schiavitù in tempi moderni, gli eccessi ai quali può condurre seguire un libro considerato sacro, alla lettera. Gli effetti collaterali sono tra l'altro estremamente attuali: l'estremizzazione generata e conseguente alla fondazione dell'immaginaria Repubblica di Gilead, dittatura militare teonomica, sui resti degli USA dilaniati da una guerra civile e dal successivo governo, porta molti cittadini alla fuga verso il Canada: quello che accade al di là della frontiera vi ricorderà l'attualità europea (al contrario). Da non perdere.
Margaret Atwood's Best Seller (1986), a prize-winning book, already a film and theater opera, is now one of the most exciting and disturbing TV series. The Handmaid's Tale won a lot of Emmys at the latest edition. It reminds us that fundamentalism, extremism, slavery in modern times, excesses to which it can lead to follow a book considered sacred to the letter. The side effects are, among other things, extremely current: the extremism generated and resulting from the foundation of the imaginary Republic of Gilead, theonomic military dictatorship, on the remains of the US disbanded by a civil war and the subsequent government, causes many refugees, citizens that flee to Canada: what happens across the border will remind you of European topicality (on the contrary). Not to be missed.
20171018
Tessuto tre volte
Thrice Woven - Wolves in the Throne Room (2017)
E così, con il loro sesto album, la band originaria di Olympia, Washington, adesso un trio in pianta stabile con l'ingresso ufficiale del chitarrista Kody Keyworth (oltre ai fratelli Nathan e Aaron Weaver, voce/chitarre e batteria/sintetizzatori, ideatori e fondatori della band), tornano al black metal (nel loro caso, preceduto dall'aggettivo atmospheric, e devo dire, a ragione), dopo la parentesi ambient di Celestite del 2014. Naturalmente, se non siete propriamente dei fan, non dovete aspettarvi il classico blast beat continuativo, e neppure droni a non finire. Vi basti pensare che il disco è composto da 5 tracce, due delle quali hanno come ospite alla voce Anna Von Hausswolff (Born from the Serpent's Eye, Mother Owl, Father Ocean), e una vede Steve Von Till alla voce e alla chitarra acustica (The Old One Are With Us). I Wolves in the Throne Room sono ormai una istituzione della musica estrema, per la perizia tecnica ma soprattutto per la creatività che sono riusciti ad infondere ad un genere tendente a ripiegarsi su se stesso. C'è epicità e quel senso folk inteso di rispetto per la Madre Terra, brutalità biblica messa in musica, e un'aggressività controllata che rende questo disco, l'ennesimo prodotto che dimostra quanto il black metal sia diventato arte più che intrattenimento.
And so, with their sixth album, the band from Olympia, Washington, now a staunchly established trio, with the official entrance of guitarist Kody Keyworth (in addition to Nathan and Aaron Weaver brothers, vocals / guitars and drums / synthesizers, creators and founders of the band), returns to black metal (in their case, preceded by the adjective "atmospheric", and I must say rightly) after the ambient parenthesis with Celestite, in 2014. Of course, if you're not really a fan, you do not have to wait the classic continuous blast beat, and even endless drones. Just think that the record is made up of five tracks, two of which are hosted by Anna Von Hausswolff ("Born from the Serpent's Eye", "Mother Owl, Father Ocean"), and one sees Steve Von Till to voice and acoustic guitar ("The Old One Are With Us"). The Wolves in the Throne Room are now an institution of extreme music, for technical expertise, but above all for the creativity they have been able to infuse to a genre that tends to fall back on itself. There is epic and meaningful folk sense of respect for Mother Earth, biblical brutality put into music, and a controlled aggressiveness that makes this record, the latest product that shows how black metal has become more art than entertainment.
E così, con il loro sesto album, la band originaria di Olympia, Washington, adesso un trio in pianta stabile con l'ingresso ufficiale del chitarrista Kody Keyworth (oltre ai fratelli Nathan e Aaron Weaver, voce/chitarre e batteria/sintetizzatori, ideatori e fondatori della band), tornano al black metal (nel loro caso, preceduto dall'aggettivo atmospheric, e devo dire, a ragione), dopo la parentesi ambient di Celestite del 2014. Naturalmente, se non siete propriamente dei fan, non dovete aspettarvi il classico blast beat continuativo, e neppure droni a non finire. Vi basti pensare che il disco è composto da 5 tracce, due delle quali hanno come ospite alla voce Anna Von Hausswolff (Born from the Serpent's Eye, Mother Owl, Father Ocean), e una vede Steve Von Till alla voce e alla chitarra acustica (The Old One Are With Us). I Wolves in the Throne Room sono ormai una istituzione della musica estrema, per la perizia tecnica ma soprattutto per la creatività che sono riusciti ad infondere ad un genere tendente a ripiegarsi su se stesso. C'è epicità e quel senso folk inteso di rispetto per la Madre Terra, brutalità biblica messa in musica, e un'aggressività controllata che rende questo disco, l'ennesimo prodotto che dimostra quanto il black metal sia diventato arte più che intrattenimento.
And so, with their sixth album, the band from Olympia, Washington, now a staunchly established trio, with the official entrance of guitarist Kody Keyworth (in addition to Nathan and Aaron Weaver brothers, vocals / guitars and drums / synthesizers, creators and founders of the band), returns to black metal (in their case, preceded by the adjective "atmospheric", and I must say rightly) after the ambient parenthesis with Celestite, in 2014. Of course, if you're not really a fan, you do not have to wait the classic continuous blast beat, and even endless drones. Just think that the record is made up of five tracks, two of which are hosted by Anna Von Hausswolff ("Born from the Serpent's Eye", "Mother Owl, Father Ocean"), and one sees Steve Von Till to voice and acoustic guitar ("The Old One Are With Us"). The Wolves in the Throne Room are now an institution of extreme music, for technical expertise, but above all for the creativity they have been able to infuse to a genre that tends to fall back on itself. There is epic and meaningful folk sense of respect for Mother Earth, biblical brutality put into music, and a controlled aggressiveness that makes this record, the latest product that shows how black metal has become more art than entertainment.
20171017
Non uniforme
Ununiform - Tricky (2017)
Recensioni contrastanti per questo tredicesimo disco di uno dei fondatori del trip hop, ma a me pare che il ragazzo (c'ha 49 anni...) di Knowle West, Bristol, abbia ancora idee da vendere, e sia in ottima forma come compositore. Aiutato ai suoni (co-engineer) nientemeno che da Jay-Z, Tricky si contorna di voci femminili bellissime (Mina Rose, Avalon Lurks, Terra Lopez, Francesca Belmonte, e l'immancabile ex fidanzata Martina Topley-Bird) e di un paio di rapper russi (Scriptonite e Smoky Mo, il disco è stato concepito proprio a Mosca), fa fare perfino una bella figura ad Asia Argento (backing vocals su Wait for Signal) e rifà Doll Parts (ribattezzandola semplicemente Doll) delle Hole, oltre a 9 pezzi originali (New Stole con la Belmonte è un remake di Stole, composto dalla stessa cantante per il suo debutto del 2015, ma prodotto da Tricky) più un paio di "intermezzi" (Obia Intro e l'irresistibile Bang Boogie). Quel che ne esce è a mio parere un ottimo disco, dove Tricky conserva quel suo distintivo suono cupo e claustrofobico, ma dimostra di poter stare al passo coi tempi, e di essere capace di inglobare ogni tipo di influenza.
I read complete controversial comments on this thirteenth disc of one of the founders of the trip hop, but I think the guy (he's 49 today...) of Knowle West, Bristol, still has ideas for sale, and is in great shape as a composer. Helped on the sounds (co-engineer) no less than by Jay-Z, Tricky surrounds himself with beautiful female voices (Mina Rose, Avalon Lurks, Terra Lopez, Francesca Belmonte and the inevitable ex-girlfriend Martina Topley-Bird), of a couple of Russian rappers (Scriptonite and Smoky Mo, the album was originally conceived in Moscow), it also features reserve a good treatment to Asia Argento (backing vocals on "Wait for Signal") and cover "Doll Parts" (simply rewritten as Doll) of the Hole, over 9 original tracks ("New Stole" with Belmonte it's a remake of "Stole", written by the femal singer for her debut in 2015, produced and co-wrote, on many tracks, by Tricky), plus a couple of interludes ("Obia Intro" and the irresistible "Bang Boogie"). What comes out is, in my opinion, a very good record, where Tricky keeps that distinctive sounds, dark and claustrophobic, but proves to be able to keep up with the times, and to be able to embed in any kind of influence.
Recensioni contrastanti per questo tredicesimo disco di uno dei fondatori del trip hop, ma a me pare che il ragazzo (c'ha 49 anni...) di Knowle West, Bristol, abbia ancora idee da vendere, e sia in ottima forma come compositore. Aiutato ai suoni (co-engineer) nientemeno che da Jay-Z, Tricky si contorna di voci femminili bellissime (Mina Rose, Avalon Lurks, Terra Lopez, Francesca Belmonte, e l'immancabile ex fidanzata Martina Topley-Bird) e di un paio di rapper russi (Scriptonite e Smoky Mo, il disco è stato concepito proprio a Mosca), fa fare perfino una bella figura ad Asia Argento (backing vocals su Wait for Signal) e rifà Doll Parts (ribattezzandola semplicemente Doll) delle Hole, oltre a 9 pezzi originali (New Stole con la Belmonte è un remake di Stole, composto dalla stessa cantante per il suo debutto del 2015, ma prodotto da Tricky) più un paio di "intermezzi" (Obia Intro e l'irresistibile Bang Boogie). Quel che ne esce è a mio parere un ottimo disco, dove Tricky conserva quel suo distintivo suono cupo e claustrofobico, ma dimostra di poter stare al passo coi tempi, e di essere capace di inglobare ogni tipo di influenza.
I read complete controversial comments on this thirteenth disc of one of the founders of the trip hop, but I think the guy (he's 49 today...) of Knowle West, Bristol, still has ideas for sale, and is in great shape as a composer. Helped on the sounds (co-engineer) no less than by Jay-Z, Tricky surrounds himself with beautiful female voices (Mina Rose, Avalon Lurks, Terra Lopez, Francesca Belmonte and the inevitable ex-girlfriend Martina Topley-Bird), of a couple of Russian rappers (Scriptonite and Smoky Mo, the album was originally conceived in Moscow), it also features reserve a good treatment to Asia Argento (backing vocals on "Wait for Signal") and cover "Doll Parts" (simply rewritten as Doll) of the Hole, over 9 original tracks ("New Stole" with Belmonte it's a remake of "Stole", written by the femal singer for her debut in 2015, produced and co-wrote, on many tracks, by Tricky), plus a couple of interludes ("Obia Intro" and the irresistible "Bang Boogie"). What comes out is, in my opinion, a very good record, where Tricky keeps that distinctive sounds, dark and claustrophobic, but proves to be able to keep up with the times, and to be able to embed in any kind of influence.
20171016
Cinque
V - The Horrors (2017)
Gli inglesi di Southend-on-Sea, per arrivare al quinto disco, hanno percorso un tracciato che li ha portati dal garage punk-rock ad una sorta di affascinante ambient pop, che naturalmente si porta dietro tutte le altre loro influenze (shoegaze, goth, perfino il trip-hop di Manchester). V, uscito da qualche settimana, sfodera una copertina che ha generato qualche polemica di plagio (opera di Erik Ferguson, che è stato accusato di aver plagiato lavori di Jesse Kanda), e un campionario di canzoni che riecheggiano perfino i Simple Minds (ascoltate World Below e ditemi cosa vi ricorda...se avete tra i 45 e i 55 anni) e gli Human League, e comunque tutto quel momento di post new wave degli anni '80, naturalmente innestato su tutte le influenze sopra citate. Onestamente, non mi esaltano particolarmente, e trovo l'ascolto piuttosto piatto, non brutto ma senza nessun picco particolare.
The Southend-on-Sea Britons, to arrive at the fifth album, went along a track that took them from the punk-rock garage to a sort of fascinating ambient-pop, which of course brings back all their other influences (shoegaze, goth, even the Manchester trip-hop). V, released from a few weeks, with a cover that has generated some controversy of plagiarism (cover by Erik Ferguson, who was accused of plagiarism toward Jesse Kanda's work), and a bunch of songs that even remind the Simple Minds (listen to "World Below" and tell me what to remind you ... if you are between the age of 45 and 55) or the Human League, and in any case all that post new wave of the 1980's, naturally grafted on all the aforementioned influences. Honestly, they do not excel me particularly, and I find rather flat listening, not ugly but without any particular spike.
Gli inglesi di Southend-on-Sea, per arrivare al quinto disco, hanno percorso un tracciato che li ha portati dal garage punk-rock ad una sorta di affascinante ambient pop, che naturalmente si porta dietro tutte le altre loro influenze (shoegaze, goth, perfino il trip-hop di Manchester). V, uscito da qualche settimana, sfodera una copertina che ha generato qualche polemica di plagio (opera di Erik Ferguson, che è stato accusato di aver plagiato lavori di Jesse Kanda), e un campionario di canzoni che riecheggiano perfino i Simple Minds (ascoltate World Below e ditemi cosa vi ricorda...se avete tra i 45 e i 55 anni) e gli Human League, e comunque tutto quel momento di post new wave degli anni '80, naturalmente innestato su tutte le influenze sopra citate. Onestamente, non mi esaltano particolarmente, e trovo l'ascolto piuttosto piatto, non brutto ma senza nessun picco particolare.
The Southend-on-Sea Britons, to arrive at the fifth album, went along a track that took them from the punk-rock garage to a sort of fascinating ambient-pop, which of course brings back all their other influences (shoegaze, goth, even the Manchester trip-hop). V, released from a few weeks, with a cover that has generated some controversy of plagiarism (cover by Erik Ferguson, who was accused of plagiarism toward Jesse Kanda's work), and a bunch of songs that even remind the Simple Minds (listen to "World Below" and tell me what to remind you ... if you are between the age of 45 and 55) or the Human League, and in any case all that post new wave of the 1980's, naturally grafted on all the aforementioned influences. Honestly, they do not excel me particularly, and I find rather flat listening, not ugly but without any particular spike.
20171015
Sotto copertura
Under Cover - Motorhead (2017)
Odio lo sfruttamento intensivo dei morti, cosa che gli eredi e le case discografiche, al contrario, amano. Lo sfruttamento di Lemmy da morto è già cominciato l'anno passato con il live Clean Your Clock, del quale parleremo più avanti, e continua con questa raccolta di cover, contenente 11 pezzi, dei quali 8 già pubblicati su vari dischi tributo (Hell Bent Forever, Twisted Forever, Metallic Attack) o su loro dischi (We Are Motorhead, March or Die, Bastards, Bad Magic), un "mezzo" inedito (una versione alternativa di Starstruck, rispetto a quella pubblicata su This Is Your Life, tributo a Ronnie James Dio del 2014, ma sempre con Biff Byford dei Saxon alla voce), e due pezzi totalmente inediti: Heroes di Bowie, e Rockaway Beach dei Ramones. A parte i brividi di sentire una signature song (non solo di un artista, ma forse anche di una generazione) di un mostro sacro, ri-suonata da altri mostri sacri (seppur di nicchia, una nicchia però piuttosto ampia), il disco, seppur godibile, non aggiunge niente alla storia dei Motorhead, ma ci ricorda tutti i loro limiti, insieme ai loro pregi: confinati dentro un genere ben definito, un genere che però loro stessi hanno contribuito enormemente a definire.
I hate intensive exploitation of the dead, thing which heirs and record company, on the contrary, they love. The exploitation of Lemmy's death has already begun the past year with the live record "Clean Your Clock", of which we will talk later on, and continues with this collection of covers, containing 11 tracks, of which 8 have already been released on various tribute records ("Hell Bent Forever", "Twisted Forever", "Metallic Attack") or their own records ("We Are Motorhead", "March or Die", "Bastards", "Bad Magic"), one "half" unreleased (an alternate version of "Starstruck", compared to that published on "This Is Your Life" tribute to Ronnie James Dio of 2014, but always with Saxon's singer Biff Byford), and two totally unreleased tracks: Bowie's "Heroes", and Ramones' "Rockaway Beach". Apart from the chills of hearing a signature song (not just of an artist, but perhaps of a generation) of a sacred monster re-played by other sacred monsters (albeit from a niche, but a niche though rather wide), the album, though enjoyable, adds nothing to the story of Motorhead, but remembers all of their limitations, along with their merits: confined within a well-defined genre, a genre of which, however, they had contributed enormously to its own definition.
Odio lo sfruttamento intensivo dei morti, cosa che gli eredi e le case discografiche, al contrario, amano. Lo sfruttamento di Lemmy da morto è già cominciato l'anno passato con il live Clean Your Clock, del quale parleremo più avanti, e continua con questa raccolta di cover, contenente 11 pezzi, dei quali 8 già pubblicati su vari dischi tributo (Hell Bent Forever, Twisted Forever, Metallic Attack) o su loro dischi (We Are Motorhead, March or Die, Bastards, Bad Magic), un "mezzo" inedito (una versione alternativa di Starstruck, rispetto a quella pubblicata su This Is Your Life, tributo a Ronnie James Dio del 2014, ma sempre con Biff Byford dei Saxon alla voce), e due pezzi totalmente inediti: Heroes di Bowie, e Rockaway Beach dei Ramones. A parte i brividi di sentire una signature song (non solo di un artista, ma forse anche di una generazione) di un mostro sacro, ri-suonata da altri mostri sacri (seppur di nicchia, una nicchia però piuttosto ampia), il disco, seppur godibile, non aggiunge niente alla storia dei Motorhead, ma ci ricorda tutti i loro limiti, insieme ai loro pregi: confinati dentro un genere ben definito, un genere che però loro stessi hanno contribuito enormemente a definire.
I hate intensive exploitation of the dead, thing which heirs and record company, on the contrary, they love. The exploitation of Lemmy's death has already begun the past year with the live record "Clean Your Clock", of which we will talk later on, and continues with this collection of covers, containing 11 tracks, of which 8 have already been released on various tribute records ("Hell Bent Forever", "Twisted Forever", "Metallic Attack") or their own records ("We Are Motorhead", "March or Die", "Bastards", "Bad Magic"), one "half" unreleased (an alternate version of "Starstruck", compared to that published on "This Is Your Life" tribute to Ronnie James Dio of 2014, but always with Saxon's singer Biff Byford), and two totally unreleased tracks: Bowie's "Heroes", and Ramones' "Rockaway Beach". Apart from the chills of hearing a signature song (not just of an artist, but perhaps of a generation) of a sacred monster re-played by other sacred monsters (albeit from a niche, but a niche though rather wide), the album, though enjoyable, adds nothing to the story of Motorhead, but remembers all of their limitations, along with their merits: confined within a well-defined genre, a genre of which, however, they had contributed enormously to its own definition.
20171014
20171013
Tutta la luce sopra
All the Light Above It All - Jack Johnson (2017)
A Jack Johnson gli si vuole bene, e non solo perché la leggenda vuole che abbia salvato Eddie Vedder dall'annegamento (in realtà pare non sia vero, Ed ha rischiato di annegare mentre era in canoa col padre di Jack, e fu salvato da pescatori locali), ma perché è simpatico, non appare molto, è un ambientalista convinto e fa canzoni carine. Stavolta, con la copertina, si è superato: ha raccolto un po' di tutta la plastica che il vortice subtropicale del Nord Pacifico accumula sulle spiagge hawaiane, e ha composto un'opera d'arte (usata anche per il video). Le liriche sono ispirate all'elezione di Trump (My Mind Is for Sale, Gather), e contro la sua fissazione di erigere muri, e naturalmente a proposito dell'inquinamento senza limiti e del riscaldamento globale (Fragments, Subplots). Insomma, lodevole, se non fosse che ormai da anni, a livello musicale compone sempre lo stesso disco, le stesse canzoni, le stesse melodie, gli stessi giri di chitarra. Leggeri tentativi di fare qualcosa di diverso su My Mind Is for Sale e Gather, ma, per gli appassionati, non abbiate paura, niente di troppo lontano da quello a cui JJ ci ha abituato.
We love Jack Johnson, and not just because the legend wants he saved Eddie Vedder from drowning (actually it does not seem true, Ed risked drowning while he was in canoe with Jack's father, and was rescued by local fishermen), but because he is nice, he does not appear in public very much, he is a persuasive environmentalist and makes cute songs. This time, with the cover of the album, he overpassed himself: he picked up some of the plastic that the North Pacific Gyre accumulates on the Hawaiian beaches, and made up a work of art (also used for video). The lyrics are inspired by Trump's selection ("My Mind Is for Sale", "Gather"), and against his fixaction to build walls, and, of course, about unlimited pollution and global warming (Fragments, Subplots). In short, laudable, if not for years, he always makes the same disc, the same songs, the same melodies, the same guitar riffs. Slow attempts to do something different on "My Mind Is for Sale" and "Gather", but for fans, do not be afraid, nothing too far from what JJ has got to used to.
A Jack Johnson gli si vuole bene, e non solo perché la leggenda vuole che abbia salvato Eddie Vedder dall'annegamento (in realtà pare non sia vero, Ed ha rischiato di annegare mentre era in canoa col padre di Jack, e fu salvato da pescatori locali), ma perché è simpatico, non appare molto, è un ambientalista convinto e fa canzoni carine. Stavolta, con la copertina, si è superato: ha raccolto un po' di tutta la plastica che il vortice subtropicale del Nord Pacifico accumula sulle spiagge hawaiane, e ha composto un'opera d'arte (usata anche per il video). Le liriche sono ispirate all'elezione di Trump (My Mind Is for Sale, Gather), e contro la sua fissazione di erigere muri, e naturalmente a proposito dell'inquinamento senza limiti e del riscaldamento globale (Fragments, Subplots). Insomma, lodevole, se non fosse che ormai da anni, a livello musicale compone sempre lo stesso disco, le stesse canzoni, le stesse melodie, gli stessi giri di chitarra. Leggeri tentativi di fare qualcosa di diverso su My Mind Is for Sale e Gather, ma, per gli appassionati, non abbiate paura, niente di troppo lontano da quello a cui JJ ci ha abituato.
We love Jack Johnson, and not just because the legend wants he saved Eddie Vedder from drowning (actually it does not seem true, Ed risked drowning while he was in canoe with Jack's father, and was rescued by local fishermen), but because he is nice, he does not appear in public very much, he is a persuasive environmentalist and makes cute songs. This time, with the cover of the album, he overpassed himself: he picked up some of the plastic that the North Pacific Gyre accumulates on the Hawaiian beaches, and made up a work of art (also used for video). The lyrics are inspired by Trump's selection ("My Mind Is for Sale", "Gather"), and against his fixaction to build walls, and, of course, about unlimited pollution and global warming (Fragments, Subplots). In short, laudable, if not for years, he always makes the same disc, the same songs, the same melodies, the same guitar riffs. Slow attempts to do something different on "My Mind Is for Sale" and "Gather", but for fans, do not be afraid, nothing too far from what JJ has got to used to.
20171012
Prigioniero
Prisoner - Caparezza (2017)
Settimo album per Caparezza. Le note ci dicono sia frutto di una "profonda crisi interiore" vissuta dall'artista, e Michele Salvemini (Caparezza) si è divertito, giocando sul dualismo tra 7 (le lettere del suo nome, Michele) e 9 (le lettere del suo nome d'arte, Caparezza), che ritroviamo nel titolo, a trovare pure dei sottotitoli ad ogni pezzo del disco, uno di 7 e uno di 9 lettere. I testi quindi seguono un concept, che parte appunto dalla crisi, durante la quale Capa ha riflettuto sulla sua condizione di prigioniero della propria dimensione mentale, e percorrono un sentiero di un colpevole (reato, pena, ora d'aria, rivolta, evasione, latitanza, e altri passaggi in mezzo). Testi quindi con il solito impegno, ma senza perdere il sorriso, atmosfere in bilico tra il divertimento, la presa in giro e l'incazzatura, e a livello musicale si spinge sul buon rap misto alla solita buona dose di rock, fornita dalla ottima backing band.
Ospiti di un certo livello: John De Leo, DMC, Max Gazzé, per un disco che ci ricorda che Caparezza è vivo e lotta insieme a noi. Peccato che, almeno a mio modesto giudizio, mi sembra si sia un poco adagiato su uno standard. Il confronto, ad esempio, con Il sogno eretico (senza andare troppo indietro nel tempo), anche a livello musicale, mi appare impietoso, seppure personalmente, continui a portare il massimo rispetto per il rapper pugliese.
Seventh album for Caparezza. The notes tell us it is the result of a "deep inner crisis" experienced by the artist, and Michele Salvemini (Caparezza) had fun, playing on dualism between 7 (the letters of his name, Michele) and 9 (the letters of his stage name, Caparezza), which we find also in the album title, also find subtitles for each track of the disc, one of 7 and one of 9 letters. The lyrics then follow a concept that starts from the crisis, during which Capa reflected on his condition of imprisonment of his mental dimension, and walked along a path of guilty (crime, punishment, yard time, revolt, escape, lam, and other steps in between). So with the usual commitment, but without losing the smile, mood suspendend between fun, jokes and anger, and at musical level, it moves on the good rap to the usual good dose of rock, provided by the excellent backing band .
Guests of a certain level: John De Leo, DMC, Max Gazzé, for a record that reminds us that Caparezza is alive and struggling with us. Too bad, at least in my humble opinion, it seems to me a bit lying on a standard. The comparison, for example, with "Il sogno eretico" (without going too far back in time), even at the musical level, seems pitiless, though personally, I keep the highest respect for the Apulian rapper.
Settimo album per Caparezza. Le note ci dicono sia frutto di una "profonda crisi interiore" vissuta dall'artista, e Michele Salvemini (Caparezza) si è divertito, giocando sul dualismo tra 7 (le lettere del suo nome, Michele) e 9 (le lettere del suo nome d'arte, Caparezza), che ritroviamo nel titolo, a trovare pure dei sottotitoli ad ogni pezzo del disco, uno di 7 e uno di 9 lettere. I testi quindi seguono un concept, che parte appunto dalla crisi, durante la quale Capa ha riflettuto sulla sua condizione di prigioniero della propria dimensione mentale, e percorrono un sentiero di un colpevole (reato, pena, ora d'aria, rivolta, evasione, latitanza, e altri passaggi in mezzo). Testi quindi con il solito impegno, ma senza perdere il sorriso, atmosfere in bilico tra il divertimento, la presa in giro e l'incazzatura, e a livello musicale si spinge sul buon rap misto alla solita buona dose di rock, fornita dalla ottima backing band.
Ospiti di un certo livello: John De Leo, DMC, Max Gazzé, per un disco che ci ricorda che Caparezza è vivo e lotta insieme a noi. Peccato che, almeno a mio modesto giudizio, mi sembra si sia un poco adagiato su uno standard. Il confronto, ad esempio, con Il sogno eretico (senza andare troppo indietro nel tempo), anche a livello musicale, mi appare impietoso, seppure personalmente, continui a portare il massimo rispetto per il rapper pugliese.
Seventh album for Caparezza. The notes tell us it is the result of a "deep inner crisis" experienced by the artist, and Michele Salvemini (Caparezza) had fun, playing on dualism between 7 (the letters of his name, Michele) and 9 (the letters of his stage name, Caparezza), which we find also in the album title, also find subtitles for each track of the disc, one of 7 and one of 9 letters. The lyrics then follow a concept that starts from the crisis, during which Capa reflected on his condition of imprisonment of his mental dimension, and walked along a path of guilty (crime, punishment, yard time, revolt, escape, lam, and other steps in between). So with the usual commitment, but without losing the smile, mood suspendend between fun, jokes and anger, and at musical level, it moves on the good rap to the usual good dose of rock, provided by the excellent backing band .
Guests of a certain level: John De Leo, DMC, Max Gazzé, for a record that reminds us that Caparezza is alive and struggling with us. Too bad, at least in my humble opinion, it seems to me a bit lying on a standard. The comparison, for example, with "Il sogno eretico" (without going too far back in time), even at the musical level, seems pitiless, though personally, I keep the highest respect for the Apulian rapper.
20171011
Dico a una mosca
I Tell A Fly - Benjamin Clementine (2017)
Diciamoci la verità, la musica ha sempre avuto bisogno di personaggi di questo tipo. Non voglio dilungarmi troppo, ma cercate in rete e leggetevi la storia della vita di questo 28enne originario di Crystal Palace, Londra. Affascinante.
La prima volta che mi sono avvicinato alla sua musica, ascoltando il precedente At Least For Now, ho pensato a Antony Hegarty, probabilmente per la propensione alle atmosfere quasi teatrali. Ma devo dire che ascoltando in maniera un po' più approfondita questo suo nuovissimo I Tell A Fly, ci sono un sacco di cose belle, influenze fra le più disparate, inusuali, bellissime canzoni con strutture non ortodosse, e naturalmente, testi incredibilmente elaborati.
C'è veramente di tutto, nella musica e nell'approccio di Benjamin Sainte-Clémentine, come notano grandi critici musicali e alcuni grandi musicisti (David Byrne, Paul McCartney). Vagamente Rufus Wainwright, un fortissimo senso di grandeur, Nina Simone, Léo Ferré, Edith Piaf, tocchi di piano ispirati da Satie e Debussy, ma non solo, influenze che vanno dai cantautori italiani alla soul music, dall'operetta ai grandi chansonnier francesi, dai grandi cantanti classici a Nick Cave e Tom Waits. E poi, le influenze letterarie e poetiche, lui, ex senza tetto ma avido lettore fin da bambino. E una personalità che, senza dubbio, non passa inosservata.
Un disco sicuramente lontanissimo dal pop, interessantissimo, per un artista del quale sentiremo parlare molto.
Let's tell the truth, music always needed such characters. I do not want to go too far, but have a look into the web and read the story of the life of this 28-year-old native of Crystal Palace, London. Fascinating.
The first time I listened to his music, with the previous "At Least For Now", I thought of Antony Hegarty, probably because of the propensity to the almost theatrical atmospheres. But I must say that by listening a bit more in-depth to this brand new "I Tell A Fly", there are a lot of beautiful things, influences of the most disparate, unusual, beautiful songs with non-orthodox structures, and of course, incredibly elaborate texts.
There is really everything in the music and in Benjamin Sainte-Clémentine's approach, as some great music critics and some great musicians (David Byrne, Paul McCartney) notes. Vaguely Rufus Wainwright, a very strong sense of grandeur, Nina Simone, Léo Ferré, Edith Piaf, touches of piano inspired by Satie and Debussy, but not only; influences ranging from Italian songwriters to soul music, operetta to great French chansonniers, from great classical singers to Nick Cave and Tom Waits. And then, the literary and poetic influences, he, formerly homeless but avid reader since childhood. And a personality that, without a doubt, does not go unnoticed.
An album definitely far from pop, very interesting, by an artist which, in the future, will be very famous.
Diciamoci la verità, la musica ha sempre avuto bisogno di personaggi di questo tipo. Non voglio dilungarmi troppo, ma cercate in rete e leggetevi la storia della vita di questo 28enne originario di Crystal Palace, Londra. Affascinante.
La prima volta che mi sono avvicinato alla sua musica, ascoltando il precedente At Least For Now, ho pensato a Antony Hegarty, probabilmente per la propensione alle atmosfere quasi teatrali. Ma devo dire che ascoltando in maniera un po' più approfondita questo suo nuovissimo I Tell A Fly, ci sono un sacco di cose belle, influenze fra le più disparate, inusuali, bellissime canzoni con strutture non ortodosse, e naturalmente, testi incredibilmente elaborati.
C'è veramente di tutto, nella musica e nell'approccio di Benjamin Sainte-Clémentine, come notano grandi critici musicali e alcuni grandi musicisti (David Byrne, Paul McCartney). Vagamente Rufus Wainwright, un fortissimo senso di grandeur, Nina Simone, Léo Ferré, Edith Piaf, tocchi di piano ispirati da Satie e Debussy, ma non solo, influenze che vanno dai cantautori italiani alla soul music, dall'operetta ai grandi chansonnier francesi, dai grandi cantanti classici a Nick Cave e Tom Waits. E poi, le influenze letterarie e poetiche, lui, ex senza tetto ma avido lettore fin da bambino. E una personalità che, senza dubbio, non passa inosservata.
Un disco sicuramente lontanissimo dal pop, interessantissimo, per un artista del quale sentiremo parlare molto.
Let's tell the truth, music always needed such characters. I do not want to go too far, but have a look into the web and read the story of the life of this 28-year-old native of Crystal Palace, London. Fascinating.
The first time I listened to his music, with the previous "At Least For Now", I thought of Antony Hegarty, probably because of the propensity to the almost theatrical atmospheres. But I must say that by listening a bit more in-depth to this brand new "I Tell A Fly", there are a lot of beautiful things, influences of the most disparate, unusual, beautiful songs with non-orthodox structures, and of course, incredibly elaborate texts.
There is really everything in the music and in Benjamin Sainte-Clémentine's approach, as some great music critics and some great musicians (David Byrne, Paul McCartney) notes. Vaguely Rufus Wainwright, a very strong sense of grandeur, Nina Simone, Léo Ferré, Edith Piaf, touches of piano inspired by Satie and Debussy, but not only; influences ranging from Italian songwriters to soul music, operetta to great French chansonniers, from great classical singers to Nick Cave and Tom Waits. And then, the literary and poetic influences, he, formerly homeless but avid reader since childhood. And a personality that, without a doubt, does not go unnoticed.
An album definitely far from pop, very interesting, by an artist which, in the future, will be very famous.
20171010
Il filo del rasoio
The Razor's Edge - AC/DC (1990)
Qualche settimana fa, mentre attendevo che gli Arch Enemy mettessero piede sul palco del Cvetlicarna di Lubiana, Slovenia, è stato alzato il volume dei diffusori del locale, che naturalmente diffondevano musica heavy rock, ed è partita Thunderstruck degli ACDC, e vista la reazione del pubblico presente, simile a quella alla quale assistetti nel lontano 1984 (quella volta era Touch Too Much la causa scatenante), ho deciso di andarmi a ripescare The Razors Edge, album dal quale la canzone è tratta, e in seguito, di parlarvene.
Undicesimo album internazionale, l'album in questione arriva dopo alcuni dischi deludenti, un calo di popolarità, e vicissitudini varie, e riporta la band ai vertici, trainato da una serie di singoli irresistibili, il primo dei quali fu proprio Thunderstruck, seguito da Moneytalks e, più tardi, da Are You Ready. Il disco è effettivamente roccioso come alcuni storici predecessori, e dimostra il ritorno ad un songwriting convincente. Il lavoro di Angus e Malcolm alle chitarre è all'altezza e con qualche chicca (ancora una volta, il riff iniziale di Thunderstruck, come racconta Angus, arrivato per caso mentre armeggiava sulla sei corde), così come quello di Brian alla voce. Alla batteria c'è il veterano Chris Slade, che si riunirà alla band anche negli anni recenti, che prende il posto del dimissionario Simon Wright (che passò con la band di Dio), e tutto fila liscio, completando la sezione ritmica con l'affidabile Cliff Williams.
Qualche curiosità in più: il titolo non è un errore (razor's), bensì un modo di dire dei contadini britannici quando, durante una bellissima giornata di sole, improvvisamente appaiono nuvoloni neri all'orizzonte. Angus dichiarò che gli sembrava un grande titolo allora, e stava a rappresentare l'incertezza dell'ordine mondiale, anche se tutti pensavano che, caduto il Muro di Berlino, tutto sarebbe stato "fun and games, and party every night".
Il pezzo Mistress for Christmas fu invece scritto pensando a Donald Trump, e al dualismo tra Ivanka e l'allora amante di Donald.
Tornando alla musica, oltre ai singoli già citati, buone Fire Your Guns, Rock Your Heart Out, The Razors Edge, Got You by the Balls.
A few weeks ago, while waiting for the Arch Enemy to set foot on the Cvetlicarna stage in Ljubljana, Slovenia, the volume of the speakers, that were spreading obviously heavy rock music, were increased, and "Thunderstruck" by ACDC started, and given the reaction of the public present, similar to the one I watched in 1984 (that time, the trigger cause was Touch too Much) during the waiting for an Iron Maiden plus Motley Crue concert, I decided to come back and re-listen "The Razors Edge", the album from which the song is taken, and then writing about it.
ACDC's eleventh international album, the album in question comes after some disappointing albums, a drop in popularity, and various vicissitudes, and brings back the band to the tops, driven by a series of irresistible singles, the first of which was indeed "Thunderstruck", followed by "Moneytalks" and later on by "Are You Ready". The record is actually rocky like some predecessors, and demonstrates the return to a convincing songwriting. The work of Angus and Malcolm on the guitars is remarkable, with some pearls (once again, Thunderstruck's initial riff, as Angus tells, arriving by chance while he was fuckin' around on the six strings), as did Brian's voice. The drummer is the veteran Chris Slade, who will be reunited with the band in recent years, replacing the resigned Simon Wright (who switched to the band of Dio), and everything goes smooth, completing the rhythm section with the reliable Cliff Williams.
Some extra curiosity: the title is not a mistake (razor's), but a figure of speech by Britain peasants when, on a beautiful sunny day, suddenly black clouds appear on the horizon. Angus declared that he looked like a great title at the time, and was representing the uncertainty of world order, even though everyone thought that, after the fall of the Berlin Wall's, the life ahead would have been "fun and games, and party every night."
"Mistress for Christmas" was written thinking of Donald Trump, and the dualism between Ivanka and then Donald's lover.
Returning to the music, in addition to the aforementioned singles, good songs also "Fire Your Guns", "Rock Your Heart Out", "The Razors Edge", "Got You by the Balls".
Qualche settimana fa, mentre attendevo che gli Arch Enemy mettessero piede sul palco del Cvetlicarna di Lubiana, Slovenia, è stato alzato il volume dei diffusori del locale, che naturalmente diffondevano musica heavy rock, ed è partita Thunderstruck degli ACDC, e vista la reazione del pubblico presente, simile a quella alla quale assistetti nel lontano 1984 (quella volta era Touch Too Much la causa scatenante), ho deciso di andarmi a ripescare The Razors Edge, album dal quale la canzone è tratta, e in seguito, di parlarvene.
Undicesimo album internazionale, l'album in questione arriva dopo alcuni dischi deludenti, un calo di popolarità, e vicissitudini varie, e riporta la band ai vertici, trainato da una serie di singoli irresistibili, il primo dei quali fu proprio Thunderstruck, seguito da Moneytalks e, più tardi, da Are You Ready. Il disco è effettivamente roccioso come alcuni storici predecessori, e dimostra il ritorno ad un songwriting convincente. Il lavoro di Angus e Malcolm alle chitarre è all'altezza e con qualche chicca (ancora una volta, il riff iniziale di Thunderstruck, come racconta Angus, arrivato per caso mentre armeggiava sulla sei corde), così come quello di Brian alla voce. Alla batteria c'è il veterano Chris Slade, che si riunirà alla band anche negli anni recenti, che prende il posto del dimissionario Simon Wright (che passò con la band di Dio), e tutto fila liscio, completando la sezione ritmica con l'affidabile Cliff Williams.
Qualche curiosità in più: il titolo non è un errore (razor's), bensì un modo di dire dei contadini britannici quando, durante una bellissima giornata di sole, improvvisamente appaiono nuvoloni neri all'orizzonte. Angus dichiarò che gli sembrava un grande titolo allora, e stava a rappresentare l'incertezza dell'ordine mondiale, anche se tutti pensavano che, caduto il Muro di Berlino, tutto sarebbe stato "fun and games, and party every night".
Il pezzo Mistress for Christmas fu invece scritto pensando a Donald Trump, e al dualismo tra Ivanka e l'allora amante di Donald.
Tornando alla musica, oltre ai singoli già citati, buone Fire Your Guns, Rock Your Heart Out, The Razors Edge, Got You by the Balls.
A few weeks ago, while waiting for the Arch Enemy to set foot on the Cvetlicarna stage in Ljubljana, Slovenia, the volume of the speakers, that were spreading obviously heavy rock music, were increased, and "Thunderstruck" by ACDC started, and given the reaction of the public present, similar to the one I watched in 1984 (that time, the trigger cause was Touch too Much) during the waiting for an Iron Maiden plus Motley Crue concert, I decided to come back and re-listen "The Razors Edge", the album from which the song is taken, and then writing about it.
ACDC's eleventh international album, the album in question comes after some disappointing albums, a drop in popularity, and various vicissitudes, and brings back the band to the tops, driven by a series of irresistible singles, the first of which was indeed "Thunderstruck", followed by "Moneytalks" and later on by "Are You Ready". The record is actually rocky like some predecessors, and demonstrates the return to a convincing songwriting. The work of Angus and Malcolm on the guitars is remarkable, with some pearls (once again, Thunderstruck's initial riff, as Angus tells, arriving by chance while he was fuckin' around on the six strings), as did Brian's voice. The drummer is the veteran Chris Slade, who will be reunited with the band in recent years, replacing the resigned Simon Wright (who switched to the band of Dio), and everything goes smooth, completing the rhythm section with the reliable Cliff Williams.
Some extra curiosity: the title is not a mistake (razor's), but a figure of speech by Britain peasants when, on a beautiful sunny day, suddenly black clouds appear on the horizon. Angus declared that he looked like a great title at the time, and was representing the uncertainty of world order, even though everyone thought that, after the fall of the Berlin Wall's, the life ahead would have been "fun and games, and party every night."
"Mistress for Christmas" was written thinking of Donald Trump, and the dualism between Ivanka and then Donald's lover.
Returning to the music, in addition to the aforementioned singles, good songs also "Fire Your Guns", "Rock Your Heart Out", "The Razors Edge", "Got You by the Balls".
20171009
Groot-Bijgaarden (Belgio) - Settembre 2017
Lunedì 25 settembre
Si parte verso le 16,30, direttamente dall'ufficio. Ryanair Pisa-Charleroi, fortunatamente non nella lista dei voli cancellati dalla compagnia low cost che, forse per la prima volta, o forse perché sono in molti che lo vorrebbero, pare in crisi. Volo alle 19,05. Sono in compagnia di L., mio capo locale, nonché già compagno di diverse "avventure" lavorative, in questi ultimi anni. Destinazione Belgio, località Groot-Bijgaarden, più precisamente al Waerboom, un complesso con camere, SPA, saloni per cerimonie e convention, poco fuori Bruxelles (e, disgraziatamente, a ridosso di un'area di servizio di una trafficatissima autostrada). Obiettivo: l'annuale riunione plenaria della Supply Chain del servizio per il quale lavoriamo. In realtà lavoriamo per due servizi diversi, ma questo è quello che potremo definire preponderante. Non scenderò in altri particolari, capisco che non è semplice, sono invitato per uno dei 3/4 lavori che svolgo (non il responsabile dei programmatori delle produzioni, non il responsabile del Back Office, non il trainer della Supply Chain Academy).
Parcheggio, controlli, spuntino, attesa, imbarco, volo e sonnolenza. In momenti come questi io e L. ci rendiamo conto quanto siamo stanchi, veramente tanto. Arrivo in anticipo, durante lo sbarco incontriamo un collega col quale scambiamo qualche battuta, uscita, contatto con l'autista della navetta (una ragazza di Firenze, ricorderete che il servizio che spesso contattiamo è italiano e usa autisti italiani), cena al volo al finalmente riaperto chiosco delle frites subito fuori dall'aeroporto, lato biglietteria bus, incontro con l'autista e con un'altra passeggera (una simpatica anziana piombinese in visita al figlio), attesa del quarto passeggero, un signore polacco. Quando l'equipaggio è completato, si parte, e si, si sonnecchia anche sul minibus, dopo qualche chiacchiera iniziale. Si arriva dopo circa un'ora, sono le 22, e l'autista ci scarica lontanissimi dalla reception, non avendo mai visto il posto, e soprattutto, convinta di lasciare prima gli altri due passeggeri, e invece.
Al check in, sorpresa: non ho una camera. Siamo "da bosco e da riviera", e accettiamo di dormire nella stessa stanza, grande, ma con un solo letto, fortunatamente matrimoniale. Tiro tardi in compagnia di colleghi, tra una birra e un'altra, e un collega belga ma ormai in pianta stabile da anni nel nostro impianto in Bulgaria, collega con il quale condivido il giorno del compleanno, mi assicura che si inventerà qualcosa per invitarmi in Bulgaria per lavoro, in modo che possiamo festeggiare il compleanno insieme. Non so se la cosa si avvererà, ma la serata prende comunque una piega decisamente divertente, tra aneddoti di lavoro e battute.
Martedì 26
Programma che prende tutta la giornata, dalle 8,30 in poi. Resoconti dell'anno passato, presentazione di nuovi progetti. Ci sono persone da tutto il mondo, colleghi statunitensi (uno è anche il mio compagno di viaggi nella Academy), nuovi ingressi, colleghe brasiliane, colleghi asiatici. Alle 17 fine dei lavori e passaggio ad un'oretta defatigante con una specialista di body language, una sessione divertente che non aggiunge granché alle nostre conoscenze, ma fornirà spunti di battute anche il giorno seguente. Cena tutti insieme, e come al solito ci si trattiene fino ad una certa ora bevendo, chiacchierando, fraternizzando. La sorpresa è che stanotte avrò una camera per conto mio.
Mercoledì 27
Inizio dei lavori alle 8, e scaletta che prende fino alle 12. Alle 12 pranzo in piedi, e alle 13 io ho una riunione telefonica (Supply Chain Academy), dove scopro che non avrò impegni fino all'anno nuovo, e un po' mi dispiace, ma anche che il collega francese J. è stato scelto per supportare l'esile squadra asiatica (solo una persona), e quindi andrà una settimana in Corea del Sud in Novembre, anche se inizialmente noi dovevamo rimanere nel perimetro europeo. Sono contento per lui perché se lo merita, e questo deve essere un altro obiettivo da perseguire, per me. Finita la call mi unisco ad un'altra riunione che il nostro capo europeo Supply Chain ha convocato, anche se molti devono abbandonare a partire dalle 15. Terminato questo impegno, a noi non rimane che attendere la chiamata dell'autista, programmata per la 16, per il ritorno a Charleroi aeroporto. Chiamata in orario, l'autista è la stessa di due giorni prima, salutiamo i rimasti e ci avviamo. Oggi siamo gli unici passeggeri, e c'è un po' di traffico, ma siamo all'aeroporto prima delle 18, e quindi, visto che il volo è alle 21, abbiamo tempo per staccare un po' (anche se mail e telefonate di lavoro, soprattutto per L., non si possono evitare), berci qualche birra, guardarci intorno, e fare qualche programma comune. Mangiamo pure qualcosa, e poi ci avviamo ai controlli. Passati quelli, rituale acquisto di cioccolatini da riportare alla squadra, attesa della comunicazione del gate di partenza, incontriamo un collega, ci imbarchiamo. Non si dorme, e si arriva in orario.
Come sempre, verso la mezzanotte siamo a casa. Domani, come sempre, è un altro giorno. Di lavoro.
Si parte verso le 16,30, direttamente dall'ufficio. Ryanair Pisa-Charleroi, fortunatamente non nella lista dei voli cancellati dalla compagnia low cost che, forse per la prima volta, o forse perché sono in molti che lo vorrebbero, pare in crisi. Volo alle 19,05. Sono in compagnia di L., mio capo locale, nonché già compagno di diverse "avventure" lavorative, in questi ultimi anni. Destinazione Belgio, località Groot-Bijgaarden, più precisamente al Waerboom, un complesso con camere, SPA, saloni per cerimonie e convention, poco fuori Bruxelles (e, disgraziatamente, a ridosso di un'area di servizio di una trafficatissima autostrada). Obiettivo: l'annuale riunione plenaria della Supply Chain del servizio per il quale lavoriamo. In realtà lavoriamo per due servizi diversi, ma questo è quello che potremo definire preponderante. Non scenderò in altri particolari, capisco che non è semplice, sono invitato per uno dei 3/4 lavori che svolgo (non il responsabile dei programmatori delle produzioni, non il responsabile del Back Office, non il trainer della Supply Chain Academy).
Parcheggio, controlli, spuntino, attesa, imbarco, volo e sonnolenza. In momenti come questi io e L. ci rendiamo conto quanto siamo stanchi, veramente tanto. Arrivo in anticipo, durante lo sbarco incontriamo un collega col quale scambiamo qualche battuta, uscita, contatto con l'autista della navetta (una ragazza di Firenze, ricorderete che il servizio che spesso contattiamo è italiano e usa autisti italiani), cena al volo al finalmente riaperto chiosco delle frites subito fuori dall'aeroporto, lato biglietteria bus, incontro con l'autista e con un'altra passeggera (una simpatica anziana piombinese in visita al figlio), attesa del quarto passeggero, un signore polacco. Quando l'equipaggio è completato, si parte, e si, si sonnecchia anche sul minibus, dopo qualche chiacchiera iniziale. Si arriva dopo circa un'ora, sono le 22, e l'autista ci scarica lontanissimi dalla reception, non avendo mai visto il posto, e soprattutto, convinta di lasciare prima gli altri due passeggeri, e invece.
Al check in, sorpresa: non ho una camera. Siamo "da bosco e da riviera", e accettiamo di dormire nella stessa stanza, grande, ma con un solo letto, fortunatamente matrimoniale. Tiro tardi in compagnia di colleghi, tra una birra e un'altra, e un collega belga ma ormai in pianta stabile da anni nel nostro impianto in Bulgaria, collega con il quale condivido il giorno del compleanno, mi assicura che si inventerà qualcosa per invitarmi in Bulgaria per lavoro, in modo che possiamo festeggiare il compleanno insieme. Non so se la cosa si avvererà, ma la serata prende comunque una piega decisamente divertente, tra aneddoti di lavoro e battute.
Martedì 26
Programma che prende tutta la giornata, dalle 8,30 in poi. Resoconti dell'anno passato, presentazione di nuovi progetti. Ci sono persone da tutto il mondo, colleghi statunitensi (uno è anche il mio compagno di viaggi nella Academy), nuovi ingressi, colleghe brasiliane, colleghi asiatici. Alle 17 fine dei lavori e passaggio ad un'oretta defatigante con una specialista di body language, una sessione divertente che non aggiunge granché alle nostre conoscenze, ma fornirà spunti di battute anche il giorno seguente. Cena tutti insieme, e come al solito ci si trattiene fino ad una certa ora bevendo, chiacchierando, fraternizzando. La sorpresa è che stanotte avrò una camera per conto mio.
Mercoledì 27
Inizio dei lavori alle 8, e scaletta che prende fino alle 12. Alle 12 pranzo in piedi, e alle 13 io ho una riunione telefonica (Supply Chain Academy), dove scopro che non avrò impegni fino all'anno nuovo, e un po' mi dispiace, ma anche che il collega francese J. è stato scelto per supportare l'esile squadra asiatica (solo una persona), e quindi andrà una settimana in Corea del Sud in Novembre, anche se inizialmente noi dovevamo rimanere nel perimetro europeo. Sono contento per lui perché se lo merita, e questo deve essere un altro obiettivo da perseguire, per me. Finita la call mi unisco ad un'altra riunione che il nostro capo europeo Supply Chain ha convocato, anche se molti devono abbandonare a partire dalle 15. Terminato questo impegno, a noi non rimane che attendere la chiamata dell'autista, programmata per la 16, per il ritorno a Charleroi aeroporto. Chiamata in orario, l'autista è la stessa di due giorni prima, salutiamo i rimasti e ci avviamo. Oggi siamo gli unici passeggeri, e c'è un po' di traffico, ma siamo all'aeroporto prima delle 18, e quindi, visto che il volo è alle 21, abbiamo tempo per staccare un po' (anche se mail e telefonate di lavoro, soprattutto per L., non si possono evitare), berci qualche birra, guardarci intorno, e fare qualche programma comune. Mangiamo pure qualcosa, e poi ci avviamo ai controlli. Passati quelli, rituale acquisto di cioccolatini da riportare alla squadra, attesa della comunicazione del gate di partenza, incontriamo un collega, ci imbarchiamo. Non si dorme, e si arriva in orario.
Come sempre, verso la mezzanotte siamo a casa. Domani, come sempre, è un altro giorno. Di lavoro.
20171008
Un oceano pesante
Some Heavy Ocean - Emma Ruth Rundle (2014)
Non c'è niente da fare, artisti come questi, come Emma Ruth Rundle, si possono solo invidiare, di quell'invidia positiva, quella che ti porta magari a farti 1.200 chilometri per vederla in concerto (questa è l'intenzione). Proprio in preparazione di questa piccola impresa, ascoltando il repertorio disponibile come solista, oltre al meraviglioso Marked To Death potreste imbattervi in questo Some Heavy Ocean, del 2014, contenente anch'esso un manipolo di piccoli capolavori di scrittura musicale, quali Arms I Know So Well, Shadows of My Name, Haunted Houses e Run Forever, ed altri gioielli più oscuri quali ad esempio Living With the Black Dog. La voce, densa di favolose sfumature e al tempo stesso portatrice di un minimo di sofferenza esistenziale, gli arrangiamenti poco appariscenti ma al posto giusto nel momento giusto, le trame di chitarra di ottima fattura, e, scusate se mi ripeto, canzoni scritti in modo impeccabile. Non lasciatevela scappare, almeno come ascolto.
There is nothing to do, artists like these, like Emma Ruth Rundle, you can only envy them, of that positive envy, the one that maybe makes you run 1,200 kilometers to see her in concert (this is the goal). Just in preparation for this small achievement, listening to the repertoire available as a soloist, beyond the marvelous "Marked To Death", you might come across this "Some Heavy Ocean" of 2014, which as its following, contains a handful of small masterpieces of musical writing, such as "Arms I Know So Well", "Shadows of My Name", "Haunted Houses" and "Run Forever", and other obscure jewels such as "Living With the Black Dog". The voice, dense with fabulous shades and at the same time carrying a minimum of existential suffering, incospicuous arrangements, but in the right place at the right time, the good guitar plots, and, sorry if I repeat, songs written so flawless. Do not let it run away, at least as listening.
Non c'è niente da fare, artisti come questi, come Emma Ruth Rundle, si possono solo invidiare, di quell'invidia positiva, quella che ti porta magari a farti 1.200 chilometri per vederla in concerto (questa è l'intenzione). Proprio in preparazione di questa piccola impresa, ascoltando il repertorio disponibile come solista, oltre al meraviglioso Marked To Death potreste imbattervi in questo Some Heavy Ocean, del 2014, contenente anch'esso un manipolo di piccoli capolavori di scrittura musicale, quali Arms I Know So Well, Shadows of My Name, Haunted Houses e Run Forever, ed altri gioielli più oscuri quali ad esempio Living With the Black Dog. La voce, densa di favolose sfumature e al tempo stesso portatrice di un minimo di sofferenza esistenziale, gli arrangiamenti poco appariscenti ma al posto giusto nel momento giusto, le trame di chitarra di ottima fattura, e, scusate se mi ripeto, canzoni scritti in modo impeccabile. Non lasciatevela scappare, almeno come ascolto.
There is nothing to do, artists like these, like Emma Ruth Rundle, you can only envy them, of that positive envy, the one that maybe makes you run 1,200 kilometers to see her in concert (this is the goal). Just in preparation for this small achievement, listening to the repertoire available as a soloist, beyond the marvelous "Marked To Death", you might come across this "Some Heavy Ocean" of 2014, which as its following, contains a handful of small masterpieces of musical writing, such as "Arms I Know So Well", "Shadows of My Name", "Haunted Houses" and "Run Forever", and other obscure jewels such as "Living With the Black Dog". The voice, dense with fabulous shades and at the same time carrying a minimum of existential suffering, incospicuous arrangements, but in the right place at the right time, the good guitar plots, and, sorry if I repeat, songs written so flawless. Do not let it run away, at least as listening.
20171007
20171006
Muse
Musas - Natalia Lafourcade (2017)
Di Natalia Lafourcade vi avevo accennato in occasione di un disco di Kevin Johansen, quindi approfitto dell'uscita di questo suo settimo disco in studio per parlarvene. Immagino che tra di voi ci sia un po' di timore, rispetto alla musica latino-americana, e siccome io non ho questo timore, mi arrogo la responsabilità di spingervi ad osare. Tempo fa vi raccontai come un vecchio disco di Gloria Estefan mi aprì nuovi orizzonti, così come i miei viaggi. Ecco, potreste partire da questa operazione della cantante messicana, per il vostro viaggio personale nella musica latino-americana.
Accompagnata dal duo di chitarre Los Macorinos (Juan Carlos Allende e Miguel Pena), Natalia, dopo l'omaggio ad Agustìn Lara del 2012 con Mujer Divina, mette in musica da una parte un omaggio a grandi artisti non solo messicani (ancora Lara con Te vi pasar, un altro messicano come Roberto Cantoral con Soy lo prohibido, il cubano Frank Domìnguez con Tu me acostumbraste, la grande cilena Violeta Parra con Que he sacado con quererte, e il venezuelano Simòn Dìaz con Tonada de luna llena), dall'altra cinque pezzi suoi, tre composti da sola e due con collaborazioni di giovani promettenti (David Aguilar, Gustavo Guerrero), che non stonano assolutamente, al contrario, si dimostrano all'altezza dei classici. Completano il disco la cover di That's Amore ribattezzata Son amores, ottima, e uno strumentale interamente frutto del lavoro dei Los Macorinos, Vals poético. La partecipazione della mitica Omara Portuondo sul pezzo di Domìnguez è la ciliegina sulla torta, ma dalla prestazione globale capirete quanto è dotata, in quanto a talento, songwriting e sensibilità, questa ancora molto giovane artista messicana.
I mentioned Natalia Lafourcade just talking of a Kevin Johansen album, so I took advantage of the release of her seventh studio album for talking you about her. I imagine that there is some fear among you, compared to Latin American music, and since I do not have this fear, I will take the responsibility to urge you to dare. So long ago I told you how, an old record of Gloria Estefan opened up new horizons to me, just like my travels. Here, you could start from this Mexican singer's operation, for your personal trip to Latin American music.
Accompanied by the Los Macorinos guitar duo (Juan Carlos Allende and Miguel Pena), Natalia, after paying tribute to Agustín Lara in 2012 with "Mujer Divina", puts in music, on one hand for a tribute to not just Mexican artists (still Lara with "Te Vi Pasar", another Mexican like Roberto Cantoral with "Soy Lo Prohibido", Cuban Frank Domìnguez with "Tu Me Acostumbraste", the great Chilean Violeta Parra with "Que He Sacado Con Quererte", and the Venezuelan Simòn Diaz with "Tonada De Luna Llena"), on the other hand, five other tracks, three completely written by herself and two with collaborations of promising young artists (David Aguilar, Gustavo Guerrero), which are not screeching, on the contrary, they are up to the old classics. The cover of "That's Amore", renamed "Son Amores", a great one, and a instrumental entirely made of the work of Los Macorinos, "Vals Poético". The participation of the legendary Omara Portuondo on the song of Domìnguez is the icing on the cake, but from the overall performance you will understand how gifted in terms of talent, songwriting and sensibility, this still very young female Mexican artist.
Di Natalia Lafourcade vi avevo accennato in occasione di un disco di Kevin Johansen, quindi approfitto dell'uscita di questo suo settimo disco in studio per parlarvene. Immagino che tra di voi ci sia un po' di timore, rispetto alla musica latino-americana, e siccome io non ho questo timore, mi arrogo la responsabilità di spingervi ad osare. Tempo fa vi raccontai come un vecchio disco di Gloria Estefan mi aprì nuovi orizzonti, così come i miei viaggi. Ecco, potreste partire da questa operazione della cantante messicana, per il vostro viaggio personale nella musica latino-americana.
Accompagnata dal duo di chitarre Los Macorinos (Juan Carlos Allende e Miguel Pena), Natalia, dopo l'omaggio ad Agustìn Lara del 2012 con Mujer Divina, mette in musica da una parte un omaggio a grandi artisti non solo messicani (ancora Lara con Te vi pasar, un altro messicano come Roberto Cantoral con Soy lo prohibido, il cubano Frank Domìnguez con Tu me acostumbraste, la grande cilena Violeta Parra con Que he sacado con quererte, e il venezuelano Simòn Dìaz con Tonada de luna llena), dall'altra cinque pezzi suoi, tre composti da sola e due con collaborazioni di giovani promettenti (David Aguilar, Gustavo Guerrero), che non stonano assolutamente, al contrario, si dimostrano all'altezza dei classici. Completano il disco la cover di That's Amore ribattezzata Son amores, ottima, e uno strumentale interamente frutto del lavoro dei Los Macorinos, Vals poético. La partecipazione della mitica Omara Portuondo sul pezzo di Domìnguez è la ciliegina sulla torta, ma dalla prestazione globale capirete quanto è dotata, in quanto a talento, songwriting e sensibilità, questa ancora molto giovane artista messicana.
I mentioned Natalia Lafourcade just talking of a Kevin Johansen album, so I took advantage of the release of her seventh studio album for talking you about her. I imagine that there is some fear among you, compared to Latin American music, and since I do not have this fear, I will take the responsibility to urge you to dare. So long ago I told you how, an old record of Gloria Estefan opened up new horizons to me, just like my travels. Here, you could start from this Mexican singer's operation, for your personal trip to Latin American music.
Accompanied by the Los Macorinos guitar duo (Juan Carlos Allende and Miguel Pena), Natalia, after paying tribute to Agustín Lara in 2012 with "Mujer Divina", puts in music, on one hand for a tribute to not just Mexican artists (still Lara with "Te Vi Pasar", another Mexican like Roberto Cantoral with "Soy Lo Prohibido", Cuban Frank Domìnguez with "Tu Me Acostumbraste", the great Chilean Violeta Parra with "Que He Sacado Con Quererte", and the Venezuelan Simòn Diaz with "Tonada De Luna Llena"), on the other hand, five other tracks, three completely written by herself and two with collaborations of promising young artists (David Aguilar, Gustavo Guerrero), which are not screeching, on the contrary, they are up to the old classics. The cover of "That's Amore", renamed "Son Amores", a great one, and a instrumental entirely made of the work of Los Macorinos, "Vals Poético". The participation of the legendary Omara Portuondo on the song of Domìnguez is the icing on the cake, but from the overall performance you will understand how gifted in terms of talent, songwriting and sensibility, this still very young female Mexican artist.
Iscriviti a:
Post (Atom)