Lingua Ignota + 93echoesandsirens, Klub 007, Praga CZ, martedì 8 ottobre 2019
Ormai l'Europa è la mia casa. E quindi, molto semplicemente, se non posso andare a vedere Lingua Ignota in concerto a Milano (la settimana prossima), perché quella sera ho già un impegno con gli Sleep a Bologna, mi prendo 3 giorni di ferie e vado tranquillamente a Praga, perché è la data che raggiungo con maggior facilità, tra quelle estere. Parto da Pisa con Ryanair, e complice l'umore ed il tempo, prendo un albergo modesto, ma vicinissimo al locale dove suonerà l'artista statunitense, e tra l'altro passo il mio "giorno libero" in camera, al calduccio, vedendomi dei film, che tanto Praga l'ho già vista. Ma veniamo al motivo per cui sono qui. Kristin Hayter è una delle cose più interessanti degli ultimi tempi, e non solo a livello musicale. Figuratevi che sono venuto a Praga pur avendo ascoltato pochissimo della sua produzione musicale, ma letto quanto basta per capire che, soprattutto dal vivo, regala un'esperienza difficile da dimenticare. Leggete, vi prego, la sua bio su Wikipedia, per capire di cosa stiamo parlando. Una delle cose meravigliose che accadono, è che, come vi dicevo, il locale in cui si esibirà è situato, così come il mio hotel, in una zona di Praga non vicinissima al centro, Strahov, sulla collina di Petrin, a due passi dal Velky Strahovsky Stadion; in questa zona, se si esclude la mensa universitaria, c'è un solo ristorante, dove ho consumato i tre pasti del mio soggiorno, e, come mi ero immaginato, durante la cena prima del concerto, mentre sono seduto al tavolo del ristorante Petrin, ecco che entra proprio Kristin, accompagnata dall'organizzatore locale (lo riconoscerò poco più tardi all'ingresso del locale) e dal suo tour manager europeo Federico, che avevo capito essere italiano da alcuni post su Instagram. Mi alzo, chiedo scusa, saluto e ringrazio Kristin per la sua musica, e scambio qualche battuta con il simpatico Federico, sul fatto che non posso andare a vederla a Milano la settimana seguente. Torno al mio posto e non disturbo più. Finisco e mi avvio al locale, una cantina sotto uno degli 8 blocchi adibiti a dormitori studenteschi, dove c'è un bancone bar, davanti dei tavoli, e un piccolo spazio con un palco inesistente. Si esibisce per quasi una mezz'ora interminabile 93echoesandsirens, artista locale che mescola elettronica dance e noise, dopo di che, ecco Lingua Ignota.
Il palco, se così si può definire, è contornato da un telo di nylon trasparente, montato dalla stessa Kristin ed un altro tipo, tramite nastro adesivo che lo fissa al soffitto (molto basso). Al centro, le tastiere, ed una lampada che si porterà dietro tutto il tempo. Lo spazio davanti al palco è colmato da diciamo una 50ina abbondante di persone, sto ai margini appoggiato al muro semicircolare, quindi la vedo e non la vedo. Ma la sensazione claustrofobica generata dal luogo, e quella di perdita generata dalla scomparsa di lei dal mio campo visivo è quella giusta, adatta a concentrarsi sulla musica, una musica che descrive sofferenza e odio. Basi di elettronica, sapienti tocchi di piano, una voce con un'estensione pazzesca, e una inoppugnabile somiglianza, anche "filosofica", con la sacerdotessa Diamanda Galàs, collocano Lingua Ignota su un piano superiore a gran parte di altre realtà musicali. Una scaletta fatta da nove pezzi (su undici totali) del suo nuovo disco Caligula (in altre occasioni ha regalato un encore gustoso, la cover di Wicked Games di Chris Isaak, purtroppo non in questa) per un'ora scarsa di una esperienza forse più teatrale che musicale, un concerto che ti entra dentro e che sarà difficile da dimenticare. Lei che si muove tra il pubblico, che sbuca agli angoli, che sale ad incunearsi fino al soffitto, in una mano il microfono e nell'altra la lampada, e la sua voce che, come in un catartico rito collettivo, dove lei è la celebrante, esorcizzano la violenza, per rinascere nella bellezza. Una delle cose più emozionanti che questi 40 anni di musica mi abbiano regalato.
The stage, if we can defined it so, is surrounded by a transparent nylon sheet, fixed by Kristin herself and another guy, by adhesive tape that fixes it to the ceiling (very low). At the center, the keyboards, and a lamp that she will carry around all the time. The space in front of the stage is filled with, let's say, an abundant 50 people, I'm at the edge leaning against the semicircular wall, so I see her and I don't see her. But the claustrophobic feeling generated by the place, and that of loss generated by the disappearance of her from my field of vision is the right one, suitable for concentrating on music, a music that describes suffering and hatred. Basics of electronics, clever touches of the piano, a voice with a crazy extension, and an incontrovertible resemblance, even "philosophical", with the priestess Diamanda Galàs, place Lingua Ignota on a higher level than most other musical realities. A set made up of nine songs (out of eleven total) of her new album Caligula (on other occasions she gave a tasty encore, the cover of Wicked Games by Chris Isaak, unfortunately not in this one) for a scarce hour of an experience perhaps more theatrical than musical, a concert that gets inside you and that will be difficult to forget. She, that moves among the audience, that comes out in the corners, rises, keeping the microphone in one hand, the lamp in the other hand, and her voice which, as in a cathartic collective rite, where she is the celebrating one, exorcising violence, to reborn in beauty, after that. One of the most exciting things that these 40 years of music have given me.
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