Dubai è di più. C'è tutto più grande, da record. E lo so che c'è il riscaldamento globale, e lo so che c'è gente che muore di fame, ne sono cosciente come lo siamo tutti. Però ecco, Dubai è, come dire, la dimostrazione che i soldi possono essere messi a frutto in maniera si sfarzosa, ma funzionale al contesto.
Si atterra con circa una mezz'ora di anticipo. Appena accendo il cellulare, mando un sms a Francesco, che, siccome impiega una mezz'ora da casa all'aeroporto, non era ancora partito. Mi dice quindi che parte per venirmi a prendere. Non c'è problema, tanto più che in un qualsiasi aeroporto del mondo, per scendere dall'aereo, sbrigare le pratiche doganali, trovare l'uscita, anche se, come me, si viaggia con il solo bagaglio a mano, ci si impiega sicuramente più di mezz'ora. L'aeroporto di Dubai l'avevo scrutato un po' all'andata, anche se molto assonnato, e mi era sembrato grande. Adesso mi sembra quasi maestoso, esagerato come tutte le cose che vedrò a Dubai, come questa cascata nella hall centrale. Arrivo piuttosto rapidamente al controllo passaporti, ma siccome mi sembrava di aver capito di aver bisogno del visto, prima mi reco al banco dei visti. Mi dicono che, essendo italiano, il visto non mi serve. Al controllo passaporti nessuna fila, decine di varchi aperti, uno scanner dell'occhio e via. Un corridoio enorme mi conduce all'uscita, dove un caldo infernale mi accoglie. Taxi rosa guidati da donne velate, ovviamente per donne sole. Chiamo Francesco e scopro che il mio cellulare può mandargli sms, ma non chiamarlo. E scopro che non è ancora arrivato, e di conseguenza scopro che per uscire dall'aeroporto ci ho messo meno di 25 minuti. Stento a crederci. Capisco che si può fumare nelle zone apposite, e per ingannare il tempo mi accendo una sigaretta: France arriva prima che la possa finire. Ed è strano incontrare un amico nel posto dove vive e lavora, è strano perché negli ultimi 20 anni ci siamo visti poco, d'estate al mare. Mi viene in mente che nel 1991 abbiamo passato un ultimo dell'anno a Brescia, a casa di un suo collega, lui lavorava già in Angola. Fu in quella occasione che comprai
Ten, il primo disco dei
Pearl Jam. Vabè. Ammiro Francesco (per tutti Chico, che lui ama scrivere Chiko), è stato coraggioso, ma mi pare che la vita lo abbia ripagato. Ha una bella famiglia, lavora sodo ma, come direbbe Tornatore, stanno tutti bene. Quando i tuoi amici li vedi spesso, ci pensi meno, di solito sempre quando ci vai insieme a cena e sei un po' brillo, e come tutti i vecchi, tutti iniziano a raccontare cose fatte insieme vent'anni prima: "ma te lo ricordi quando..." e via così. Quando invece, come in questo caso, ti vedi di rado, è un po' come dicono che succeda quando stai per morire, che ti passa tutta la vita davanti in un secondo. Ci sono episodi che accomuni ad ogni amico, e io, rispetto a lui, c'ho i miei, e ogni volta che ci ripenso mi commuovo un po'. Ma siamo sempre vivi, e non siamo messi neppure troppo male, quindi si sale in macchina e Chiko mi mostra un po' di Dubai mentre mi porta a casa sua. Sembra decisamente di stare nel futuro. Costruzioni avveniristiche, autostrade a mille corsie, e ai margini delle strade o degli agglomerati urbani, che, non so perché, quando non sono grattacieli mi ricordano la casa di Hank Schrader in
Breaking Bad, ad Albuquerque. A casa, le figlie sono già a letto, ma Alessandra, sua moglie, è alzata, e ci prendiamo un caffè, anzi un cappuccino, e facciamo due chiacchiere prima di andare a dormire.
Sono qua per due giorni, il fine settimana musulmano, venerdì e sabato. Al mattino (ri)vedo Sara ed Emma, le figlie. Sono affascinato dalle piccole, perché da quando la famiglia vive in pianta stabile all'estero, le bambine frequentano scuole internazionali, e in pratica conoscono tre lingue (italiano, inglese, francese) più hanno ovviamente delle basi di arabo. Emma, la più piccola, è un piccolo uragano, buffa, iperattiva, chiacchierona, simpaticissima, espansiva. Sara è più riservata, meno propensa a dare confidenza, intelligente e curiosa. Oggi il programma prevede una giornata di shopping, e la visita al Burj Khalifa. Ma prima di tutto, c'è da portare Sara alla sua ultima, per questa stagione, lezione di golf, sport che è diventato il preferito di Chiko. Partiamo tutti insieme, e io vedo per la prima volta il "loro" golf club, non lontano da casa. Lasciamo Sara alla lezione, e ci facciamo un giro in auto. La
Marina di Dubai, le Palme (
Palm Islands), isole artificiali che dall'alto raffigurano delle palme,
il mondo, altre isole artificiali che dall'alto raffigurano un planisfero, il
Burj al-Arab, il famoso albergo dalla costruzione fatta a vela, mi lasciano abbastanza a bocca aperta, seppur ripensando a quelle cose dette in apertura, mi fa ridere pensare al porto turistico costruito dal mio comune, praticamente davanti a casa mia, per darsi una vocazione turistica. Qui hanno fatto lo stesso, ma in grande. Si torna a prelevare Sara, e ce ne andiamo al
Mall of the Emirates. Enorme (ma naturalmente ce n'è uno più grande), per intenderci è quello dove c'è lo
Ski Dubai, uno ski resort al chiuso. Una roba assurda, ma sbalorditiva. Mangiamo in un ristorante orientale che dà (le vetrate) proprio sullo Ski Dubai. Un giretto, e poi ci si sposta lentamente verso il
Dubai Mall. Per darvi un'idea di cosa stiamo parlando, dentro al centro c'è un acquario. Si, avete capito bene, un acquario, che si vede anche se non comprate il biglietto, passeggiando per il centro commerciale. Davanti ci sono le fontane danzanti, o musicali, o come diamine volete chiamarle. Mentre aspettiamo il nostro turno per salire sul
Burj Khalifa, naturalmente il grattacielo più alto del mondo, Chiko e Ale incontrano conoscenti, e le ragazze si divertono con cose tipo il
Candylicious, ovviamente il negozio di dolciumi più grande del mondo. Negozi delle grandi firme, elettronica, generi alimentari, cioccolato, una libreria enorme con libri in tutte le lingue, fumetti,
action figures, e poi dvd, cd, strumenti musicali, una roba che potrebbe annichilire qualsiasi malato di shopping compulsivo. Arriva l'ora di salire. Controlli col
metal detector, gli ingressi sono ad intervalli di mezz'ora, e sono tutti
sold out, meno quelli delle 23,30. A gruppi di 10 si entra nell'ascensore, che suppongo essere il più veloce del mondo o quasi, che per salire 124 piani impiega un minuto. Non si sente niente, nemmeno la frenata. Siamo adesso
At the top, il punto di osservazione, con telescopi a pagamento posti su tutti i lati. Di seguito trovate delle foto scattate proprio da qui. Dire imponente sarebbe riduttivo. Quando si torna a piano terra, una sorta di piccolo museo multimediale illustra le tappe della costruzione, i personaggi, tutto molto esaustivo. S'è fatta una certa, come si dice, e quindi si va a cena.
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La vista sulle fontane "musicali" |
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Un edificio lì vicino |
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Il "resto" del Burj Khalifa, verso l'alto |