So che passerò, per l'ennesima volta, per snob, e stavolta purtroppo anche un po' per dinosauro (auto-definizione di chi preferibilmente rimane ancorato a grandi band del passato, spesso nelle formazioni originali, o comunque di maggior successo di critica), ma questo secondo lavoro della band di Seattle nella nuova formazione con William DuVall alla voce, suona, per l'ennesima volta dopo il precedente Black Gives Way To Blue, come una fotocopia sbiadita dei dischi più belli che gli Alice in Chains pubblicarono quando Layne Staley era ancora vivo.
Sonorità fotocopia, voce fotocopia, struttura delle canzoni identica, andamento identico. Se proprio si vuole cercare qualcosa di diverso, lo si può trovare nel suono complessivo, leggerissimamente modernizzato (ma neppure troppo), giusto quel tocco per stare al passo con i tempi.
E' facile da dire, capisco, ma se gli AIC con Staley non fossero mai esistiti, probabilmente ci stupiremmo dinnanzi a questi.
Così come il precedente, ancora una volta, l'impressione è di non trovarsi assolutamente di fronte ad un brutto disco. Allora, qualcuno può domandarsi, dove sta il problema? E' presto detto: non c'è, lungo tutto la durata di The Devil Put Dinosaurs Here (a proposito di dinosauri), un solo pezzo, che sia uno, che ti rimane in testa. Sono tutte nenie che dimentichi perfino dopo 5 o 10 ascolti (provare per credere). E no, non sono adatte ai giorni di pioggia.
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