Dieci inverni - di Valerio Mieli (2009)
Giudizio sintetico: da vedere (3,5/5)
Giudizio vernacolare: boia, e sono pinza e vola loro due...
Inverno 1999, Camilla sta arrivando a Venezia dalla provincia, probabilmente per la prima volta staccandosi dal padre. Ha 18 anni, ed è in laguna per studiare letteratura russa, la sua passione. E' timidissima, schiva, impaurita da una città che non è neppure una città. Sul vaporetto, diretto ad una casa che non si può neppure definire tale, che ha affittato, c'è un ragazzo, avrà la sua età. Il suo nome è Silvestro, come il gatto, ed è tutto il contrario di lei. Sorridente, spavaldo, sfacciato, attacca bottone con chiunque, e quando rimangono soli sulla barca che si dirige verso le ultime fermate, lei imbarazzatissima si alza dai posti a sedere e va in coperta, a guardare fuori. Quando rientra, Silvestro le ha preso il posto, il cappello, la sua roba, e le sta facendo il verso. L'imbarazzo di Camilla è ancora più grande, ma per fortuna arriva il momento di scendere. Silvestro la segue. Così comincia una storia d'amore.
Dieci inverni, dieci anni. Tanto ci vorrà perché Silvestro e Camilla capiscano che sono destinati l'uno all'altra. Detta così, uno s'immagina che si possa pure non vederlo, il film, tanto si sa come va a finire. E invece bisogna riconoscere al debuttante Valerio Mieli, che trae questo film dal suo libro omonimo (in realtà nato come saggio di diploma per il Centro Sperimentale di Cinematografia, storia, pare, autobiografica), che Dieci inverni è un bel film, un film che, diciamocela tutta, dà anche un po' di speranza, nel senso che ci racconta che l'amore, spesso, può nascere perfino dall'antipatia, dalla rivalità, da un incontro casuale tra poli diametralmente opposti. Ed è intrigante, seppure un pochino simile ad uno stillicidio, il dipanarsi di questo continuo sfioramento dei due protagonisti, attraverso un decennio, quasi sempre vicini, in una città che della città non ha la dimensione, a volte distanti un bel po'; il susseguirsi di impressioni, di una storia che va a strappi, un attimo l'uno ci crede, l'altra pensa a tutt'altro, e viceversa, mai il momento giusto. Amici, nemici, amanti, fino addirittura alla nascita di una figlia, al disgregarsi apparente di un carattere, al tentato amplesso rabbioso, al ripensamento, alla paura...
Insomma, certo, i capolavori sono altri, ma attenzione, che secondo come siete messi, questo film potrebbe farvi tanto bene oppure anche tanto male.
Forte di una bella fotografia "densa" e tendente ai toni scuri, e di una coppia di giovani attori italiani che, se ben diretti e valorizzati (e lo hanno già dimostrato più volte) posso diventare perfino "esportabili", un grintoso Michele Riondino, faccia da schiaffi quanto basta per essere un degno Silvestro, ed una ancora una volta di più meravigliosa Isabella Ragonese, che è una perfetta Camilla, con quei suoi impercettibili movimenti del corpo ed una mimica facciale davvero impressionante, Dieci inverni mi è piaciuto, e più ci penso e più mi è piaciuto. Per questo gli aggiungo mezzo punto, rispetto al voto che inizialmente volevo dargli.
Bravo Mieli, aspettiamo la tua opera seconda.