No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20100427

celda 211


Cella 211 - di Daniel Monzón 2010


Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)

Giudizio vernacolare: chiamatile ghigne


Juan è un giovane assunto come guardia carceraria in Spagna (si suppone a Siviglia). Timido e diligente, si presenta un giorno prima per prendere conoscenza e dimostrare buona volontà. Alcuni colleghi gli fanno fare un giro conoscitivo, e già da subito si evincono alcuni problemi, quali lo stato della struttura: Juan infatti rimane leggermente ferito dal crollo di un pezzo di soffitto. I due colleghi lo soccorrono e lo adagiano in una cella vuota: la 211, dove pochi giorni prima si è suicidato un galeotto. Sfortunatamente, in quel momento Malamadre, uno dei detenuti del settore FIES (generalizzando, detenuti con alle spalle crimini violenti, organizzazioni criminali o terroristiche, banda armata, ex secondini o forze di polizia, appartenenti a gruppi violenti in genere), sta mettendo in atto l'inizio di una rivolta, facendo fuori un secondino.

Al momento dell'invasione dei detenuti, i due colleghi di Juan sono costretti a lasciarlo svenuto nella cella 211; al suo risveglio, Juan per evitare di soccombere è costretto a fingere di essere un detenuto appena rinchiuso per omicidio. Così facendo, e dimostrandosi scaltro, entrerà nelle grazie di Malamadre.

Ma non sarà una passeggiata. Anzi.


Buon film, vibrante e valido socio-politicamente, accostato dalla critica (che lo ha esaltato un po' troppo, a mio giudizio) a Il profeta, ma che si differenzia abbastanza dal film francese: meno introspettivo Celda 211 (l'originale in castigliano), più di denuncia nell'immediato. Non esente da difetti, però. Il ritmo non è il massimo, e i flashback di Juan che ricorda la sua vita con Elena appesantiscono non poco il tutto. La macchina da presa è diligente, la fotografia più che sufficiente, il cast spagnolo ben allestito, anche se non concordo con il premio Goya al miglior attore rivelazione per Alberto Ammann (Juan), che non mi ha convinto quanto il resto del cast.

Gli altri invece sono certezze. Divertente leggere in giro che c'è chi "scopre" attori quali Luis Tosar (Malamadre, qui davvero strepitoso), Antonio Resines (Utrilla) o Carlos Bardem (Apache), solo adesso.

Tratto dal romanzo omonimo di Francisco Pérez Gandul, sceneggiato dallo stesso regista e adattato da Jorge Guerricaechevarría (uno degli sceneggiatori spagnoli più importanti ed attivi), nonostante i difetti è un film che solleva molte questioni, non solo spagnole.

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