No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20120703

il mezcal e il cobra

El Mezcal y la Cobra - Catupecu Machu (2011)


Imperterrito, così come i Catupecu, e sempre con un po' di ritardo (stavolta neanche tanto, il disco è uscito a dicembre 2011), continuo a segnalarvi le cose di questa ormai storica band argentina, capitanata dal leader incontrastato Fernando Ruiz Dìaz, chitarra e voce. Ennesimo cambio di formazione, rispetto al precedente Simetria de Moebius, esce Javier Herrlein ed entra Agustìn Rocino alla batteria (tutti i quattro membri attuali, però, sono stati bassisti, curiosamente; la cosa, se ci fate caso, si nota nelle atmosfere e nelle scelte di tonalità), c'è da annotare anche il cambio del manager. Detto questo, il nuovo lavoro prosegue sulla falsariga del cambio che si notava nel precedente disco, e cioè un deciso innesto dell'elettronica su basi hard rock, che da sempre caratterizzano i Catupecu, e una spiccata attenzione al ballo, inteso come danza tribale. Non dimenticando le melodie, specialità che alla band argentina è sempre riuscita bene, ecco un prodotto che sicuramente, per noi europei risulta decisamente fuori dagli schemi, ma non per questo meno valido.
I pezzi di questo album sono tesi, intrisi di una particolare atmosfera sempre in crescendo. Le melodie di cui sopra, a differenza dell'album precedente, spesso riescono finalmente ad esplodere, arrivando al climax dopo strofe veloci e serrate. I ritmi, come si diceva prima a proposito dell'elemento tribale della danza, sono incessanti e, appunti, danzerecci ma non da discoteca. Al solito, grandi pezzi, ai quali la splendida (ancora una volta lo ripeto finché non vi convincerete tutti ad ascoltarla almeno una volta) voce di Fernando dà valore aggiunto: Metropolis Nueva, Cristalizado, la ballata Musas, l'indiavolata El toro terciopelo, il robustissimo mid-tempo Klimt .......Pintemos, e il top del disco, la meravigliosa Vi llover, dove l'esperienza semi-acustica del doppio Laberintos entre aristas y dialectos, del 2007, viene messa a frutto in maniera più che brillante. Questo pezzo, sul quale vale la pena di soffermarsi, è davvero bellissimo, strutturato a livello strumentale, non complicato a livello di forma canzone, ma cesellato finemente. La classica ciliegina sulla torta.
Ancora un ennesimo disco degno di nota, per la band di Villa Luro.

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