No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20120821

esche

Esche vive - di Fabio Genovesi (2011)


Muglione, Pisa (è fittizio). Un paese, un posto, nel mezzo a una piana, non lontana dal mare (ma quanto basta), ma invece persa in mezzo a fossi maleodoranti. Tre persone, tremendamente diverse tra di loro, vivono qui. Fiorenzo. Diciotto anni, circa. Gli manca una mano. L'ha persa anni prima, per uno stupido incidente. Ha due grandi passioni: la musica heavy metal e la pesca. E' il cantante dei Metal Devastation, e per loro si avvicina un concerto importantissimo. La passione per la pesca l'ha ereditata da suo padre, che ha pure un negozio di articoli per questo particolare sport; suo padre è il suo unico genitore, la madre è morta qualche anno prima, e gli manca moltissimo. Invece, lui non manca al padre: il padre, ex ciclista, è tutto concentrato sul Campioncino. Ecco il secondo personaggio. Sedici anni, proveniente da un paesino del Molise, dove appunto il padre di Fiorenzo l'ha scovato per caso. Vince gare su gare, senza neppure impegnarsi troppo. Un piccolo campione, difatti. Nessuno però riesce a capire cos'ha dentro. A Fiorenzo, ovviamente, non gliene frega un cazzo. Per ultima, Tiziana. Trent'anni, bella senza rendersene conto, a Muglione c'è nata anche lei, ma da Muglione è fuggita subito dopo il liceo. Si è laureata, poi ha fatto un master all'estero, le si sono spalancate favolose opportunità di lavoro, ha conosciuto persone fantastiche, intelligenti, interessanti, meritevoli. E invece, lei è tornata a Muglione. Per mettere le sue competenze al servizio della comunità che le ha dato i natali. In realtà, per lavorare all'Informagiovani, che di giovani non ne vede nessuno, e diventa immediatamente un ritrovo di vecchi, che giocano a carte e bevono gottini di vino.

Sarà che mi sta simpatico. Sarà che è toscano. Sarà che ama la musica. Sarà come sarà, ma ho letto tre libri del Genovesi, e ci fosse stata una riga che non m'è piaciuta. E sono sicuro che non mi darete retta, che capirete che ovviamente questa recensione non è imparziale, e quindi non leggerete questo libro. Beh, cazzi vostri: non sapete cosa vi perdete. Ancor più che in Versilia Rock City, Genovesi intreccia storie con grande sapienza, stupisce, commuove, risveglia istinti reconditi nel lettore, quelli della giovinezza, quelli dell'infanzia, quelli dei legami familiari. Ti fa persino amare la pesca, a me che non è mai piaciuta, per lo meno, lo ha fatto. Riesce a raccontare una bella, bellissima storia d'amore, senza risultare sdolcinato, mieloso, ripieno di melassa o di cuoricini, senza lucchetti a Ponte Milvio. O anche a descrivere una mutilazione senza nemmeno provare a farti provare compassione o pietà per il personaggio mutilato. Messa così, sembrerebbe un libro serio serio. E invece fa anche molto ridere. Ma molto.
Per finire, non guasta il fatto che la storia sia ben piantata in questa Italia. Con pochi tocchi. Non è poco.
Un bel libro. Un bravo raccontatore di storie.

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