Donkey Punch - di Oliver Blackburn (2008)
Giudizio sintetico: si può vedere (2,5/5)
Giudizio vernacolare: vai vai 'n villeggiatura...
Tre giovani ragazze inglesi, Lisa, Kim e Tammi, vanno in vacanza in una località di mare in Spagna, e vogliono davvero darsi alla pazza gioia. Durante una delle tante bevute, conoscono quattro ragazzi, anche loro inglesi, Sean, Bluey, Josh e Marcus, che le invitano sul loro yacht. Le ragazze accettano.
Sullo yacht, si comincia a flirtare, a bere, a prendere droghe. Mentre quasi tutti fanno il bagno, la conversazione vira sul sesso. Bluey, il più spaccone, nel suo delirio da stallone, descrive una pratica chiamata donkey punch (più o meno "il pugno dell'asino"): mentre l'uomo prende la donna a pecorina ed è vicino all'eiaculazione, deve colpire la donna con un pugno più o meno sul collo, in modo da aumentare a dismisura il piacere sessuale. Più tardi, un paio di coppie (Marcus e Kim, Bluey e Lisa) scendono sottocoperta per passare ai fatti; c'è anche Josh, che dopo un po' inizia a riprendere il tutto con una telecamera. Poi, Bluey lascia il posto a Josh, prende la telecamera, ed inizia ad incoraggiarlo, in modo che colpisca Lisa con un donkey punch. Josh lo fa, ma esagera. Lisa muore sul colpo. Panico. I ragazzi, per coprire il fatto, scelgono di buttare il suo corpo in mare. Le ragazze si oppongono. Inizia un gioco al massacro.
Debutto sul lungometraggio cinematografico per l'inglese Blackburn, girato con un budget limitato, Donkey Punch è ovviamente un film fatto e pensato per scioccare, per far parlare di sé anche se lo hanno visto in pochi. Che c'è di male? Niente, credo. Il film non è malaccio, una prima parte che prova ad essere intrigante, la seconda che diventa la classica e prevedibile roulette russa ad eliminazione, gli attori tutti giovani, poco conosciuti, che recitano in maniera decente. Senza troppa infamia e senza troppe lodi.
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