Submarino - di Thomas Vinterberg (2010)
Giudizio sintetico: da vedere (3,5/5)
Copenaghen. Nick e suo fratello si sono persi di vista. Ognuno vive la propria esistenza nella completa spirale dell'autodistruzione, dopo un'infanzia allo stato brado per via della madre alcolizzata, che spesso li lasciava soli col fratellino appena nato, e la completa assenza del padre: i due bambini, senza volerlo, hanno lasciato morire il fratellino più piccolo, e non potranno mai perdonarselo, anche se ovviamente, la colpa non fu certo loro.
Nick più violento, solitario, appena uscito di prigione, vive con il sussidio di disoccupazione, si allena ogni giorno in palestra, mena le mani appena capita, beve fino allo sfinimento, vive in uno squallido affittacamere, scopa senza sentimento la vicina di stanza, ce l'ha col mondo e va in giro trasmettendo forte e chiaro il messaggio "non vi avvicinate, fatevi i cazzi vostri".
Il fratello è un padre single, totalmente tossicodipendente, che riesce sempre più difficilmente a non farsi scoprire dal figlioletto e dai suoi insegnanti, ma che vorrebbe davvero una vita migliore per Martin, il figlio. Non trova di meglio da fare che mettere in piedi la sua personale impresa di spaccio d'eroina, e inizialmente le cose sembrano andare per il verso giusto. Finché, i due fratelli, finalmente, si ritrovano prima al funerale della madre, e poi, paradossalmente, in circostanze ancora peggiori...
Trasposizione dell'omonimo romanzo di Jonas T. Bengtsson, Submarino, mai uscito in Italia, è il film precedente a Il sospetto, ma è girato in modo da sembrare datato, con una fotografia fintamente povera che accresce il senso fortissimo di disagio che la storia provoca nello spettatore. La famiglia è sempre il nodo centrale delle storie che Vinterberg sceglie di portare sullo schermo (Festen, Dear Wendy, Riunione di famiglia), ma stavolta se non si arriva alle vibrazioni del suo capolavoro Festen, poco ci manca. Una storia durissima, non senza qualche sorriso che fa capolino, e con un finale consolatorio che lascia trapelare un sottile filo di speranza, e una tragicità trattata con i guanti di velluto ma senza mai e poi mai scadere nella ricerca della lacrima facile, dimostrano ancora una volta che questo 44enne danese co-fondatore di Dogma 95 è uno dei registi da tenere assolutamente d'occhio perché potrebbe continuare a sfornare film incredibilmente convincenti e dall'impatto emotivo travolgente.
Cast sconosciuto ma perfettamente credibile, dove spicca un monumentale Jakob Cedergren nei panni di Nick, che fa venire voglia di imparare il danese e vedersi tutta la sua filmografia. Sono film come questi che ti fanno interrogare sulle capacità di chi gestisce le società di distribuzione cinematografica.
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