Viva la libertà - di Roberto Andò (2013)
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Italia contemporanea. Il segretario del maggior partito di sinistra, Enrico Oliveri, è in crisi. Svuotato come persona, sfibrato dalle delusioni, affoga nella routine ed è attaccato continuamente di tradimento dalla base, e di poca flessibilità dall'interno del suo stesso partito, dove i concorrenti lo attendono, come si dice, "sulla riva del fiume", per vederne passare il cadavere (politicamente parlando). I sondaggi ormai danno il partito al 17%, un minimo storico inaccettabile. Una sera torna a casa, dopo aver subito l'ennesima contestazione, e prende una decisione drastica e codarda: all'insaputa di tutti, se ne va. Ripara, è proprio il caso di dirlo, a Parigi, infilandosi in una situazione ancor più grottesca: chiede ospitalità a Danielle, una vecchia fiamma di gioventù, oggi sposata con uno dei suoi (di Enrico) registi preferiti, Mung, anche lei attiva nel mondo cinematografico, i due genitori di una figlia piccola curiosa e intelligente, che si affeziona immediatamente ad Enrico. Mentre Enrico capisce che quello che gli mancava era il contatto con la realtà, e, al tempo stesso, che c'è tutto un mondo vero, fatto anche di emozioni e sentimenti, al di là della politica, a Roma, Andrea Bottini, assistente personale del politico, dopo un primo momento di sbigottimento, ed un secondo di bugie dette per guadagnare tempo, ha un'idea meravigliosa, che richiede una dose di coraggio che lui stesso non avrebbe mai pensato di avere. Scopre che Enrico ha un fratello gemello, un filosofo che ha scritto pure dei libri con lo pseudonimo di Giovanni Ernani, che però ha problemi di sanità mentale, ed è stato più volte in istituto psichiatrico. Andrea va a trovarlo, e gli propone di prendere il posto di Enrico per un tempo limitato; Giovanni, tipo allegro e vivace, che pare matto ma in senso buono, accetta divertito. E, quasi immediatamente, stravolge i piani che Andrea aveva in mente, calandosi nel personaggio si, ma dandogli un'interpretazione tutta piena di genio e sregolatezza, rispolvera la parola "passione", spiazza avversari e compagni di partito, entusiasma perfino il Presidente della Repubblica, conquista la moglie di Enrico, che è l'unica, a parte Andrea, che è a conoscenza dello scambio di persona, e conclude la campagna elettorale con un comizio finale nel quale entusiasma la folla citando, da fine intellettuale, addirittura una poesia di Bertold Brecht (A chi esita) quantomai attuale. Risultato: il partito risale dal 17 al 66% nei sondaggi.
Il nuovo film di Roberto Andò è tratto dal suo stesso libro Il trono vuoto, col quale ha vinto il Premio Campiello dello scorso anno nella categoria opera prima, ed è un film direi entusiasmante fino a 3/4 della pellicola: divertente, utopico ma entusiasmante e pieno di speranza. Si perde nel finale, seppure aperto, ma ad essere onesti io stesso non avrei saputo come concludere questa storia che, se vogliamo, è pure un po' ruffiana, almeno nei confronti di chi ancora si ritiene di sinistra, perché in realtà il filosofo matto non fa altro che dire le cose che dicono tutti i nuovi outsider politici, titillando le speranze della gente senza dire nulla di veramente concreto e rivoluzionario.
Le solite certezze sul versante attoriale: Toni Servillo interpreta i due protagonisti assoluti, Valerio Mastandrea è un più che convincente Andrea Bottini, Michela Cescon è accettabile nei panni della moglie del politico, Valeria Bruni Tedeschi nei panni di Danielle conferma di avere probabilmente la voce più disturbante della Terra.
2 commenti:
No dai, la palma d'oro per la voce piu' disturbante della terra resta a Monica Bellucci (seguita da Asia Argento nella mia classifica personale).
Anna dai capelli Rossi
sono d accordo...non trovo l apostrofo si queste tastiere portoghesi...
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