Siamo finalmente ad una delle tappe fondamentali di questo viaggio: il Titicaca. Facciamo una piccola premessa: i problemi legati all'altura si fanno importanti. Il giorno precedente siamo stati entrambi affaticati, io con poco appetito, un po' di nausea. La notte, insonne. E non per mancanza di sonno, anzi, ma per una sorta di stato d'ansia, qualcosa a metà fra la paura di soffocare e l'impossibilità di stare sdraiato. Provo a risolvere dormendo seduto, ma come immaginerete non è il massimo. Arrivo alla mattina in qualche modo, tra l'altro, la notte la temperatura scende parecchio (siamo quasi a 4.000 metri sul livello del mare); la colazione al Totorani è decente, e più o meno all'ora prevista arriva il minibus che ci accompagna al porto, dove saliamo sull'imbarcazione che ci porterà alle due tappe dell'escursione di oggi. Un po' d'attesa, l'imbarcazione (un motoscafo piuttosto grande, con una quarantina di posti a sedere coperti) è piena, ci intrattiene un musicista locale con un paio di pezzi e una chitarrina particolare. Ci prende poi "in consegna" la guida di oggi, un ragazzo che parla un inglese americano con una mimica e una cadenza da afroamericano; come tutte le guide che abbiamo trovato, è piuttosto teatrale, mette enfasi nei suoi racconti e nelle sue spiegazioni. Prima navigazione di neppure venti minuti, e siamo alle isole flottanti del popolo Uros. Beh, signori, sarà una roba turistica, ma solo pensare che c'è gente che vive così è incredibile. Poche famiglie, di etnia appunto uros, che vivono di caccia, pesca e turismo, su isole artificiali fatte di giunco (totora), e che si governano eleggendo i capifamiglia a capo dell'isola a turno. Ovviamente, i missionari sono arrivati anche qui, e questa è la chiesa (con annesso campo da calcio). Foto di Dria.
La visita è gradevole, a parte lo stupore di trovarsi in un luogo così fuori da ogni concezione, almeno per noi. Si sbarca, ci fanno radunare in semicerchio, facendoci sedere su rotoli di giunco coperti da coperte, e il capo dell'isola in carica ci spiega, con la traduzione della guida (non che non sappia il castigliano, è giusto per fare un po' di scena), come si costruisce un'isola flottante, come si usa il giunco, che loro usano perfino per mangiare; com'è strutturata la comunità, eccetera. Poi ci offrono un giro di 10 minuti su una delle loro imbarcazioni (per un piccolo extra), le donne allestiscono un piccolo mercatino con il loro artigianato, i bambini scorrazzano di qua e di là.
Il porto di Puno; foto di Dria, così come le seguenti. |
Un paio di foto mie:
Si riparte per la prossima tappa.
3 commenti:
il racconto è sempre appassionante ma ce lo regali con il contagocce. mannaggia.
la prima foto di Dria è splendida. problemi se la rubo?
ci sono troppe foto....ecco perché uso il contagocce!!
per la foto....l'ha data a me....credo di no!
è già il mio sfondo desktop
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