La carta e il territorio - di Michel Houellebecq (2010)
Jed Martin è un artista. Fotografo e pittore, esteta, attento a tutto ciò che è bello, è un uomo capace di grandi intuizioni, quelle che lo porteranno ad un enorme successo, successo che gli porterà una ricchezza sufficiente a vivere di rendita per il resto dei suoi giorni dai quarant'anni in poi, baciato dalla fortuna, ma è anche un uomo schivo, capace al tempo stesso di riflettere sul senso profondo della vita e, proprio per questa sua capacità, a rimanere ugualmente deluso da questa molto precocemente. Madre suicida quando lui era ancora molto giovane, padre architetto di grande successo con il quale non riesce ad avere un rapporto profondo e soddisfacente, due grandi amori nella sua vita, amori che lascia sfumare quando si rende conto che nulla è per sempre, nessuna vera, grande, profonda amicizia, se non quella, potenziale, con un grande scrittore del suo tempo: Michel Houellebecq. Potenziale perché quando, dopo averlo conosciuto su raccomandazione del suo gallerista, che lo spinge a chiedergli di scrivere un introduzione al catalogo della sua seconda grande esposizione, cosa che lo scrittore farà contribuendo non poco al successo di Jed, lo incontra un altro paio di volte e capisce che hanno molto in comune, ne percepisce la vicinanza e le affinità, desidera rivederlo ancora e passare del tempo con lui, ma un giorno...
L'ultimo libro del grande scrittore francese non ha, probabilmente, la forza travolgente e visionaria del precedente La possibilità di un'isola, e magari neppure la desolante disamina sui valori occidentali di Piattaforma, ma contiene senza dubbio i temi portanti dell'opera di Houellebecq, proseguendo un percorso che i più attenti hanno riconosciuto immediatamente. In questo libro, infatti, a differenza dei precedenti, è quasi completamente assente il sesso, quasi a significare la progressiva perdita di importanza dello stesso. Nello stesso momento, lo scrittore adotta una forma molto più sottile per ironizzare su molti temi, introducendo il personaggio di se stesso, ed estremizzandone i difetti che la stampa gli ha fin'ora attribuito, e parodiando il genere noir nella parte finale del libro.
Non rinuncia alle iperboli futuristiche (l'esilio volontario di Jed, e la presa di coscienza del cambiamento totale dei residenti delle campagne francese dopo alcuni anni di isolamento), dissemina riflessioni profonde e sferzanti alla nostra società, diverte e, al tempo stesso, conserva quell'amarezza asciutta di fondo che caratterizza da sempre il suo sguardo nitido sul nostro mondo.
Scorrevole e relativamente semplice come sempre, riesce a far empatizzare il lettore col protagonista, seppure sia un individuo quanto più distante possibile dal lettore medio, e conferma l'enormità di uno dei più grandi scrittori viventi.
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