Pusher II - Sangue nelle mie mani - di Nicolas Winding Refn (2004)
Giudizio sintetico: si può vedere (2,5/5)
Giudizio vernacolare: ariboiadé
Copenaghen. Tonny esce di prigione carico. Così come recita il tatuaggio che porta in bella evidenza, vuole il rispetto, soprattutto da parte di suo padre, il Duca, proprietario di un chop shop (un'officina, che in realtà serve per disassemblare auto rubate e rivenderle), vuole soldi, vuole diventare un boss. Invece, fuori, oltre all'indifferenza del padre, che dedica tutte le sue attenzioni al figlio piccolo, avuto dalla sua nuova donna, trova un'altra sorpresa non da poco. Le cose non vanno proprio come vorrebbe Tonny. E per entrare nelle grazie del padre, accetta un compito di quelli che ti segnano per sempre. Ce la farà?
Si dice che il regista danese sia dovuto correre ai ripari dopo il fiasco planetario del precedente Fear X, girando alla svelta questo sequel dell'osannato Pusher, film che gli aveva dato successo e notorietà, lanciandolo verso una carriera presumibilmente di successo. Può darsi. Nonostante ciò, questo seguito delle avventure di Frank, scomparso senza lasciare traccia da Copenhagen, è un buon film, sullo stile del precedente, leggermente migliore dal punto di vista della fotografia, ugualmente nervoso per la camera a mano invasiva, che punta molto sul carisma nascente di, lo confesso, uno dei miei attori preferiti, Mads Mikkelsen, che qui dimostra capacità interessanti, dipingendo un personaggio lunatico e in preda ad incertezza e vuoto esistenziale, passando da un estremo all'altro con estrema facilità. Forse la sceneggiatura gira un po' a vuoto nella seconda parte, ma il sottobosco delinquenziale è, ancora una volta, descritto in maniera asettica e, al tempo stesso, agghiacciante. Se avete intenzione di completare la trilogia, non potete esimervi.
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