Un perfetto gentiluomo – di Shari Springer Berman e Robert Pulcini (2011)
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Giudizio vernacolare: bel lavorino si…
Oggi. Louis Ives è un giovane professore d’inglese alla prestigiosa Università di Princeton, nel New Jersey. In realtà, vorrebbe fare lo scrittore, vorrebbe avere una donna da amare, vorrebbe corteggiarla come si faceva ai primi del 1900, vorrebbe vivere dentro ad uno dei libri di Francis Scott Fitzgerald, ma al tempo stesso, la sua è una sessualità embrionale ed ancora incerta. E’ per questa incertezza che, probabilmente, viene sorpreso con indosso della biancheria da donna nella sala professori, episodio destabilizzante per un personaggio educatissimo e timido come lui.
Louis prende il coraggio a due mani, e nonostante il fattaccio non lo abbia portato ad essere licenziato, se ne va, lascia l’incarico e si trasferisce a New York, rispondendo ad un annuncio per condividere un piccolo appartamento nell’Upper East Side.
L’inquilino da cui parte l’offerta di condivisione è Henry Harrison, un uomo di mezza età quantomeno bizzarro, con un passato da commediografo, amante della letteratura, con convinzioni assolutamente démodé, misogine e razziste, che sopravvive facendo l’extra-man (l’accompagnatore di signore anziane e facoltose), un personaggio che, insieme agli altri che girano intorno al signor Harrison, cambierà la vita di Louis.
“Piccolo” film un po’ snobbato da noi, questo The Extra Man (nella versione originale; il titolo è lo stesso del libro da cui è tratto, ma in italiano il libro diventa Io e Henry e, come avete letto, il film diventa Un perfetto gentiluomo) ci riconsegna in ottima forma la coppia newyorkese di American Splendor dopo la prova appena sufficiente di Il diario di una tata. Tratto (appunto) dal libro di Jonathan Ames (se, pur non avendo letto niente di lui, il nome non vi suona nuovo, date un’occhiata qui: Bored To Death), il film è una delicata storia di amicizia/amicizie con dialoghi deliziosi, situazioni molto divertenti e una velata ma interessante riflessione di fondo sulla sessualità (cosa onnipresente nel lavoro di Ames). Girato con buona mano, discreta fotografia e un’amorevole descrizione di New York, il film è un caleidoscopio di personaggi quasi tutti interpretati con grande maestria dal cast: ottimo Kevin Kline (Henry Harrison), sempre più bravo Paul Dano (Louis Ives), esilarante John C. Reilly (Gershon Gruen, il vicino di casa). C’è anche Katie Holmes (Mary Powell), ma ci poteva essere anche mia sorella e non sarebbe cambiato granché nell’economia del film.
Molto carino, la coppia di registi sono sicuro che ci stupirà ancora in futuro.
Giudizio vernacolare: bel lavorino si…
Oggi. Louis Ives è un giovane professore d’inglese alla prestigiosa Università di Princeton, nel New Jersey. In realtà, vorrebbe fare lo scrittore, vorrebbe avere una donna da amare, vorrebbe corteggiarla come si faceva ai primi del 1900, vorrebbe vivere dentro ad uno dei libri di Francis Scott Fitzgerald, ma al tempo stesso, la sua è una sessualità embrionale ed ancora incerta. E’ per questa incertezza che, probabilmente, viene sorpreso con indosso della biancheria da donna nella sala professori, episodio destabilizzante per un personaggio educatissimo e timido come lui.
Louis prende il coraggio a due mani, e nonostante il fattaccio non lo abbia portato ad essere licenziato, se ne va, lascia l’incarico e si trasferisce a New York, rispondendo ad un annuncio per condividere un piccolo appartamento nell’Upper East Side.
L’inquilino da cui parte l’offerta di condivisione è Henry Harrison, un uomo di mezza età quantomeno bizzarro, con un passato da commediografo, amante della letteratura, con convinzioni assolutamente démodé, misogine e razziste, che sopravvive facendo l’extra-man (l’accompagnatore di signore anziane e facoltose), un personaggio che, insieme agli altri che girano intorno al signor Harrison, cambierà la vita di Louis.
“Piccolo” film un po’ snobbato da noi, questo The Extra Man (nella versione originale; il titolo è lo stesso del libro da cui è tratto, ma in italiano il libro diventa Io e Henry e, come avete letto, il film diventa Un perfetto gentiluomo) ci riconsegna in ottima forma la coppia newyorkese di American Splendor dopo la prova appena sufficiente di Il diario di una tata. Tratto (appunto) dal libro di Jonathan Ames (se, pur non avendo letto niente di lui, il nome non vi suona nuovo, date un’occhiata qui: Bored To Death), il film è una delicata storia di amicizia/amicizie con dialoghi deliziosi, situazioni molto divertenti e una velata ma interessante riflessione di fondo sulla sessualità (cosa onnipresente nel lavoro di Ames). Girato con buona mano, discreta fotografia e un’amorevole descrizione di New York, il film è un caleidoscopio di personaggi quasi tutti interpretati con grande maestria dal cast: ottimo Kevin Kline (Henry Harrison), sempre più bravo Paul Dano (Louis Ives), esilarante John C. Reilly (Gershon Gruen, il vicino di casa). C’è anche Katie Holmes (Mary Powell), ma ci poteva essere anche mia sorella e non sarebbe cambiato granché nell’economia del film.
Molto carino, la coppia di registi sono sicuro che ci stupirà ancora in futuro.
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