Making A Murderer - di Laura Ricciardi e Moira Demos - Stagione 2 (10 episodi; Netflix) - 2018
Quella che sembra una saga, ma invece è una storia vera, prosegue. Una storia che, forse ingiustamente, tiene in prigione dal 2005 Steven Avery, di certo non uno stinco di santo, ma una persona che si era già fatta 18 anni di carcere per uno stupro che non aveva commesso. La storia prosegue tra ricorsi, cambi di avvocati e linee difensive.
Indubbiamente, la bravura delle due registe, sta nel rendere estremamente appetibile e perfino avvincente, una storia triste, spietata, che ha come protagonisti due persone dal QI estremamente basso, provenienti da una famiglia del sottoproletariato della profonda provincia americana (potremmo senz'altro definirli white trash), e soprattutto, una storia che si snoda sempre di più tra tecnicismi legali. E' una serie che richiede attenzione allo spettatore, ma che indubbiamente, risulta intrigante. E, visto che i due protagonisti sono tutt'ora in carcere, probabilmente avremo anche una terza stagione.
Undoubtedly, the skill of the two directors, is to make extremely interesting and appealing, a sad, ruthless story, which has as protagonists two people from the extremely low IQ, coming from a family of the underclass of the profound American province (we could certainly define them white trash), and above all, a story that runs more and more between legal technicalities. It's a series that requires attention to the viewer, but undoubtedly, is intriguing. And, given that the two protagonists are still in prison, we will probably also have a third season.
No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.
20190131
20190130
Schiavi del regno delle ombre
Slaves of the Shadow Realm - Legion of the Damned (2019)
Settimo disco per gli olandesi Legion of the Damned, attivi fin dal lontano (ormai) 1992, con il nome Occult (cinque dischi sotto quel nome). Nonostante l'anzianità, la band suona un death/thrash metal come se fossimo ancora agli inizi degli anni '90, o alla fine degli '80. Per qualcuno, può pure essere un incentivo all'ascolto, sia chiaro. Per farla molto breve, potremmo definirli con un suono tra quello degli Slayer e quello dei Kreator, ovviamente con una produzione ed una registrazione degna dei tempi moderni. Nel 2019, questo è un disco al quale personalmente posso dedicare massimo due ascolti: però, ad essere onesto, mentre lo ascoltavo, mi sono ricordato molto chiaramente che (ancora) nei primi anni '90 questa era esattamente la musica che volevo suonare.
Seventh record for the Dutch band Legion of the Damned, active since far (by now) 1992, with the name Occult (five records under that name). Despite the seniority, the band plays a death/thrash metal as if we were still in the early 90s, or at the end of the 80s. For someone, it can also be an incentive to listen it, to be clear. To make it very short, we could define them with a sound between Slayer and Kreator, obviously with a production and a recording worthy of modern times. In 2019, this is a record to which I personally can dedicate a maximum of two round of listen, but to be honest, as I listened to it, I remembered very clearly that (again) in the early 90s this was exactly the music I wanted to play.
Settimo disco per gli olandesi Legion of the Damned, attivi fin dal lontano (ormai) 1992, con il nome Occult (cinque dischi sotto quel nome). Nonostante l'anzianità, la band suona un death/thrash metal come se fossimo ancora agli inizi degli anni '90, o alla fine degli '80. Per qualcuno, può pure essere un incentivo all'ascolto, sia chiaro. Per farla molto breve, potremmo definirli con un suono tra quello degli Slayer e quello dei Kreator, ovviamente con una produzione ed una registrazione degna dei tempi moderni. Nel 2019, questo è un disco al quale personalmente posso dedicare massimo due ascolti: però, ad essere onesto, mentre lo ascoltavo, mi sono ricordato molto chiaramente che (ancora) nei primi anni '90 questa era esattamente la musica che volevo suonare.
Seventh record for the Dutch band Legion of the Damned, active since far (by now) 1992, with the name Occult (five records under that name). Despite the seniority, the band plays a death/thrash metal as if we were still in the early 90s, or at the end of the 80s. For someone, it can also be an incentive to listen it, to be clear. To make it very short, we could define them with a sound between Slayer and Kreator, obviously with a production and a recording worthy of modern times. In 2019, this is a record to which I personally can dedicate a maximum of two round of listen, but to be honest, as I listened to it, I remembered very clearly that (again) in the early 90s this was exactly the music I wanted to play.
20190129
Campeggio
Camping US - Sviluppato da Lena Dunham e Jenni Konner - Stagione 1 (8 episodi; HBO) - 2018
Walt Jodell, un uomo molto mite e accomodante sposato con Kathryn, una aggressiva maniaca del controllo che si approfitta del carattere fin troppo mite del marito, e che pensa di essere una celebrità di Instagram, sta per festeggiare il suo 45esimo compleanno. Kathryn organizza quindi un weekend in campeggio, invitando solo gli amici intimi, per l'occasione, e prepara un programma maniacale, da seguire alla lettera. Le cose non vanno esattamente come Kathryn avrebbe voluto.
Remake dell'omonima serie inglese, con un cast parzialmente indovinato, questa serie che onestamente spero non sarà rinnovata, estremizza tutte le "patologie" dei lavori di Lena Dunham e Jenni Konner. Fa ridere, soprattutto delle bassezze comportamentali della media borghesia statunitense, ma stanca dopo pochissimo per la caricaturalità di caratteri.
Remake of the homonymous English series, with a cast partially guessed, this series that I honestly hope will not be renewed, extremes all the "pathologies" of the works of Lena Dunham and Jenni Konner. It makes you laugh, above all of the behavioral baseness of the American middle class, but the spectator get tired after very little for the caricaturity of the characters.
Walt Jodell, un uomo molto mite e accomodante sposato con Kathryn, una aggressiva maniaca del controllo che si approfitta del carattere fin troppo mite del marito, e che pensa di essere una celebrità di Instagram, sta per festeggiare il suo 45esimo compleanno. Kathryn organizza quindi un weekend in campeggio, invitando solo gli amici intimi, per l'occasione, e prepara un programma maniacale, da seguire alla lettera. Le cose non vanno esattamente come Kathryn avrebbe voluto.
Remake dell'omonima serie inglese, con un cast parzialmente indovinato, questa serie che onestamente spero non sarà rinnovata, estremizza tutte le "patologie" dei lavori di Lena Dunham e Jenni Konner. Fa ridere, soprattutto delle bassezze comportamentali della media borghesia statunitense, ma stanca dopo pochissimo per la caricaturalità di caratteri.
Remake of the homonymous English series, with a cast partially guessed, this series that I honestly hope will not be renewed, extremes all the "pathologies" of the works of Lena Dunham and Jenni Konner. It makes you laugh, above all of the behavioral baseness of the American middle class, but the spectator get tired after very little for the caricaturity of the characters.
20190128
Vagabonda
Wanderer - Cat Power (2018)
Mi sorprendo di me stesso, ma non trovo nessuna recensione mia su Charlyn Marie "Chan" Marshall aka Cat Power. La seguo da anni, l'ho vista in concerto molto tempo fa (la incrociai perfino fuori da una gelateria vicino alla Stazione Leopolda in Firenze), e mi ha sempre lasciato l'impressione di un talento sconfinato, ma impazzito. Il genio è anche questo. Non ha avuto una vita facile, e adesso ha 47 anni, probabilmente è riuscita a trovare in certo equilibrio. Questo disco, dal titolo piuttosto esplicito, uscito nell'ottobre del 2018 (e quindi per la serie "cosa mi sono perso"), è un disco molto molto bello, estremamente maturo, che forse dimostra quello che sto provando ad immaginare, e che ho scritto poc'anzi. Wanderer è un bellissimo disco di folk blues, dove Chan riesce a mantenersi al tempo stesso molto minimale, ma anche a sperimentare con grande successo. Succede con l'autotune della bellissima Horizon, con il singolo Woman cantato insieme a Lana Del Rey, con gli echi latini di Me Voy (presenti anche in In Your Face), con la maestria con la quale si impossessa di What the World Needs Now di Bacharach, con il blues disseminato per tutto il disco, con la straordinaria cover di Stay di Rihanna. E' proprio vero, come dice Jayson Greene su Pitchfork a proposito di questa cover, che "I want you to stay" cantata da Cat Power, sembra essere una frase del tutto differente rispetto a quella cantata da Rihanna. Questo è genio. Questo è talento.
I am surprised by myself, but I do not find any of my reviews on Charlyn Marie "Chan" Marshall aka Cat Power. I've been watching and listening her for years, I saw her in concert a long time ago (I even met her outside an ice-cream parlor near the Stazione Leopolda in Florence), and she always left me with the impression of a boundless but crazed talent. This is also genius. She has not had an easy life, and now that she is 47 years old, she probably managed to find a certain balance. This album, rather explicit title, released in October 2018 (and therefore for the series "what I missed"), is a very very beautiful album, extremely mature, which perhaps demonstrates what I'm trying to imagine, and that I wrote a little earlier. Wanderer is a beautiful record of folk blues, where Chan manages to keep at the same time very minimal, but also to experiment with great success. It happens with the autotune of the beautiful Horizon, with the single Woman sung together with Lana Del Rey, with the Latin echoes of Me Voy (Latin echoes that are also present in In Your Face), with the mastery with which she takes possession of What the World Needs Now of Bacharach, with the blues scattered throughout the album, with the extraordinary cover of Stay by Rihanna. It's really true, as Jayson Greene says on Pitchfork about this cover, that "I want you to stay" sung by Cat Power, seems to be a completely different phrase than the one sung by Rihanna. This is genius. This is talent.
Mi sorprendo di me stesso, ma non trovo nessuna recensione mia su Charlyn Marie "Chan" Marshall aka Cat Power. La seguo da anni, l'ho vista in concerto molto tempo fa (la incrociai perfino fuori da una gelateria vicino alla Stazione Leopolda in Firenze), e mi ha sempre lasciato l'impressione di un talento sconfinato, ma impazzito. Il genio è anche questo. Non ha avuto una vita facile, e adesso ha 47 anni, probabilmente è riuscita a trovare in certo equilibrio. Questo disco, dal titolo piuttosto esplicito, uscito nell'ottobre del 2018 (e quindi per la serie "cosa mi sono perso"), è un disco molto molto bello, estremamente maturo, che forse dimostra quello che sto provando ad immaginare, e che ho scritto poc'anzi. Wanderer è un bellissimo disco di folk blues, dove Chan riesce a mantenersi al tempo stesso molto minimale, ma anche a sperimentare con grande successo. Succede con l'autotune della bellissima Horizon, con il singolo Woman cantato insieme a Lana Del Rey, con gli echi latini di Me Voy (presenti anche in In Your Face), con la maestria con la quale si impossessa di What the World Needs Now di Bacharach, con il blues disseminato per tutto il disco, con la straordinaria cover di Stay di Rihanna. E' proprio vero, come dice Jayson Greene su Pitchfork a proposito di questa cover, che "I want you to stay" cantata da Cat Power, sembra essere una frase del tutto differente rispetto a quella cantata da Rihanna. Questo è genio. Questo è talento.
I am surprised by myself, but I do not find any of my reviews on Charlyn Marie "Chan" Marshall aka Cat Power. I've been watching and listening her for years, I saw her in concert a long time ago (I even met her outside an ice-cream parlor near the Stazione Leopolda in Florence), and she always left me with the impression of a boundless but crazed talent. This is also genius. She has not had an easy life, and now that she is 47 years old, she probably managed to find a certain balance. This album, rather explicit title, released in October 2018 (and therefore for the series "what I missed"), is a very very beautiful album, extremely mature, which perhaps demonstrates what I'm trying to imagine, and that I wrote a little earlier. Wanderer is a beautiful record of folk blues, where Chan manages to keep at the same time very minimal, but also to experiment with great success. It happens with the autotune of the beautiful Horizon, with the single Woman sung together with Lana Del Rey, with the Latin echoes of Me Voy (Latin echoes that are also present in In Your Face), with the mastery with which she takes possession of What the World Needs Now of Bacharach, with the blues scattered throughout the album, with the extraordinary cover of Stay by Rihanna. It's really true, as Jayson Greene says on Pitchfork about this cover, that "I want you to stay" sung by Cat Power, seems to be a completely different phrase than the one sung by Rihanna. This is genius. This is talent.
20190127
Strappo
Black Mirror: Bandersnatch - Scritto da Charlie Brooker, diretto da David Slade (2018)
1984, UK. Il giovane programmatore Stefan Butler sogna di adattare il libro dal titolo Bandersnatch, un libro per bambini dove il protagonista può effettuare delle scelte e cambiare il corso della storia, in quello che spera essere un rivoluzionario videogame. Il gioco, tratto appunto dal libro scritto da Jerome F. Davies, tragicamente famoso, prevede di dover attraversare un labirinto di corridoi per evitare una creatura chiamata Pax, e talvolta, di effettuare delle scelte tramite istruzioni che appaiono sullo schermo. La proposta di Stefan viene vagliata dalla società Tuckersoft, gestita da Mohan Thakur, per la quale disegna giochi il famoso Colin Ritman (idolo di Stefan). A Thakur piace l'idea, e accetta la proposta di Stefan, chiedendogli di sviluppare il gioco entro un certo periodo. Gli propone di lavorare nella sede della Tuckersoft, e di farsi aiutare dal personale. Qui cominciano le scelte che deve fare lo spettatore.
Diciamolo senza girarci troppo intorno: stavolta Brooker ha osato tantissimo, ed è stato davvero coraggioso. L'idea dell'episodio unico interattivo, con tutta una serie di scelte, di svolgimenti e di finali, è meravigliosa. La storia, comunque la giriate, qualsiasi siano le vostre scelte, è probabilmente una delle più deboli viste in Black Mirror. Detto questo, mi è piaciuto molto Will Poulter nei panni di Colin Ritman.
Let's face it without turning around too much: this time Brooker dared a lot, and it was really brave. The idea of the unique interactive episode, with a whole series of choices, developments and endings, is wonderful. The story, however you turn it around, whatever your choices are, is probably one of the weakest views in Black Mirror. That being said, I really enjoyed Will Poulter as Colin Ritman.
1984, UK. Il giovane programmatore Stefan Butler sogna di adattare il libro dal titolo Bandersnatch, un libro per bambini dove il protagonista può effettuare delle scelte e cambiare il corso della storia, in quello che spera essere un rivoluzionario videogame. Il gioco, tratto appunto dal libro scritto da Jerome F. Davies, tragicamente famoso, prevede di dover attraversare un labirinto di corridoi per evitare una creatura chiamata Pax, e talvolta, di effettuare delle scelte tramite istruzioni che appaiono sullo schermo. La proposta di Stefan viene vagliata dalla società Tuckersoft, gestita da Mohan Thakur, per la quale disegna giochi il famoso Colin Ritman (idolo di Stefan). A Thakur piace l'idea, e accetta la proposta di Stefan, chiedendogli di sviluppare il gioco entro un certo periodo. Gli propone di lavorare nella sede della Tuckersoft, e di farsi aiutare dal personale. Qui cominciano le scelte che deve fare lo spettatore.
Diciamolo senza girarci troppo intorno: stavolta Brooker ha osato tantissimo, ed è stato davvero coraggioso. L'idea dell'episodio unico interattivo, con tutta una serie di scelte, di svolgimenti e di finali, è meravigliosa. La storia, comunque la giriate, qualsiasi siano le vostre scelte, è probabilmente una delle più deboli viste in Black Mirror. Detto questo, mi è piaciuto molto Will Poulter nei panni di Colin Ritman.
Let's face it without turning around too much: this time Brooker dared a lot, and it was really brave. The idea of the unique interactive episode, with a whole series of choices, developments and endings, is wonderful. The story, however you turn it around, whatever your choices are, is probably one of the weakest views in Black Mirror. That being said, I really enjoyed Will Poulter as Colin Ritman.
20190126
20190125
Vessel
Zola Jesus, Sfinks 700, Sopot PL, 16 novembre 2018
Come vi ho raccontato in questa occasione, so che si tratta di una roba da fuori di testa, ma voglio provare a vivere così. E quindi, volo Pisa-Danzica del venerdì mattina, del resto del soggiorno vi racconterò in separata sede, ed eccomi qua dentro il piccolo ma affascinante Sfinks 700 di Sopot, Polonia, seduto su una comoda poltrona del bar dentro il locale, ad attendere che il pubblico cominci ad affluire nella piccola sala per concerti adiacente. Mentre sono seduto, vedo Nina Danilova uscire dal bagno, trafelata. Scompare dietro il minuscolo palco. L'orario dell'inizio del concerto è preventivato molto presto, e qualche minuto prima io e le altre decine di persone (credo non si arrivi al centinaio, stasera) presenti, cominciamo a sistemarci comodamente nella sala citata poc'anzi. Sembra l'atrio di una vecchia casa americana, di quelle che si vedono nei film horror, una scala che porta al piano di sopra, il palco è posto a piano terra nella sala principale, quella della scala. La presunta casa è scarnificata: ai muri solo dei poster nell'ingresso, poi altro. Dall'esterno, potreste scambiare il locale per una Sala del Regno. Eccola, sul palco, insieme a due musicisti, Alex DeGroot alla chitarra e Louise Woodward al violino. Nina è vestita di scuro. Si comincia con Veka, e naturalmente, gli estratti dall'ultimo Okovi la faranno da padrone. Sono colpito da quello che il tecnico delle luci riesce a fare con così poco: lo spettacolo viene completato ed arricchito. Dopo Soak arrivano i primi due passi indietro, con l'ottima Dangerous Days e la bella Hikikomori. Al termine di questo primo blocco, Nina comincia a dialogare col pubblico, e mi sorprende. Mi aspettavo una timidona, e invece ne esce fuori una tizia che potrebbe fare la stand up comedian. Certo, è aiutata dal caso e dal pubblico. Comincia salutando, dicendo che posti come questi le ricordano un po' le sue radici (Ucraina, Slovenia), e soprattutto, quando viene da queste parti si abbuffa del suo cibo preferito, dumplings. Ora, dobbiamo aprire una piccola parentesi: in italiano potremmo tradurre ravioli (ma anche i tortellini rientrano nella definizione generica). Qua in Polonia, i pierogi sono la specialità nazionale, in molte versioni. Detto questo, quando Nina pronuncia dumplings, accade qualcosa che dà il via ad un siparietto irresistibile. Dalla primissima fila, una coppia si sbraccia: hanno portato dei pierogi fatti in casa, in un contenitore, sapendo della passione della cantante. Lei se ne accorge, li prende, ringrazia, e si accorge che sul tappo, c'è la lista degli ingredienti. Alla fine della lista c'è: "love". Il pubblico, insieme a lei, è divertito e commosso. Lei comincia una serie di battute micidiali sul fatto che adesso dovrà chiudere il concerto più in fretta possibile, per mangiarseli, ed altre cose, molto divertenti. Con una trasparenza ammirevole, Nina chiude questa parentesi confessando che adesso sarà molto difficile introdurre la prossima canzone in scaletta: Witness, scritta per una persona a lei molto vicina, che ha tentato il suicidio qualche tempo fa. Una canzone molto triste. Ma tira dritto, e la versione che ne esce è da brividi. La voce di questa ragazza è bellissima, voi tutti lo sapete già, ma ogni tanto è bene ricordarlo, ed ascoltarla dal vivo è un ottimo reminder. Si prosegue passando attraverso belle versioni di Clay Bodies, Wiseblood, Remains, e si arriva a quella che è forse la mia preferita, Vessel. La prendo come un regalo per aver fatto tanta strada, e rifletto sul fatto che Nina Danilova, se avesse voluto solo il successo, si sarebbe messa nelle mani di un curatore di look, fatta un paio di ritocchi di chirurgia plastica, poi nelle mani di un produttore/DJ, e avrebbe senz'altro sfornato 2/3 dischi pieni di singoli, e fatto un sacco di soldi. Invece, stasera è qui davanti ad un pubblico si, adorante, ma che potrebbe entrare comodamente in una pizzeria di medie dimensioni. Segue Exhumed, una piccola pausa, e si chiude con Skin, per la quale Nina scende in mezzo al pubblico (proprio come l'altra artista che ho deciso di vedere prima di chiudere l'anno).
Finito. Guardo l'ora, è prestissimo, fuori è freddo. Forse ripensando al paragone di prima (il pubblico in una pizzeria), vado a cercare una pizzeria.
Here she is, on stage, together with two musicians, Alex DeGroot on guitar and Louise Woodward on violin. Nina is dressed in dark. It starts with Veka, and of course, the extracts from the last Okovi will be the master. I am struck by what the lighting technician can do with so little: the show is completed and enriched. After Soak arrive the first two steps back, with the excellent Dangerous Days and the beautiful Hikikomori. At the end of this first block, Nina begins to dialogue with the public, and surprises me. I was expecting a really shy girl, and instead comes out a chick who could do the stand up comedian. Of course, it is helped by chance and by the public. She starts by saying goodbye, saying that places like these remind you a little of her roots (Ukraine, Slovenia), and above all, when he comes here she gets binges of her favorite food, dumplings. Here in Poland, pierogi are the national specialty, in many versions. That said, when Nina utters dumplings, something happens that gives rise to an irresistible theater. From the very first row, a couple waves: they brought home-made pierogi, in a container, knowing the singer's passion. She notices, takes them, thanks, and realizes that on the cap, there is the list of ingredients. At the end of the list there is: "love". The audience, together with her, was amused and moved. She begins a series of deadly jokes about the fact that she will now have to close the concert as quickly as possible, to eat them, and other fun things. With an admirable transparency, Nina closes this parenthesis confessing that now it will be very difficult to introduce the next song in the setlist: Witness, written for a person very close to her, who tried to commit suicide some time ago. A very sad song. But pull straight, and the version that comes out is amazing. The voice of this girl is beautiful, you all know it already, but sometimes it is good to remember it, and listen to it live is an excellent reminder. Continue through beautiful versions of Clay Bodies, Wiseblood, Remains, and you get to what is perhaps my favorite, Vessel. I take it as a gift for having come a long way, and I reflect on the fact that Nina Danilova, if she only wanted success, would be put in the hands of a curator of look, made a couple of touches of plastic surgery, then in the hands of a producer/DJ, and she would have turned out 2/3 discs full of singles, and made a lot of money. Instead, tonight is here in front of a public, adoring, but that could comfortably enter a medium-sized pizzeria. It follows Exhumed, a small pause, and closes with Skin, for which Nina goes down in the audience, to sing it among us.
Come vi ho raccontato in questa occasione, so che si tratta di una roba da fuori di testa, ma voglio provare a vivere così. E quindi, volo Pisa-Danzica del venerdì mattina, del resto del soggiorno vi racconterò in separata sede, ed eccomi qua dentro il piccolo ma affascinante Sfinks 700 di Sopot, Polonia, seduto su una comoda poltrona del bar dentro il locale, ad attendere che il pubblico cominci ad affluire nella piccola sala per concerti adiacente. Mentre sono seduto, vedo Nina Danilova uscire dal bagno, trafelata. Scompare dietro il minuscolo palco. L'orario dell'inizio del concerto è preventivato molto presto, e qualche minuto prima io e le altre decine di persone (credo non si arrivi al centinaio, stasera) presenti, cominciamo a sistemarci comodamente nella sala citata poc'anzi. Sembra l'atrio di una vecchia casa americana, di quelle che si vedono nei film horror, una scala che porta al piano di sopra, il palco è posto a piano terra nella sala principale, quella della scala. La presunta casa è scarnificata: ai muri solo dei poster nell'ingresso, poi altro. Dall'esterno, potreste scambiare il locale per una Sala del Regno. Eccola, sul palco, insieme a due musicisti, Alex DeGroot alla chitarra e Louise Woodward al violino. Nina è vestita di scuro. Si comincia con Veka, e naturalmente, gli estratti dall'ultimo Okovi la faranno da padrone. Sono colpito da quello che il tecnico delle luci riesce a fare con così poco: lo spettacolo viene completato ed arricchito. Dopo Soak arrivano i primi due passi indietro, con l'ottima Dangerous Days e la bella Hikikomori. Al termine di questo primo blocco, Nina comincia a dialogare col pubblico, e mi sorprende. Mi aspettavo una timidona, e invece ne esce fuori una tizia che potrebbe fare la stand up comedian. Certo, è aiutata dal caso e dal pubblico. Comincia salutando, dicendo che posti come questi le ricordano un po' le sue radici (Ucraina, Slovenia), e soprattutto, quando viene da queste parti si abbuffa del suo cibo preferito, dumplings. Ora, dobbiamo aprire una piccola parentesi: in italiano potremmo tradurre ravioli (ma anche i tortellini rientrano nella definizione generica). Qua in Polonia, i pierogi sono la specialità nazionale, in molte versioni. Detto questo, quando Nina pronuncia dumplings, accade qualcosa che dà il via ad un siparietto irresistibile. Dalla primissima fila, una coppia si sbraccia: hanno portato dei pierogi fatti in casa, in un contenitore, sapendo della passione della cantante. Lei se ne accorge, li prende, ringrazia, e si accorge che sul tappo, c'è la lista degli ingredienti. Alla fine della lista c'è: "love". Il pubblico, insieme a lei, è divertito e commosso. Lei comincia una serie di battute micidiali sul fatto che adesso dovrà chiudere il concerto più in fretta possibile, per mangiarseli, ed altre cose, molto divertenti. Con una trasparenza ammirevole, Nina chiude questa parentesi confessando che adesso sarà molto difficile introdurre la prossima canzone in scaletta: Witness, scritta per una persona a lei molto vicina, che ha tentato il suicidio qualche tempo fa. Una canzone molto triste. Ma tira dritto, e la versione che ne esce è da brividi. La voce di questa ragazza è bellissima, voi tutti lo sapete già, ma ogni tanto è bene ricordarlo, ed ascoltarla dal vivo è un ottimo reminder. Si prosegue passando attraverso belle versioni di Clay Bodies, Wiseblood, Remains, e si arriva a quella che è forse la mia preferita, Vessel. La prendo come un regalo per aver fatto tanta strada, e rifletto sul fatto che Nina Danilova, se avesse voluto solo il successo, si sarebbe messa nelle mani di un curatore di look, fatta un paio di ritocchi di chirurgia plastica, poi nelle mani di un produttore/DJ, e avrebbe senz'altro sfornato 2/3 dischi pieni di singoli, e fatto un sacco di soldi. Invece, stasera è qui davanti ad un pubblico si, adorante, ma che potrebbe entrare comodamente in una pizzeria di medie dimensioni. Segue Exhumed, una piccola pausa, e si chiude con Skin, per la quale Nina scende in mezzo al pubblico (proprio come l'altra artista che ho deciso di vedere prima di chiudere l'anno).
Finito. Guardo l'ora, è prestissimo, fuori è freddo. Forse ripensando al paragone di prima (il pubblico in una pizzeria), vado a cercare una pizzeria.
Here she is, on stage, together with two musicians, Alex DeGroot on guitar and Louise Woodward on violin. Nina is dressed in dark. It starts with Veka, and of course, the extracts from the last Okovi will be the master. I am struck by what the lighting technician can do with so little: the show is completed and enriched. After Soak arrive the first two steps back, with the excellent Dangerous Days and the beautiful Hikikomori. At the end of this first block, Nina begins to dialogue with the public, and surprises me. I was expecting a really shy girl, and instead comes out a chick who could do the stand up comedian. Of course, it is helped by chance and by the public. She starts by saying goodbye, saying that places like these remind you a little of her roots (Ukraine, Slovenia), and above all, when he comes here she gets binges of her favorite food, dumplings. Here in Poland, pierogi are the national specialty, in many versions. That said, when Nina utters dumplings, something happens that gives rise to an irresistible theater. From the very first row, a couple waves: they brought home-made pierogi, in a container, knowing the singer's passion. She notices, takes them, thanks, and realizes that on the cap, there is the list of ingredients. At the end of the list there is: "love". The audience, together with her, was amused and moved. She begins a series of deadly jokes about the fact that she will now have to close the concert as quickly as possible, to eat them, and other fun things. With an admirable transparency, Nina closes this parenthesis confessing that now it will be very difficult to introduce the next song in the setlist: Witness, written for a person very close to her, who tried to commit suicide some time ago. A very sad song. But pull straight, and the version that comes out is amazing. The voice of this girl is beautiful, you all know it already, but sometimes it is good to remember it, and listen to it live is an excellent reminder. Continue through beautiful versions of Clay Bodies, Wiseblood, Remains, and you get to what is perhaps my favorite, Vessel. I take it as a gift for having come a long way, and I reflect on the fact that Nina Danilova, if she only wanted success, would be put in the hands of a curator of look, made a couple of touches of plastic surgery, then in the hands of a producer/DJ, and she would have turned out 2/3 discs full of singles, and made a lot of money. Instead, tonight is here in front of a public, adoring, but that could comfortably enter a medium-sized pizzeria. It follows Exhumed, a small pause, and closes with Skin, for which Nina goes down in the audience, to sing it among us.
20190124
Fenice
Phoenix - Rita Ora (2018)
Rita Ora (Rita Sahatçiu) mi sta simpatica solo per il fatto di essere kosovara (è nata a Pristina, ma è emigrata in UK all'età di un anno), oltre ad essere innegabilmente una bella ragazza, arrivata al successo nonostante la sua famiglia sia stata forzata all'esilio dal Kosovo in Inghilterra, a causa della persecuzione dell'etnia albanese in Kosovo da parte serba. Sembra quasi che l'etnia albanese abbia una marcia in più nel campo del dance-pop: lei, Dua Lipa, Bebe Rexha, oltre ad essere molto carine, sono talentuose nello scrivere canzoni che ti si stampano in testa, e anche a circondarsi da collaboratori capaci.
Questo Phoenix è per Rita Ora il secondo album, vede collaborazioni con Avicii, Liam Payne, Rudimental, Julia Michaels, addirittura Girls è cantata da lei, Cardi B, Bebe Rexha e Charli XCX, e una serie interminabile di songwriter tra i quali Ed Sheeran. Il risultato è piacevole ma fatto di alti e bassi; tra i momenti più notevoli, First Time High e Let You Love Me.
I like Rita Ora (Rita Sahatçiu) just only for being a Kosovar (she was born in Pristina, but she emigrated to UK at the age of one), as well as being undeniably a beautiful girl, who came to success despite her family was forced into exile by Kosovo in England, due to the Serbian persecution of the Albanian ethnic group in Kosovo. It almost seems that the Albanian ethnic group has an edge in the field of dance-pop: she, Dua Lipa, Bebe Rexha, besides being all very nice, are talented in writing songs that prints on your head, and also to surround theirself with capable collaborators.
This Phoenix is for Rita Ora the second album, sees collaborations with Avicii, Liam Payne, Rudimental, Julia Michaels, even Girls is sung by her, Cardi B, Bebe Rexha and Charli XCX, and an endless series of songwriters including Ed Sheeran. The result is pleasant but made of highs and lows; among the most notable moments, First Time High and Let You Love Me.
Rita Ora (Rita Sahatçiu) mi sta simpatica solo per il fatto di essere kosovara (è nata a Pristina, ma è emigrata in UK all'età di un anno), oltre ad essere innegabilmente una bella ragazza, arrivata al successo nonostante la sua famiglia sia stata forzata all'esilio dal Kosovo in Inghilterra, a causa della persecuzione dell'etnia albanese in Kosovo da parte serba. Sembra quasi che l'etnia albanese abbia una marcia in più nel campo del dance-pop: lei, Dua Lipa, Bebe Rexha, oltre ad essere molto carine, sono talentuose nello scrivere canzoni che ti si stampano in testa, e anche a circondarsi da collaboratori capaci.
Questo Phoenix è per Rita Ora il secondo album, vede collaborazioni con Avicii, Liam Payne, Rudimental, Julia Michaels, addirittura Girls è cantata da lei, Cardi B, Bebe Rexha e Charli XCX, e una serie interminabile di songwriter tra i quali Ed Sheeran. Il risultato è piacevole ma fatto di alti e bassi; tra i momenti più notevoli, First Time High e Let You Love Me.
I like Rita Ora (Rita Sahatçiu) just only for being a Kosovar (she was born in Pristina, but she emigrated to UK at the age of one), as well as being undeniably a beautiful girl, who came to success despite her family was forced into exile by Kosovo in England, due to the Serbian persecution of the Albanian ethnic group in Kosovo. It almost seems that the Albanian ethnic group has an edge in the field of dance-pop: she, Dua Lipa, Bebe Rexha, besides being all very nice, are talented in writing songs that prints on your head, and also to surround theirself with capable collaborators.
This Phoenix is for Rita Ora the second album, sees collaborations with Avicii, Liam Payne, Rudimental, Julia Michaels, even Girls is sung by her, Cardi B, Bebe Rexha and Charli XCX, and an endless series of songwriters including Ed Sheeran. The result is pleasant but made of highs and lows; among the most notable moments, First Time High and Let You Love Me.
20190123
Dannato se lo fai
Damned If You Do - Metal Church (2018)
Ogni volta che sento il nome Metal Church sorrido, perché furono loro ad aprire il concerto nel quale vidi i Metallica per la prima volta, ed entrammo nell'allora PalaTrussardi quando la band di Kurdt Vanderhoof (chitarra e composizione) aveva già cominciato la propria esibizione da un po', perché l'autista del bus (organizzato dalla fiorentina Controradio) ci aveva inizialmente portato al PalaLido (rischiando il linciaggio). Detto questo, non avevo idea che esistessero ancora; mi sono quindi documentato, e vedo che la loro storia è un po' la storia di molte band rock o metal formatasi negli anni '80. Due scioglimenti, due reunion, componenti morti, ma alla fine, sempre la stessa voglia di suonare. Certo, lo stile non ha fatto grandi passi avanti, anche se ascoltandolo oggi, il thrash metal dei Metal Church suona come un heavy metal classico, seppure eseguito perfettamente, con tutte le cose ed i loro cliché al posto giusto.
Every time I hear the name Metal Church I smile, because they opened the concert in which I saw the Metallica for the first time, and we entered in the then PalaTrussardi when the band of Kurdt Vanderhoof (guitar and composition) had already begun its performance from a while, because the bus driver (organized by the Florentine Controradio) had initially brought us to PalaLido (risking lynching). That said, I had no idea that they still existed; I then documented, and I see that their story is a bit the story of many rock or metal bands formed in the 80s. Two breakups, two reunions, dead components, but in the end, always the same desire to play. Of course, the style has not made great strides, even if listening to it today, the thrash metal of the Metal Church sounds like a classic heavy metal, even if perfectly executed, with all the things and their clichés in the right place.
Ogni volta che sento il nome Metal Church sorrido, perché furono loro ad aprire il concerto nel quale vidi i Metallica per la prima volta, ed entrammo nell'allora PalaTrussardi quando la band di Kurdt Vanderhoof (chitarra e composizione) aveva già cominciato la propria esibizione da un po', perché l'autista del bus (organizzato dalla fiorentina Controradio) ci aveva inizialmente portato al PalaLido (rischiando il linciaggio). Detto questo, non avevo idea che esistessero ancora; mi sono quindi documentato, e vedo che la loro storia è un po' la storia di molte band rock o metal formatasi negli anni '80. Due scioglimenti, due reunion, componenti morti, ma alla fine, sempre la stessa voglia di suonare. Certo, lo stile non ha fatto grandi passi avanti, anche se ascoltandolo oggi, il thrash metal dei Metal Church suona come un heavy metal classico, seppure eseguito perfettamente, con tutte le cose ed i loro cliché al posto giusto.
Every time I hear the name Metal Church I smile, because they opened the concert in which I saw the Metallica for the first time, and we entered in the then PalaTrussardi when the band of Kurdt Vanderhoof (guitar and composition) had already begun its performance from a while, because the bus driver (organized by the Florentine Controradio) had initially brought us to PalaLido (risking lynching). That said, I had no idea that they still existed; I then documented, and I see that their story is a bit the story of many rock or metal bands formed in the 80s. Two breakups, two reunions, dead components, but in the end, always the same desire to play. Of course, the style has not made great strides, even if listening to it today, the thrash metal of the Metal Church sounds like a classic heavy metal, even if perfectly executed, with all the things and their clichés in the right place.
20190122
Sapendo quello che sai adesso
Knowing What You Know Now - Marmozets (2018)
A volte i geni (nel senso di DNA) fanno strani scherzi. Prendete quello dei Marmozets. La band di Bingley, West Yorkshire, Inghilterra, è formata da due gruppi di fratelli. Rebecca Becca Macintyre voce, Sam Mcintyre voce e chitarra, Josh Macintyre batteria, più Jack Bottomley chitarra e Will Bottomley basso e voce. Mettono insieme la band nel 2007, giovanissimi e ancora a scuola, pubblicano una manciata di EP tra il 2009 e il 2014, il loro album di debutto nel 2014, The Weird and Wonderful Marmozets, e questo loro secondo Knowing What You Know Now è una delle cose più semplici ed al tempo stesso eccitanti e dirette che mi sia capitato di ascoltare l'anno scorso. Dodici pezzi uno più bello dell'altro, per 45 minuti di musica rock e ottima composizione, guidati da una voce ultra-versatile (ascoltare Major System Error per farsi un'idea). Reminiscenze di hardcore e di una certa attitudine punk, che probabilmente i ragazzi non hanno neppure conosciuto, ma soprattutto, un approccio aggressivo con canzoni scritte come se i cinque avessero un'esperienza trentennale di songwriting. Da non perdere.
Sometimes genes (in the sense of DNA) make strange jokes. Take that of the Marmozets. The band from Bingley, West Yorkshire, England, is made up of two groups of brothers. Rebecca Becca Macintyre, vocals, Sam Mcintyre, vocals and guitar, Josh Macintyre, drums, plus Jack Bottomley, guitar and Will Bottomley, bass and vocals. They put together in 2007, they released a bunch of EPs between 2009 and 2014, their debut album in 2014, The Weird and Wonderful Marmozets, and this, their second Knowing What You Know Now is one of the simplest and the same time exciting and direct things I've been listen in 2018. 12 tracks, one better than the other, for 45 minutes of rock music and excellent composition, led by an ultra-versatile voice. A reminiscence of a punk attitude, of which, probably, the guys did not even know anything, but most of all a songwriting as they would have a thirty year experience doing that. Not to be missed.
A volte i geni (nel senso di DNA) fanno strani scherzi. Prendete quello dei Marmozets. La band di Bingley, West Yorkshire, Inghilterra, è formata da due gruppi di fratelli. Rebecca Becca Macintyre voce, Sam Mcintyre voce e chitarra, Josh Macintyre batteria, più Jack Bottomley chitarra e Will Bottomley basso e voce. Mettono insieme la band nel 2007, giovanissimi e ancora a scuola, pubblicano una manciata di EP tra il 2009 e il 2014, il loro album di debutto nel 2014, The Weird and Wonderful Marmozets, e questo loro secondo Knowing What You Know Now è una delle cose più semplici ed al tempo stesso eccitanti e dirette che mi sia capitato di ascoltare l'anno scorso. Dodici pezzi uno più bello dell'altro, per 45 minuti di musica rock e ottima composizione, guidati da una voce ultra-versatile (ascoltare Major System Error per farsi un'idea). Reminiscenze di hardcore e di una certa attitudine punk, che probabilmente i ragazzi non hanno neppure conosciuto, ma soprattutto, un approccio aggressivo con canzoni scritte come se i cinque avessero un'esperienza trentennale di songwriting. Da non perdere.
Sometimes genes (in the sense of DNA) make strange jokes. Take that of the Marmozets. The band from Bingley, West Yorkshire, England, is made up of two groups of brothers. Rebecca Becca Macintyre, vocals, Sam Mcintyre, vocals and guitar, Josh Macintyre, drums, plus Jack Bottomley, guitar and Will Bottomley, bass and vocals. They put together in 2007, they released a bunch of EPs between 2009 and 2014, their debut album in 2014, The Weird and Wonderful Marmozets, and this, their second Knowing What You Know Now is one of the simplest and the same time exciting and direct things I've been listen in 2018. 12 tracks, one better than the other, for 45 minutes of rock music and excellent composition, led by an ultra-versatile voice. A reminiscence of a punk attitude, of which, probably, the guys did not even know anything, but most of all a songwriting as they would have a thirty year experience doing that. Not to be missed.
20190121
Vieni quando sei sobrio
Come Over When You're Sober Pt 2 - Lil Peep (2018)
Gustav Elijah Ahr, in arte Lil Peep (dal nomignolo affibbiatogli dalla madre), è nato nel 1996 ad Allentown, Pennsylvania, cresciuto a Long Island, New York, ed è stato ritrovato morto sul suo tour bus, il 15 novembre 2017, a Tucson, Arizona. Esponente dell'emo-rap, ha lavorato anche come modello, ed ha lottato per tutta la sua breve vita contro depressione e dipendenza dalle droghe (la causa della morte è stato un micidiale mix di droghe e medicinali). Prima della sua morte è riuscito a registrare due dischi, uno uscito nel 2017 e questo, postumo, che dimostrano la sua bravura, e che si pongono come uno dei diversi anelli di congiunzione tra il metal, l'hip hop e la musica elettronica. In alcuni momenti, ascoltando Come Over When You're Sober, Pt. 2, ho avuto la netta impressione di ascoltare delle outtakes dei P.O.D. in acustico, ma particolarmente ispirate.
L'atmosfera è estremamente rilassata, contrariamente a quella di molto rap, e una tangibile atmosfera di tristezza e nichilismo attraversa tutti i 38 minuti del disco, dandogli un fascino indiscutibile. Così come indiscutibile è la bellezza di tutte le tracce qui contenute.
Gustav Elijah Ahr, aka Lil Peep (from the nickname given to him by his mother), was born in 1996 in Allentown, Pennsylvania, raised in Long Island, New York, and was found dead on his tour bus, November 15, 2017, in Tucson , Arizona. Emo-rap exponent, he also worked as a model, and fought for all of his short life against depression and addiction to drugs (the cause of death was a deadly mix of drugs and medicines). Before his death he was able to record two albums, one released in 2017 and this, posthumously, that demonstrate his skill, and that stand as one of the different links between metal, hip hop and electronic music. In some moments, listening to Come Over When You're Sober, Pt. 2, I had the distinct impression of listening to P.O.D. outtakes, in acoustic, but particularly inspired.
The atmosphere is extremely relaxed, contrary to that of a lot of rap, and a tangible atmosphere of sadness and nihilism goes through all 38 minutes of the album, giving it an undeniable charm. As undeniable is the beauty of all the tracks contained here.
Gustav Elijah Ahr, in arte Lil Peep (dal nomignolo affibbiatogli dalla madre), è nato nel 1996 ad Allentown, Pennsylvania, cresciuto a Long Island, New York, ed è stato ritrovato morto sul suo tour bus, il 15 novembre 2017, a Tucson, Arizona. Esponente dell'emo-rap, ha lavorato anche come modello, ed ha lottato per tutta la sua breve vita contro depressione e dipendenza dalle droghe (la causa della morte è stato un micidiale mix di droghe e medicinali). Prima della sua morte è riuscito a registrare due dischi, uno uscito nel 2017 e questo, postumo, che dimostrano la sua bravura, e che si pongono come uno dei diversi anelli di congiunzione tra il metal, l'hip hop e la musica elettronica. In alcuni momenti, ascoltando Come Over When You're Sober, Pt. 2, ho avuto la netta impressione di ascoltare delle outtakes dei P.O.D. in acustico, ma particolarmente ispirate.
L'atmosfera è estremamente rilassata, contrariamente a quella di molto rap, e una tangibile atmosfera di tristezza e nichilismo attraversa tutti i 38 minuti del disco, dandogli un fascino indiscutibile. Così come indiscutibile è la bellezza di tutte le tracce qui contenute.
Gustav Elijah Ahr, aka Lil Peep (from the nickname given to him by his mother), was born in 1996 in Allentown, Pennsylvania, raised in Long Island, New York, and was found dead on his tour bus, November 15, 2017, in Tucson , Arizona. Emo-rap exponent, he also worked as a model, and fought for all of his short life against depression and addiction to drugs (the cause of death was a deadly mix of drugs and medicines). Before his death he was able to record two albums, one released in 2017 and this, posthumously, that demonstrate his skill, and that stand as one of the different links between metal, hip hop and electronic music. In some moments, listening to Come Over When You're Sober, Pt. 2, I had the distinct impression of listening to P.O.D. outtakes, in acoustic, but particularly inspired.
The atmosphere is extremely relaxed, contrary to that of a lot of rap, and a tangible atmosphere of sadness and nihilism goes through all 38 minutes of the album, giving it an undeniable charm. As undeniable is the beauty of all the tracks contained here.
20190120
Incendio doloso
Arson - Harakiri for the Sky (2018)
Quarto disco per la band (in realtà, ufficialmente un duo, Matthias Sollak detto MS, chitarre basso e batteria, e Michael V. Wahntraum detto JJ, che si avvale di tre collaboratori per i concerti dal vivo; sul disco però, la batteria è dell'ex Decapitated Kerim Krimh Lechner) austriaca di Salisburgo, una band che parte dal black metal ed ingloba elementi di post hardcore e di post metal, arrivando a proporre un sottogenere che qualcuno etichetta come Atmospheric black metal (o blackgaze, qualcuno infatti li avvicina agli Alcest, abbastanza correttamente). Approccio aggressivo ma ordinato, a differenza di molte altre band del genere, ricerca della melodia soprattutto da parte delle chitarre, che in molti passaggi richiamano l'heavy metal classico, potenti mid tempos, uso anche di tastiere, piano, chitarre acustiche. Tracce lunghe, tra gli otto e i dieci minuti (eccetto la bonus track, Manifesto, cover dei Graveyard Lovers, con la voce femminile di Silvi Bogojevic), molto buone, anche se, volendo trovarvi un difetto, i pezzi tendono ad assomigliarsi un po' troppo.
Fourth album for the Austrian (from Salzburg) band (actually, officially a duo, Matthias Sollak aka MS, bass, guitars and drums, and Michael V. Wahntraum aka JJ, which uses three collaborators for live concerts, but on the album, the drums is of the former Decapitated, Kerim Krimh Lechner), a band that starts from black metal and incorporates elements of post hardcore and post metal, coming to propose a subgenre that someone labeled as Atmospheric black metal (or Blackgaze, someone in fact brings them closer to Alcest, quite correctly). Aggressive but orderly approach, unlike many other bands of the genre, research of the melody especially by the guitars, which in many passages recall classic heavy metal, powerful mid-tempos, also use of keyboards, piano, acoustic guitars. Long tracks, between eight and ten minutes (except the bonus track, Manifesto, cover of the Graveyard Lovers, with the female voice of Silvi Bogojevic), all of them very good, even if, wanting to find a flaw, the tracks tend to look a bit similar to each others.
Quarto disco per la band (in realtà, ufficialmente un duo, Matthias Sollak detto MS, chitarre basso e batteria, e Michael V. Wahntraum detto JJ, che si avvale di tre collaboratori per i concerti dal vivo; sul disco però, la batteria è dell'ex Decapitated Kerim Krimh Lechner) austriaca di Salisburgo, una band che parte dal black metal ed ingloba elementi di post hardcore e di post metal, arrivando a proporre un sottogenere che qualcuno etichetta come Atmospheric black metal (o blackgaze, qualcuno infatti li avvicina agli Alcest, abbastanza correttamente). Approccio aggressivo ma ordinato, a differenza di molte altre band del genere, ricerca della melodia soprattutto da parte delle chitarre, che in molti passaggi richiamano l'heavy metal classico, potenti mid tempos, uso anche di tastiere, piano, chitarre acustiche. Tracce lunghe, tra gli otto e i dieci minuti (eccetto la bonus track, Manifesto, cover dei Graveyard Lovers, con la voce femminile di Silvi Bogojevic), molto buone, anche se, volendo trovarvi un difetto, i pezzi tendono ad assomigliarsi un po' troppo.
Fourth album for the Austrian (from Salzburg) band (actually, officially a duo, Matthias Sollak aka MS, bass, guitars and drums, and Michael V. Wahntraum aka JJ, which uses three collaborators for live concerts, but on the album, the drums is of the former Decapitated, Kerim Krimh Lechner), a band that starts from black metal and incorporates elements of post hardcore and post metal, coming to propose a subgenre that someone labeled as Atmospheric black metal (or Blackgaze, someone in fact brings them closer to Alcest, quite correctly). Aggressive but orderly approach, unlike many other bands of the genre, research of the melody especially by the guitars, which in many passages recall classic heavy metal, powerful mid-tempos, also use of keyboards, piano, acoustic guitars. Long tracks, between eight and ten minutes (except the bonus track, Manifesto, cover of the Graveyard Lovers, with the female voice of Silvi Bogojevic), all of them very good, even if, wanting to find a flaw, the tracks tend to look a bit similar to each others.
20190119
20190118
Un uomo paziente
A Patient Man - Cult Leader (2018)
Come promesso, ecco l'ultima recensione della mia top 10 del 2018. I Cult Leader sono una band che viene dall'hardcore punk e affonda le radici nel crust punk, proveniente da Salt Lake City, Utah, e formatasi nel 2013 in seguito allo scioglimento dei Gaza, andati a rotoli, possiamo dire così, in seguito alle accuse di stupro, rivolte all'allora cantante dei Gaza, da parte di una donna. Il cantante ha sempre negato le accuse, la cosa si è risolta privatamente, ma questo fatto ha causato tensioni tra Jon Parkin ed il resto della band: prima è stato estromesso dalla band, dopo di che i tre membri rimanenti hanno deciso di sciogliere la band stessa e cominciare da zero. Il bassista Anthony Lucero è passato alla voce, Casey Hansen e Mike Mason sono rimasti ai loro rispettivi strumenti, batteria e chitarra, ed è stato reclutato Sam Richards al basso. Nascono così i Cult Leader, con all'attivo due EP, un primo LP intitolato Lightless Walk del 2015, un contratto con la Deatwish Inc. di Jacob Bannon (Converge), e, da novembre 2018, questo secondo eccezionale disco che si chiama A Patient Man, prodotto, come il precedente (so che avrete già indovinato), da Kurt Ballou (Converge).
Il disco parte sparato, ricordando molte cose dei primi Converge, e poi, sul finire di Isolation in the Land of Milk and Honey, rallenta, fino a sfociare in To: Achlys, un pezzo d'atmosfera dove la voce di Lucero ha ispirato la (mia) definizione di "outtakes di John Grant regalate al death metal", un pezzo che si candida a rimanere nella storia. Le sorprese non si fermano qui, perché a ruota viene A World of Joy, un altro pezzo dove la band sembra voler incrociare i crooner, i Joy Division, tutto lo shoegaze dell'Universo, suonato da una band che però, sappiamo riuscire a pestare durissimo. Infatti, gli ultimi 20 secondi sono una sorta di massacro. Si torna a suoni più pesanti con altri tre pezzi spaccagambe, fino alla canzone che dà il titolo al disco, A Patient Man, oltre sette minuti di una specie di ballata asimmetrica e affascinante, con un testo da strapparsi la pelle dal corpo. Sembra impossibile fare meglio, ma ecco la conclusione con The Broken Right Hand of God (un titolo già di per sé ambizioso), che prova, a mio parere riuscendoci, a fondere le due tipologie di approccio alla forma-canzone dei Cult Leader. Un'apoteosi shoegaze-dark-black-sludge-post-metal, bella come un diamante grezzo.
La voglia di sperimentare risale già ai dischi precedenti (uso del violino nella cover di You Are Not My Blood di Mark Kozelek and Desertshore sull'EP Useless Animal, apprezzatissima, pezzo che ha spinto la band a proseguire e ad incorporare altri elementi stilistici nel loro sound), e la già citata voce di Anthony, cavernosa all'infinito nei pezzi hardcore, ma capace di una profondità inaudita in pezzi più "puliti", unita alla padronanza tecnica degli altri tre musicisti e alla varietà delle influenze davvero vasta, permette alla band di spaziare e navigare nei suoni, creando non uno, ma due marchi di fabbrica (pezzi tirati con voce growl e pezzi rallentati con voce pulita), che lasciano intravedere potenzialità infinite, ma che già con questo disco, tolgono il fiato. Avete capito: non fateveli scappare.
As promised, here is the latest review of my top 10 of 2018. The Cult Leader is a band that comes from hardcore punk and has its roots in crust punk, coming from Salt Lake City, Utah, and formed in 2013 following the dissolution of the Gaza, went to pieces, we can say so, following the accusations of rape, addressed to the then Gaza singer, by a woman. The singer has always denied the accusations, the matter has been solved privately, but this fact caused tensions between Jon Parkin and the rest of the band: first he was ousted by the band, after which the remaining three members decided to dissolve the band itself and start from scratch. Bassist Anthony Lucero switched to vocals, Casey Hansen and Mike Mason remained on their respective instruments, drums and guitar, and Sam Richards was recruited to the bass. This is how the Cult Leader were born: with two EPs, a first LP entitled Lightless Walk of 2015, a contract with Deatwish Inc. of Jacob Bannon (Converge), and, from November 2018, this second exceptional album called A Patient Man, produced, as the previous (I know you have already guessed), by Kurt Ballou (Converge).
The album starts firing, remembering many things of the first Converge, and then, at the end of Isolation in the Land of Milk and Honey, it slows down, to lead to To: Achlys, a track of atmosphere where the voice of Lucero inspired (my) definition of "John Grant outtakes borrowed to death metal", a track that promises to remain in history. The surprises do not stop here, because A World of Joy, another track where the band seems to want to cross the crooners, the Joy Division, all the shoegaze of the Universe, played by a band that knows how to stomp hard. In fact, the last 20 seconds are a kind of massacre. They return to heavier sounds with three more tracks broken-legs, up to the song that gives the title to the record, A Patient Man, over seven minutes of a kind of asymmetric and charming ballad, with a lyrics to tear the skin from the body. It seems impossible to do better, but here is the conclusion with The Broken Right Hand of God (a title already in itself ambitious), which tries, in my opinion succeeding, to merge the two types of approach to the form-song of the Cult Leader. An apotheosis shoegaze-dark-black-sludge-post-metal, as beautiful as a rough diamond.
The desire to experiment dates back to previous records (use of the violin in the cover of You Are Not My Blood by Mark Kozelek and Desertshore on the EP Useless Animal, much appreciated, track that pushed the band to continue and incorporate other stylistic elements in their sound), and the aforementioned voice of Anthony, cavernous to infinity in the hardcore tracks, but capable of unprecedented depth in "cleaner" songs, combined with the technical mastery of the other three musicians and the wide variety of influences, allows the band to wander and navigate into the sounds, creating not one, but two trademarks (fast and hard tracks with growl voice and slowed-down songs with a clean voice), which let us glimpse infinite potential, but that already with this record, take your breath away. Understood: do not let them unheeded.
Come promesso, ecco l'ultima recensione della mia top 10 del 2018. I Cult Leader sono una band che viene dall'hardcore punk e affonda le radici nel crust punk, proveniente da Salt Lake City, Utah, e formatasi nel 2013 in seguito allo scioglimento dei Gaza, andati a rotoli, possiamo dire così, in seguito alle accuse di stupro, rivolte all'allora cantante dei Gaza, da parte di una donna. Il cantante ha sempre negato le accuse, la cosa si è risolta privatamente, ma questo fatto ha causato tensioni tra Jon Parkin ed il resto della band: prima è stato estromesso dalla band, dopo di che i tre membri rimanenti hanno deciso di sciogliere la band stessa e cominciare da zero. Il bassista Anthony Lucero è passato alla voce, Casey Hansen e Mike Mason sono rimasti ai loro rispettivi strumenti, batteria e chitarra, ed è stato reclutato Sam Richards al basso. Nascono così i Cult Leader, con all'attivo due EP, un primo LP intitolato Lightless Walk del 2015, un contratto con la Deatwish Inc. di Jacob Bannon (Converge), e, da novembre 2018, questo secondo eccezionale disco che si chiama A Patient Man, prodotto, come il precedente (so che avrete già indovinato), da Kurt Ballou (Converge).
Il disco parte sparato, ricordando molte cose dei primi Converge, e poi, sul finire di Isolation in the Land of Milk and Honey, rallenta, fino a sfociare in To: Achlys, un pezzo d'atmosfera dove la voce di Lucero ha ispirato la (mia) definizione di "outtakes di John Grant regalate al death metal", un pezzo che si candida a rimanere nella storia. Le sorprese non si fermano qui, perché a ruota viene A World of Joy, un altro pezzo dove la band sembra voler incrociare i crooner, i Joy Division, tutto lo shoegaze dell'Universo, suonato da una band che però, sappiamo riuscire a pestare durissimo. Infatti, gli ultimi 20 secondi sono una sorta di massacro. Si torna a suoni più pesanti con altri tre pezzi spaccagambe, fino alla canzone che dà il titolo al disco, A Patient Man, oltre sette minuti di una specie di ballata asimmetrica e affascinante, con un testo da strapparsi la pelle dal corpo. Sembra impossibile fare meglio, ma ecco la conclusione con The Broken Right Hand of God (un titolo già di per sé ambizioso), che prova, a mio parere riuscendoci, a fondere le due tipologie di approccio alla forma-canzone dei Cult Leader. Un'apoteosi shoegaze-dark-black-sludge-post-metal, bella come un diamante grezzo.
La voglia di sperimentare risale già ai dischi precedenti (uso del violino nella cover di You Are Not My Blood di Mark Kozelek and Desertshore sull'EP Useless Animal, apprezzatissima, pezzo che ha spinto la band a proseguire e ad incorporare altri elementi stilistici nel loro sound), e la già citata voce di Anthony, cavernosa all'infinito nei pezzi hardcore, ma capace di una profondità inaudita in pezzi più "puliti", unita alla padronanza tecnica degli altri tre musicisti e alla varietà delle influenze davvero vasta, permette alla band di spaziare e navigare nei suoni, creando non uno, ma due marchi di fabbrica (pezzi tirati con voce growl e pezzi rallentati con voce pulita), che lasciano intravedere potenzialità infinite, ma che già con questo disco, tolgono il fiato. Avete capito: non fateveli scappare.
As promised, here is the latest review of my top 10 of 2018. The Cult Leader is a band that comes from hardcore punk and has its roots in crust punk, coming from Salt Lake City, Utah, and formed in 2013 following the dissolution of the Gaza, went to pieces, we can say so, following the accusations of rape, addressed to the then Gaza singer, by a woman. The singer has always denied the accusations, the matter has been solved privately, but this fact caused tensions between Jon Parkin and the rest of the band: first he was ousted by the band, after which the remaining three members decided to dissolve the band itself and start from scratch. Bassist Anthony Lucero switched to vocals, Casey Hansen and Mike Mason remained on their respective instruments, drums and guitar, and Sam Richards was recruited to the bass. This is how the Cult Leader were born: with two EPs, a first LP entitled Lightless Walk of 2015, a contract with Deatwish Inc. of Jacob Bannon (Converge), and, from November 2018, this second exceptional album called A Patient Man, produced, as the previous (I know you have already guessed), by Kurt Ballou (Converge).
The album starts firing, remembering many things of the first Converge, and then, at the end of Isolation in the Land of Milk and Honey, it slows down, to lead to To: Achlys, a track of atmosphere where the voice of Lucero inspired (my) definition of "John Grant outtakes borrowed to death metal", a track that promises to remain in history. The surprises do not stop here, because A World of Joy, another track where the band seems to want to cross the crooners, the Joy Division, all the shoegaze of the Universe, played by a band that knows how to stomp hard. In fact, the last 20 seconds are a kind of massacre. They return to heavier sounds with three more tracks broken-legs, up to the song that gives the title to the record, A Patient Man, over seven minutes of a kind of asymmetric and charming ballad, with a lyrics to tear the skin from the body. It seems impossible to do better, but here is the conclusion with The Broken Right Hand of God (a title already in itself ambitious), which tries, in my opinion succeeding, to merge the two types of approach to the form-song of the Cult Leader. An apotheosis shoegaze-dark-black-sludge-post-metal, as beautiful as a rough diamond.
The desire to experiment dates back to previous records (use of the violin in the cover of You Are Not My Blood by Mark Kozelek and Desertshore on the EP Useless Animal, much appreciated, track that pushed the band to continue and incorporate other stylistic elements in their sound), and the aforementioned voice of Anthony, cavernous to infinity in the hardcore tracks, but capable of unprecedented depth in "cleaner" songs, combined with the technical mastery of the other three musicians and the wide variety of influences, allows the band to wander and navigate into the sounds, creating not one, but two trademarks (fast and hard tracks with growl voice and slowed-down songs with a clean voice), which let us glimpse infinite potential, but that already with this record, take your breath away. Understood: do not let them unheeded.
20190117
Contro
Adversus - Colle der fomento (2018)
Se è vero che i Colle der Fomento, formatisi nel 1994 (per un paio d'anni ne ha fatto parte anche Piotta), sono una delle band hip hop italiane storiche, va da sé che anche l'hip hop italiano ha ormai una lunga tradizione. Nonostante ciò, questo ottimo Adversus, uscito nel novembre del 2018, è "solo" il quarto disco dei romani, fatto che probabilmente dimostra la difficoltà di fare hip hop di un certo tipo (conscious hip hop). Detto questo, e come anticipato, il disco è davvero bello, ed è un piacere ascoltarlo. Basi che occhieggiano fino al jazz e al folk, una varietà che spiazza, sorprende e intriga, oserei dire raffinate, testi più riflessivi che militanti, il solito mix di italiano e romanesco per un bel flow avvolgente. Belle, e direi mirate, le collaborazioni: Kaos One (Sergio Leone, Miglia e promesse), Bassi Maestro (Nostargia), Roy Paci (Polvere). Un disco degno di altri palcoscenici.
If it is true that the Colle der Fomento, formed in 1994 (for a couple of years Piotta also took part), are one of the historic Italian hip hop bands, it goes without saying that even the Italian hip hop has a long tradition. Despite this, this excellent Adversus, released in November 2018, is "only" the fourth album of the Romans, a fact that probably shows the difficulty of making hip hop of a certain type (conscious hip hop). That said, and as anticipated, the record is really nice, and it's a pleasure to listen to it. Bases that look up to jazz and folk, a variety that displaces, surprises and intrigues, I would dare to say refined, lyrics more reflective that militant, the usual mix of Italian and Roman dialect, for a nice enveloping flow. Good, and I would say targeted, collaborations: Kaos One (Sergio Leone, Miglia e promesse), Bassi Maestro (Nostargia), Roy Paci (Polvere). A record worthy of other stages.
Se è vero che i Colle der Fomento, formatisi nel 1994 (per un paio d'anni ne ha fatto parte anche Piotta), sono una delle band hip hop italiane storiche, va da sé che anche l'hip hop italiano ha ormai una lunga tradizione. Nonostante ciò, questo ottimo Adversus, uscito nel novembre del 2018, è "solo" il quarto disco dei romani, fatto che probabilmente dimostra la difficoltà di fare hip hop di un certo tipo (conscious hip hop). Detto questo, e come anticipato, il disco è davvero bello, ed è un piacere ascoltarlo. Basi che occhieggiano fino al jazz e al folk, una varietà che spiazza, sorprende e intriga, oserei dire raffinate, testi più riflessivi che militanti, il solito mix di italiano e romanesco per un bel flow avvolgente. Belle, e direi mirate, le collaborazioni: Kaos One (Sergio Leone, Miglia e promesse), Bassi Maestro (Nostargia), Roy Paci (Polvere). Un disco degno di altri palcoscenici.
If it is true that the Colle der Fomento, formed in 1994 (for a couple of years Piotta also took part), are one of the historic Italian hip hop bands, it goes without saying that even the Italian hip hop has a long tradition. Despite this, this excellent Adversus, released in November 2018, is "only" the fourth album of the Romans, a fact that probably shows the difficulty of making hip hop of a certain type (conscious hip hop). That said, and as anticipated, the record is really nice, and it's a pleasure to listen to it. Bases that look up to jazz and folk, a variety that displaces, surprises and intrigues, I would dare to say refined, lyrics more reflective that militant, the usual mix of Italian and Roman dialect, for a nice enveloping flow. Good, and I would say targeted, collaborations: Kaos One (Sergio Leone, Miglia e promesse), Bassi Maestro (Nostargia), Roy Paci (Polvere). A record worthy of other stages.
20190116
El ciudadano ilustre
El ciudadano ilustre - Di Gastón Duprat e Mariano Cohn (2016)
Giudizio sintetico: da vedere (3,5/5)
Daniel Mantovani è uno scrittore argentino che vive in Europa da oltre 40 anni; famosissimo in tutto il mondo, è stato di recente premiato con il Nobel per la Letteratura. I suoi romanzi sono caratterizzati dall'essere ambientati a Salas, un piccolissimo paese della provincia di Buenos Aires, dove lo scrittore è realmente nato, e dove non torna ormai da quando se ne è andato, con tutte le sue aspirazioni di divenire un grande scrittore. Tra la enorme mole di posta che riceve ogni giorno, ecco che gli arriva una lettera dal municipio di Salas. E' stato invitato a ricevere la massima onorificenza del luogo: la medaglia di Cittadino Illustre. Nonostante un iniziale diniego, Daniel decide di accettare l'invito, e torna dopo un tempo immemorabile, a Salas.
Film decisamente interessante, questo della rodata coppia Duprat/Cohn (con sceneggiatura di Andrés Duprat, fratello di uno dei registi, come spesso accade), che riesce ad essere profondamente autocritico verso il carattere argentino, e al tempo stesso a denunciare l'immemore frustrazione argentina per aver espresso grandi scrittori senza aver mai avuto il premio Nobel per la Letteratura. Spassosa e intensa l'interpretazione del protagonista da parte di Oscar Martínez, attore argentino di cinema, teatro e tv di lunghissima esperienza, che proprio per questo film ha vinto la Coppa Volpi a Venezia 2016. Si ride e si pensa.
A very interesting film, this of the couple Duprat / Cohn (with a screenplay by Andrés Duprat, brother of one of the directors, as often happens), who manages to be deeply self-critical about the Argentine character, and at the same time to denounce the unforgettable Argentine frustration for having expressed great writers without ever having had the Nobel Prize for Literature. Exciting and intense the interpretation of the protagonist by Oscar Martínez, Argentine actor of cinema, theater and TV of long experience, which precisely for this film won the Volpi Cup in Venice 2016. You laugh and think.
Giudizio sintetico: da vedere (3,5/5)
Daniel Mantovani è uno scrittore argentino che vive in Europa da oltre 40 anni; famosissimo in tutto il mondo, è stato di recente premiato con il Nobel per la Letteratura. I suoi romanzi sono caratterizzati dall'essere ambientati a Salas, un piccolissimo paese della provincia di Buenos Aires, dove lo scrittore è realmente nato, e dove non torna ormai da quando se ne è andato, con tutte le sue aspirazioni di divenire un grande scrittore. Tra la enorme mole di posta che riceve ogni giorno, ecco che gli arriva una lettera dal municipio di Salas. E' stato invitato a ricevere la massima onorificenza del luogo: la medaglia di Cittadino Illustre. Nonostante un iniziale diniego, Daniel decide di accettare l'invito, e torna dopo un tempo immemorabile, a Salas.
Film decisamente interessante, questo della rodata coppia Duprat/Cohn (con sceneggiatura di Andrés Duprat, fratello di uno dei registi, come spesso accade), che riesce ad essere profondamente autocritico verso il carattere argentino, e al tempo stesso a denunciare l'immemore frustrazione argentina per aver espresso grandi scrittori senza aver mai avuto il premio Nobel per la Letteratura. Spassosa e intensa l'interpretazione del protagonista da parte di Oscar Martínez, attore argentino di cinema, teatro e tv di lunghissima esperienza, che proprio per questo film ha vinto la Coppa Volpi a Venezia 2016. Si ride e si pensa.
A very interesting film, this of the couple Duprat / Cohn (with a screenplay by Andrés Duprat, brother of one of the directors, as often happens), who manages to be deeply self-critical about the Argentine character, and at the same time to denounce the unforgettable Argentine frustration for having expressed great writers without ever having had the Nobel Prize for Literature. Exciting and intense the interpretation of the protagonist by Oscar Martínez, Argentine actor of cinema, theater and TV of long experience, which precisely for this film won the Volpi Cup in Venice 2016. You laugh and think.
20190115
Io, Daniel Blake
I, Daniel Blake - Di Ken Loach (2016)
Giudizio sintetico: da vedere (4/5)
Newcastle, UK. Daniel Blake è un carpentiere vedovo, al quale, in seguito ad un infarto, viene vietato di lavorare dal suo cardiologo. Per una complicazione burocratica, quando si presenta al centro per l'impiego e per i sussidi, viene valutato idoneo al lavoro, e gli viene quindi negato l'assegno di sussidio. Viene inoltre a sapere che il suo cardiologo non è stato interpellato. Al culmine della frustrazione, chiede di fare ricorso contro la decisione, e capisce che può chiederlo solamente compilando un complicato modulo online, cosa della quale non è capace, non essendo computer literate. Durante una delle sue complesse visite al Jobcentre, conosce e diventa amico di Katie, una madre single di due figli piccoli, anche lei in cerca di impiego o sussidio.
E non c'è niente da fare, l'accoppiata Ken Loach / Paul Laverty continua a funzionare, precisa come un orologio svizzero e ficcante come un coltello nel burro, questo film del 2016 ha vinto la Palma d'Oro a Cannes 2016, il Premio del pubblico a Locarno 2016, e un BAFTA nel 2017. Premi a parte, il film è di una semplicità disarmante, ma di una profondità allarmante: se è possibile che nel 2016 (o 2018) una persona capace, sensibile e volenterosa, possa essere vessata da uno Stato così come Daniel Blake, vuol dire che abbiamo sbagliato tutto. E che invece, Loach e Laverty hanno fatto tutto giusto. Cast straordinario e lacrime (insieme all'incazzatura) assicurate.
And there's nothing to do, the coupled Ken Loach / Paul Laverty continues to reach goals, as precise as a Swiss clock and sticking like a knife in butter, this 2016 film won the Palme d'Or at Cannes 2016, the Audience Award in Locarno 2016, and a BAFTA in 2017. Prizes aside, the film is of a disarming simplicity, but of an alarming depth: if it is possible that in 2016 (or 2018) a capable person, sensitive and willing, can being harassed by a State, like Daniel Blake, it means that we have done everything wrong. And that instead, Loach and Laverty have done everything right. Extraordinary cast, and tears (together with the rage) assured.
Giudizio sintetico: da vedere (4/5)
Newcastle, UK. Daniel Blake è un carpentiere vedovo, al quale, in seguito ad un infarto, viene vietato di lavorare dal suo cardiologo. Per una complicazione burocratica, quando si presenta al centro per l'impiego e per i sussidi, viene valutato idoneo al lavoro, e gli viene quindi negato l'assegno di sussidio. Viene inoltre a sapere che il suo cardiologo non è stato interpellato. Al culmine della frustrazione, chiede di fare ricorso contro la decisione, e capisce che può chiederlo solamente compilando un complicato modulo online, cosa della quale non è capace, non essendo computer literate. Durante una delle sue complesse visite al Jobcentre, conosce e diventa amico di Katie, una madre single di due figli piccoli, anche lei in cerca di impiego o sussidio.
E non c'è niente da fare, l'accoppiata Ken Loach / Paul Laverty continua a funzionare, precisa come un orologio svizzero e ficcante come un coltello nel burro, questo film del 2016 ha vinto la Palma d'Oro a Cannes 2016, il Premio del pubblico a Locarno 2016, e un BAFTA nel 2017. Premi a parte, il film è di una semplicità disarmante, ma di una profondità allarmante: se è possibile che nel 2016 (o 2018) una persona capace, sensibile e volenterosa, possa essere vessata da uno Stato così come Daniel Blake, vuol dire che abbiamo sbagliato tutto. E che invece, Loach e Laverty hanno fatto tutto giusto. Cast straordinario e lacrime (insieme all'incazzatura) assicurate.
And there's nothing to do, the coupled Ken Loach / Paul Laverty continues to reach goals, as precise as a Swiss clock and sticking like a knife in butter, this 2016 film won the Palme d'Or at Cannes 2016, the Audience Award in Locarno 2016, and a BAFTA in 2017. Prizes aside, the film is of a disarming simplicity, but of an alarming depth: if it is possible that in 2016 (or 2018) a capable person, sensitive and willing, can being harassed by a State, like Daniel Blake, it means that we have done everything wrong. And that instead, Loach and Laverty have done everything right. Extraordinary cast, and tears (together with the rage) assured.
20190114
Amor Vincit Omnia
Sense8 - Di Lana Wachowski, David Mitchell e Aleksandar Hemon - Amor Vincit Omnia (episodio finale; Netflix) - 2018
Il gruppo dei Sense8 ed i loro alleati sono a Parigi, pianificando uno scambio tra Wolfgang e Whispers. Da qui, inizia una serie di scoperte e la tessitura di alleanze, che porta ad uno scontro finale, che si svolge in Italia, a Napoli. Infine, l'apoteosi.
In seguito alla notizia che Netflix aveva cancellato la serie al termine della seconda stagione, le lamentele e l'amore dei fan sui social, hanno convinto infine la rete stessa, a dare l'ok alla produzione di un maxi episodio finale di ben due ore e mezzo. Lana Wachowski, Mitchell e Hemon, si sono messi quindi a scrivere questo pirotecnico, complicato ed intricatissimo episodio finale, che è lo specchio dell'intera serie. Surreale, trionfalmente kitsch, ingenuo ma come sempre, pieno zeppo d'amore per la vita e soprattutto, per le diversità. Se avete seguito Sense8, sapete di cosa parlo, e sapete pure che vi ritroverete a piangere anche stavolta. Rimarrà nei nostri cuori.
Following the news that Netflix had canceled the series at the end of the second season, the grievances and the love of the fan on the social networks, finally convinced the network itself, to give the ok to the production of a maxi final episode of two hours and a half. Lana Wachowski, Mitchell and Hemon, then began to write this pyrotechnical, complicated and extremely twisted final episode, which is the mirror of the entire series. Surreal, triumphantly kitsch, naive but as always, full of love for life and above all, for every diversity. If you followed Sense8, you know what I'm talking about, and you know you'll end up crying this time too. It will remain in our hearts.
Il gruppo dei Sense8 ed i loro alleati sono a Parigi, pianificando uno scambio tra Wolfgang e Whispers. Da qui, inizia una serie di scoperte e la tessitura di alleanze, che porta ad uno scontro finale, che si svolge in Italia, a Napoli. Infine, l'apoteosi.
In seguito alla notizia che Netflix aveva cancellato la serie al termine della seconda stagione, le lamentele e l'amore dei fan sui social, hanno convinto infine la rete stessa, a dare l'ok alla produzione di un maxi episodio finale di ben due ore e mezzo. Lana Wachowski, Mitchell e Hemon, si sono messi quindi a scrivere questo pirotecnico, complicato ed intricatissimo episodio finale, che è lo specchio dell'intera serie. Surreale, trionfalmente kitsch, ingenuo ma come sempre, pieno zeppo d'amore per la vita e soprattutto, per le diversità. Se avete seguito Sense8, sapete di cosa parlo, e sapete pure che vi ritroverete a piangere anche stavolta. Rimarrà nei nostri cuori.
Following the news that Netflix had canceled the series at the end of the second season, the grievances and the love of the fan on the social networks, finally convinced the network itself, to give the ok to the production of a maxi final episode of two hours and a half. Lana Wachowski, Mitchell and Hemon, then began to write this pyrotechnical, complicated and extremely twisted final episode, which is the mirror of the entire series. Surreal, triumphantly kitsch, naive but as always, full of love for life and above all, for every diversity. If you followed Sense8, you know what I'm talking about, and you know you'll end up crying this time too. It will remain in our hearts.
20190113
Jahr Null
The Man in the High Castle - di Frank Spotniz - Stagione 3 (10 episodi; Amazon Studios) - 2018
Dopo mesi in prigione, Joe è costretto a giustiziare il suo stesso padre. In seguito a questo, si salva e diventa parte dei servizi segreti di Himmler. Juliana scopre che Trudy viene da una realtà alternativa, realtà dove è stata lei a morire. Fa inoltre conoscenza con un misterioso personaggio irlandese, che traffica qualsiasi cosa sul mercato nero, Wyatt Price. Un Frank sfigurato vive adesso in una comunità segreta di ebrei. Tagomi e l'ammiraglio Inokuchi capiscono che il Reich vuole mettere l'embargo sulle importazioni di petrolio. George Lincoln Rockwell, Reichsmarschall per il Nord America, sta complottando con J. Edgar Hoover, capo dell'American Reich Bureau of Investigation, contro Smith. Nicole continua il suo lavoro di propaganda per conto di Himmler, mirando alla cancellazione della memoria americana, e porta avanti una relazione lesbica con la giornalista Thelma Harris. Elena Smith è ancora devastata dalla morte del figlio, va in analisi, ma commette un paio di errori imperdonabili. Himmler spedisce Joe a San Francisco per uccidere una lista di funzionari giapponesi (tra i quali Tagomi) e disertori americani; ma lì, prima di poter portare a termine il suo lavoro, si incontra con Juliana...
La realtà distopico/alternativa di The Man in the High Castle continua la sua narrazione lenta, inesorabile, surreale a tratti, ma anche tremendamente affascinante: sono sempre attratto dalla narrazione storica, anche se piena di inesattezze, figuriamoci se incontro un racconto che narra una storia che ha preso una piega diversa, anzi totalmente opposta a quella vera. Sempre ottimo il cast, attendiamo la quarta stagione con interesse.
The dystopian/alternative reality of The Man in the High Castle continues its slow, inexorable, surreal narrative sometimes, but also tremendously fascinating: I am always attracted by the historical narrative, even if full of inaccuracies, think about when I meet a story that imagine if the history would have taken a different turn, even completely opposite to the real one. Always excellent cast, we await the fourth season with interest.
Dopo mesi in prigione, Joe è costretto a giustiziare il suo stesso padre. In seguito a questo, si salva e diventa parte dei servizi segreti di Himmler. Juliana scopre che Trudy viene da una realtà alternativa, realtà dove è stata lei a morire. Fa inoltre conoscenza con un misterioso personaggio irlandese, che traffica qualsiasi cosa sul mercato nero, Wyatt Price. Un Frank sfigurato vive adesso in una comunità segreta di ebrei. Tagomi e l'ammiraglio Inokuchi capiscono che il Reich vuole mettere l'embargo sulle importazioni di petrolio. George Lincoln Rockwell, Reichsmarschall per il Nord America, sta complottando con J. Edgar Hoover, capo dell'American Reich Bureau of Investigation, contro Smith. Nicole continua il suo lavoro di propaganda per conto di Himmler, mirando alla cancellazione della memoria americana, e porta avanti una relazione lesbica con la giornalista Thelma Harris. Elena Smith è ancora devastata dalla morte del figlio, va in analisi, ma commette un paio di errori imperdonabili. Himmler spedisce Joe a San Francisco per uccidere una lista di funzionari giapponesi (tra i quali Tagomi) e disertori americani; ma lì, prima di poter portare a termine il suo lavoro, si incontra con Juliana...
La realtà distopico/alternativa di The Man in the High Castle continua la sua narrazione lenta, inesorabile, surreale a tratti, ma anche tremendamente affascinante: sono sempre attratto dalla narrazione storica, anche se piena di inesattezze, figuriamoci se incontro un racconto che narra una storia che ha preso una piega diversa, anzi totalmente opposta a quella vera. Sempre ottimo il cast, attendiamo la quarta stagione con interesse.
The dystopian/alternative reality of The Man in the High Castle continues its slow, inexorable, surreal narrative sometimes, but also tremendously fascinating: I am always attracted by the historical narrative, even if full of inaccuracies, think about when I meet a story that imagine if the history would have taken a different turn, even completely opposite to the real one. Always excellent cast, we await the fourth season with interest.
20190112
20190111
My Turn
House of Cards - Di Beau Willimon - Stagione 6 (8 episodi; Netflix) - 2018
Sono passati ormai 100 giorni dalla morte di Frank. Claire è la Presidente, ed è attaccata da ogni dove, addirittura minacciata, soprattutto sui social. Doug Stamper è in osservazione psichiatrica, e continua ad autoaccusarsi della morte di Zoe Barnes. I fratelli Shepherd, Annette e Bill, vecchi amici della famiglia Underwood, potenti proprietari e investitori, tentano prepotentemente di influenzare la politica di Claire, chiedendole ripetutamente di firmare una legge sulla deregolamentazione; Bill è aggressivo e fortemente insoddisfatto, perché sostiene che Frank aveva promesso di firmare la stessa legge. Claire oppone una fiera resistenza, e subisce un attentato dopo poco. Sostiene che dovrebbero esserci più donne nelle posizioni di potere, e che lo Stato può e deve fare il bene dei cittadini. Una giornalista nuova del giro della Casa Bianca, Melody Cruz, tenta di intervistare la Presidente.
House of Cards arriva alla stagione finale sfinito (Willimon ha già lanciato la sua nuova creatura, The First) dalla vicenda Kevin Spacey, e la mia impressione è che il gruppo degli sceneggiatori abbia provato a fare il massimo per concludere in maniera decente la storia: ne esce una stagione monotematica, concentrata forse troppo sulla figura di Claire, e tirando fuori dal cappello una coppia di rivali di punto in bianco. Per fortuna che gli attori sono in buona parte convincenti (non tutti), ma diciamocelo, senza nulla togliere ad una enorme Robin Wright, una serie partita come HoC avrebbe meritato un finale molto più convincente.
House of Cards arrives at the final season exhausted (Willimon has already launched his new creature, The First) from the bad story of Kevin Spacey, and my impression is that the screenwriters have tried to do their best to conclude the story in a decent way: a monothematic season comes out, perhaps concentrated too much on the figure of Claire, and pulling out, from scratch, a pair of rivals. Fortunately, the actors are largely convincing (not all), but let's face it, without detracting nothing, to a huge Robin Wright, a series like HoC would have deserved a much more convincing end.
Sono passati ormai 100 giorni dalla morte di Frank. Claire è la Presidente, ed è attaccata da ogni dove, addirittura minacciata, soprattutto sui social. Doug Stamper è in osservazione psichiatrica, e continua ad autoaccusarsi della morte di Zoe Barnes. I fratelli Shepherd, Annette e Bill, vecchi amici della famiglia Underwood, potenti proprietari e investitori, tentano prepotentemente di influenzare la politica di Claire, chiedendole ripetutamente di firmare una legge sulla deregolamentazione; Bill è aggressivo e fortemente insoddisfatto, perché sostiene che Frank aveva promesso di firmare la stessa legge. Claire oppone una fiera resistenza, e subisce un attentato dopo poco. Sostiene che dovrebbero esserci più donne nelle posizioni di potere, e che lo Stato può e deve fare il bene dei cittadini. Una giornalista nuova del giro della Casa Bianca, Melody Cruz, tenta di intervistare la Presidente.
House of Cards arriva alla stagione finale sfinito (Willimon ha già lanciato la sua nuova creatura, The First) dalla vicenda Kevin Spacey, e la mia impressione è che il gruppo degli sceneggiatori abbia provato a fare il massimo per concludere in maniera decente la storia: ne esce una stagione monotematica, concentrata forse troppo sulla figura di Claire, e tirando fuori dal cappello una coppia di rivali di punto in bianco. Per fortuna che gli attori sono in buona parte convincenti (non tutti), ma diciamocelo, senza nulla togliere ad una enorme Robin Wright, una serie partita come HoC avrebbe meritato un finale molto più convincente.
House of Cards arrives at the final season exhausted (Willimon has already launched his new creature, The First) from the bad story of Kevin Spacey, and my impression is that the screenwriters have tried to do their best to conclude the story in a decent way: a monothematic season comes out, perhaps concentrated too much on the figure of Claire, and pulling out, from scratch, a pair of rivals. Fortunately, the actors are largely convincing (not all), but let's face it, without detracting nothing, to a huge Robin Wright, a series like HoC would have deserved a much more convincing end.
20190110
Red Hot
The Deuce - Di George Pelecanos e David Simon - Stagione 2 (9 episodi; HBO) - 2018
1977. Vincent è il proprietario del Club 366, discoteca di successo protetta dalla mafia. Lui e Abby sono ancora insieme, e lei gestisce l'Hi-Hat, altro locale dove c'è musica dal vivo. Frankie gestisce (per modo di dire) lo Show Land, un peep show con donne vere (anziché video). Lo stesso Frankie prende 10mila dollari dall'incasso dello Show Land, e sparisce, facendo innervosire Vincent che lo cerca. Quando Frankie torna, dice a Vincent che si è sposato e che ha usato il 10mila per comprare un anello: Vincent lo perdona, e gli abbona i soldi, dicendogli che sono stati un regalo di nozze. Candy e Harvey discutono sul montaggio del loro ultimo film porno, lui sostiene che è "troppo artistico". Lori è una delle attrici porno più richieste, e C.C. la spinge a chiedere ingaggi più alti. Darlene, all'insaputa di Larry, ottiene il GED (equivalente del nostro diploma di scuola superiore). Paul sta gestendo un gay bar, ma vorrebbe aprire un posto tutto suo e soprattutto, senza essere spalleggiato dalla mafia. Alston, che adesso è un detective della Omicidi, sta uscendo con un'infermiera; durante un'indagine, viene avvicinato da Gene Goldman, un assistente del sindaco Ed Koch, che guida un progetto voluto appunto dal sindaco, che mira ad abbassare il tasso di criminalità e a "ripulire" la zona.
L'affresco storico del cuore pulsante di New York, unito alla storia del porno statunitense, al femminismo, alla liberazione dei costumi sessuali, e ad altre chicche che solo due penne come Pelecanos e Simon possono riuscire a mettere nello stesso calderone, continua col suo ritmo lento ma incessante, avvincendo lo spettatore che a volte potrà preferire qualcosa di più ritmato, ma se vuole godersi qualcosa di ottimo spessore, dovrà giocoforza tornare a seguire The Deuce. Purtroppo, gli ascolti sono stati in calo, e fortunatamente, HBO ha rinnovato la serie per una terza stagione, ma che dovrà essere l'ultima. Dovremo accontentarci.
The historic fresco of the beating heart of New York, combined with the history of American porn, feminism, the liberation of sexual mores, and other goodies that only two writers like Pelecanos and Simon can manage to put in the same cauldron, continues with its slow but incessant pace, grabbing the viewer that sometimes may prefer something more rhythmic, but if you want to enjoy something very good, will have to go back to follow The Deuce. Unfortunately, audience have been falling, and fortunately, HBO has renewed the series for a third season, but that will have to be the last. We will have to be happy with that.
1977. Vincent è il proprietario del Club 366, discoteca di successo protetta dalla mafia. Lui e Abby sono ancora insieme, e lei gestisce l'Hi-Hat, altro locale dove c'è musica dal vivo. Frankie gestisce (per modo di dire) lo Show Land, un peep show con donne vere (anziché video). Lo stesso Frankie prende 10mila dollari dall'incasso dello Show Land, e sparisce, facendo innervosire Vincent che lo cerca. Quando Frankie torna, dice a Vincent che si è sposato e che ha usato il 10mila per comprare un anello: Vincent lo perdona, e gli abbona i soldi, dicendogli che sono stati un regalo di nozze. Candy e Harvey discutono sul montaggio del loro ultimo film porno, lui sostiene che è "troppo artistico". Lori è una delle attrici porno più richieste, e C.C. la spinge a chiedere ingaggi più alti. Darlene, all'insaputa di Larry, ottiene il GED (equivalente del nostro diploma di scuola superiore). Paul sta gestendo un gay bar, ma vorrebbe aprire un posto tutto suo e soprattutto, senza essere spalleggiato dalla mafia. Alston, che adesso è un detective della Omicidi, sta uscendo con un'infermiera; durante un'indagine, viene avvicinato da Gene Goldman, un assistente del sindaco Ed Koch, che guida un progetto voluto appunto dal sindaco, che mira ad abbassare il tasso di criminalità e a "ripulire" la zona.
L'affresco storico del cuore pulsante di New York, unito alla storia del porno statunitense, al femminismo, alla liberazione dei costumi sessuali, e ad altre chicche che solo due penne come Pelecanos e Simon possono riuscire a mettere nello stesso calderone, continua col suo ritmo lento ma incessante, avvincendo lo spettatore che a volte potrà preferire qualcosa di più ritmato, ma se vuole godersi qualcosa di ottimo spessore, dovrà giocoforza tornare a seguire The Deuce. Purtroppo, gli ascolti sono stati in calo, e fortunatamente, HBO ha rinnovato la serie per una terza stagione, ma che dovrà essere l'ultima. Dovremo accontentarci.
The historic fresco of the beating heart of New York, combined with the history of American porn, feminism, the liberation of sexual mores, and other goodies that only two writers like Pelecanos and Simon can manage to put in the same cauldron, continues with its slow but incessant pace, grabbing the viewer that sometimes may prefer something more rhythmic, but if you want to enjoy something very good, will have to go back to follow The Deuce. Unfortunately, audience have been falling, and fortunately, HBO has renewed the series for a third season, but that will have to be the last. We will have to be happy with that.
20190109
Chiamami Bruna
Me chama de Bruna - Basata sul libro di Raquel Pacheco - Stagione 1 (8 episodi; FOX) - 2016
Raquel è una giovanissima brasiliana, la cui famiglia appartiene alla classe medio-alta dei sobborghi di San Paolo. Oppressa dal padre, ma soprattutto dalla madre, troppo borghesi e religiosi, decide di fuggire di casa, di andare in città, e di iniziare a lavorare come prostituta nel bordello di Stella. La ragazza non è ancora maggiorenne, e la cosa genera un po' di preoccupazione nell'aiutante di Stella, Nancy. Raquel adotta il "nome d'arte" di Bruna, e comincia ad essere richiesta dai clienti, cosa che genera gelosie nelle colleghe, e a rendersi conto che la vita della prostituta, anche se in un bordello di una certa qualità, non è esattamente una passeggiata. Nonostante ciò, il lavoro le piace.
Tratto dalla vera storia di Raquel Pacheco, in arte Bruna Surfistinha, divenuta una celebrità in Brasile, e dal libro autobiografico della stessa, best seller in patria, libro dal quale è stato tratto anche un film, questa serie conosciuta internazionalmente come Call Me Bruna, può decisamente sollevare discussioni più a livello concettuale che come prodotto audiovisivo. Girata con un budget non troppo alto, intriga inizialmente per la risolutezza della protagonista, per non nascondere quasi niente del mondo nel quale la protagonista si immerge, ma a lungo andare si perde in cliché sentimentali e le recitazioni, non troppo convincenti, non aiutano. La serie è arrivata alla terza stagione, attualmente in onda, ma nonostante il tema e l'ambientazione mi interessassero moltissimo, onestamente non so se riuscirò neppure a vedere la seconda stagione, perché dopo una partenza col botto, la serie, come detto, si affloscia.
Based on the true story of Raquel Pacheco, aka Bruna Surfistinha, who became a celebrity in Brazil, and from her autobiographical book, best seller in her homeland, a book from which a film was also taken, this series known internationally as Call Me Bruna, it can definitely raise discussions more at a conceptual level than as an audiovisual product. Shot with a budget not too high, initially intrigues for the decisiveness of the protagonist, not to hide almost nothing of the world in which the protagonist is dip, but in the long run is lost in sentimental cliches, and the acting, not too convincing, do not helps at all. The series has reached the third season, currently on the air, but despite the theme and the setting was very interesting for me, honestly I do not know if I can even see the second season, because after a start with a bang, the series, as mentioned, is limp.
Raquel è una giovanissima brasiliana, la cui famiglia appartiene alla classe medio-alta dei sobborghi di San Paolo. Oppressa dal padre, ma soprattutto dalla madre, troppo borghesi e religiosi, decide di fuggire di casa, di andare in città, e di iniziare a lavorare come prostituta nel bordello di Stella. La ragazza non è ancora maggiorenne, e la cosa genera un po' di preoccupazione nell'aiutante di Stella, Nancy. Raquel adotta il "nome d'arte" di Bruna, e comincia ad essere richiesta dai clienti, cosa che genera gelosie nelle colleghe, e a rendersi conto che la vita della prostituta, anche se in un bordello di una certa qualità, non è esattamente una passeggiata. Nonostante ciò, il lavoro le piace.
Tratto dalla vera storia di Raquel Pacheco, in arte Bruna Surfistinha, divenuta una celebrità in Brasile, e dal libro autobiografico della stessa, best seller in patria, libro dal quale è stato tratto anche un film, questa serie conosciuta internazionalmente come Call Me Bruna, può decisamente sollevare discussioni più a livello concettuale che come prodotto audiovisivo. Girata con un budget non troppo alto, intriga inizialmente per la risolutezza della protagonista, per non nascondere quasi niente del mondo nel quale la protagonista si immerge, ma a lungo andare si perde in cliché sentimentali e le recitazioni, non troppo convincenti, non aiutano. La serie è arrivata alla terza stagione, attualmente in onda, ma nonostante il tema e l'ambientazione mi interessassero moltissimo, onestamente non so se riuscirò neppure a vedere la seconda stagione, perché dopo una partenza col botto, la serie, come detto, si affloscia.
Based on the true story of Raquel Pacheco, aka Bruna Surfistinha, who became a celebrity in Brazil, and from her autobiographical book, best seller in her homeland, a book from which a film was also taken, this series known internationally as Call Me Bruna, it can definitely raise discussions more at a conceptual level than as an audiovisual product. Shot with a budget not too high, initially intrigues for the decisiveness of the protagonist, not to hide almost nothing of the world in which the protagonist is dip, but in the long run is lost in sentimental cliches, and the acting, not too convincing, do not helps at all. The series has reached the third season, currently on the air, but despite the theme and the setting was very interesting for me, honestly I do not know if I can even see the second season, because after a start with a bang, the series, as mentioned, is limp.
20190108
Elenco di riproduzione
Playlist - Salmo (2018)
Chiariamo un concetto. A me il rap piace, anche se non è esattamente la mia prima scelta. Non sono un esperto, ma ho ascoltato Beastie Boys e Cypress Hill molto prima che nascessero molti ascoltatori di rap e trap, e addirittura quando rapper italiani della prima ora erano molto piccoli o addirittura in fasce. Probabilmente non mi sono tenuto propriamente aggiornato, ma come spiegato anche qua, ci provo, visto che ho un nipote di 14 anni che vive con me, e ascolta soprattutto questo tipo di musica. Fatta questa introduzione che sicuramente non interesserà a nessuno, oggi voglio parlare dell'ultimo disco di Salmo, all'anagrafe Maurizio Pisciottu nato ad Olbia nel 1984. Anche su questo, chiarisco che prima di mettermi all'ascolto di Playlist, non avevo ascoltato niente di lui, quindi prendete questo mio giudizio con il cosiddetto beneficio d'inventario.
Per contestualizzare un poco, ho letto qualche recensione sul tema. Ho trovato stroncature estreme, e lodi sperticate. Il mio giudizio è, da buon democristiano, moderatamente positivo. Trovo interessante la varietà musicale delle basi, che abbracciano influenze rock, elettroniche, classiche hip hop, e spruzzate varie di molti generi differenti, adattate alle esigenze diverse delle varie tracce. Alcuni pezzi sono davvero interessanti e ti rimangono nella testa. Le collaborazioni sono varie, ed alcune inaspettate, come quella con Sfera Ebbasta (inaspettata perché in Perdonami, per dirne una, Salmo prova chiaramente ad innescare una polemica - dissing, nel gergo di chi è del campo - con i trapper, appunto, come Sfera) su Cabriolet. Ci sono poi Fabri Fibra (Stai zitto; Fibra mi pare, globalmente, una delle ispirazioni più consolidate, per Salmo), Nitro (Dispovery Channel), Coez (Sparare alla luna), Nstasia (Il cielo nella stanza). Poi ci sono i testi. Il ragazzo ci sa fare, e si capisce, soprattutto con le citazioni (anche solamente delle band: in Stai zitto si fa il nome degli Slayer e dei Soundgarden), ma ogni tanto ci sono delle vere e proprie cadute di stile che sembrano messe lì a bella posta per attirare ascolti dovuti alle polemiche (da PXM: "Se penso ad Asia Argento sono ricco dentro / perché manco se mi paga glielo ficco dentro"). Del resto, pare proprio che Salmo sia un genietto della pubblicità: leggete qui cosa si è inventato per la promozione del disco stesso. Insomma, l'impressione è che ci siano anche margini di miglioramento. Vedremo.
Let's clarify a concept. I like rap, even if it is not exactly my first choice. I'm not an expert, but I listened to Beastie Boys and Cypress Hill long before many rap and trap listeners were born, and even when Italian rappers of the first hour were very small or even in their cradles. Probably I am not properly updated, but as explained here, I try, since I have a 14-year-old nephew who lives with me, and that especially listening to this type of music. Done this introduction that certainly will not interest anyone, today I want to talk about the last album of Salmo, in the registry office Maurizio Pisciottu born in Olbia in 1984. Also on this, I clarify that before listening to Playlist, I had not heard anything of him, so take my judgment with the so-called benefit of inventory.
To contextualize a little, I read some reviews on the subject. I found extreme criticism, and exaggerated praise. My judgment is, as a good Christian Democrat, moderately positive. I find it interesting the musical variety of the bases, which embrace rock influences, electronic, classic hip hop, and sprayed various of many different genres, adapted to the different needs of the various tracks. Some tracks are really interesting and they remains in your head. The featurings are varied, and some unexpected, like the one with Sfera Ebbasta (unexpected because in Perdonami, to name one, Salmo clearly tries to trigger a controversy - dissing, in the jargon of who is in the field - with the Italian trappers, in fact, as Sfera) on Cabriolet. Then there are Fabri Fibra (Stai zitto, Fibra seems to me, globally, one of the most established inspirations, to Salmo), Nitro (Dispovery Channel), Coez (Sparare alla luna), Nstasia (Il cielo nella stanza). Then there are the lyrics. The guy knows how to do it, and you understand this, especially with the quotes (even only the bands: in Stai zitto they names Slayer and Soundgarden), but sometimes there are real style falls that seem put there just to attract listening due to controversy (from PXM: "If I think of Asia Argento I am rich inside / because neither if she pay me I'll stick it in her"). Moreover, it seems that Salmo is a genius of advertising: in order to promote the album, Salmo improvised a live in Milan in front of the Duomo dressed as homeless, he uploaded a promotional video on Pornhub with a famous Italian pornstar, and another video on Netflix. In short, the impression is that there are also room for improvement. We'll see.
Chiariamo un concetto. A me il rap piace, anche se non è esattamente la mia prima scelta. Non sono un esperto, ma ho ascoltato Beastie Boys e Cypress Hill molto prima che nascessero molti ascoltatori di rap e trap, e addirittura quando rapper italiani della prima ora erano molto piccoli o addirittura in fasce. Probabilmente non mi sono tenuto propriamente aggiornato, ma come spiegato anche qua, ci provo, visto che ho un nipote di 14 anni che vive con me, e ascolta soprattutto questo tipo di musica. Fatta questa introduzione che sicuramente non interesserà a nessuno, oggi voglio parlare dell'ultimo disco di Salmo, all'anagrafe Maurizio Pisciottu nato ad Olbia nel 1984. Anche su questo, chiarisco che prima di mettermi all'ascolto di Playlist, non avevo ascoltato niente di lui, quindi prendete questo mio giudizio con il cosiddetto beneficio d'inventario.
Per contestualizzare un poco, ho letto qualche recensione sul tema. Ho trovato stroncature estreme, e lodi sperticate. Il mio giudizio è, da buon democristiano, moderatamente positivo. Trovo interessante la varietà musicale delle basi, che abbracciano influenze rock, elettroniche, classiche hip hop, e spruzzate varie di molti generi differenti, adattate alle esigenze diverse delle varie tracce. Alcuni pezzi sono davvero interessanti e ti rimangono nella testa. Le collaborazioni sono varie, ed alcune inaspettate, come quella con Sfera Ebbasta (inaspettata perché in Perdonami, per dirne una, Salmo prova chiaramente ad innescare una polemica - dissing, nel gergo di chi è del campo - con i trapper, appunto, come Sfera) su Cabriolet. Ci sono poi Fabri Fibra (Stai zitto; Fibra mi pare, globalmente, una delle ispirazioni più consolidate, per Salmo), Nitro (Dispovery Channel), Coez (Sparare alla luna), Nstasia (Il cielo nella stanza). Poi ci sono i testi. Il ragazzo ci sa fare, e si capisce, soprattutto con le citazioni (anche solamente delle band: in Stai zitto si fa il nome degli Slayer e dei Soundgarden), ma ogni tanto ci sono delle vere e proprie cadute di stile che sembrano messe lì a bella posta per attirare ascolti dovuti alle polemiche (da PXM: "Se penso ad Asia Argento sono ricco dentro / perché manco se mi paga glielo ficco dentro"). Del resto, pare proprio che Salmo sia un genietto della pubblicità: leggete qui cosa si è inventato per la promozione del disco stesso. Insomma, l'impressione è che ci siano anche margini di miglioramento. Vedremo.
Let's clarify a concept. I like rap, even if it is not exactly my first choice. I'm not an expert, but I listened to Beastie Boys and Cypress Hill long before many rap and trap listeners were born, and even when Italian rappers of the first hour were very small or even in their cradles. Probably I am not properly updated, but as explained here, I try, since I have a 14-year-old nephew who lives with me, and that especially listening to this type of music. Done this introduction that certainly will not interest anyone, today I want to talk about the last album of Salmo, in the registry office Maurizio Pisciottu born in Olbia in 1984. Also on this, I clarify that before listening to Playlist, I had not heard anything of him, so take my judgment with the so-called benefit of inventory.
To contextualize a little, I read some reviews on the subject. I found extreme criticism, and exaggerated praise. My judgment is, as a good Christian Democrat, moderately positive. I find it interesting the musical variety of the bases, which embrace rock influences, electronic, classic hip hop, and sprayed various of many different genres, adapted to the different needs of the various tracks. Some tracks are really interesting and they remains in your head. The featurings are varied, and some unexpected, like the one with Sfera Ebbasta (unexpected because in Perdonami, to name one, Salmo clearly tries to trigger a controversy - dissing, in the jargon of who is in the field - with the Italian trappers, in fact, as Sfera) on Cabriolet. Then there are Fabri Fibra (Stai zitto, Fibra seems to me, globally, one of the most established inspirations, to Salmo), Nitro (Dispovery Channel), Coez (Sparare alla luna), Nstasia (Il cielo nella stanza). Then there are the lyrics. The guy knows how to do it, and you understand this, especially with the quotes (even only the bands: in Stai zitto they names Slayer and Soundgarden), but sometimes there are real style falls that seem put there just to attract listening due to controversy (from PXM: "If I think of Asia Argento I am rich inside / because neither if she pay me I'll stick it in her"). Moreover, it seems that Salmo is a genius of advertising: in order to promote the album, Salmo improvised a live in Milan in front of the Duomo dressed as homeless, he uploaded a promotional video on Pornhub with a famous Italian pornstar, and another video on Netflix. In short, the impression is that there are also room for improvement. We'll see.
20190107
Brillante e oh, così luminoso
Shiny and Oh So Bright, Vol. 1 / LP: No Past. No Future. No Sun. - Smashing Pumpkins (2018)
La domanda da porsi è, un po' come quella che sarebbe da porsi dinanzi a qualsiasi reunion, è perchè. Pitchfork, che a mio parere spesso ci azzecca, ha dato a questo disco 3,4 su 10. Troppo cattivi? Forse nemmeno troppo. Shiny è un'accozzaglia di canzoni che scimmiottano gli Smashing Pumpkins che furono, quelli che ci fecero innamorare nei primi anni '90, quelli di Siamese Dream e di Mellon Collie, ma che adesso suonano come la (lo so, è un luogo comune, ma rende benissimo l'idea quando serve) cover band di se stessi. Non c'è l'urgenza. Non c'è il fuoco dentro. Non c'è. Poco da aggiungere. Se non che Jimmy Chamberlin, a dispetto della sua vita travagliata a causa del suo amore per le droghe, rimane ancora uno dei migliori batteristi sulla piazza: ascoltando Solara, perdonatemi questa parentesi da ex batterista, non mi stupisce che tra le sue influenze citi Gene Krupa. Mi è sembrato di sfogliare nuovamente il metodo che a 11 anni, mi fece comprare il mio primo maestro di tamburo.
The question to ask is, a bit like that which should be placed before any reunion, it is: why? Pitchfork, which in my opinion often guesses, gave this record 3.4 out of 10. Too naughty? Maybe not even too much. Shiny is a bunch of songs that mimic the Smashing Pumpkins that existed, those that made us fall in love in the early 90s, those of Siamese Dream and Mellon Collie, but now they sound like (I know, it's a cliché, but it makes the idea very well when needed) a cover band of themselves. There is no urgency. There is no fire inside. There is not. Little to add. If not that Jimmy Chamberlin, in spite of his troubled life because of his love for drugs, still remains one of the best drummers in the square: listening to Solara, forgive me this parenthesis as an ex-drummer, it does not surprise me that among his influences mention Gene Krupa. It seemed to me to leaf through the method which at age 11 made me buy my first drum master. It was the Gene Krupa one.
La domanda da porsi è, un po' come quella che sarebbe da porsi dinanzi a qualsiasi reunion, è perchè. Pitchfork, che a mio parere spesso ci azzecca, ha dato a questo disco 3,4 su 10. Troppo cattivi? Forse nemmeno troppo. Shiny è un'accozzaglia di canzoni che scimmiottano gli Smashing Pumpkins che furono, quelli che ci fecero innamorare nei primi anni '90, quelli di Siamese Dream e di Mellon Collie, ma che adesso suonano come la (lo so, è un luogo comune, ma rende benissimo l'idea quando serve) cover band di se stessi. Non c'è l'urgenza. Non c'è il fuoco dentro. Non c'è. Poco da aggiungere. Se non che Jimmy Chamberlin, a dispetto della sua vita travagliata a causa del suo amore per le droghe, rimane ancora uno dei migliori batteristi sulla piazza: ascoltando Solara, perdonatemi questa parentesi da ex batterista, non mi stupisce che tra le sue influenze citi Gene Krupa. Mi è sembrato di sfogliare nuovamente il metodo che a 11 anni, mi fece comprare il mio primo maestro di tamburo.
The question to ask is, a bit like that which should be placed before any reunion, it is: why? Pitchfork, which in my opinion often guesses, gave this record 3.4 out of 10. Too naughty? Maybe not even too much. Shiny is a bunch of songs that mimic the Smashing Pumpkins that existed, those that made us fall in love in the early 90s, those of Siamese Dream and Mellon Collie, but now they sound like (I know, it's a cliché, but it makes the idea very well when needed) a cover band of themselves. There is no urgency. There is no fire inside. There is not. Little to add. If not that Jimmy Chamberlin, in spite of his troubled life because of his love for drugs, still remains one of the best drummers in the square: listening to Solara, forgive me this parenthesis as an ex-drummer, it does not surprise me that among his influences mention Gene Krupa. It seemed to me to leaf through the method which at age 11 made me buy my first drum master. It was the Gene Krupa one.
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