Sharon Van Etten + The Golden Filter, Botanique, Bruxelles (B), 30 marzo 2019
La follia personale continua. Prima ancora di aver ascoltato l'ottimo nuovo disco della piccoletta del New Jersey, data un'occhiata alle date del suo tour europeo primaverile, vista l'assenza di date italiane, decido per andare a vedere quella più "comoda", e opto per quella di Bruxelles al Botanique, luogo dove sono già stato, situato accanto ad un hotel dove ho soggiornato anche per motivi di lavoro. Il volo da Pisa arriva, ormai lo sapete meglio di me, all'aeroporto di Charleroi, un'ora d'auto senza traffico dal centro della capitale europea (auto a noleggio). Arrivo in tarda mattinata, il traffico del weekend fortunatamente non è paragonabile a quello infrasettimanale, e quindi mangio qualcosa in periferia, prima di arrivare all'ora esatta di apertura del check in in albergo. Auto in garage, check in, e via in camera a riposare. Giusto all'ora dell'apertura delle porte, scendo ed entro al Botanique, ricavato negli edifici originariamente destinati al giardino d'inverno del Giardino Botanico Nazionale del Belgio. Un'occhiata al merchandise (non merita), e via dentro, per trovare un posto strategico ed assistere alla performance dei The Golden Filter, duo di synth-pop americano/australiano, che francamente, annoiano un poco.
Dieci minuti in ritardo rispetto all'orario stabilito, ecco la band ed infine Sharon, che salgono sul palco; si parte subito con la bellissima Jupiter 4, seguita dal singolone Comeback Kid, come dire, le migliori cartucce sparate per cominciare. La voce si scalda durante la canzone d'apertura, per carburare già perfettamente durante il secondo pezzo, quando l'artista comincia a mostrare una gestualità teatrale, che accompagna l'immensa voce, che non perde un colpo. Dopo l'ennesima traccia dall'ultimo disco No One's Easy to Love, si comincia a guardare al passato prossimo, con One Day da epic, e la splendida Tarifa da Are We There, per poi tornare ad altri quattro estratti da Remind Me Tomorrow: Memorial Day, You Shadow, Malibu (meravigliosa), Hands. Sono già talmente ammaliato dalla dolcezza e dalla forza che la Van Etten riesce a trasmettere davanti al microfono o quando imbraccia anche la chitarra, ma nonostante questo lei decide di farmi innamorare perdutamente, mandando via la band, sedendosi alle tastiere, ed introducendo una struggente Black Boys on Mopeds (Sinead O'Connor) che, dice lei, canta ogni sera per suo figlio, nato un paio di anni fa, e ringrazia per l'affetto che sente arrivare dalla platea, a dispetto dalla grande negatività che c'è in giro nel mondo ultimamente. Si rialza il ritmo con l'altro pezzo catchy del nuovo disco, Seventeen, per poi regalare ai fan della prima ora l'indimenticabile Every Time the Sun Comes Up (Are We There), nell'adorazione generale. Chiude la prima parte del concerto Stay, sempre dall'ultimo disco. Breve pausa ed ecco gli encore: I Told You Everything (la canzone che mancava per completare l'esecuzione di Remind Me Tomorrow nella sua interezza), Serpents (da Tramp), e per chiudere definitivamente Love More (epic), la canzone che ha consacrato la sua grandezza (coverizzata da Bon Iver, Dave Alvin, The National). Band perfetta (tastiere/voce, basso, chitarra, batteria), e lei, Sharon Van Etten, un'artista a tutto tondo dalle potenzialità probabilmente ancora in parte da scoprire. Per me già adesso è una grande, ma le auguro una luminosa carriera: a luglio finalmente sarà in concerto in Italia, vi suggerisco di non perdervela.
Ten minutes behind schedule, here is the band and finally Sharon, who take the stage; they starts immediately with the beautiful Jupiter 4, followed by the single Comeback Kid, so to speak, the best cartridges fired to begin with. The voice warms up during the opening song, to function already perfectly during the second track, when the artist begins to show a theatrical gestuality, which accompanies the immense voice, which does not miss a beat. After yet another track from the last album No One's Easy to Love, she starts looking at the recent past, with One Day from epic, and the splendid Tarifa from Are We There, to then return to four other excerpts from Remind Me Tomorrow: Memorial Day, You Shadow, Malibu (wonderful), Hands. I am already so enthralled by the sweetness and strength that Van Etten is able to transmit in front of the microphone or when she also takes up the guitar, but despite this she decides to make me fall madly in love, sending the band away, sitting on the keyboards, and introducing a poignant Black Boys on Mopeds (Sinead O'Connor) who, she says, sings every night for her son, born a couple of years ago, and she thanks for the affection she feel coming from the audience, in spite of the great negativity that there is in around the world lately. The rhythm is raised with the other catchy track of the new album, Seventeen, to then give the fans of the first hour the unforgettable Every Time the Sun Comes Up (Are We There), in the general adoration. The first part of the concert closes with Stay, again from the last album. Short pause and here are the encores: I Told You Everything (the song that was missing to complete the performance of Remind Me Tomorrow in its entirety), Serpents (from Tramp), and to finally close Love More (epic), the song that has consecrated her greatness (covered by Bon Iver, Dave Alvin, The National). Perfect band (keyboards/vocals, bass, guitar, drums), and her, Sharon Van Etten, an all-round artist whose potential is probably still to be discovered. For me it is already a big one, but I wish her a bright career: in July she will finally be in concert in Italy, I suggest you not lose her.
Nessun commento:
Posta un commento