No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20091017

il segreto dei suoi occhi


El secreto de sus ojos - di Juan José Campanella 2009


Giudizio sintetico: da vedere


Benjamín Esposito e' un ex poliziotto, ma e' ancora giovane di spirito e pure affascinante. E' in pensione da poco, e decide di mettersi a scrivere. Ovviamente, una storia poliziesca. Ma non e' una storia a caso: e' la storia che lo ha ossessionato per 30 anni. Un omicidio commesso all'epoca del passaggio tra il peronismo e la dittatura, archiviato con troppa fretta, riaperto su pressione di Esposito stesso, risolto con l'incarcerazione del vero responsabile, assassino che viene rimesso in liberta' da un "rivale" di Esposito perche' utile informatore (leggi: spia).

Non e' tutto, pero'. Esposito si reca dalla vecchia capa, Irene, ancora in servizio e ormai affermata, con la scusa di farle leggere la storia, che grazie a lei e alla sua accondiscendenza, prendendosi anche dei rischi, era stata riaperta, per dirle le parole che non e' mai riuscito a dirle, e che lei ha aspettato anni, prima di sposarsi con un professionista affermato.


Chiedo scusa in anticipo per questa recensione, che sicuramente risultera' tutto fuorche' professionale. A pochi giorni di distanza, dopo averne letto su El País come una delle pellicole piu' importanti presentate al Festival di San Sebastian, e dopo aver avuto la fortuna di vederla in una sala di Buenos Aires, mi commuovo a riassumervi la storia.

Come ormai saprete, se frequentate questo blog, ho un debole per Campanella, regista argentino secondo me di grande livello, soprattutto quando e' in "coppia" col suo feticcio Ricardo Darín. La trilogia piu' volte qui citata, El mismo amor, la misma lluvia, El hijo de la novia (in italiano Il figlio della sposa, unico film uscito da noi) e Luna de Avellaneda, sono a mio giudizio dei classici del genere sentimental-impegnato, ed e' un vero peccato che il pubblico italiano se li sia persi quasi tutti. Era lecito aspettarsi qualcosa di simile, visto che, come in El mismo amor..., si rinnova l'accoppiata Darín/Villamil. E invece, anche giustamente direi, Campanella esce un po' dal suo genere classico, e lavora di somma, aggiungendo generi su generi, uscendone, a giudizio sempre di chi scrive, piu' che dignitosamente.

Tratta dal romanzo di Eduardo Sacheri La pregunta de sus ojos, se si deve rimproverare qualcosa a questa pellicola, e' la lunghezza e i finali plurimi. In effetti, sembra non finire mai. Ma, ovviamente, ci sono da chiudere tutte le finestre che sono state aperte: quella politica, quella personal/poliziesca, quella del contrappasso dell'assassino, quella della storia d'amore.

Detto questo, se si eccettuano quindi alcune cadute di ritmo, siamo davanti ad un film che puo' tranquillamente essere paragonato a quei libri di 1000 pagine che ti lasciano l'amaro in bocca quando chiudi l'ultima pagina, e subito ti mancano i protagonisti. Una storia che dipinge con i flashback la tensione che sale, nell'Argentina di 30 anni orsono, che mostra le difficolta' nel risolvere un caso complesso, che spiega l'osmosi che puo' capitare a dei poliziotti con un cuore, che racconta le difficolta' di amare una persona proveniente da una classe sociale diversa dalla propria in un paese strutturato, che riflette sul senso della pena, inteso come punizione.

La fotografia tende sempre allo scuro, chandlerianamente, e, forse con una scommessa, forse con uno sbaglio, diversifica pochissimo l'attualita' dai flashback, affidandosi, per far ubicare lo spettatore, solo alla barba di Darín. Ci sono pure dimostrazioni di alta classe registica: la scena dello stadio e' magistrale, davvero. E c'é, come sempre, una stupenda direzione degli attori, impressionanti tutti. Si fatica a dire chi merita di piu'. La coppia "centrale" e' gia' rodata, Darín e Villamil, ma qui c'é un Guillermo Francella (Rudo y cursi), nei panni di Sandoval, strepitoso, e due co-protagonisti convincenti al massimo, Pablo Rago nei panni di Morales, il marito della vittima, e Javier Godino nei panni di Gómez.

Quello che stupisce e' che si esce dal cinema rendendosi conto che si e' riso molto, ci si e' commossi, e si e' perfino stati avvinti dalla storia.

Campanella merita davvero una vetrina molto piu' ampia di quella che ha. Speriamo vivamente che questo film, che al momento e' stato distribuito solo in Spagna, Argentina e Canada, venga diffuso il piu' possibile.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Hai ragione su tutto. Film veramente bello. Io purtroppo non sono riuscito a vederlo in Argentina ed ho dovuto....scaricarlo...! Aspetto comunque che esca in italia per poterlo rivedere. A proposito della scena dello stadio, ma come hanno fatto? Sembrerebbe un piano sequenza aereo unico, ma è quasi impossibile pensare alla sincronizzazione dell'azione della partita giocata in campo ed il movimento sugli spalti con la ripresa dall'alto (elicottero?). Penso che l'idea di scegliere il Racing Club (uno delle squadre di calcio argentine più vecchie) sia stata di Francella che è un fanatico del club di Avellaneda.

The4inONE ha detto...

Magari adesso che è nominata al Oscar come migliore film straniero riusciresti a trovarlo pure in Italia. Me lo auguro di cuore, perché è un bel film che vorrei possa vederlo mia amica anconetana.
Un saluto dall'Argentina.

Mariana

Anonimo ha detto...

Da una settimana ho il dvd originale di questo film che mio cognato mi ha mandato da Buenos Aires. Lo trovo molto bello e spero che possa vincere l'oscar, lo meriterebbe. Gli extra del disco sono altrettanto validi ed il commento del regista Campanella è davvero unico ed apre una finestra al mondo di colori ed atmosfere che la "pelicula" contiene. Bravi tutti gli attori e Francella in particolare sublime visto anche la sua fama di comico.
Similitudini con il già premiato "La vita degli altri" mi fanno ben sperare per la vittoria finale di questo film che per quanto bene doppieranno in Italia andrà sempre visto in lingua originale, anche per "las puteadas" e "los piropos" che i protagonisti lanciano a piene mani.
Buona visione Umberto e Alejandra

jumbolo ha detto...

Innanzitutto, ringrazio tutti voi che avete lasciato commenti, che colpevolmente non ho letto!

Al primo anonimo, che ringrazio per l'annotazione sulla passione di Francella, sulla realizzazione della scena dello stadio posso dirti che ne abbiamo discusso ampiamente con l'amico Massi, che "frequenta" il blog, e che vive in Polonia, che di professione fa il regista, e mi ha detto che insieme ad altri del mestiere hanno passato serate intere a discutere sulla possibile realizzazione dell'intera sequenza. E', in effetti, una scena complicatissima, e di grande effetto.
Voglio aggiungere anche che il fatto che tu lo abbia scaricato è più che comprensibile. La cattiva distribuzione italiana, oltre alla "fissa" del doppiaggio sempre e comunque, ci porta a questo: come dicevo, io ho avuto la fortuna di essere in Argentina e soprattutto a Buenos Aires in ottobre, di avere del tempo e quindi non me lo sono fatto scappare, ma come credi che abbia visto gli altri film di Campanella o con Darin (a parte i pochissimi distribuiti in Italia, al cinema o in home video)?

A Mariana dico che anche io ci spero, nella distribuzione italiana, ovviamente!

A Umberto & Alejandra dico che concordo in pieno sul discorso delle parolacce, degli improperi: anche se, per quanto io padroneggi il castigliano, e conosca come lo parlano gli argentini, ho perso un buon 25% del significato, mi sono divertito tantissimo!

Grazie ancora!! Tornate a trovarci!

Unknown ha detto...

io l ho visto 5 volte in lingua originale..significhera qualcosa l averlo visto e rivisto?? :) Il 4, data in cui uscira in italia, saro' al cinema..anche se credo che la traduzione non rendera' mai. Il "castellano" dell argentina è veramente molto particolare per cadenza, modi di dire,... Speriamo che renda anche in italiano. Ricardo Darin sempre il migliore.

Filo ha detto...

Finalmente l'ho visto.
Molto bello, non c'è che dire.
Come hai detto tu: si ride, si piange e si è incatenati a doppia mandata con la storia.
Finale un po' "simbolico", ma ci sta.
Bello bello.