No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20090930

dalla Spagna


Ne parlammo qui su segnalazione dell'amico Drugo, i ragazzi spagnoli avevano ultimato il sesto episodio di una serie geniale fatta davvero con niente, e distribuita gratuitamente sul web. E' finalmente uscito il settimo episodio Módulo Tres.

Lo trovate naturalmente sul loro sito, o su Youtube, qui.

troppe!


Nessuno mi ha avvertito, e visto che ultimamente tra malattie, lavoro, serie nuove e pensieri sulla partenza imminente per un mese, qualcosa mi è sfuggito. E infatti, scopro solo adesso che a metà agosto è ripartito Mad Men con la terza stagione. Siamo già al settimo episodio. Devo recuperare, ma entro domenica non ce la farò mai.

Come già detto, avrò molto da fare quest'inverno. In casa, davanti al pc o alla tele.

al peggio non c'è (davvero) mai fine

Altra parte del discorso conclusivo della prima Festa nazionale della Libertà (titolo di basso profilo, come sempre) a Milano, dopo che ci eravamo trovati davanti questa.
Pronti? Via:

«CON NOI NUOVA MORALITA'» - Poi si parla dei successi del governo. E l'elenco è lungo, a cominciare dal fatto che, dice Berlusconi: «Abbiamo introdotto un nuovo elemento nella politica italiana: la moralità. La moralità è quella di mantenere gli impegni elettorali. Abbiamo firmato un contratto con gli elettori che ci siamo impegnati a rispettare».

Qui l'articolo del Corriere. Come sempre, ogni commento è superfluo.

cecità


Blindness - di Fernando Meirelles 2008


Giudizio sintetico: da vedere


"Il disco giallo si illuminò. Due delle automobili in testa accelerarono prima che apparisse il rosso. [...] Finalmente si accese il verde, le macchine partirono bruscamente, ma si notò subito che non erano partite tutte quante. La prima fila di mezzo è ferma, dev'esserci un problema meccanico..."


Un uomo, in macchina ad un semaforo verde, non parte. E' diventato cieco. Improvvisamente. Non sa cosa fare, è in preda al panico. Vede bianco, invece che vedere nero. Si forma una folla, si discute sul da farsi. Un altro uomo si offre volontario: guiderà la sua macchina e lo porterà a casa. Quando arrivano nei pressi della casa del cieco, l'altro lo fa scendere, il cieco rimane in mezzo alla strada, nel panico, convinto che l'altro se ne sia andato con la macchina. L'altro arriva. Lo prende per mano, lo guida fino al suo appartamento. Entra. Il cieco è sempre nel panico, vuole che l'altro se ne vada. E, alla fine, se ne va.

Rientra la moglie del cieco. Porta il cieco dall'oftalmologo. L'oftalmologo non ha mai visto una cosa del genere. Consiglia loro di andare in ospedale. La moglie è infastidita. Il dottore torna a casa. Ne parla con la moglie. E' confuso. Vanno a dormire. La mattina dopo, il dottore non ci vede più. Vede tutto bianco. E' l'inizio di un'epidemia inarrestabile. I malati vengono messi in quarantena dal governo. Vengono tenuti sorvegliati dall'esercito dentro una struttura che potrebbe essere una scuola. Nel frattempo, fuori, il ministro della sanità diventa cieco...


C'è voluto molto tempo, ed alcune rassicurazioni, perchè il grande José Saramago vendesse i diritti cinematografici del suo stupendo libro Cecità. E Meirelles ha avuto un bel coraggio a dirigerlo. Detto questo, DonMcKellar ha adattato il libro tagliandolo e cambiando il meno possibile, e Meirelles ha fatto del suo meglio, creando un'atmosfera sempre più opprimente e claustrofobica dentro la quarantena, dipingendo l'escalation di disumanità presente nel libro quale messaggio di ammonimento (la cosa che lo fa grande) in maniera ottima, mi viene da dire: ci si sente effettivamente violentati, molto a disagio quando il regista ci offre semplicemente le inquadrature dei corridoi sempre più simili a delle discariche, o quando riprende corpi nudi e trasandati. Già lo sapete, niente è come un bel libro, ma ci si può provare, e l'allegoria tremenda del libro di Saramago è ben conservata da questo film.

Le prove del cast sono buone, non metterei nessuno sopra gli altri anche perchè era piuttosto difficile con un copione del genere, essendo molto corale (e poi qui è davvero la storia che vince); diciamo che la coppia protagonista non la scopriamo oggi, Mark Ruffalo lavora di sottrazione, Julianne Moore deve giocoforza tendere a non mettersi in evidenza (capirete perchè quando vedrete il film), ma che sia brava lo dimostra ugualmente (e già lo sapevamo ampiamente). Tra i non protagonisti, diciamo così, promuoverei a pieni voti Alice Braga (nipote di Sonia; è la escort che porta sempre gli occhiali da sole), mentre mi aspettavo più incisività da Danny Glover. Gael García Bernal fa la sua parte con dignità.
PS L'uscita italiana è stata posticipata più e più volte, ed era in programma nel 2009, ma non se ne sa più niente.

20090929

milàn

nella mia attuale settimana di ferie, ho passato un gionata a fare shopping, un pò da solo , un pò con la riccia.
un giretto all'università per prendere dei documenti della laurea, poi in giro in centro.
da feltrinelli caffè, acqua, poi con la riccia, una spremuta, un cheesecake, un succo leggendo qualche libro al tavolo, ho letto tutto un almanacco di gipi di materia musicale,questa è la stanza, vero, malinconico, sognatore, reale, bello, un battuta in particolare molto simpatica che mi ha fatto venire in mente jumbolo sul cervello dei batteristi, che lascio scoprire a lui. comunque ho comprato un paio di vinili e un paio di libri.
poi un pò di negozi di vestiti per l'acquisto di tre pantaloni e tre mutande (ovviamente correlati!). siamo entrati pure da prenatal!
si è finito con una pizzona gigante.
che bello essere in ferie!

short sharp shock


Kurz Und Schmerzlos - di Fatih Akin 1998


Giudizio sintetico: si può perdere


Gabriel, Bobby e Costa, tre amici per la pelle ad Altona, Amburgo. Gabriel, appena uscito di prigione, di origini turche, sogna una vita migliore in pace ed onestà, magari in Turchia. Costa, di origini greche, sempre senza un soldo, vive di piccoli furti e porta avanti con difficoltà una relazione con Ceyda, la sorella di Gabriel. Bobby, di origini serbe, sta cercando di farsi strada nella malavita organizzata, e sta insieme ad Alice, la miglior amica nonchè collega di Ceyda. Il coinvolgimento sempre più profondo di Bobby con il crimine non convince Gabriel, Ceyda lascia Costa che è sempre più allo sbando, e i litigi continui di Bobby con Alice avvicinano quest'ultima a Gabriel...


Storia di amicizia, tradimenti, vendette e speranze tramontate, all'ombra del quartiere multietnico di Amburgo. Primo lungometraggio di Fatih Akin, con qualche elemento interessante che però si perde in prolissità e soprattutto in episodi di violenza gratuita (le "esplosioni" che ritroveremo soprattutto ne La sposa turca). Regia didascalica, fotografia così così, gli attori idem. Comparsata dello stesso regista, del fratello e della moglie, protagonista il duro dalla faccia simpatica Mehmet Kurtulus (Gabriel) che ritroveremo in Im Juli, particolarissima Idil Üner (Ceyda, ritroveremo anche lei nei film di Akin in seguito) con una chioma rossissima.

20090928

varie ed eventuali


Ho visto tutta d'un fiato la serie tv andata su FOX Non pensarci. Sono 12 episodi da meno di mezz'ora ciascuno, che ovviamente prendono spunto dal film uscito nel 2008. E' un buon prodotto, sicuramente non una classica fiction italiana, e neppure una telenovela: un tentativo coraggioso, direi dopo Boris, di fare della buona televisione in Italia dal punto di vista della serialità.

Mi ha infastidito un po' il fatto che la serie ricalchi fin troppo la storia del film, differenziandosi solo in qualche soluzione: in pratica è il film "espanso". Le psicologie dei personaggi però non sono ben approfondite, essendoci invece del tempo da spendere. Però c'è un finale micidiale, che dà un senso più profondo e molto "di denuncia" al tutto, il che è molto migliore del film. Aggiungiamoci la presenza del solito cast del film, più una Luciana Littizzetto francamente superflua, dove Anita Caprioli e Caterina Murino sono piacevoli sia come presenza che come attrici, e un Mastandrea sempre di grandissima personalità. Battiston gigione, e qualche trovata che va oltre l'ambientazione del film (come del resto il finale sopra citato) veramente pungente.


Poi le prime due puntate di Californication terza stagione. Pare che Showtime le abbia messe volutamente in rete per farsi pubblicità, prima ancora che andassero in onda regolarmente. Beh, a volte la sceneggiatura mostra un po' la corda ripetendo dei cliché già usati, ma Hank Moody rimane uno dei personaggi più geniali che siano stati creati negli ultimi tempi tra tv e cinema.


Visto pure la preair (la prima puntata, il pilot), come dicono gli addetti ai lavori, di Bored To Death. Ha un sapore strano, maliconico oserei dire. Una bella atmosfera newyorkese, un personaggio amorevole come quello interpretato da un Jason Schwartzman gentilissimo e moderatamente drogato e alcolizzato, oltre alla figura non protagonista, ma che promette grandi cose, del personaggio interpretato da un Ted Danson imbiancatissimo di capelli ma sempre affascinante.


Cambio discorso per parlare brevemente di un talento vocale: Jessica Brando. Non avevo mai sentito parlare di lei, ma un articoletto sul Venerdì di Repubblica mi ha incuriosito, e mi sono informato sommariamente. La bambina attualmente 15enne è di Grosseto e portava l'apparecchio ai denti (non so se lo porta ancora; tra l'altro, chi mi conosce bene saprà che è un accessorio che per me è assolutamente eccitante, ma son cose che non si posson dire visto che la ragazza è minorenne), ed è dotata di una voce eccellente, istruita, pare, jazzisticamente. Pare inoltre sia uscito un EP contenente 4 pezzi, 4 cover che danno un po' il senso di dove sta andando la musica.

Stop And Stare degli One Republic, Karma Police dei Radiohead, Time Is Running Out dei Muse e Never Dreamed You'd Leave In Summer di Stevie Wonder. Non sono d'accordo con i già molti critici, soprattutto per aver interpretato i pezzi di Muse e Radiohead. Potrei infilarmi in una spiegazione filosofica, e invece dirò solo che preferisco sentire si gli originali, ma preferisco sentire Karma Police rifatta dalla piccola Brando che la versione italiana di Creep rifatta da Vasco Rossi. Chi vuole intendere, intenderà.

arven


L'eredità - di Per Fly 2004


Giudizio sintetico: si può vedere


Il figlio del proprietario di un’acciaieria danese si trova, suo malgrado, a gestire la crisi dell’industria in seguito al suicidio del padre e alla scoperta della montagna di debiti contratti. La cosa sconvolge la sua esistenza; infatti, anni prima aveva lasciato l’azienda di famiglia, si era trasferito in Svezia, sposandosi con una bella attrice di teatro e vivendo agiatamente gestendo dei ristoranti alla moda.


Film che suscita sentimenti contrastanti, ma che fa senz’altro riflettere. Certo, non si capisce se il regista voglia farci provare pietà per i “padroni”, oppure voglia solamente rincuorarci, mostrandoci le meschinità delle quali sono capaci, e dimostrandoci che, in fondo, le loro vite non sono migliori delle nostre (non voglio neppure prendere in considerazione l’eventualità che la storia sia semplicemente un pretesto per un dramma umano; in quel caso ci sono storie migliori). Partendo dal presupposto, nel primo caso non ci riesce, nel secondo caso la differenza sta nel fatto che “loro” dormono in alberghi nei quali una notte vale la metà di un nostro stipendio mensile, e mangiano in ristoranti con conti che valgono due giornate del nostro lavoro, nonostante queste cose la sappiamo già, il fatto che ci vengano in mente dopo un film è positivo. Recitazioni asciutte ma quasi tutte convincenti, regia fluida; produce la Zentropa di Von Trier, anche se manca il sarcasmo e il genio sregolato di Lars.

20090927

al peggio non c'è mai fine

Da Repubblica on line:

"Vi porto i saluti di un signore, di un signore abbronzato. Barack Obama. Non ci crederete ma è vero". Così Silvio Berlusconi chiude la festa nazionale del Popolo della Libertà di Milano. La ripetizione di una battuta che a suo tempo già destò molte polemiche, non sembra però sufficiente al presidente del consiglio italiano che così rincara: "E vi posso dire che hanno preso il sole in due, perché anche la moglie è abbronzata".

Nessun bisogno di foto o commenti. Questo è il nostro Primo Ministro.

27

bono il riso coi gamberi.
bono il riso col pollo.
boni i miei amici.
e c'ho il nuovo armadio pieno di nuove camicie.

videocrazia


Videocracy - Basta apparire - di Erik Gandini 2009


Giudizio sintetico: si può vedere (anche se dovrebbero vederlo soprattutto gli elettori di Silvio)


Italia: circa 30 anni fa cominciava l'era delle cosiddette televisioni private, con una casalinga che si spogliava in un bar, davanti ad un piccolo pubblico, e due "conduttori" che facevano domande di cultura generale ai telespettatori che telefonavano in diretta. Ogni risposta esatta un indumento. Comincia così la "rivoluzione culturale" italiana, un cambiamento profondo nei costumi e nel pensiero dell'italiano medio, che ha un ideologo: Silvio Berlusconi. Non per niente, adesso lui è il Primo Ministro, oltre ad essere la persona più rappresentativa del paese.


Erik Gandini è un italiano, nato a Bergamo ma naturalizzato svedese. Autore, anche apprezzato, di molti documentari, nonché produttore cinematografico, è evidentemente una persona di sinistra, o comunque uno che non ama il culto della personalità, che conosce bene il nostro paese, e forse, grazie alla sua esperienza svedese, riesce a guardarlo con un occhio critico ed "esterno".

Appare abbastanza chiaro come mai questo Videocracy sia stato osteggiato da Mediaset e dalla Rai: è uno sguardo piuttosto spietato sulla trasformazione del pensiero e delle aspettative medie dell'italiano medio, negli ultimi 30 anni. La televisione guida qualunque cosa, ma non solo: l'esempio di Fabrizio Corona serve per ampliare il discorso, e generalizzarlo all'apparire. Infatti, a parte Silvio Berlusconi, i protagonisti del documentario sono Lele Mora, per il fatto di essere il più importante "scopritore", ma forse sarebbe più giusto dire "creatore" di personaggi televisivi, che qui scopriamo grande ammiratore di Benito Mussolini, Fabrizio Corona appunto, che si autodefinisce "un moderno Robin Hood" che ruba ai ricchi per dare a se stesso, che scopriamo (beh, lo immaginavamo) assolutamente preso da se stesso e dalla sua immagine, e contemporaneamente assolutamente disgustato dalle persone che lo ammirano, si fanno fotografare con lui e vogliono il suo autografo (lo evinciamo chiaramente dalla sua faccia quando è con loro), e Riccardo "Ricky" Carnevali, un aspirante stella televisiva che non riesce a sfondare in nessun modo, e che ha dedicato la sua vita a questa missione. Interessanti anche un altro paio di protagonisti marginali: la fotografa "ufficiale" della Costa Smeralda, molto amica di Silvio, una signora di una certa età, discretamente ricca, con il viso completamente trasformato in una maschera dalla chirugia, dal botox e dal trucco, e il regista del Grande Fratello televisivo.

Il risultato, dato che chi vi scrive è dichiaratamente antiberlusconiano, è scontato, seppur con qualche chicca sconosciuta e tutto sommato interessante, per completare un quadro assolutamente devastante di che cosa siamo diventati, usando un plurale che comprende tutti i cittadini italiani. E' ovviamente di parte, e discretamente monotematico, ma del resto è la visione del regista. Silvio è l'ideatore, o uno degli ideatori, e la televisione, insieme al culto, o meglio, alla mania dell'immagine, è stato (ed è ancora) il tramite. Sarebbe interessante conoscere il parere di qualche supporter di Silvio, ma lo possiamo immaginare: del resto, è di questi giorni la sua candidatura per il Nobel per la pace, da parte di un gruppo di suoi sostenitori.

C'è da dire però che la struttura non è il massimo della scorrevolezza: ci sono molti momenti noiosi. Il ritmo è lento, e il montaggio congiunto con la colonna sonora, tendente al tetro e all'opprimente, unito ad una serie di fotografie sinceramente imbarazzante per la nostra immagine nel mondo, può sortire anche un effetto disturbante.

Ecco, la conclusione è questa, alla fine: non riesco davvero a capire se il documentario non mi è piaciuto molto perchè era a tratti noioso e perchè trattava di cose trite, oppure se questo è accaduto perchè guardandolo, ci si vergogna di essere italiani.

20090926

enduring freedom


The Road To Guantanamo - di Michael Winterbottom e Mat Whitecross 2006


Giudizio sintetico: da vedere


La pazzesca, incredibile, inaccettabile storia, simile ad un incubo (e dei peggiori), vissuta da 3 amici inglesi, di origini pachistane e bengalesi, che nel settembre del 2001, poco dopo l'attentato alle torri gemelle, si recarono in Pakistan per celebrare il matrimonio di uno di loro con una ragazza del posto, scelta dai genitori di lui, e per curiosità viaggiarono in Afghanistan, rimasero coinvolti nei bombardamenti americani, furono catturati dalle forze dell'Alleanza del Nord (contrapposta ai Taliban), incarcerati in Afghanistan a Mazar-i Sharif, poi trasportati a Guantanamo nei due campi per detenuti provenienti dall'Afghanistan, e sottoposti a torture ed interrogatori minatori con prove falsificate per farli "crollare". Tornarono a casa dopo oltre due anni, mai scagionati, mai più incolpati, e non ebbero mai delle scuse.


Winterbottom, qui insieme a Whitecross, è da anni ormai un "militante pacifista", oltre che un regista di storie forti, a volte fortissime. Ricordiamoci, ad esempio, Butterfly Kiss, Benvenuti a Sarajevo, Cose di questo mondo. Qui prende le storie, davvero interessanti, di alcuni amici inglesi di origini asiatiche finiti a Guantanamo, le ricostruisce con attori professionisti, e le alterna con interviste ai tre "veri" personaggi che raccontano i vari passaggi. Il risultato è, pare superfluo dirlo, agghiacciante, perchè ci si immedesima completamente in loro, e si ha paura.

Ovviamente, il fatto che l'anno dopo l'uscita del film, uno dei protagonisti, Ruhal Ahmed, abbia ammesso, durante una trasmissione sull'inglese Channel 4, di aver visitato dei campi di addestramento islamisti e di aver maneggiato un AK47, fa pari col fatto che l'attore Riz Ahmed, che nel film interpreta Shafiq Rasul (che per la cronaca partecipava alla trasmissione, e dopo l'ammissione di Ruhal ha rifiutato di sottoporsi alla macchina della verità), al ritorno dalla premiere di The Road To Guantanamo a Berlino, è stato arrestato all'aeroporto di Luton come sospetto terrorista.

Come dire: siamo proprio sicuri che sia enduring freedom? E soprattutto, dov'è la "civiltà" in tutto questo?

20090925

a paris...


Paris, je t'aime - Petites romances de quartiers... - di:

Bruno Podalydès, Gurinder Chadha, Gus Van Sant, Ethan Coen, Joel Coen, Walter Salles, Daniela Thomas, Christopher Doyle, Isabel Coixet, Nobuhiro Suwa, Sylvain Chomet, Alfonso Cuarón, Olivier Assayas, Oliver Schmitz, Richard LaGravenese, Vincenzo Natali, Wes Craven, Tom Tykwer, Gérard Depardieu, Alexander Payne, Emmanuel Benbihy, Frédéric Auburtin 2006


Giudizio sintetico: si può vedere


Film "collettivo" sull'amore (nell'accezione più ampia del termine), ambientato ovviamente nella città dell'amore: Parigi. 18 episodi per 18 dei 20 arrondissement. Alcuni così così, alcuni molto belli.


Secondo me, questo tipo di film è uno spasso da vedere. Perchè non c'è il rischio di annoiarsi, e si possono fare dei confronti micidiali, tipo qual è l'episodio più così e quello più cosà. In questo caso poi, gli episodi sono da circa 5 minuti l'uno, e per di più ci sono quasi tra tutti delle "transizioni", dei segmenti che uniscono i corti; pochissime le dissolvenze, infatti. Probabilmente perchè abbiamo a che fare con quasi tutti registi e registe di grande spessore, e magari anche perchè in 5 minuti un attore può dare tutto, si assiste pure a delle grandi prestazioni recitative.

Personalmente, vi posso dire che gli episodi che ho trovato più inconsistenti sono stati quelli di Sylvain Chomet (quello di Appuntamento a Belleville) e dei fratelli Coen, il più divertente quello diretto da Frédéric Auburtin (che ha diretto anche le sequenze di transizione, insieme a Emmanuel Benbihy, a cui si deve il soggetto complessivo) e Gérard Depardieu, con sceneggiatura di Gena Rowlands (che ovviamente vi recita, strepitosamente, insieme all'altrettanto strepitoso Ben Gazzarra), dialoghi eccezionali, il più poetico quello di Gurinder Chadha (quella di Sognando Beckham), il più toccante e commovente quello di Alexander Payne (A proposito di Schmidt, Sideways - In viaggio con Jack), con Margo Martindale (la Camilla di Dexter), ma ho trovato interessanti anche quelli di Wes Craven, di Alfonso Cuarón (Y tu mamá también, I figli degli uomini), girato in un unico piano-sequenza e con un fantastico Nick Nolte, e di Vincenzo Natali (statunitense). Bellissime Li Xin nell'episodio di Christopher Doyle e Olga Kurylenko (la Bond girl di Quantum of Solace) vampira nell'episodio di Natali. Craven e Payne si sono "scambiati" un cameo nei rispettivi episodi.

Complessivamente carino.

20090924

segnali


Per informazione, e anche per curiosità, vi voglio segnalare quello che è accaduto proprio oggi.

Questa mattina, precisamente alle 11,19, mi è arrivata una e-mail da call.center@alitalia.it, e un sms da AlitaliaSpa che annunciava una modifica del mio volo dell'1 novembre. Sono andato sul sito Alitalia ed ho controllato l'orario, in pratica i due voli, da Buenos Aires per Roma e da Roma per Pisa sono anticipati di 5 minuti. Poi, quando sono uscito dalla mensa, verso le 12,40, rimettendo attiva la suoneria del cellulare, ho visto che c'era una chiamata persa da un numero sconosciuto.

Pochi minuti fa ricevo una chiamata dal Call Center Alitalia: una gentile signorina mi spiegava che i miei voli erano anticipati di 5 minuti. Mi sono scusato per non aver richiamato, visto che sull'sms indicava pure il numero da contattare per saperne di più.

Beh, magari è la volta buona che Alitalia funziona. Se così fosse, visto che i debiti alla fine ce li hanno accollati a noi, potremmo esserne orgogliosi. E contenti per i lavoratori che sono riusciti a conservare il posto.

jumbolo a garlasco?


sguppp!!

Космонавт


Cosmonauta - di Susanna Nicchiarelli 2009


Giudizio sintetico: si può vedere


Roma 1957, Luciana, età da comunione, fugge dalla cerimonia comune prima di ricevere il sacramento. Alla domanda della mamma Rosalba sul perchè avesse fatto così, con Luciana chiusa in bagno, la bambina risponde con tutto il fiato che ha in gola e con tutto l'orgoglio che ha in corpo: "perchè sono comunista!".

Il padre è morto da qualche tempo, e Luciana "eredita" da lui la passione politica, fomentata dal fratello Arturo che ha la passione per lo spazio e la sua esplorazione, colleziona fiammiferi per farsi una scorta di propellente per razzi amatoriali e le pagine dell'Unità che raccontano della favola spaziale russa, fra Gagarin, la cagnetta Laika e la prima cosmonauta Valentina Tereshkova; Arturo, si scoprirà presto, è anche epilettico, e vagamente "tardo".

Luciana invece è vispa, sfrontata e piena di voglia di vivere e di scoprire cose nuove. Non vede di buon occhio la nuova unione della madre con l'ingegnere Armando, amico del padre ma di tutt'altre vedute, soprattutto politiche, che però dà a tutta la famiglia una posizione agiata, e non appena vengono al pettine i primi nodi non si fa pregare per tenergli testa con energia; è attiva nella sezione del PCI del Trullo, periferia di una Roma ancora mezza rurale, si batte perchè anche le donne siano considerate, come si batte per un ragazzo del quale si invaghisce, strenuamente, senza vergognarsi di "lasciare vittime" per strada. Arriva addirittura a proporre, e realizzare, azioni teppistiche di una certa gravità.


Trama esile, nonostante possa apparire complessa, così raccontata, per questo debutto sulla lunga durata per la romana Nicchiarelli, che si ritaglia una parte piuttosto importante nel film (è Marisa). A metà tra una sorta di Good Bye Lenin! (molto meno divertente e geniale) all'italiana, e un Come eravamo molto locale, ma di certo pietra di paragone validissima per tutto il resto dell'Italia che entrava lentamente nel miracolo economico, il film non convince fino in fondo, oltre che per l'esilità della trama come già accennato, anche per le non convincenti prove di buona parte del cast, e un abuso di immagini di repertorio, riferite ovviamente soprattutto alle imprese spaziali della Russia comunista. Colonna sonora interessante, supervisionata da Max Casacci (Subsonica), dove la fanno da padrone Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo e e Robertina, ma a tratti invadente; meglio i pezzi strumentali delle cover d'epoca, seppur buone prese "in separata sede". Senza infamia e senza lode la fotografia, buona la ricostruzione storica dei particolari, gli abiti, i manifesti, i luoghi (anche se le ripetute riprese del cupolone e del Palazzo Civiltà del Lavoro dalla campagna denota purtroppo una certa povertà di budget), piuttosto obiettivo lo sguardo sulla "pancia" del Partito Comunista Italiano di allora, meno riuscito il racconto della "formazione" di Luciana, soprattutto attraverso i sentimenti che la attraversano via via che cresce e gli accadono cose.

Un po' impacciati i giovani protagonisti, anche se alcuni (Valentino Campitelli nei panni di Angelo) sono divertenti, Angelo Orlando (Leonardo) fa sempre il solito personaggio, Sergio Rubini lo abbiamo visto meglio, mentre brava, una spanna su tutti, Claudia Pandolfi, qui magrissima, una perfetta Rosalba, una donna di quei tempi convincente in maniera impressionante.

Non mi ha esaltato, ma vedremo in seguito se Susanna Nicchiarelli saprà evolversi e impressionarci maggiormente.

20090923

icelandic


Mi sono programmato le vacanze con un po' d'anticipo. Prima di fare quelle di quest'anno, in pratica.

Bologna BLQ - Reykjavik KEF Mon 19/07/2010 AEU252 14.00-16.20 114,00 EUR
Reykjavik KEF - Bologna BLQ Mon 02/08/2010 AEU251 07.00-13.10 91,00 EUR
Airport taxes and fees 94,00 EUR
Total 299,00 EUR
Iceland Express

die ehe der Maria Braun


Il matrimonio di Maria Braun - di Rainer Werner Fassbinder 1979


Giudizio sintetico: da vedere


Willi: "La coscienza sociale arranca dietro agli sviluppi della realtà." [...]

Maria: "A me succede tutto il contrario. Sono gli sviluppi della realtà ad arrancare dietro la mia coscienza."


Germania 1943, Maria sposa Hermann Braun il giorno prima che lui parta per la Russia. Maria sopravvive come può alla guerra che sta finendo, e all'occupazione statunitense, dovendo mantenere pure la madre e nonno Berger, soprattutto col mercato nero. Attendendo invano il ritorno del marito, vedendo le speranze assottigliarsi, comincia a lavorare in una specie di night-club e si lega ad un militare nero statunitense, Bill, che entra a far parte della famiglia. Torna dal fronte l'amico Willi, che assicura a Maria che Hermann è morto. Maria scopre di essere incinta di Bill, ed è felice: mentre comunica la cosa a Bill, e si stanno apprestando a fare l'amore, arriva Hermann. E' uno shock per tutti, Hermann è nervosissimo, Bill lo trattiene, Maria per difendere Hermann uccide Bill senza volerlo. Il marito si prende la colpa e finisce in carcere per molti anni. Maria, forte del suo amore per il marito, lo convince che il bambino dovrà nascere. Ma il piccolo non sopravvive al parto, e la vita continua. Maria non sa fare niente, ma ha imparato l'inglese "a letto", come dice lei stessa a Oswald, un imprenditore metà francese e metà tedesco, che conosce sul treno che prende per tornare a casa dopo il parto mal riuscito, riuscendo a convincere il controllore a farla rimanere in prima classe. Colpito dalla sua intraprendenza, dalla sua bellezza e dalla sua padronanza dell'inglese, Oswald la assume anche se non sa cosa farle fare esattamente. Maria diventa un pilastro inamovibile della società di Oswald, e ci va pure a letto, cosa che non nega neppure al marito: sta facendo tutto questo per il loro futuro. Chiarisce le cose anche con Oswald, che però si incontra di nascosto con Hermann.

Maria diventa una potente capitalista, e si confronta con i rappresentanti dei sindacati, tra i quali c'è Willi, che nel frattempo ha lasciato Betti, amica di sempre, alla quale Maria compra una boutique per farla lavorare. Oswald è gravemente malato...


Inizia nel 1943 e termina durante la finale dei Mondiali di calcio del 1954 (4 luglio) l'ennesimo film dell'inimitabile regista tedesco. Grezzo nella tecnica e nella fotografia, ma densissimo nella sceneggiatura e nei contenuti, ha inoltre dalla sua dialoghi fulminanti (ve ne ho messo un esempio in apertura), disegna la metafora non solo della Germania dell'immediato post-nazismo (il film si apre con un'inquadratura su un ritratto del Führer), ma dell'intera umanità occidentale post-guerra con i piedi ormai piantati nel capitalismo. Recitato degnamente dall'intero cast, ha come superba protagonista Hanna Schygulla, con un personaggio incredibilmente spiazzante, musa di Fassbinder ancora in attività (l'abbiamo vista appena due anni fa in Ai confini del Paradiso di Fatih Akin), non bellissima ma conturbante, indimenticabile in corsetto e calze con reggicalze all black.

20090922

concretezza

Nuove regole da Silvio il grande. Non risponderà più, né lui, né i suoi ministri, a domande di gossip, ma solo a domande di politica concreta. Ovviamente, non ha detto che Lui potrà parlare solo di politica e non di cazzate (come fa di solito), ma, del resto, grazie alla maggioranza degli italiani, le regole le fa lui.
Qui il resoconto del Corriere.
La dichiarazione che mi pare più "politica" è la seguente:
«In politica estera abbiamo fatto un grande gol, di cui sono orgoglioso: il riavvicinamento fra Usa e Russia». Berlusconi invita «la stampa italiana a togliersi gli occhiali sui meriti di questo Governo».
Prepariamoci, perchè a breve ci racconterà che questo Governo ha fermato il riscaldamento globale.

vacche


Vacas - di Julio Medem 1992


Giudizio sintetico: si può vedere


Storia della Spagna ma soprattutto dei Paesi Baschi rurali, attraverso tre generazioni e due famiglie (gli Irigibel e i Mendiluce) che si intrecciano, si odiano, si tradiscono, si vendicano, si amano e altro, dal 1875 fino al 1936. Testimoni costanti: le vacche.


Primo lungometraggio dello spagnolo, nato nei Paesi Baschi (San Sebastián), Julio Medem, inizialmente rifiutato da tutte le case di produzione spagnole (lo produsse, poi, la allora neonata Sogetel). Come ovvio, e come già detto in occasione della recensione del suo terzo film Tierra, ci sono già i temi portanti che guideranno il suo modo di fare cinema e di scrivere sceneggiature (qui scritto in coppia con Michel Gaztambide): un aura di magia, un qualcosa di sovrannaturale che aleggia su tutta la storia, e, in questo caso, su tutti quegli anni, presumibilmente "contenuto" o, comunque, trasportato dalle vacche, e l'amore sviscerato per i corsi e ricorsi storici, le rivalse incrociate, le eredità che le persone, di generazione in generazione, non riescono a scrollarsi di dosso, gli amori che si decidono fin dalla più tenera età, e che si "compiono" in età matura, per durare in eterno e per cambiare, sconvolgendola spesso, la vita come fino ad allora è stata concepita. In effetti, dette così possono sembrare cose scontate e, è proprio il caso di dirlo, "da film"; se però ci riflettete, sono quelle cose che fanno del cinema la settima arte, gli danno quella magia di cui questa arte è capace.

E quindi, il debutto di Medem, seppur carico di ingenuità e di scontatezze, affascina. Se proprio gli vogliamo imputare visceralmente un difetto, è quello di mettere in campo una tale quantità di personaggi, seppur il bacino sia ristretto a due sole famiglie in tre sole generazioni, enorme, per cui ci si ritrova a non riuscire a prendere la decisione verso chi rivolgere la nostra empatia di spettatori.

Detto questo, fotografia splendida che rende giustamente onore ai magnifici paesaggi rurali della Navarra (è lì che il film è girato, anche se l'azione è posizionata nella provincia di Guipúzcoa, che confina con la Navarra), grande lavoro della macchina da presa, spesso perfino ad altezza della terra, dissolvenze ardite, restringimenti del campo visivo, suggestivi i titoli di testa, non bellissimi come "caratteri" ma inseriti sopra una scena che ti incolla alla poltrona. Molto buona anche la direzione degli attori, anche se, per la scelta dei caratteri principali, Carmelo Gómez (che interpreta ben tre personaggi, Manuel, Ignacio e Peru) e Emma Suárez (Cristina), che ritroveremo nei suoi film successivi, non mi convincono pienamente, mentre mi è piaciuta molto Ana Torrent (l'abbiamo poi vista in Tesis, il debutto di Amenabar, addirittura con Greenaway ne Le valigie di Tulse Luper, e nel recente L'altra donna del re) nella parte di Catalina.

Interessante.

20090921

quelli che

Siamo sempre sul pezzo. Sempre.
La notizia nel pomeriggio di oggi su Repubblica on line.
Il pezzo di oggi sul Corriere on line.
Il nostro pezzo di ieri, poco dopo il fatto.

jumbolo presente


Come vi avevo detto nella recensione, durante il concerto di Rosignano, Davide, dei Ministri, è sceso fra il pubblico a cantare un pezzo. Nella foto di Angela (grazie!), potete ammirare sia la giacca di Davide, sia l'attenzione del vostro Jumbolo nel seguirlo e cantare insieme a lui. Alla mia destra, Buzzone. Alla mia sinistra, uno sconosciuto.

amore in città


Flirt (New York-Berlino-Tokyo) - di Hal Hartley 1995




Giudizio sintetico: si può vedere




Un flirt di una coppia che è obbligata a dividersi per un periodo, il partner che se na va dà all'altro una specie di ultimatum: "I want you to tell me if there's a future for me and you", c'è un futuro per me e per te? L'altro si sente messo alle strette, impaurito, non sa cosa rispondere e prende tempo, esce, dà a sua volta un ultimatum. Vengono a galla altre relazioni, altri flirt, gelosie, intrecci e vendette. La storia si ripete pressoché identica, con le solite battute, in una situazione a New York, a Berlino e a Tokio. E ogni volta finirà...




A me Hal Hartley sta simpatico, anche solo dalla faccia. E, se non ricordo male, l'unica volta che sono riuscito a vedere un suo film in un cinema, fu a Londra, nel 1998, per l'uscita di Henry Fool, che in Italia uscì nel 2001, ovviamente in sordina e mal distribuito. Si capisce perchè: Hartley parla d'amore, di sesso, ma soprattutto, filosofeggia sul senso della vita. Voglio dire, si spinge molto più in là di Woody Allen, ma anche solo del suo wannabe Ed Burns. E, nonostante lo faccia sempre mostrando una ottima padronanza tecnica del mezzo, con produzioni ben filmate, fotografate e musicate, e mettendo in campo sempre cast interessantissimi e perfettamente diretti (suoi attori feticcio: Martin Donovan, Parker Posey, Bill Sage, Elina Löwensohn, sua moglie Miho Nikaido), non risultando quasi mai pesante, anzi, creando situazioni grottesche e, per questo, divertenti, ha sempre avuto problemi di distribuzione, anche in patria.

Esperimento interessante, ma un qualcosa di più che un esercizio di stile. Cameo dello stesso regista nell'episodio di Tokio. Stuzzicante.

20090920

darwin

stamattina ho portato mia nipote a vedere la mostra su darwin.
darwin è una delle figure scientifiche di maggior rilievo di sempre.
La teoria dell’evoluzione di Darwin costituisce il fondamento di tutta la biologia moderna. Ci permette di decifrare i nostri geni e di combattere i virus, di comprendere le testimonianze fossili e la ricchezza della biodiversità sulla Terra. La teoria di Darwin è semplice e, nonostante spesso sia stata oggetto di polemiche e sia stata fraintesa e strumentalizzata per fini che le sono estranei, continua ad essere incontestabilmente il concetto centrale della biologia. Charles Darwin, rivoluzionario riluttante, ha modificato profondamente la nostra visione del mondo naturale e del ruolo che noi occupiamo in esso.
interessante anche il rapporto tra evoluzionismo e fede cristiana.
su wiki ovviamente si trova un pò di storia.

quelli che...si intendono di musica


Episodio che ha del clamoroso oggi su Rai Due. Casualmente, ne sono testimone, per pochi secondi. Riepilogo e faccio una breve introduzione. Voi che seguite Fassbinder probabilmente lo sapete di rimbalzo, ma negli ultimi anni Simona Ventura, oltre che essersi convinta di essere bella e brava, sta convincendo il pubblico medio di essere una intenditrice di musica, anche internazionale. A parte il fatto che continua perfino a storpiare la pronuncia inglese degli ospiti, a X Factor, per dire, parlava di musica come se se ne intendesse. E magari, qualcuno ci ha pure creduto.

Bene, oggi a Quelli che il calcio c'erano i Muse ospiti, ovviamente in promozione per il nuovo album The Resistance. Attaccano il playback e il chitarrista/cantante Matt Bellamy, fidanzato da anni con una italiana e praticamente residente vicino Como, è alla batteria, il batterista Dominic Howard è al basso e alla voce e il bassista Chris Wolstenholme finge di suonare la chitarra. Termina l'esibizione e Dominic risponde alle domande della Ventura, che ovviamente non si rende conto di niente, e spaccia Matt come il batterista.

Per una cosa del genere, in una azienda "normale", secondo me si dovrebbe andare dalla retrocessione al licenziamento. Alla Rai, probabilmente faranno la Ventura direttrice di rete.

Ai Muse va tutto il nostro rispetto e la nostra gratitudine per aver, come dire, smascherato un'ignorante a livelli spaziali (domenica scorsa l'ho sentita definire i Gossip punk).


getting older

Se doveste ritrovarvi, sorprendendo perfino voi stessi, una domenica mattina ad ascoltare la musica di Taylor Swift



con una tazza di thé calda in mano, in piedi dietro la finestra a guardare la pioggia battente, bene, è segno che state decisamente invecchiando.
Voi, che una volta vi svegliavate con gli Slayer e non vedevate l'ora di farvi una birra, siete decisamente cambiati. Che cosa vi è successo?

pelle


Dire che non sto più nella pelle è un eufemismo. Un ultra-quarantenne che sta diventando un casalingo come me, certo, un casalingo atipico, che almeno una volta l'anno se ne va per un mese, come può rimanere indifferente di fronte a notizie come queste.

Dal prossimo fine settimana, negli USA, la patria della televisione ben fatta, cominceranno le nuove serie di alcuni dei miei serial preferiti.

La quarta stagione di Brothers And Sisters.

La seconda stagione di Lie To Me.

La terza stagione di Californication.

La quarta stagione di Dexter.

Come il passaparola vuole, vi segnalo una nuova serie che mi segnala l'amico Buzzone, comincia stasera su HBO: Bored To Death, con Jason Schwartzman protagonista, ispirata a Raymond Chandler.

Questo prossimo inverno sarò molto occupato.

rock history


Anvil! The Story of Anvil - di Sacha Gervasi 2008


Giudizio sintetico: da vedere assolutamente!


Gli Anvil furono una band seminale dell'ondata heavy metal che travolse il mondo della musica nei primi anni '80. A differenza di molte band nate e "sbocciate" in quell'epoca, non ebbero un grande successo, nonostante siano citati come ispirazione, e la loro padronanza tecnica sia riconosciuta da molti addetti ai lavori. Il documentario di Gervasi inizia con delle spettacolari riprese di un festival in Giappone nel 1984, nominando alcune band che erano in tour con gli Anvil, e mettendo subito in chiaro che tutte quelle band ebbero successo, vendettero milioni di dischi, escluso gli Anvil. Dopo di che, l'azione si sposta a Toronto, Canada, ai giorni nostri (il documentario è stato cominciato nel novembre del 2005), e intervalla riprese che ci mostrano che cosa fanno e come vivono Steve "Lips" Kudlow e Robb Reiner, rispettivamente chitarra solista/voce e batteria degli Anvil, i due unici superstiti della formazione originale, ad interviste a giornalisti e musicisti rock famosi a proposito degli Anvil.

Poi si passa ad un disastroso tour europeo, organizzato dalla donna (italiana, se vedrete il documentario in originale beccatevi le numerose bestemmie di Tiziana) del nuovo chitarrista (relativamente nuovo, visto che sia lui che il bassista suonano con gli Anvil da ormai dieci anni), al tentativo di incidere un nuovo disco completamente autoprodotto (grazie alla sorella maggiore di Lips), si passa attraverso la vita di tutti i giorni, le frustrazioni e le insicurezze (di tutti quanti), i litigi, le riappacificazioni, e si arriva ad un festival in Giappone, al quale gli Anvil sono invitati dopo che il promoter ha ascoltato il nuovo This Is Thirteen, e, vista la posizione in scaletta (devono suonare per primi il primo giorno, alle 11,35 di mattina), nella quale riuscita gli Anvil credono poco, fino al momento in cui salgono sul palco...


Capirete da soli che un prodotto come questo ha praticamente zero possibilità di essere distribuito in Italia, al cinema. Magari direttamente in dvd. Ma, se siete minimamente appassionati di musica rock, anche se non avete mai sentito parlare degli Anvil, se addirittura suonate o avete suonato in qualche band scalcinata nel passato, dovete, dico dovete, assolutamente vedere questo documentario. Dico, avete presente This Is Spinal Tap? Ecco, dimenticatelo. Questo è reale. Questo è il sogno del rock and roll quando non ce la si fa, ma si è convinti delle proprie possibilità, quando se davanti hai 5 o 50mila persone fa lo stesso, tu ti diverti a suonare. Ma devi anche pensare che la vita va avanti, e che se vuoi una moglie, dei figli, una casa, una famiglia, in qualche modo devi portare a casa la pagnotta. E allora devi pedalare.

Gervasi, giornalista e sceneggiatore (l'inedito The Big Tease, The Terminal per Spielberg) inglese, che ha conosciuto gli Anvil da fan nel 1981 e ne è diventato, per alcuni anni, uno dei roadies, debutta nella regia documentaristica con un lavoro splendido, apprezzato al Sundance, dalla critica e perfino da Michael Moore. Fotografia discreta, macchina presente ma con concessioni poetiche, Gervasi arriva al cuore dei protagonisti, di chi gli gira intorno, e dello spettatore (non sono riuscito a trattenere le lacrime più e più volte, e questo davvero non me lo aspettavo da un documentario su una rock band), raccontando una storia di ordinaria normalità con un fatalismo estremo, senza dare alcun giudizio, lasciando raccontare i protagonisti e lasciando giudicare allo spettatore, che, credetemi, all'ultima scena, quando la band si affaccia sul palco del festival giapponese, prova esattamente le stesse, identiche sensazioni della band.

Non si può non empatizzare con i due Anvil "superstiti", si rimane avvinghiati da questo documentario, e ci si augura di rivedere Gervasi quanto prima.

Bello, bello, bello.

20090919

per la serie "dichiarazioni distensive"


Brunetta: "La sinistra prepara colpo di Stato, vada a morire ammazzata"

CORTINA - Il ministro della Pubblica amministrazione e Innovazione Renato Brunetta, al convegno del Pdl a Cortina d'Ampezzo, attacca ancora la sinistra "elitaria e parassitaria", accusandola di preparare un colpo di Stato. Alla "sinistra per male" manda a dire: "Vada a morire ammazzata. Mentre gestivamo la crisi non abbiamo visto l'opposizione. E questo per la democrazia è un problema. Abbiamo visto le elite, o sedicenti tali, impegnate a buttare giù il governo. Sono sempre le solite: quelle delle rendite editoriali, finanziarie, burocratiche, cinematografiche e culturali, che hanno combattuto il governo reo di aver cominciato a colpire le case matte della rendita". Alla "sinistra perbene" Brunetta rivolge l'invito a liberarsi dall'oppressione di questa "elite di merda".
(19 settembre 2009)

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Riflessione: questo fa il Ministro. Bossi, Carfagna, Calderoli, Maroni, Bondi....

confidenze strumentali 2


confidenze strumentali 1


Alanis

La "discussione" sul post della carriera da attrice della Morissette dei giorni scorsi mi ha fatto tornare in mente una canzone che mi piace da morire, musica e testo. Vorrei che vi ci soffermaste brevemente, se avete tempo.

That Particular Time - Quel periodo particolare
Ero stata scossa fin dalle fondamenta,
il mio comprovato e reale modo di fare stava per scomparire.
Le mie partenze erano un lontano ricordo, me ne stavo in camera a tremare nei miei stivali.
In quel particolare periodo l'amore mi aveva sfidato a rimanere.
In quel paricolare momento seppi di non dover fuggire via di nuovo.
Quel particolare mese ero pronta ad investigare con te.
In quel particolare periodo.

Pensavamo che una pausa ci avrebbe fatto bene, ci siamo seduti e abbiamo esitato per 4 mesi. Pensavamo che un po' di tempo separati avrebbe chiarito i dubbi che ormai abbondavano.
In quel particolare periodo l'amore mi ha incoraggiato ad attendere.
In quel particolare momento mi ha aiutato ad essere paziente.
Quel particolare mese avevamo bisogno di tempo per concentrarci su cosa volesse dire "noi".
In quel particolare periodo.

Per te ho sempre voluto ciò che tu volevi per te stesso eppure volevo salvarci dall'acqua alta o dall'inferno e continuavo ad ignorare l'ambivalenza dei tuoi sentimenti e nel frattempo ho perso me stessa, nel frattempo ho perso me stessa, mi dispiace aver perso me stessa... mi spiace...

Sapevi d'aver bisogno di più tempo, di più tempo passato da solo senza distrazioni.
Sentivi il bisogno di volare da solo e in alto per definire ciò che volevi.
In quel particolare periodo l'amore mi ha incoraggiato ad andarmene.
In quel paricolare momento sapevo che rimanere con te significava abbandonare me stessa.
Quel particolare mese fu molto più difficile di quanto tu potessi credere.
In quel particolare periodo.

La traduzione che ho trovato è di Gian Luca (utiopian)
Qui il videoclip dal dvd Feast On Scraps

il vocabolario dei balconi


Aunque tú no lo sepas - di Juan Vicente Córdoba 2000


Giudizio sintetico: si può vedere


Madrid, quartiere centrale e storico (Noviciado); Lucía è sempre stata di buona famiglia, e da giovanissima abitava lì. Dall'altra parte della strada, i balconi davanti ai suoi, abitavano i nonni di Juan, di famiglia operaia, che abitava in un quartiere molto di periferia. Juan si innamorò di lei più di 20 anni fa, negli ultimi anni di Franco, e per questo andava sempre a studiare dai nonni. Le loro vite hanno preso strade diverse, ma tra di loro successe qualcosa.

Un giorno, Lucía incrocia Juan su una scala mobile in un centro commerciale. Lo segue, curiosa. Ha comprato la casa dei nonni, ed abita lì. A quel punto, Lucía decide di sistemare la vecchia casa di famiglia, e di andare ad abitarci. Entrambi non hanno relazioni fisse. L'amore ci sarà ancora? E soprattutto, cos'è accaduto oltre 20 anni fa?


Lungometraggio di debutto di Juan Vicente Córdoba; lui e una serie di collaboratori, tirano fuori da un racconto breve (El vocabulario de los balcones, dal libro Modelos de mujer) di Almudena Grandes, una bella storia, romantica, vibrante, al tempo stesso moderna e antica, palpitante, dove c'è spazio anche per una sommaria ma efficace descrizione degli ultimi anni di Franco. L'empatia è massima, paradossalmente per entrambi i personaggi, e il lungo flashback che spiega l'accaduto, le ferite del passato, funziona benissimo. Regia sottovoce, fotografia discreta, orrende però le parrucche per gli attori quando interpretano gli anni '70, la musica di Serrat fa il resto. Gary Piquer è un credibile Juan, Silvia Munt è una intensa Lucía.

20090918

zucconi

copio incollo.
Avvertiva il generale Colin Powell, due volte volontario in Vietnam come giovane ufficiale combattente, che “gli eserciti non sono fatti per accompagnare i bambini a scuola e aiutare le vecchiette ad attraversare la strada. Gli eserciti sono fatti per uccidere nemici e per distruggere cose”. L’uso di reparti militari in funzione di polizia e di occupazione, in territori ai quali, a differenza delle forze di pubblica sicurezza che li’ sono radicate, ha senso soltanto se la popolazione nella sua maggioranza li accetta e li accoglie come temporanei strumenti e aiuti per arrivare all’auitogoverno. Tutti i falsi paralleli storici con l’Italia, la Germania e il Giappone del 1945 liberati dalle Nazioni Unite, come si facevano chiamare gli alleati, dopo guerre senza quartiere e senza condizioni, rispolverati a suo tempo per giustificare l’Iraq e l’Afghanistan dimostrano oggi, davanti alla montagna di bare purtroppo anche italiane, la loro assurdita’ culturale e la implicita’ arroganza della cultura occidentale convinta che tutta l’umanita’, se fosse lasciata libera di scegliere, sceglierebbe di diventare “come noi”. Eserciti nemici possono essere sconfitti e se in Afghanistan siamo andati per fare la guerra, facciamola, indviduiamo le forze nemiche, affrontiamole e distruggiamole, se ne siamo capaci. I regimi possono essere rovesciati con la forza. Le loro armate possono essere annientate. Ma le democrazia non puo’ essere esportata come un’automobile o una cassa di magliette che comunque non saranno vendute se non troveranno i clienti disposti ad acquistarle. Dove non esistono possibili classi dirigenti alternative al regime rovesciato, come aveva l’Italia fascista nelle organizzazioni clandestine di cattolici, comunisti, socialisti, liberali, monarchici affiancati nel Cln che assunsero la responsabilita’ di governare la nazione, se non esistono tradizioni e precedenti di democrazia, come in Germania o almeno di buona e disciplinata amministrazione civile come in Giappone che possano essere riprese dopo la caduta del tiranno o del regime, l’idea che organizzare un’elezione possa da sola far sbocciare la civilta’ politica e’ letteratura da think tank autorefernziale o da ideologo accecato dalle proprie dottrine. Mi sono venuti i brividi ad ascoltare il grigio ministro Frattini dire al TG1 che “dobbiamo conquistare le menti e i cuori degli Afghani”. E’ esattamente quello che 500 mila soldati americani cercarono di fare per quasi 15 anni, lasciando sul campo, insieme con l’onore dell’America, quasi 60 mila americani e milioni di vietnamiti uccisi. Naturalmente dobbiamo essere grati e rispettosi del lavoro che i nostri soldati stanno facendo perche’ noi, il loro governo, la loro nazione, glielo abbiamo chiesto, ma la commozione e il cordoglio non possono nascondere la futilita’ di un progetto politico-strategico, condannato a fallire se, e fino a quando, non saranno le nazioni coinvolte a scegliere - se lo vorranno - diverse forme di governo e ad espellere le tossine del fanatismo e del dispotismo. La piu tenace tirannide del XX secolo, il cosiddetto Socialismo Reale non fu abbattuto dai cannoni di altre nazioni, ma dal peso del proprio fallimento. Cosi’ come la Cina rossa sta, per propria scelta, evolvendo verso forme diverse di sviluppo e di governo. La democrazia non si esposta, si autoproduce. E se il terreno non e’ favorevole, e’ vano credere di poter coltivare noci di cocco nelle valli Alpine o grano in Antartide.

Karma Chameleon - Loli Molina

Pluricoverizzata, grande pezzo, qui in una versione delicatissima da parte di questa giovane artista argentina.

palindromi


Palindromes - di Todd Solondz 2004


Giudizio sintetico: capolavoro irriverente e iconoclasta


Aviva, di famiglia ebrea, è figlia unica di Joyce e Steve Victor. Ha 13 anni, e un desiderio fuori dal comune di diventare madre. E' per questo che fa sesso con un coetaneo, Judah, e riesce a rimanere incinta. I genitori, disperati ma razionali, le organizzano un aborto, anche se stentano a convincerla. Dopo l'aborto, che la renderà sterile, scappa di casa e crede di innamorarsi di un camionista che dapprima le dice di chiamarsi Joe; Joe fa l'amore con lei, poi la abbandona in un motel. Finisce a casa della famiglia Sunshine, due fondamentalisti cattolici che hanno una specie di corte di freaks ai quali inculcano il cattolicesimo fondamentalista sotto forma di gioco. Niente è però quello che sembra.


Un film buffo, agghiacciante, terribile e divertente. Un film di Todd Solondz, ve lo ricordate? Fuga dalla scuola media, Happiness, un regista più che scomodo, nella cui filmografia aborto e pedofilia sono affrontati continuamente e in maniera sicuramente inusuale, un regista che ha tutt'ora dei problemi a far arrivare le sue opere sullo schermo (anche questo film, in gara a Venezia nel 2004, è scomparso nel nulla). Totalmente spiazzante, divide questo film in episodi ovviamente collegati tra di loro a doppio e triplo filo, fa interpretare i ruoli da attori e attrici diversi, anche all'interno dello stesso episodio (oltrepassando anche il maestro Lynch, ma al suo confronto, Solondz è molto meno ermetico, molto più chiaro ed esplicito, senza misteri), in maniera completamente spiazzante per lo spettatore, che però si adegua presto, come in un gioco divertente, da bambini. E spara. Spara forte, dritto, contro la morale comune, contro pedofili e contro gli anti-pedofili sbrigativi, i fondamentalisti, gli ipocriti, i religiosi, gli antiabortisti e gli abortisti, arrivando ad usare veri e propri freaks, come in una sorta di omaggio/citazione al film di Tod Browning (Freaks, appunto) del 1932, un capolavoro assoluto, avanti di almeno mezzo secolo.

Attori completamente calati nelle loro parti, impossibile citarli tutti, anche i meno conosciuti, tutti stupendi, fotografia perfetta, quasi irreale e favolistica, colonna sonora quasi esageratamente dolce, a cura di Nathan Larson degli Shudder To Think, anche spesso compositore di colonne sonore, che fa cantare un paio di pezzi alla moglie, Nina Persson, la cui dolcezza crea ancor di più una stridente atmosfera.

Praticamente un capolavoro. Sbalorditivo.

20090917

la voce di oggi

eròe

sostantivo maschile

1 nel mito classico, uomo nato da una divinità e da un mortale, capace perciò di imprese eccezionali
2 chi dà prova di coraggio, di abnegazione
3 protagonista di un'opera letteraria

nuove carriere


Per gli appassionati, Alanis Morissette ha interpretato la dottoressa Audra Kitson, ginecologa della protagonista Nancy Botwin, nella quinta stagione di Weeds, da poco conclusasi negli USA su Showtime.

teorie


Sentita oggi al TG2 mi pare: in pratica, il Ministro degli Affari Esteri Franco Frattini (nella foto mentre mostra le dimensioni della sua nuova iguana da salotto), sostiene che "più ci si avvicina al ristabilimento della democrazia, più i non democratici tentano di destabilizzarla". Questo in pratica "giustifica" l'ennesimo attentato verso i militari italiani che, ricordiamocelo, sono in "Missione di pace" in Afghanistan.

A nessuno viene in mente di dire che, forse, tutti questi anni di bombardamenti, rastrellamenti, instaurazione di un governo fantoccio, elezioni chissà quanto regolari, non siano serviti a niente; è normale, sarebbe una figuraccia per tutti.

E allora, continuiamo a raccontare grandi cazzate.

Meanwhile City


Franklyn - di Gerald McMorrow 2009


Giudizio sintetico: si può vedere


Azione parallela. A Meanwhile City (nell'edizione italiana Citta di Mezzo), una futuristica megalopoli dove l'importante è avere un culto, Jonathan Preest, una sorta di vendicatore solitario con tanto di maschera da supereroe decadente, dopo quattro anni di prigionia vuole vendicare una bambina, uccidendo l'Individuo.

A Londra, ai giorni nostri, si intrecciano tre storie. Peter Esser, un uomo anziano, vaga alla ricerca del figlio David, non troppo equilibrato mentalmente. Milo lotta per riprendersi: la fidanzata lo ha abbandonato mentre stavano per sposarsi. Si rifà spazio nella sua mente Sally, un'amichetta di giochi dell'infanzia. Emilia, infine, ha un conflittuale rapporto con la madre, e sta tentando di ultimare la sua tesi artistica, con un'opera davvero estrema.

Scopriremo che queste quattro storie avranno un punto comune.


Ha riscosso giudizi discordanti, questo secondo film del londinese Gerald McMorrow, che invece risulta interessante. Intendiamoci, ha riscosso anche critiche osannanti, oltre che stroncature.

Cominciamo col dire che la fattura è decisamente buona, anche se l'ambientazione semi-cupa richiama molti capolavori della fantascienza, e la macchina da presa si muove sempre bene.

Concettualmente è molto interessante: si intuisce che i due mondi, prima o poi, cozzeranno, ma la storia lascia sempre una buona dose di curiosità. Alla fine, non è difficile tirare le somme, e il tutto risulta piuttosto semplice.

Che cosa, dunque, lo separa dalla grandezza? Probabilmente almeno un paio di fattori. Sicuramente, uno è il ritmo e la tensione. Il regista non riesce né a tenere alto il primo, né a creare la seconda. Un altro fattore è la scelta degli attori, e la loro direzione. Il cast sulla carta è interessante, ma la resa è piuttosto piatta. La parte di Ryan Phillippe (Jonathan Preest) doveva andare a Ewan McGregor, altra scelta che non mi avrebbe convinto, ma senz'altro Phillippe non ha il carisma necessario per creare tensione ed empatia verso il personaggio. Sam Riley (Milo), che avevamo ammirato nei panni di Ian Curtis in Control, ha in realtà una parte abbastanza marginale, e comunque non colpisce particolarmente. Stesso discorso per Bernard Hill (Peter Esser), mentre invece una parte grande e addirittura doppia è appannaggio della bella Eva Green (The Dreamers, Casinò Royale), che nonostante i grandi occhi e la prova sopra le righe, non convince.

20090916

estetica


E' bene ricordarlo ogni tanto, ed è bene ogni tanto non pensare alla demenza che affligge il nostro paese. Per l'ennesima volta, volevo ribadire che su Fassbinder ci occupiamo anche di estetica non perchè siamo belli, ma perchè siamo degli esteti, e volevo ringraziare pubblicamente Yamamay. Perchè? Beh il perchè lo vedete nella foto. Si chiama Jessica White. Cliccate sulla foto per ingrandirla. Questa volta ne vale la pena.

bzzzzz


Ieri sera è successo quel che è successo, su Rai Uno, lo sapete tutti. Ho dato un'occhiata veloce. Ma ho capito che, alla fine, si è parlato 20 minuti dell'Abruzzo e 2 ore dei rapporti tra Silvio e la stampa.

Dico solo una cosa. In quel momento che mi è capitato di dare un'occhiata, è stato sollevato il tema delle querele da parte di Berlusconi a Repubblica. Bruno Vespa, appena sollevata la cosa, si è affrettato a sottolineare che Berlusconi non è l'unico capo di Stato e di Governo che ha citato in giudizio dei giornali.


Come al solito, si sono tutti dimenticati di sottolineare un'altra piccolezza: che Berlusconi è anche un editore.

Così, tanto per.

Giulia e il mondo fuori


Giulia non esce la sera - di Giuseppe Piccioni 2009


Giudizio sintetico: si può vedere


Guido è uno scrittore, non famosissimo, scrittore un po' per caso. Entra nella cinquina dei finalisti di un premio importante, e i suoi impegni pubblici si moltiplicano. Guido pare essere incompleto. Ha una bella casa e una bella moglie, Benedetta, ma non sta bene con lei, al punto che lei insiste per traslocare in città, fa tutto da sola, e lui rimane nella "vecchia" casa, nella "sua" parte, a scrivere, a passare il tempo. Guido e Benedetta hanno una figlia, un po' sovrappeso, che Guido spesso accompagna in piscina. Un giorno Guido nota una nuova istruttrice, che parla con la figlia. Comincia ad interessarsi a lei, finchè, in seguito anche ad una bugia della figlia, lui prende il posto di lei in piscina, e si sforza di imparare a nuotare, grazie anche agli insegnamenti di Giulia, è così che si chiama. Tra i due nasce una relazione imperfetta, difficile, complicata. Perchè Giulia è lì per un motivo ben preciso, e perchè, per lo stesso motivo, Giulia non esce la sera.


Intendiamoci: a me Piccioni non dispiace, Mastandrea potrebbe anche stare zitto e fermo e sarebbe già presenza gradita, e sono forse tra i pochissimi ai quali la Golino non dispiace come attrice e neppure come voce. Però, con tutta la buona volontà, mi rendo conto che siamo ancora una volta davanti ad un ennesimo film italiano apprezzabile ma incompleto, imperfetto, al quale manca qualcosa. La sceneggiatura, scritta da Piccioni con Federica Pontremoli (Generazione 1000 Euro e Giorni e nuvole....bbbrrrr....meno male che ha co-scritto anche Il Caimano) è forse troppo complicata, leggermente supponente, le location, a parte la piscina, scontatissime e viste miliardi di volte, gli inserti "onirici", se così vogliamo chiamare i personaggi e le situazioni che nascono dai racconti di Guido, fini a se stessi. E' un peccato, alcune cose funzionano, e sono interessanti. La storia d'amore tra la figlia di Guido e Filippo, personaggio azzeccato, anche se non si capisce quanto fine a se stesso (e daje), e il rapporto tra Guido e Giulia, altro personaggio interessante in quanto a complessità (nonostante ciò, Valeria Golino ha anche recitato meglio, a mio giudizio). Un peccato relegare Sonia Bergamasco alla parte di Benedetta, sottosfruttata, e, in più, come notano alcuni recensori più accorti di me (per esempio, questo), sulla rottura tra Guido e Benedetta, così come su altre sottotrame, sembra di essere arrivati in ritardo, che "il problema" sia avvenuto e noi non ci fossimo. E quindi, lo subiamo. Così come siamo costretti a subire la tronfia colonna sonora composta appositamente dalla band italiana più sopravvalutata degli ultimi anni: i Baustelle. Provate a fare caso quale pezzo vi colpisce di più in questo film: o quello di Endrigo, o quello in francese, J’entends siffler le train, di Richard Anthony. Di sicuro non il pezzo sui titoli di coda, Piangi Roma, dove Bianconi duetta nientemeno che con la Golino.

Ma il problema vero, profondo, è che il film non riesce mai ad emozionare. Non c'è un momento in cui lo spettatore riesca ad entrare in empatia con uno dei protagonisti; anzi, forse un momento c'è, ed è, guarda caso, un personaggio minore. Infatti, il momento in cui si viene toccati maggiormente è quando Filippo dà della stronza alla figlia di Guido, visto che l'ha lasciato. Per il resto, calma piatta. Segno che qualcosa non va. Decisamente.

20090915

...ma anche così!!


Patrick Swayze, morto ieri.

ci piace ricordarlo così...


cani sciolti


Secondo me, quest'uomo qua è sfuggito di mano anche a Silvio. Magari sbaglio. Ma c'è anche un altro scenario. Che Fini stia davvero preparando una clamorosa uscita dal PdL per entrare nel Grande Centro con Casini e altri ex democristiani. La qual cosa, chissà come potrebbe pesare nell'eventuale spostamento di voti dal PdL al Centro (ovviamente, la Sinistra è fuori dai giochi, e sta continuando a darsi da fare per perdere ulteriori consensi).

Moriremo finiani? Chissà. Finalmente un po' di pepe in questo spento panorama politico-gossipparo.

luglio (col bene eccetera eccetera)


Im Juli - di Fatih Akin 2004


Giudizio sintetico: si può vedere


Daniel è un giovane ma timido professore di fisica ad Amburgo, solitario ed educato. Juli è una giramondo che vende ciondoli come ambulante, e tutti i giorni vede Daniel passare, mentre torna da scuola. Cercando una scusa per abbordarlo, gli vende (anzi, gli regala) un anello con un sole, dicendogli che incontrerà una persona che avrà addosso questo simbolo: quella persona è la sua anima gemella. Fa tutto questo sapendo benissimo di avere un tatuaggio con un sole e invitandolo ad una festa che si terrà la sera. Daniel in effetti si sente solo, e non ha perso le speranze di trovare una donna, quindi la sera esce di casa e si reca alla festa con grandi speranze. Gira tutta la sera cercando "il segno", e lo trova addosso a Melek, una giovane berlinese di origini turche, casualmente ad Amburgo e in partenza per Istanbul, dove entro pochi giorni, il venerdì, ha un appuntamento sotto il ponte sul Bosforo, alle 12,00. Daniel è preso da Melek, la fa dormire da lui e il giorno dopo la accompagna all'aeroporto, piangendo quando lei lo lascia, ma non riesce a dirle cosa prova. Mentre torna dall'aeroporto, decide d'istinto di andare a Istanbul con la macchina che gli ha lasciato in prestito il suo vicino di casa brasiliano, trova Juli, che nel frattempo, delusa avendo visto la sera prima Daniel allontanarsi con Melek, ha deciso di lasciare Amburgo per non sa bene dove. I due si accordano per viaggiare insieme verso Istanbul, e al primo autogrill la macchina che Daniel ha in prestito non riparte. Sarà solo la prima di una serie quasi interminabile di vicissitudini.


Secondo lungometraggio di Fatih Akin, risalente al 2000, che come spesso accade, contiene in nuce tutte le caratteristiche e i parametri che il regista conserverà nel suo percorso a venire. Film chiaramente on the road con attori che, in una maniera o in un'altra, rimarranno legati (anche) a lui, Germania e Turchia unite da un filo neanche troppo sottile, e una forte propensione alle coincidenze e alla circolarità delle storie, caratteristiche che, ricordiamocelo, solo i maestri riescono a padroneggiare bene. Il risultato è così così, con diversi momenti di noia, che però si superano, e un po' di melò nel finale. Ambientato nel luglio 1999, "sposta" indietro di un mese l'eclisse solare dell'agosto di quell'anno (ritroveremo questa eclisse come elemento portante di Heimat 3 di Reitz).

Comparsata dello stesso regista e del fratello Cem (i due fanno le guardie di frontiera "opposte" a uno sfigatissimo confine), parte principale al sempre bravo Moritz Bleibtreu (La banda Baader Meinhof, per citarne giusto uno dei più recenti), Juli è Christiane Paul (la ritroveremo nel recente L'onda nei panni della compagna del protagonista, e conserva gli splendidi occhi), divertente Mehmet Kurtulus nei panni di Isa (fu protagonista nel primo lungometraggio di Akin, Kurz und schmerzlos, una particina ne La sposa turca, di cui è anche co-produttore), Idil Üner (Melek) la ritroveremo in Ai confini del Paradiso (particina), mentre nella parte ungherese troviamo brevemente ma intensamente la bella Branka Katic, che rivedremo nello spassoso Jagoda: fragole al supermarket (lei è Jagoda), e Birol Ünel, che sarà il fantastico protagonista de La sposa turca.

Caruccio.

20090914

ma?!?!


Possibile che nessuno mi avesse avvertito? Beverly Hills 90210 is back. Vi rendete conto?

Kelly e Brenda, ancora, oggi. Kelly fa la consulente al West Beverly High. Brenda non ho ancora capito, forse rompe solo le scatole, come sempre. Hanno figli, le storie fanno abbastanza ridere come sempre, e va in onda su Rai Due. Sono rimasto scioccato. Ne sto guardando una puntata mentre vi scrivo.

mery star




"Dall'anno prossimo ci sarà un tetto del 30% di studenti stranieri per classe" spiega a Mattino 5 (ovviamente, mica poteva farlo in Parlamento, n.d.Jumbolo). "In alcuni casi la presenza è del 100%, e questo certo non favorisce l'integrazione. Stiamo studiando gli aspetti tecnici di un provvedimento per introdurre questo tetto, e ci sarà anche una nuova materia, l'educazione alla cittadinanza e alla Costituzione".


Ok. Ora, io mi chiedo: e l'eccedenza di quel 30% dove la mandiamo, a lavorare? Oppure facciamo degli autobus apposta, che la mattina caricano i figli degli stranieri e li vanno a distribuire nelle scuole in cui non arrivano al 30%? Sono proprio curioso....


Nel frattempo, è importante notare che la Ministra ha pure detto che "Sugli insegnanti di religione sono assolutamente d'accordo con il Vaticano". Un bel modo per ribadire che lo Stato è laico, non c'è che dire.

la faute à Voltaire


Tutta colpa di Voltaire - di Abdellatif Kechiche 2001


Giudizio sintetico: da vedere


Jallel, tunisino, arriva in Francia da clandestino e si finge algerino senza documenti, chiedendo asilo politico su consiglio di un amico. I servizi sociali lo indirizzano ad un ostello per indigenti, frequentato soprattutto da immigrati, dove conosce Barbara, che gestisce l'ostello, Franck, un francese girovago, e altri personaggi che "cammineranno" con lui. Inizia a fare il venditore di frutta nella metro, poi di giornali, sempre illegalmente. Entra in un bar e conosce Nassera, una mezzosangue dal passato tumultuoso, con la quale lega abbastanza, ma non fino in fondo, tant'è che, quando a Jallel rifiutano l'asilo politico, prima propone di parlare con una sua amica che organizza matrimoni di convenienza con ragazze consenzienti per prendere i documenti, chiedendogli 100mila franchi, Jallel propone a Nassera di sposarlo "per convenienza" e lei gli chiede 40mila franchi. La situazione strana va avanti, finchè Nassera sparisce mentre Jallel e i suoi amici la stanno aspettando per il matrimonio, lei col vestito da sposa indosso. Jallel cade in depressione, e con la tessera sanitaria di Franck viene ricoverato in ospedale, dove fa conoscenza con un'altra serie di personaggi con problemi di nervi, e, fra questi, Lucie, una ninfomane schizzata...


Prima prova di Kechiche alla regia, con un film interessante, dove si notano già pregi e difetti del regista di origine tunisina (La schivata, Cous cous). Macchina da presa un po' grezza ma efficace, soprattutto nei piani stretti, e direzione intensa degli attori; tendenza a dilungarsi un po' troppo, ad approfondire le storie ma anche a perdersi un po' nelle piccole cose.

In definitiva, il film è godibile, soprattutto perchè descrive la vita degli immigrati, anche clandestini, senza essere troppo di parte e senza troppe morali. Il messaggio, comunque, arriva forte e chiaro. Sullo sfondo, una Parigi poco scintillante, ma spesso molto umana e profondamente multietnica. Dialoghi prolissi, ma mai scemi e spesso molto vicini a quelli della vita di tutti i giorni. Bravi gli attori, bravissime le due protagoniste, una per parte, Aure Atika nella parte di Nassera (Tutti i battiti del mio cuore), e Élodie Bouchez, qui davvero straordinaria nella parte di Lucie, già rivelatasi in La vita sognata deli angeli, poi attiva anche fuori dalla Francia, specialmente in tv (è stata in Alias e in The L World).