No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20091231

scrittori della libertà


Freedom Writers - di Richard LaGravenese 2007


Giudizio sintetico: si può vedere


La storia vera, qui romanzata per lo schermo, di Erin Gruwell, insegnante statunitense al suo primo incarico quindi carica di buoni propositi, che capita alla Woodrow Wilson High School di Long Beach, California; lì scopre che i gruppi etnici si guardano in cagnesco (eufemismo), e che il programma di integrazione razziale, previsto nelle scuole, non interessa minimamente né i professori, né i dirigenti, anzi, lo osteggiano sommessamente, puntando alla sopravvivenza (eufemismo) e, per quanto possibile, al quieto vivere, senza nessuna voglia di insegnare ai ragazzi.

Non solo. I ragazzi la osteggiano, troppo presi dalla sopravvivenza (in questo caso non è un eufemismo) in strada e a casa, figli di situazioni e famiglie collassate; il marito amatissimo, dopo un'iniziale finto entusiasmo, diventa il suo primo oppositore, geloso del trasporto della moglie verso le situazioni dei suoi ragazzi; il padre, ex attivista politico democratico, che dovrebbe essere completamente dalla sua parte, inizialmente si tira indietro. Ma Erin è testarda, e tenta tutta una serie di espedienti per fare in modo che i ragazzi escano dal loro isolamento, e possano trovare la loro strada.


Film interessante, di questo regista piuttosto giovane, che ancora non riusciamo ad inquadrare bene: questo Freedom Writers, da lui sceneggiato sulla base del libro collettivo di Erin Gruwell (quella vera) e dei suoi alunni The Freedom Writers Diary: How a Teacher and 150 Teens Used Writing to Change Themselves and the World Around Them, viene dopo l'interessante segmento Pigalle, nel film a episodi Paris, je t'aime, e praticamente insieme all'eccessivamente sdolcinato P.S. I Love You. A differenza di quest'ultimo, Freedom Writers è uscito in Italia direttamente in dvd, ma, a parte qualche "americanismo" di troppo, è un film dalle intenzioni buone e contenente un messaggio ampiamente positivo, con alcuni momenti intensi.

Curiosa la coincidenza che si può riscontrare con La classe, altro film con tema simile, visto che anche lì l'insegnante si affida al Diario di Anna Frank per risvegliare le coscienze.

Le prove recitative non sono eccelse, neppure quella della grande Hilary Swank che interpreta Erin Gruwell, ma nemmeno da buttare.

Buone intenzioni, discreto film.


Qui il sito della Freedom Writers Foundation.

20091230

di sti tempi

ma che mme frega del meteo!

Il Vernacoliere - Gennaio 2010


cult of personality


Così cantavano i Living Colour ai loro esordi. E così è l'Italia, già da tempo. Questa notizia sarebbe agghiacciante, se non ci fossimo già preparati.

Non credo ci sia bisogno di commentare ulteriormente: Berlusconi sembra stia pensando a manifesti con il suo volto ferito dalla recente aggressione (ricordiamocelo: da parte di uno poco normale e isolato), e sta riflettendo seriamente se cambiare il nome del suo movimento da Partito della Libertà a Partito dell'Amore.


Sono sempre stato fondamentalmente un ottimista. Ho il sospetto che se rimarrò ancora a lungo in questo Paese, non lo sarò più.
Grazie a Samu per la segnalazione.

il potere del legno


Moltheni + Honey Pusher, 4/12/2004, Calamita, Cavriago (RE)


Tempo da lupi, solitari, come forse è Moltheni, nel panorama italiano. Il concerto che apre le date a supporto del sospirato nuovo disco Splendore terrore si tiene a Cavriago, cittadina vicina a Reggio Emilia; il locale è il Calamita ed è davvero bello; lo staff è tutto formato da persone gentilissime (e colgo l’occasione per ringraziarli per l’ospitalità). Apre per Moltheni una one-man band, gli Honey Pusher, ma Daniele (attivo anche come OfflagaDiscoPax, un cd in uscita a febbraio per Santeria, e come Magpie), il chitarrista/cantante, usa una identità “casuale”, infatti il demo-cd che contiene alcuni pezzi eseguiti stasera è a nome The Night. Crepuscolare, intimista, delicato, il pubblico risponde con generosità anche se in trepidante attesa per Moltheni; che arriva sul palco poco dopo la mezzanotte, con Pietro Canali al Wurlitzer. Moltheni è in gran forma, si diverte e diverte, pur dando vita ad un concerto davvero intimo, a partire dall’atmosfera da cameretta creata sul palco con tre abat-jour d’epoca (la quarta è sul banchetto del merchandise, dove la sua simpaticissima compagna vende, oltre alle spille e ai poster, delle borse davvero vintage che vanno via come il pane; in regalo il promo del nuovo cd in uscita i primi di gennaio per La Tempesta records, dei Tre Allegri Ragazzi Morti). In pratica, propone tutto il nuovo lavoro, comprese le quattro strumentali Gli occhi di Mara Cagol, Bue, Tutta la bellezza dell’istinto materno degli animali e Tatàna, forse eseguite troppo vicine tra loro, ma che, come ci dirà lui stesso, illustrano una parte dei suoi amori musicali, e contribuiscono a creare un’atmosfera quasi onirica. Colpiscono Il potere del legno (prossimo video), Fiori di carne e la splendida Suprema verso la conclusione del set, davvero un pezzo che ti fa venir voglia di aprirti il petto con le mani e lasciare il cuore in bella mostra. Non nega il passato, anzi, solo in occasione del bis, alla richiesta di Curami Deus risponde “mi dispiace, non posso farvi Curami Deus perché….proprio non mi ricordo le parole!! Scusate”, ma esegue e rivisita Il circuito affascinante, Zenith (in apertura), In me, Qualsiasi aprile, Fiducia in un nulla migliore, quasi in chiusura la stupenda E poi vienimi a dire che questo amore non è grande come tutto il cielo sopra di noi, Natura in replay, Flagello e amore, e sicuramente qualcosa che dimentico causa emozione. Extra repertorio, propone Simbiosi degli Afterhours. Difficile aggiungere altro; si rischia di ripetersi. Moltheni è una realtà importante per la musica italiana, e le persone lo sanno già da un po’, si vede dall’attenzione e dalla devozione con le quali lo seguono; è un personaggio che ama la musica e che la fa amare. Doveva suonare 50 minuti, ha chiuso dopo circa un’ora e mezzo. Una serata eccezionale, grazie a tutti gli ingredienti che l’hanno caratterizzata. Soprattutto grazie a Umberto Giardini, in arte Moltheni.

20091229

cinque e mezzo


Qualcuno ogni tanto mi chiede perchè vado a lavoro così presto la mattina. Questo è il vero motivo: sono infatuato di Patrizia Morgani, conduttrice di RaiNews24, su Rai Tre alle 5,30.

bettino


Ci risiamo. La rivalutazione di Bettino Craxi. E' di questi giorni la notizia che il Comune di Milano, o meglio, il sindaco Letizia Moratti, è intenzionata ad intitolare a Craxi una via o un parco (articolo dal Corriere, grazie alla segnalazione di un altro amico).


Posso anche ammettere che di sicuro Craxi è stato un politico: ha fatto cose, a differenza di certi che si ritengono politici oggi, e che fanno si, ma per se stessi. Non ero d'accordo probabilmente col 99% delle cose che ha fatto, ma così è e dev'essere.

Il problema è che ha "fatto" anche, nel senso di "inventare", il sistema delle tangenti. Lo spiega bene Beppe Grillo nei suoi spettacoli. Ogni partito prendeva qualcosa, quando c'era da costruire. A Milano, ma anche in altri luoghi.

Ma non solo. Alla fine, ha pure "rubato" una fontana per metterla in giardino ad Hammamet, se non ricordo male.

Senza contare l'abolizione della Scala Mobile (che tempi), e che negli ultimi anni era in pratica un latitante, io personalmente non gli intitolerei un bel niente. Poi, facciano loro: ormai ho perso le speranze.


Nella foto d'archivio, un Bettino Craxi d'annata con un amichetto di giochi.

bonifica


Questa mattina ho visto le foto dell'allagamento dell'autostrada Firenze-Mare, rimasta chiusa (lo è ancora, ma nei giorni scorsi è stato chiuso anche il tratto della Livorno-Genova perpendicolare allo stesso tratto, sempre per lo stesso motivo) per un po'; poco fa leggo un articolo segnalato da un amico. Magari in questi giorni sono irascibile per niente, ma il fatto è che, l'articolo è questo, mi incuriosisce il passaggio:

''Se non si riesce a tenere la situazione, allora è un problema grave - dice Fortunato Angelini, presidente del Consorzio di bonifica - Se vanno via gli argini il danno è enorme. Per le case, le aziende. E per il lago di Massaciuccoli che rischiamo di perdere''

Ora, precisiamo, si sta parlando del fatto che, secondo le previsioni, entro venerdì il lago esonderà dalla sua sede. A parte il fatto che non ho capito perchè il lago dovrebbe perdersi, quando leggo "consorzio di bonifica" mi viene in mente quel bollettino che mi arriva a casa ogni anno (me ne arrivano due, uno a nome mio e uno a nome di mio padre), da pagare, appunto, per "opere di bonifica", che, si suppone, riguardano la pulizia dei corsi d'acqua e degli invasi dei laghi.

Mi verrebbe da domandare al signor Angelini, che cosa avete fatto con i soldi del consorzio di bonifica lucchese (suppongo)?

Così, per curiosità eh. Per capire.

frankie stay in Italy

Inneres Auge (Franco Battiato)
Come un branco di lupi
che scende dagli altipiani ululando
o uno sciame di api
accanite divoratrici di petali odoranti
precipitano roteando come massi da
altissimi monti in rovina.
Uno dice che male c’è
a organizzare feste private
con delle belle ragazze
per allietare primari e servitori dello stato?
Non ci siamo capiti
e perché mai dovremmo pagare
anche gli extra a dei rincoglioniti?
Che cosa possono le leggi
dove regna soltanto il denaro?
La giustizia non è altro che una pubblica merce…
di cosa vivrebbero
ciarlatani e truffatori
se non avessero moneta sonante da gettare come ami fra la gente.
La linea orizzontale
ci spinge verso la materia,
quella verticale verso lo spirito.
Con le palpebre chiuse
s’intravede un chiarore
che con il tempo e ci vuole pazienza,
si apre allo sguardo interiore:
inneres auge, das innere auge
La linea orizzontale ci spinge verso la materia,
quella verticale verso lo spirito.
Ma quando ritorno in me,
sulla mia via, a leggere e studiare,
ascoltando i grandi del passato…
mi basta una sonata di Corelli,
perché mi meravigli del creato!

charlie oh charlie


Factotum – di Bent Hamer 2006


Giudizio sintetico: no!!


Henry Chinaski è un loser, di quelli veri e senza via di scampo. Vive, o meglio, sopravvive a Los Angeles, cerca continuamente lavoro, o meglio, cerca quel che basta per pagarsi una camera e ubriacarsi. Preferisce giocare alle corse dei cavalli che lavorare, infatti si adatta a qualsiasi cosa, garzone per una ditta di surgelati, addetto all’inscatolamento di sottaceti, impacchettatore di ganasce per freni d’auto, addetto in un negozio di biciclette, pulitore di statue, ma dura più sott’acqua che a lavorare. Gli piacciono le gambe delle donne, e scoparle (in maniera piuttosto tradizionale, si direbbe) e scoparne il più possibile.

Ma il demone che lo divora veramente, è quello della scrittura, cosciente di essere il migliore, e di essere il solo e unico giudice di se stesso e della sua vena prosaica. Tutto il resto è abitudine, e niente lo scalfisce più di tanto, neppure i continui rifiuti, o meglio, il continuo non essere considerato dagli editori ai quali spedisce continuamente i suoi scritti. Decine, centinaia, migliaia.


Factotum è l’ennesimo tentativo di far vivere la magia decadente e maledetta di Charles Bukowski e dei suoi scritti, inarrivabili, sul grande schermo. Tratto da uno dei suoi tanti libri, l’operazione è stata fortemente voluta da Bent Hamer, qui regista, sceneggiatore e produttore (negli ultimi due ruoli affiancato da Jim Stark), autore dello sghembo ma bellissimo “Kitchen Stories”, gioiellino non-sense norvegese uscito circa tre anni fa, che riscosse un buon successo di pubblico grazie al passaparola, unito ad un grande consenso critico.

E’ questo successo, unito al grande amore per Bukowski, che probabilmente ha convinto Hamer a gettarsi in questa impresa, che comportava il rischio di inimicarsi l’intera schiera di fans bukowskiani sparsi per tutto il mondo. Non ci sono, evidentemente, altre spiegazioni, davanti ad un film estremamente deludente, e sorprendentemente ben recensito dai più.

Possiamo tentare di indagare a fondo sulla non riuscita di questo film, che, detto tra noi, attendevo con favore, e, ne sono certo, come me molti altri. Lo stile di Hamer, evidentemente, non è adatto a descrivere un pezzo dell’immaginario (ma anche della realtà) di Bukowski. Non lo è perché il suo stile tende ad appiattire tutto, partendo dalla fotografia, che rende tutto grigio ma non cupo. Non lo è perché il suo senso dell’umorismo è talmente freddo da non sposarsi affatto con quello graffiante, ma soprattutto molto autoironico (e autodistruttivo) proprio di Bukowski. Non lo è perché Bukowski stesso e i suoi personaggi erano, e sono, molto, ma molto più disperati di come ce li dipinga Hamer; quella disperazione che ti fa capire che non hai più niente da perdere, quindi è meglio che te la passi alla grande anche solo per un minuto.

Questo, e molto altro, Hamer non riesce a descriverlo, a padroneggiarlo, a raccontarlo.

E non bastano un paio di (belle) inquadrature della città dal basso in alto, metaforicamente, dove si vede il quartiere (i quartieri) dove abitualmente bazzica Chinaski e, sullo sfondo, i grattacieli che dominano il resto, a farci capire che di qua ci sono, appunto, i losers, e di là ci sono quelli che vincono. Non basta neppure la scena finale (bellissima), dove c’è il sunto di tutto Bukowski, e dove Matt Dillon ci fa capire, con un paio di movimenti di sopracciglia, cosa sarebbe potuto essere questo film nelle mani di un altro regista.

Probabilmente la camera (troppo) fissa di Hamer non fa rendere per niente la fisicità estrema con la quale recitano sia Dillon (Chinaski) che Lili Taylor (Jan), in due buone prove, ma non eccelse (non sapremo mai se dovute al contesto del film o a loro stessi); risulta quasi più convincente una rediviva Marisa Tomei (Laura), che risulta sempre carina ma gonfia e sfatta quanto basta: se lo ha fatto per il film è bravissima, se è così adesso, vuol dire che, come si dice dalle mie parti, “ha fatto il frano” (è invecchiata, non è più come prima).

La scansione un po’ troppo spezzettata, quasi a piccoli episodi, complica ulteriormente la messa in scena, privando il film di una certa fluidità che gli avrebbe quantomeno giovato.

Il risultato è, in definitiva, di una freddezza unica, una freddezza che non avremmo mai voluto trovare in un qualcosa che si riferiva a Charles Bukowski, per nulla al mondo.

Perché la sua prosa era, ricordiamolo, musica per organi caldi.
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Edit: come gran parte delle recensioni di film non di recente uscita, questa è una critica scritta all'epoca dell'arrivo sugli schermi del film in questione (2006); la precisazione è importante soprattutto per il discorso fatto su Marisa Tomei: le sue apparizioni dopo questa pellicola ci dimostrano che si è, come dire, "ben conservata", ed appariva "sfatta" per il film.

20091228

brother


Fratelli di sangue - di Davide Sordella 2006


Giudizio sintetico: da evitare


Tre fratelli, anzi due fratelli e una sorellastra, si ritrovano per la festività del Natale dopo 10 anni dall'ultima volta in cui si sono visti, nella cantina della casa di famiglia. Proprio dove, 10 anni prima, è accaduto qualcosa di inenarrabile. Sergio, il più grande, che vive a Londra ormai da quando non si sono più visti, è sposato ed ha dei figli, Roberto, il minore dei ragazzi, quello che ha sempre sofferto di complessi di inferiorità verso Sergio e, in segreto, ha sempre amato la sorellastra, e Lella, appunto, la sorellastra, bella e dolce, si ritrovano in quella cantina come per regolare dei conti mai chiusi.


Una mattonata pesantissima, questo debutto di Sordella, diplomato alla London International film school nientemeno che di Mike Leigh, che secondo alcuni critici si ispira a Tennessee Williams (e gli possiamo anche dare ragione), ma che alla fine "spreca" tra buonissimi attori, Fabrizio Gifuni (Sergio), Fabrizio Rongione (Roberto, visto in Il matrimonio di Lorna e in Tartarughe sul dorso) e Barbora Bobulova (Lella, of course), con un film esageratamente claustrofobico (85 minuti tutti, e dico tutti, in una cantina), con una sceneggiatura esilissima e, soprattutto, dei dialoghi di una pochezza esasperante. Nemmeno il "colpo di scena" (abbastanza telefonato) finale riesce a salvare Fratelli di sangue dal naufragio. Per una volta, i distributori che, a quanto mi risulta, non hanno "fatto girare" il film, hanno avuto ragione.

20091227

domande

TERRORISMO: PADRE ATTENTATORE AVEVA AVVERTITO USA PERICOLO
Alhaji Umaru Matullab, il padre Umar Farouk Abdul, il 23enne nigeriano che ha tentato di far saltare in aria il volo Amsterdam-Detroit della Delta, aveva segnalato sei mesi fa l'ambasciata Usa ad Abuja che suo figlio stava frequentando ambienti estremisti e che avrebbe potuto rappresentare una minaccia per gli Stati Uniti. Ex ministro e presidente della prima banca nigeriana, Alhaji Umaru Mutallab si e' chiesto oggi come mai non sia stato impedito al figlio di salire sul volo per gli Usa (AGI)
(26 dicembre 2009 ore 23.31)
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In effetti, me lo chiedo anch'io.

l'uomo che dà fastidio


Den brysomme mannen - di Jens Lien 2006


Giudizio sintetico: da vedere



Andreas, all'incirca quarantenne, tenta il suicidio gettandosi sotto la metro. Si ritrova, trasportato da un autobus, in un deserto roccioso e in mezzo al nulla. L'autobus lo scarica, e c'è uno strano personaggio ad attenderlo, un signore di mezz'età che ha perfino apposto uno striscione di benvenuto su un casottino. Lo aspettava. Lo carica in macchina e lo porta in città, ad un appartamento stile minimale ma più che funzionale, dicendo ad Andreas che quella è la sua casa e che l'indomani mattina lo porteranno al suo nuovo lavoro. Cosa che puntualmente accade. Il lavoro è semplice, i colleghi gioviali, il capo comprensivo, gentile, collaborativo, disponibile fino all'eccesso. Eppure, c'è qualcosa che non quadra. Andreas, insieme ai colleghi, viene invitato a cena a casa del capo, conosce Anne, la invita fuori, si piacciono, fanno l'amore, decidono di andare a vivere insieme, sono felici. Eppure, c'è qualcosa che non quadra. Andreas, in un bagno di un locale, sente un uomo che si lamenta, dicendo che gli alcolici non fanno ubriacare, che il cibo non ha sapore. Andreas conosce Ingeborg, una nuova collega. La invita ad uscire. Si piacciono. Fanno l'amore. Lei sa che lui convive con un'altra. Non è un problema. Andreas si reca sul luogo dove l'autobus l'ha scaricato: la scena si ripete, un "nuovo" arriva, il solito uomo issa uno striscione di benvenuto, lo preleva, lo porta in città. Andreas lascia Anne per Ingeborg, e continua ad esserci qualcosa che non quadra. Andreas si mette a cercare l'uomo che nel bagno di quel locale, diceva quelle cose...


Un film inquietante, divertente, filosofico e profondo al tempo stesso. Un film, evidentemente, troppo intelligente e intellettuale per gli spettatori italiani. Infatti, dopo 3 anni, il film è uscito in tutto il mondo fuorchè in Italia.

Un vero e proprio splatterstick questo film norvegese, frutto della collaborazione del regista Jens Lien con lo sceneggiatore Per Schreiner, col quale aveva già collaborato per un paio di cortometraggi, ma soprattutto, sentite questa, tratto da una commedia radiofonica di Schreiner, che voleva "scrivere un film horror per la radio".

Il film ha un equilibrio invidiabile, nonostante sia come detto, una sorta di horror misto a una commedia. Le facce degli attori, soprattutto quella dello splendido protagonista Trond Fausa Aurvåg, non "sbragano" mai, neppure durante le sequenze più estreme, che potrebbero far pendere la bilancia verso l'horror o verso la commedia. Questo, insieme alla rigorosa regia di Lien, e alla fotografia nitida ma tendenti ai colori tenui, fa si che la storia rimanga entro confini che permettono allo spettatore di rendersi conto che sia l'horror, sia la commedia, sono arnesi che il regista usa per mettere in scena un film tremendamente serio, che innesca una riflessione sul senso della vita occidentale, soprattutto di quella ordinata e socialdemocratica dei paesi scandinavi. Pensate: a parte le traduzioni più o meno precise del titolo norvegese (l'uomo che disturba), in Francia è stato distribuito col titolo di Norway of Life, ma la variante che, forse, è la più indovinata, anche se un po' complessa, effettivamente, è quella belga (in lingua netherlands): No(r)way of Life.

Un film che bisognerebbe vedere.

20091226

dovete sapere che jumbolo ogni tanto scrive in anticipo alcuni post postdatandoli, così che il sistema li pubblichi solo nella data che lui ha messo. soprattutto le recensioni dei film.
comunque.
sono in attesa della sua classifica dei migliori film del 2009. ovviamente non ancora pubblicata. speravo di vedere il post già scritto in bacheca, ma non ancora pubblicato. e invece nulla. non l'ha ancora scritto.
peccato, niente anticipazioni.
la neve un pò alla volta se ne sta andando, oggi c'era il sole e quasi caldo. a tratti sembrava primavera.

napule


Le quattro giornate di Napoli - di Nanni Loy 1962


Giudizio sintetico: da vedere


L'8 settembre 1943 fu data lettura radiofonica dell'Armistizio di Cassibile, con il quale il Regno d'Italia cessava le ostilità contro le forze alleate. Esercito italiano allo sbando, i Nazisti, già dal 12 settembre, con il proclama del Colonnello Scholl, assumono il comando della città. I napoletani, già allo stremo, esasperati da episodi cruenti, insorgono definitivamente tra il 27 e il 30 dello stesso mese, fino a costringere i tedeschi a lasciare la città: quelle date passano alla storia come, appunto, "Le quattro giornate di Napoli".


Il film di Nanni Loy, ispirato dal libro La città insorge: le quattro giornate di Napoli di Aldo De Jaco, del 1956, è un film corale che, con una forte retorica nazionale, tocca le corde della commozione, ma riesce, seppur in una storia così cruenta e drammatica, ancor più commovente visto che è storia, anzi, Storia, anche a far sorridere. Grazie a dialoghi e caratterizzazioni che sembrano cogliere perfettamente il carattere teatrale e drammaturgico dei napoletani veraci, infatti, il film passa da momenti molto drammatici a battute fulminanti. Ottime le scene con grande impiego di comparse, quelle di guerriglia e di azione in genere, discreta la fotografia in bianco e nero, apparizioni più o meno brevi di attori famosi (Aldo Giuffré, Lea Massari, Enzo Turco, Gian Maria Volonté), il film è davvero coinvolgente.

20091225

natalons

natale. in attesa del natale.
partita a carcassone, che era da un sacco di tempo che non ci giocavo. bello come sempre. pasta fresca, coniglio, carne e recioto della valpolicella.
che una bottiglia la dovrei mettere via da far assaggiare a daniele.
poi un vecchio disco di jannacci...che mi piace sempre. una classe alta così, ma soprattutto una milanesità che chi non è stato a bere un bicchiere di rosso al bar d'angolo in via canonica non può capirne le sfumature.
che milano poi è cambiata negli ultimi anni, la bocciofila ad esempio è diventato un ristorante, frequentato da comici.
ormai ci è rimasto solo sesto san giovanni. ultimo baluardo partigiano, dove c'è ancora il cineforum gratuito.
di palo in frasca. comunque la cameretta della musica è ormai diventata la cameretta dei colori latte miele.
natale ancora in attesa.

aggressioni


La notizia di oggi è indubbiamente l'aggressione al Papa. Anche se qui siamo in un altro Stato (e su questo ci sarebbe da aprire una discussione lunga secoli), la cosa mi ha fatto riflettere in questo senso.

Dall'11 settembre 2001, ogni tanto siamo stati informati, in Italia (anche all'estero, ma qui stiamo parlando di "noi"), di azioni di Polizia o di Intelligence (ah ah), che avevano sgominato bande di terroristi presenti sul territorio, o addirittura sventato attentati pericolosissimi.


Poi, all'improvviso, nel giro di pochi giorni, due persone con un precario equilibrio psichico, sul nostro territorio, prima spaccano la faccia al Premier e poi sdraiano il Papa, rompendo un femore a un cardinale che gli stava accanto.


Ma davvero pensate di prenderci per il culo così? Mica siamo tutti spettatori "credenti" del TG4 eh!!
Buon Natale!!

o mia bella Lola


Lola - di Rainer Werner Fassbinder 1981


Giudizio sintetico: da vedere


Una decina d'anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, in una piccola città bavarese, Lola è la maggiore attrazione del bordello di proprietà di Schukert, imprenditore edile locale, che da lei ha avuto anche una figlia. Lola è ovviamente, anche una prostituta, desiderata da tutti. La città è in subbuglio per l'arrivo del nuovo assessore all'urbanistica, tale von Bohm, che si rivela un funzionario incorruttibile ma intelligente e disposto al compromesso. Lola, all'inizio quasi per sfida, o per scommessa, si interessa a lui, facendo la sua conoscenza e, allo stesso momento, breccia nel suo cuore, senza però rivelargli la sua professione. Alla vigilia della conclusione di un progetto importante, che porterebbe enormi guadagni a Schukert, Esslin, segretario di von Bohm innamorato anche lui di Lola e arrabbiato con Schukert, porta von Bohm nel bordello, dove alla vista di Lola che canta rimane folgorato, e ferito come una belva feroce: il giorno seguente blocca il progetto. E Lola...


Seconda parte della Trilogia della Germania Ovest, dopo Il matrimonio di Maria Braun e prima di Veronika Voss, si presenta con delle similitudini con Maria Braun, anche se senz'altro più divertente, e ambientato una decina d'anni più tardi, le cose non cambiano. Una critica dura e spietata al progresso e al miracolo della rinascita tedesca dopo la guerra, paragonata a una nazione corrotta, pronta a scendere continuamente a compromessi, che si comporta proprio come una prostituta. Macchina da presa eclettica (le riunioni della commissione), qualche scena indimenticabile (l'esibizione di Lola dopo che von Bohm l'ha vista nel bordello), cast di gran livello, con ottime prove di Mario Adorf (Schukert), Armin Mueller-Stahl (von Bohm), Matthias Fuchs (Esslin) e Barbara Sukowa (Lola, bellissima e sensuale).

20091224

storia?


Fino ad ora, Obama è stato una delusione. Ha perfino beccato il Nobel per la pace proseguendo un paio di guerre, e non è stato quella novità che alcuni di noi si aspettavano.

Adesso, con la riforma sanitaria mette a segno un bel colpo. Zucconi dice che lo farà entrare nella storia. Non so, può anche darsi.

Certo, che anche solo a leggere sommariamente, c'è proprio da riflettere. Spesso si prendono ad esempio gli USA, grossolanamente, o per cose che con un certo tipo di civiltà c'entrano poco, poi ci si rende conto che non sono propriamente messi bene: questa riforma, che viene già considerata epocale, coprirà l'assistenza medica del 95% degli statunitensi, "lasciando scoperti soprattutto gli immigrati senza permesso di soggiorno".

Per gli USA è un grosso passo avanti, per l'Italia sarebbe un passo indietro.


Certo, non per quelli, come la Lega, che gli immigrati li vogliono mandar via, o come quelli che vogliono privatizzare la Sanità.


Buon Natale.

basia


Un grazie enorme, per il più bel regalo di Natale, a Massi e Sylwia. Sono andati a vedere Basia Bulat in concerto a Varsavia (un concerto fantastico, per come me lo ha raccontato Massi), e le hanno parlato di me. Questo è il risultato. Massi ha fatto promettere a Basia che il prossimo suo tour toccherà la Toscana. In gennaio esce il nuovo disco Heart Of My Own.
I love you too, Basia.

whore


Yo puta - di María Lidón 2004


Giudizio sintetico: si può vedere


Inchiesta sui generis, ma non per questo meno interessante, sul mondo e sul perchè del cosiddetto mestiere più antico del mondo; espediente narrativo (piuttosto esile, dobbiamo dirlo subito), una giornalista (che non vediamo mai) che sta scrivendo un libro al proposito, e due sue vicine di casa, Adriana e Rebecca, la prima aspirante attrice senza nessuna parte, la seconda laureanda in antropologia senza soldi, che si avvicinano al mondo della prostituzione per ovvi motivi di sopravvivenza.


Spesso è interessante "scavare" nelle origini dei film. Su questa specie di documentario (la parte "americana", o meglio, quella delle due vicine di casa che, per un motivo o per un altro si prostituiscono, è di fiction, e poco riuscita, tra l'altro, non sappiamo se per la debolezza delle due attrici, Darryl Hannah e Denise Richards; c'è anche Joaquim de Almeida, ma si vede davvero poco), si viene a sapere che è tratto da un libro, Yo puta - Hablan las prostitutas, di Isabel Pisano, giornalista (e perfino attrice, addirittura con Fellini e Bigas Luna) uruguayana ma giramondo, che ha lavorato pure per la RAI e scritto per Il Giornale, oltre che per altri giornali stranieri, e che è stata per 12 anni la donna di Arafat. La Pisano ha contribuito anche alla sceneggiatura, e dirige invece María Lidón (con l'alias Luna), spagnola e soprattutto documentarista, che dimostra buona mano, inventiva e personalità quando è alle prese con interviste di persone che non fingono.

Ne esce un quadro interessante, per niente morigerato, e soprattutto senza teorie preconfezionate, un approfondimento che non vuole giudicare, sulla prostituzione femminile, sul porno e, in minima parte, sulla prostituzione maschile.

Esile ma ottima la colonna sonora, dove spiccano Il pazzo di Mina, e Jugadoras, jugadores de La Mala Rodríguez, durata breve che risulta rallentata dagli "inserti" fiction.

20091223

senza ali

Ryanair: da 23/1 stop voli Italia
La compagnia irlandese in polemica contro regole Enac

23 dicembre, 17:22
(ANSA) - MILANO, 23 DIC - Ryanair chiuderà 'temporaneamente' tutti i voli interni operati in dieci aeroporti italiani a partire dal 23 gennaio 2010.
Lo annuncia la compagnia low cost irlandese in una nota, in polemica con l'Enac, l'Ente nazionale per l'aviazione civile, sulle nuove procedure di identificazione dei passeggeri. L'Enac, sostiene Ryanair 'mina illegalmente le procedure di sicurezza' con le proprie ordinanze dell'11 e 12 novembre'.
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Ne sapremo di più nei prossimi giorni. Per il momento sospendiamo il giudizio.
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Edit:
http://it.reuters.com/article/italianNews/idITMIE5BM0JN20091223
http://news.google.com/news/story?ncl=dC24ia3M9jarXkMX6P1g_UaAotdsM&hl=it&topic=h&ned=it

radiodue


"IL GIGANTE E IL MAGO. UNA FIABA DELL'INVERNO"
raccolta da Vinicio Capossela e Marco Cervetti
Insieme a Vinicio Capossela e Marco Cervetti, le voci di Paolo Rumiz, Paolo Rossi, Gianni Mura, Vincenzo Mollica, Vincenzo Costantino Cinaski, Paolo Bonacelli e molti altri.
Venerdì 25 dicembre, dalle ore 11.00 , Radio Rai2 trasmetterà “Il Gigante e il Mago”, una fiaba natalizia scritta da Vinicio Capossela e Marco Cervetti.
Una fiaba che, attraverso la figura di “Nonno Gelo”, “Nonno Inverno” il “Ded Moroz” preso in prestito dalla tradizione favolistica russa, vuole recuperare lo spirito più autentico del Natale, quello più lontano dalla dimensione “consumistica” e più vicino al cuore delle persone.
La fiaba narra la storia di un bambino in compagnia dei suoi due amici immaginari, il Gigante e il Mago, che iniziano a raccontargli le avventure di “Ded Moroz” un essere della Natura, una specie di Babbo Natale del bosco che si occupa di donare l’inverno e renderlo splendido a mezzo del gelo. “Ded Moroz” ha dei pupazzi giocattoli che porta in dono, e ha un nemico, il Lupo Grigio che incarna il mondo consumistico del Natale e sabota i viaggi del “Ded Moroz” praticando buchi nel sacco dei giocattoli che si disperdono così nel grande bosco oscuro.
Un sabotaggio del Lupo Grigio provoca la caduta dei pupazzi del Gigante e del Mago che, da allora, iniziano un'avventura nel bosco oscuro e incantato per ricongiungersi al “Ded Moroz”. Un'avventura che li porterà ad incontrare diversi personaggi della fiabistica russa e che li porterà ad essere catturati dai servitori del Lupo Grigio. Solo grazie ai dono magici ricevuti nel bosco il Gigante e il Mago riusciranno a scappare e a ricongiungersi al “Ded Moroz” che radunerà le schiere del suo mondo antico per sconfiggere il Lupo.
Per conoscere il finale della fiaba e sapere se lo spirito più autentico del Natale trionferà su quello legato alla dimensione “consumistica” dovremo aspettare la mattina del 25 dicembre.
Nel frattempo, come dice Vinicio Capossela, “Grazie, auguri e buon divertimento!”.
PERSONAGGI E INTERPRETI DE “IL GIGANTE E IL MAGO”
NARRATORE – PAOLO RUMIZ
COMMENTATORE — VINICIO CAPOSSELA
IL GIGANTE – MARCO CERVETTI
IL MAGO – CHRISTOPHER WONDER
LUPO GRIGIO –VINCENZO COSTANTINO
L’AEROPLANINO – TAKETO GOHARA
DOMOVOI – PAOLO ROSSI
IL LUCCIO PARLANTE – VINCENZO MOLLICA
L’ORSO – PAOLO BONACELLI
INVIATO AL CONCILIO – GIANNI MURA
BABA JAGA – VINCENZO VASI, GIOVANNA GALLELLI
PORCOSPINO, SPIRITO CHE LA SA LUNGA – MASSIMILIANO CUTRERA
SNEGURICKA – EVGENIA ZYRIANOVA
IL DED MOROZ – ALBERTO ROLLO
GIOCATTOLI E ANIMALI DEL BOSCO: EDOARDO ROSSI, CARLOTTA CARUSO, CHIARA GUGLIELMI, VITO PLANCES, ANDREA ROBINO RIZZET, DILETTA DONATI, GIOVANNA GALLELLI
E con:
CORO: GLI APOCRIFI
PIANO E GIOCATTOLI - VINICIO CAPOSSELA
THEREMIN - VINCENZO VASI
CRISTALLARMONIO - GIANFRANCO GRISI
OPTIGAN - MIRCO MARIANI
ORGANETTO DI BARBERIA - SAMANTA BALZANI
SCATOLE MUSICALI OFFERTE DA FRANCO SEVERI PER A.M.M.I.
REGIA DEL SUONO - TAKETO GOHARA
DIRETTORE DI PRODUZIONE – ANDREA RICCI “SUPERSONICO”
PRODUZIONE ESECUTIVA - LUCA BERNINI per LA CUPA srl
REDAZIONE DEL TESTO - ELETTRA MALLABY
UN FOLLETTO – GIORGIO BOZZO
REGIA di VINICIO CAPOSSELA

buddy jesus


Gesù aveva la partita Iva
Dall’ultima puntata dell’Infedele dedicata alla Lega abbiamo imparato moltissimo. Anzitutto, attraverso la faccia del ticinese Bignasca (vincitore del referendum anti minareti) abbiamo capito che c’è perfino peggio di Calderoli e Borghezio. Poi abbiamo sentito la bella rievocazione di Enzo Bianchi (priore di Bose) del Natale di Gesù, bimbo povero e migrante, che nessuno voleva accogliere. Una storia sulla quale si basa tutta la nostra cultura, ma che, in questa versione, non è piaciuta al ciellino Luigi Amicone. Il quale ci ha tenuto a precisare: «Gesù non era poi così povero; in fondo era figlio di un artigiano». E qui Gad Lerner non ha mancato di notare il tentativo di iscrivere anche il figlio di Dio alla piccola borghesia, strappandolo alla miseria degli ultimi per sollevarlo almeno al livello del lavoro autonomo padano. Insomma, un Cristo con la partita Iva, pronto a rivotare Formigoni e magari perfino il carcerato Prosperini.

Fronte del video di Maria Novella Oppo

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Ringrazio l'amico Amaranthus per la segnalazione. Ho visto una ventina di minuti della trasmissione in questione. Ero allibito dalle elucubrazioni di questo Amicone, che scopro con un certo raccapriccio essere di CL.

Se essere cattolici e cristiani vuol dire questo, chiederò a breve di essere sbattezzato. Poi voglio essere battezzato di nuovo solo dal Buddy Jesus di Kevin Smith in Dogma (foto).

il paese è reale 2


Innanzitutto, volevo ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a questa breve ma intensa discussione, nata nei commenti del post indicato, ma soprattutto volevo ringraziare le donne intervenute. Mi pare molto importante.


Non vorrei aggiungere altro a livello di opinioni, credo che ormai chi segue fassbinder sappia o abbia capito come la penso su tutti gli argomenti qui affrontati.

Voglio però fare un "collegamento" rischioso. Siamo partiti dal fatto che sui giornali italiani non viene dato spazio a certi argomenti (lo faccio notare spesso, e sottolineo ancora una volta, non si nascondono o si mettono in secondo piano solo notizie riguardanti la sfera omosessuale, ma pure fatti di politica estera quali la protesta di Aminatou Haidar di qualche giorno fa); siamo arrivati (ovviamente) alla politica italiana e ai suoi massimi rappresentanti (al solito).

Si dà per scontato che certe notizie non interessino l'italiano medio (che poi, non so quanti italiani medi leggano i giornali), e che ad esempio le adozioni da parte di coppie gay non attirerebbero l'attenzione degli italiani. Tenendo conto che l'amico Mau, che di fatto ha innescato la discussione, pare non essere d'accordo, al contrario di me, ma questo non dimostra niente, né io né Mau abbiamo la verità in tasca, gli organi di stampa, e pure i politici italiani, avrebbero il compito di far conoscere alle persone, agli elettori, che c'è questa possibilità, fuori da qui. Che c'è questa opzione.

Magari anche palesando come la pensano, anche se sono contrari. Poi, gli elettori deciderebbero. Ne parlavamo ieri in altra sede, con alcuni di quelli che sono intervenuti in questa discussione, ma ne parlava addirittura Casini ieri sera a Ballarò: la politica, e qui esprimo un'opinione del tutto personale, non deve andare incontro a quello che vuole l'elettore per "arrivare primo", deve palesare una convinzione e accettare il voto. Ma deve anche indicare alcune strade percorribili. I matrimoni gay, e, altro argomento, le adozioni da parte delle coppie gay, sono delle opzioni. Esistono, in altri paesi. In Italia, indirettamente, la maggioranza si è espressa, preferendo sempre schieramenti politici che non vedono di buon occhio tutto ciò che riguarda le coppie gay. Ciò non toglie che da altre parti esistano governi e popolazioni che invece non sono infastiditi da questo, anzi.

Si potrebbe anche riflettere sul fatto che in Italia, il divorzio esiste dal 1970, mentre in Tunisia, tanto per dire un paese che, magari, da chi vota questa maggioranza (in Italia) è considerato meno civile, esiste dal 1957, più o meno.

Questo per fare un esempio, e per dire: non solo i politici dovrebbero anche "stimolare" la sensibilità civile del cittadino, sul pane ma pure sui diritti civili, invece di limitarsi a guardare i sondaggi e a rilasciare dichiarazioni in conseguenza di ciò che pensa la pancia del paese, ma pure i media dovrebbero "educare" il cittadino, mostrandogli che, come dicevano i Matia Bazar, "c'è tutto un mondo intorno".

el chuncho


Quien sabe? - di Damiano Damiani 1966


Giudizio sintetico: si può vedere


Un cittadino statunitense, Bill Tate, viaggia su un treno messicano nei pressi di Ciudad Juarez. Quando il treno, pieno di militari dell'esercito messicano, viene assaltato da un gruppo di ribelli rivoluzionari, si unisce a loro, con una manovra sospetta. Viene soprannominato prontamente il Niño, dal capo del gruppo, El Chucho. Il gruppo ruba armi all'esercito e le rivende sulla Sierra al Generale Elías, comandante dei rivoluzionari. Dopo alcune titubanze, in seguito alla fermata, per festeggiare un paio di assalti riusciti, nel paese di San Miguel, Il Niño convince quasi tutti a ripartire per la Sierra, contrariamente al Chucho che rimane a San Miguel insieme a suo fratello, il Santo; ma l'indomani, quando il Chucho si accorge che i suoi compagni hanno preso anche la mitragliatrice che, dopo tanto, era riuscito a recuperare, li insegue.


Damiani, regista e sceneggiatore di lungo corso, con il gusto per il trash e una certa dose di violenza, girò questo interessante Spaghetti Western, famoso anche per essere uno dei primi che dà spazio ai ribelli messicani. Grossolano ma divertente, una sceneggiatura che regge fino alla fine, con colpi di scena a ripetizione, contiene anche un edificante messaggio idealista (e rivoluzionario). Protagonisti l'algido Lou Castel (Niño, un attore colombiano particolarmente attivo in Europa e soprattutto in Italia), un allucinato e giovane Klaus Kinski (il Santo), un divertente Volonté (el Chucho), che usa un misto di italiano (con cadenza veneta, chissà come mai spesso la parlata messicana viene avvicinata al dialetto veneto, vedi Babel) e spagnolo, e una bellissima ed esotica Martine Beswick (Adelita), già famosa per essere stata la Bond Girl di un paio di film di 007, che ritroveremo protagonista in Ultimo tango a Zagarol.

Uscito negli USA come A Bullet for the General, e conosciuto anche come El chuncho, quien sabe?

20091222

il paese è reale

Città del Messico, una delle metropoli più grandi del mondo (e forse anche più cattoliche), approva il matrimonio gay, e le adozioni (sempre gay). Notizie sparse, ovviamente non sui quotidiani italiani (grazie anche alla segnalazione di Anellidifumo).

In un paese dove ci vuole l'esercito per spalare la neve, e dove al cinema trionfano i cinepanettoni, cosa vogliamo aspettarci?

Heart Of Darkness


Cuore di tenebra - di Joseph Conrad

Sul finire del 1800, cinque membri dell'equipaggio del Nellie, "una iole da crociera" all'àncora lungo il Tamigi, chiacchierano di cose da gente di mare. Marlow, uno di loro con "la propensione a raccontare storie", inizia a raccontare una sua esperienza al comando di un battello lungo il fiume Congo, in Africa, per conto di una compagnia interessata all'avorio, alla ricerca di un personaggio del quale aveva solo sentito parlare, tale Kurtz. Più si avvicna a lui, risalendo il fiume, più si dà conto della disumanità della colonizzazione, e del fatto che Kurtz viene idolatrato da chiunque lo conosca personalmente.

Finalmente sono riuscito a colmare una lacuna piuttosto grave, ed ho letto uno dei romanzi più citati e stimati della storia della letteratura, ovviamente considerato un capolavoro.
Pubblicato per la prima volta nel 1899, breve, scritto con una prosa relativamente moderna (considerato, appunto, l'anno di pubblicazione), ma piuttosto asciutta e mai ridondante, anche se formale ed elegante, il libro di Conrad ha diverse chiavi di lettura, ed ognuna risulta attuale.
Inutile ricordarle, o lanciarsi in nuove interpretazioni: ognuno, sia chi lo ha già letto, sia chi, spero, lo leggerà, avrà pensato o penserà le proprie. Certo è che nonostante la brevità, questo libro sembra fatto apposta per far riflettere su grandi temi.
Forse, il "cuore di tenebra", è proprio il nostro.

20091221

brunette





Qualcuno comincia ad accorgersene (che il ministro che tutti amano perchè è contro i fannulloni fa solo tante chiacchiere), vediamo quanto ci mettono gli italiani che votano la maggioranza.

Tra l'altro, vi invito, se aprite l'articolo linkato al titolo, a dare un'occhiata alla colonna sulla destra, in basso, dove c'è scritto "leggi anche".

Chi è che "fomenta il clima di odio"?

present


Una bella idea. Davvero una bella idea.

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Roma, 12:52
BERLUSCONI: PER LIBERTA' A NATALE REGALATE TESSERA PDL
Auguri di Natale online del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che dal sito del Giornale consiglia "a tutti gli italiani che amano la libertà" un'idea-regalo particolare: "A voi e a tutti i vostri amici regalate una tessera del Pdl. Ci darete piu' forza per continuare a resistere e a lavorare per il bene di tutti".

(21 dicembre 2009)

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Ecco, questa è la dimostrazione palese che in questo (povero) Paese, la politica, anzi la Politica, non esiste più.

Grazie a tutti e Buon Natale. Non aspettatevi regali da me, tantomeno una tessera del Pdl. E non perchè non ami la libertà.

Looking For Eric


Il mio amico Eric - di Ken Loach 2009


Giudizio sintetico: da vedere


Manchester, oggi. Eric Bishop non è messo benissimo. Ha circa 50 anni, e pensa al suicidio; soffre di crisi di panico (ma lui non lo sa), depressione, il rimorso per aver abbandonato la bella moglie giovanissima (che lui in verità ama ancora), conosciuta ad una gara di ballo (l'altra sua passione assieme al calcio) e poi sposata perchè messa incinta, 30 anni prima, non lo abbandona mai. Non è finita qui: vive con due figliastri, lasciatigli da una compagna scappata e mai più ricomparsa, con uno dei quali non ha un buon rapporto, e che si sta cacciando in grossi guai. Il film comincia con Eric che, in preda ad una crisi, gira contromano in una rotatoria con l'auto finchè non si scontra frontalmente con un'altra.

La solidarietà dei colleghi (Eric è un postino) e degli amici è commovente: cercano in ogni maniera di tirargli su il morale, di farlo sorridere, organizzano sedute di auto-aiuto a casa sua. Un po' in seguito a questo, un po' (soprattutto) per la marijuana sottratta al figliastro grande e fumata in camera sua, davanti ad un poster a grandezza naturale del suo idolo calcistico, Eric "entra in contatto" con Eric Cantona, indimenticata stella del Manchester United di alcuni anni fa. Il carisma di King Eric, assieme alla forza nascosta di Eric (Bishop) e al fatto che la figlia Sam, avuta con l'abbandonata (da Eric) Lily, abbia conservato con lui un buon rapporto, e che, essendo in procinto di laurearsi, ha bisogno che sia lui che la madre gli facciano da baby-sitters, avendo cura della nipote Daisy, riusciranno a dare una svolta alla vita del postino, che però, nel momento più difficile, si affida al "gioco di squadra", come la tradizione calcistica vuole.


Non so, ho idea che chi fa l'oltranzista sul percorso di Loach, liquidando questo film come una commedia senza profondità, sbagli. Certo, probabilmente è il suo film più vicino a una commedia vera e propria, ma il cinema di Loach, pur essendo sempre costantemente dalla parte della gente comune, non ha mai mancato di ironia, divertimento, belle battute. Al tempo stesso, era un po' che non ci commuoveva così tanto, nonostante i sentimenti siano sempre come nervi scoperti, quando ci si pone alla visione di un film del "compagno Ken".

Insomma, alla fine, è proprio un bel film, questo Looking For Eric, nella versione originale, decisamente più azzeccato, come titolo, della traduzione italiana. Si ride, si piange, ci si emoziona e si tifa. Si tifa per Eric, Bishop, perchè non abbandoni la speranza, un po' come vorremmo non abbandonarla noi tutti.

Sceneggiatura come sempre superba, del fedele Paul Laverty, fotografia perfetta (al punto che quando ci capita, o ci capiterà di andare in Inghilterra, è così che ce la aspettiamo), regia talmente fluida e "naturale" che non pensi mai al fatto che ci sia qualcuno che posiziona o muove la telecamera, sei "naturalmente" dentro l'azione, attori poco conosciuti che però funzionano splendidamente.

Scoppiettanti i due protagonisti, Steve Evets (Eric Bishop) ed Eric Cantona (se stesso), impagabili tutti gli amici di Eric (la scena delle maschere è indimenticabile), delicatissima Stephanie Bishop (Lily).

Diversi critici bravi hanno paragonato questo film a La vita è meravigliosa di Capra. Io credo solo che Loach non abbia mai fatto lo stesso film, e questo da più di 40 anni, e che riesca sempre a stupirci. Tutto qua.

20091220

rugby

Ancora una volta, il rugby supera il football. Dal Messaggero:

L'outing di Thomas, stella del rugby:
sono gay, il mio segreto una sofferenza

«Mi sono sposato per mantenere le apparenze. Spero
che fra 10 anni per chi è come me non sia più un problema»

LONDRA (19 dicembre) - Gareth Thomas, ex capitano e stella della nazionale gallese di rugby, con cui ha messo insieme 100 presenze e 41 mete realizzate in test-match, e capitano per due volte anche dei Lions britannici, ha deciso di fare outing e, in un'intervista pubblicata oggi dal quotidiano Daily Mail, ha rivelato di essere omossessuale.

«È molto difficile per me essere il primo giocatore di rugby di livello internazionale a rompere questo tabù - ha spiegato Thomas, che attualmente milita nei Cardiff Blues -. Non voglio essere ricordato come un gay che gioca a rugby. Io prima di ogni altra cosa sono un rugbista e basta. Sono omosessuale, ma ciò non vuol dire che vada dietro ad ogni uomo che cammina su questo pianeta. Per la legge dei grandi numeri, è chiaro che non posso essere l'unico rugbista che è gay, ma non so di altri colleghi attualmente in attività che lo siano».

Nell'intervista Thomas ha poi spiegato che il tenere nascosta la sua vera sessualità ha reso la sua vita adulta «una vera sofferenza» («sono passato attraverso fiumi di lacrime e assoluta disperazione») e che i sensi di colpa nei confronti dell'ex moglie Jemma gli hanno provocato una forte depressione. «Sapevo fin dai 16-17 anni di essere gay - dice al Daily Mail - ma decisi di sposarmi comunque per mantenere le apparenze. Sono stato un maestro dell'inganno, ma sapevo che come gay non avrei mai potuto ottenere ciò che ho conquistato nello sport. Ora sono in ansia per ciò che dirà la gente, ma spero che tra dieci anni per chi è nella mia condizione non sia più un problema rivelare una cosa del genere».

la su

uccidere Bill!


Kill Bill Vol.2 - di Quentin Tarantino 2004




Giudizio sintetico: da vedere



Visto che dobbiamo considerarlo un altro film, il volume 2 di Kill Bill è decisamente migliore del volume 1; oltre alla maestria tecnica e ai continui riferimenti ad un cinema spesso sottostimato in passato, patrimonio da sempre riconosciuto a Tarantino, caratteristiche da lui padroneggiate dagli inizi ma che qui raggiungono il top, il film ci riconsegna un regista geniale, ridondante nei dialoghi (che a volte lasciano il tempo che trovano, ma che spesso fanno gridare al miracolo) e in forma più che mai.


Ci si diverte molto, e l'assurdo è che, probabilmente, il momento più alto del film si realizza in quei lunghi momenti di schermo buio durante la sepoltura della sposa viva (viene in mente l'inizio di Dancer In The Dark di Von Trier, fatte, ovviamente, le dovute differenze).

Splendida la fotografia, diversificata a seconda degli episodi, combattimenti ridotti e, quindi, godibili al massimo, colonna sonora azzeccata e molto B-movies (ancora una volta); l'unico appunto che mi sento di muovere al film è ad un finale trascinato con un'alternanza di momenti semi-inutili (la melodrammaticità della sposa davanti al comparire "improvviso" della figlia, la riflessione filosoficamente spicciola sulle responsabilità della maternità) e di esplosioni di violenza; certo, potrebbero essere voluti, visto che, decisamente, siamo di fronte ad un regista che pare sempre scrivere le sceneggiature sotto stupefacenti.


Il che, la storia dell'arte ci insegna, non sempre è un difetto.

20091219

critical mass

Ispirato appunto ad un evento critical mass, il nuovo video dei 30 Seconds To Mars, Kings And Queens, dal nuovissimo album This Is War.
Capitanati dall'anche attore Jared Leto, qui con un nuovo look dal capello corto, che lo fa sembrare un giovane Gabriel Byrne, in questo pezzo non fenomenale ricordano un po' gli U2 (quelli buoni).
Il video ha una fotografia fantastica, ed è veramente suggestivo. La regia è di Bartholomew Cubbins, che poi è uno pseudonimo di Jared, e qui potete vedere la versione "corto" completa di titoli di testa e di coda.
A voi la versione edit.

uccidere Bill?


Kill Bill Vol.1 - di Quentin Tarantino


Giudizio sintetico: si può vedere


La prima parte di Kill Bill ha diversi pregi e un paio di difetti per niente trascurabili. Tralasciando tutti i discorsi sull'attesa (volutamente) creatasi, andiamo al nocciolo e partiamo dai pregi.

Tarantino ne sa di cinema. Rende omaggio a tanti (esempi : Dario Argento, Sergio Leone, se stesso, il cinema di Bruce Lee, Bud Spencer e Terence Hill), sfoggia un cast di strafighe, anche brave, alle prese con ottimo cinema d'azione (per inciso, Uma Thurman risulta ancor più "vera" lasciandosi riprendere in tutte le sue meravigliose piccole imperfezioni), mette in scena combattimenti ripresi in una maniera tale da ridicolizzare, al confronto, qualunque altro film d'azione e di combattimento, compresi quelli che si affidano alla computer-graphic. Infine, incastra una grande colonna sonora (anni '50 più '70) e giocherella magistralmente con bianco e nero, colore e "anime" giapponese (una parte "pregiata" del film, insieme al superbo mega-combattimento che conduce al finale). Qui, il confronto con un classico del cinema violento, "Natural Born Killers", nasce spontaneo e mette a nudo i difetti.

Il primo è che in un paio di occasioni, la sceneggiatura rischia di passare dall'iper-grottesco alla farsa (e la risata in sala serpeggia); il secondo è che tanta efferata, e superlativamente ripresa (come già detto) violenza, rimane fine a se stessa.

Se vi pare poco......

20091218

fine


Continuo ad avere dei dubbi su Fini, ma devo ammettere che questa è veramente una trovata spettacolare.


cambio di clima


Pronto il decreto per abbassare il tetto limite per le pubblicità per le pay-tv. Danni a Sky, vantaggi a Mediaset.

Strano. Non si capisce bene, ma sicuramente è una mossa per il bene del paese.

The Assassination Of Richard Nixon


The Assassination – di Niels Muller 2005


Giudizio sintetico: da vedere


1974, Stati Uniti d’America. Sam Bicke è un uomo sensibile, ideologicamente intransigente, insofferente a qualsiasi tipo di prevaricazione, ma fondamentalmente un debole. Figlio di immigrati, non riesce a realizzare il sogno americano a differenza del fratello più grande al quale finisce per rubare in maniera meschina. Il suo matrimonio è andato in pezzi, e lui è l’unico a non rendersene conto; non riesce a conservare un lavoro se non per brevissimi periodi, coltiva progetti lavorativi surreali, anche il suo migliore amico ormai lo compatisce.
Esasperato, decide di perseguire un progetto folle, per essere ricordato dai posteri, e per punire colui che la sua mente individua come il responsabile del suo fallimento ma anche del declino americano verso la dittatura dei bugiardi e l’affermazione di una schiavitù: il presidente Richard Nixon, in quel periodo sovraesposto alla televisione (vero incubo del film; politici avvertiti, altro che treppiedi o statuette del Duomo).
Decide di ucciderlo dirottando un aereo e facendolo schiantare sulla Casa Bianca (motivo, pare, dei problemi ai quali è andata incontro questa sceneggiatura) e di lasciare dei "diari" di testimonianza su nastro, che invia a personaggi famosi (nel film solo al maestro Bernstein, nella realtà a molti altri, anche attori, tra i quali Marlon Brando).

Tratto da una storia dimenticata, ma realmente accaduta, angosciante anche se si sa benissimo come non andrà a finire, The Assassination è una lenta e disperata discesa all’inferno senza clamore, di un uomo senza qualità (ma che non per questo merita di impazzire), stritolato da una vita, consentitemelo, di merda, ingabbiato da un idealismo da quattro soldi, ma onesto, un uomo predisposto si, alla follia, ma sicuramente aiutato a raggiungerla. Da cosa, giudicherà lo spettatore.
Bel tocco del debuttante Muller, un film coraggioso da mettere sullo schermo (un plauso a tutti i produttori e a chi ha fortemente voluto il film), che fa pensare a quanto sia facile "sbagliare" e a quanto siano diverse le reazioni dell’opinione pubblica, a seconda di come viene guidata e dalla situazione ambientale del momento, ottimi comprimari (sempre più bella, e brava, anche se trasandata, Naomi Watts), ma c’è da dire, senza nulla togliere al film, che esso stesso non esisterebbe senza uno straordinario Sean Penn.

20091217

clima


Berlusconi esce dall'ospedale: "Se cambia il clima politico il mio dolore non è inutile".


Tralasciando i titoli de Il Giornale e di Libero, nel frattempo lo scudo fiscale (e cioè: il condono per chi ha inculato il fisco nascondendo soldi al nero in Svizzera, in pratica) è stato prorogato fino a fine aprile 2010.


Silvio, ma ci prendi per il culo?


PS La domanda è retorica.

PPS Ricordo che la domanda retorica è una figura retorica che consiste nel fare una domanda che non rappresenta una vera richiesta di informazione (fonte: Wikipedia).

drabet


Gli innocenti - di Per Fly 2007


Giudizio sintetico: da vedere


Danimarca di oggi. Carsten è un insegnante universitario con evidenti simpatie di sinistra, teoricamente rivoluzionarie, con un intuibile passato di protesta ma con un presente fatto di una casa elegante in città, una casa per l'estate forse più bella, un figlio grande musicista classico, una moglie che gli vuole bene, alunni che lo rispettano e che ovviamente lui tratta con rispetto e simpatia, e un amante, Pil, giovanissima, bellissima, sua ex alunna, attivista no global molto coinvolta nella "lotta" contro le multinazionali e soprattutto le fabbriche di armamenti. Tutto scorre tranquillamente nell'ipocrisia, in una Danimarca con il massimo rispetto delle istituzioni, quando una mattina durante una lezione di Carsten squilla un cellulare. Dapprima lui rimprovera, senza esagerare, gli alunni, e li invita a trovare il cellulare che suona ed a spegnerlo. Poi, ci si accorge che il cellulare che sta suonando è il suo. Carsten si scusa simpaticamente, gli studenti ridono, e lui risponde ed esce dalla classe. E' Pil, è trafelata, gli chiede dei soldi perchè deve scomparire e gli dice che è nella casa estiva. Carsten va in tutta fretta alla casa estiva, e ci trova due "compagni" di Pil, insieme a lei, tutti molto in fibrillazione: durante un azione "dimostrativa" (danneggiamenti di apparecchiature di una fabbrica di armamenti), hanno ucciso un poliziotto. Pil lo sgrida, perchè gli aveva detto di non andarla a trovare. Si separano, i tre hanno intenzione di fuggire, Carsten invità Pil a costituirsi ma tentenna quando lei gli confessa che lei è l'autrice materiale dell'omicidio. Carsten torna a casa e ci trova la polizia: hanno già catturato i tre, proprio nella casa estiva. Carsten è scagionato, ma si vede costretto a confessare alla moglie dell'amante, e decide che rimarrà dalla parte di Pil, sostenendola anche se in carcere. Parte da qui una spirale che coinvolgerà i protagonisti, travolti dai sensi di colpa...


Scusatemi se ho detto anche troppo sulla trama di questo film. La prima cosa che ho pensato dopo aver terminato la visione è il classico "come cazzo ho fatto a perdermi questo film per così tanto tempo". La verità è che, scoprendo che Gli innocenti è in pratica la terza parte di una trilogia di Per Fly che scandaglia le classi sociali danesi (povertà in La panchina, ricchi in L'eredità, classe medio-alta in questo ultimo lavoro), anche il giudizio su L'eredità assume un altro valore. E questo è l'incipit. Su questo film va detto che è davvero un grande film, un film pesante come un macigno, che semplicemente ci dice che il pentimento ha una sua tempistica, oltre al fatto, marginale ma non meno importante, che spesso gli uomini ragionano con le parti basse. La sceneggiatura, scritta dallo stesso regista in collaborazione con una serie di fidati scrittori, è un congegno ad orologeria quasi perfetto, e poco, pochissimo importa se l'incedere dal film risulti lento: è quello che si richiede ad una storia ad una così alta percentuale di drammaticità psicologica, che coinvolge e travolge lo spettatore attento e sensibile. Senza contare una mirata disamina ad una società dove tutto funziona perfettamente, e dove la legge è talmente garantista che l'omertà premia anche un assassino: per fortuna, da una parte c'è il senso di colpa umano, ma per (grandissima) sfortuna (e, direi, quasi per una sorta di umano martirio), una vita spezzata comporta conseguenze devastanti per tutta una serie di persone che gli giravano o gli hanno girato intorno. E, scusate lo spoiler, la scena del figlio del poliziotto ucciso che appoggia la manina al vetro della finestra, in una sorta di saluto/supplica verso la persona che ha provato a chiedere un perdono fuori tempo massimo, è straziante in maniera totale.

Mi viene da pensare che un film così, che esce da un regista con nazionalità assolutamente "neutrale", andrebbe proiettato alle platee che parlano di lotta armata e delle loro conseguenze.

Un film davvero congegnato alla perfezione, dove spicca l'enorme prova di Jesper Christensen (Carsten), unico attore presente in tutti e tre i film della cosiddetta "trilogia delle classi" di Fly, dove davvero trovare qualche difetto è un'impresa ardua.

Stra-consigliato.

20091216

un impegno concreto


Dopo aver usato i nostri TFR per ripianare i conti dello Stato, ecco un'altra invenzione del magico Tremonti:



Chi pensava che quella di Corrado Guzzanti fosse un'imitazione, soprattutto quando dice di aver creato lo scudo fiscale per attirare i capitali extraterrestri, dovrà ricredersi.
PS magari non è di Tremonti, magari è di Sacconi (altro amico dei lavoratori). Se così fosse, l'espressione della foto è quella che Tremonti ha fatto quando Sacconi gliene ha parlato, dopo di che gli ha detto: bvavissimo!!

è colpa mia


Il Teatro Degli Orrori + Zenerswoon, sabato 12 dicembre 2009, Firenze, Auditorium Flog


A tre giorni di distanza, sto ancora pensando a cosa non ha funzionato. La mia autostima, forse la mia immodestia, mi fa credere di aver assistito ad un gran concerto di una band potenzialmente fortissima, nella rosa delle cose migliori attualmente in Italia, nonostante io sabato sera mi sia rotto le scatole (eufemismo). Scusate l'introduzione strettamente personale.


Arriva il freddo sulla penisola, e la nuova (non proprio, sono al secondo disco) creatura di Pierpaolo Capovilla è in giro da un po', per supportare il nuovo A sangue freddo, che a suo dire, non si ispira direttamente a Capote (bensì all'uccisione di Ken Saro-Wiwa, al quale è dedicata appunto la title-track). Un disco meno spigoloso, nei suoni, del precedente Dell'impero delle tenebre, che due anni fa scosse il panorama rock italico, ma ancor più pungente dal punto di vista delle liriche, addirittura supponente, nell'accezione, se esiste, migliore del termine, quando mette in musica nientemeno che Majakovskij e la sua All'amato me stesso (nel pezzo Majakovskij).


E' sabato sera, e un po' per questo, un po' per l'hype che c'è sui TDO (per gli amici), il/la Flog si riempie, un po' alla volta. Già prima delle 21,30 lunghe file davanti alla biglietteria, che procede a rilento. Aprono le danze i fiorentini Zenerswoon, che ricordano vagamente i progenitori dei TDO (gli One Dimensional Man), e, in generale, tutto il post-rock, ma dopo un paio di pezzi non se ne può più. Naturalmente, sono già le 23,00 e la band principale non è ancora sul palco. L'intro spettrale, vagamente horror, che comincia a dare il senso dell'attitudine dark della band, parte verso le 23,20, e per i miei gusti dura fin troppo. L'attesa è palpabile, le prime file ribollono.

Eccoli. Capovilla incarna l'intellettuale rock quasi di altri tempi, anche se con personalità: è veneto e quindi gli piace bere, socialmente impegnato (è dichiaratamente marxista) ma riesce a parlare d'amore in maniera dolente, è potenzialmente un cantautore vecchio stile ma suona e canta rock, anche se si tinge i capelli (la prima cosa che si nota, appena le luci lo illuminano). La band è vestita con camicie scure, devo dire piuttosto eleganti, e, non so perchè, il fatto di vestirsi in maniera simile, e quindi "pensata", denota da sempre un'attenzione che in Italia hanno solo i più grandi, nel rock. Parte Direzioni diverse, e subito mi prende un po' il magone, pensando al testo e a quello che significa. I suoni sono pessimi, purtroppo, e il mio perfezionismo da cronista inutile mi spinge pian piano a girare tutto il locale alla ricerca di un angolo favorevole.

Scorrono ancora Il terzo mondo, Mai dire mai, la b-side Per nessuno, poi arriva qualche pezzo dal primo disco: Vita mia, Dio mio ed E lei venne!, quest'ultima ultra-energica, uno dei climax del concerto. L'accoppiata con la seguente E' colpa mia, della quale si perde la profondità joydivisioniana nel furore live dell'intro, è micidiale. Il turbamento della gelosia fa da cuscinetto prima di altri due pezzi validissimi del disco nuovo, la già citata Majakovskij e l'altra "rivisitazione", Padre nostro, dove i personali conti di Capovilla con la religione, cominciati già col primo lavoro, proseguono a regolarsi.

Arriva poi l'altra accoppiata vincente del concerto, a mio giudizio: A sangue freddo, introdotta da una spiegazione accorata di Pierpaolo sulla figura di Ken Saro-Wiwa, seguita da un'esecuzione spietata e massiccia, seguita dall'altrettanto dura Due, favolosa.

Prima della (meritata) pausa c'è tempo per due pezzi del primo disco accolti da ovazioni, Compagna Teresa e La canzone di Tom, intervallate da La vita breve, e l'eccitazione del pubblico va alle stelle.

Pierpaolo non si nega per niente, si lascia spesso e volentieri trasportare dalle braccia delle prima file, microfono in mano, e l'unico addetto al palco fatica non poco a riportarlo al suo posto. Imbraccia il basso solo una volta, per un pezzo che, perdonatemi, non ricordo, eseguito a due bassi (verso la fine del concerto), per il resto si dedica anima e corpo al suo essere front-man atipico ma efficace. La voce, meno "cartone animato" rispetto al passato, a volte recita a volte canta, sempre con uno stile particolarissimo, regge bene fino alla fine.

Giulio Favero col suo basso è debordante, riempie il suono e anche di più, tanto è vero che risulta difficilissimo riconoscere i suoni di Gionata Mirai e della sua chitarra (vedi, per esempio, la già citata E' colpa mia), e insieme a Francesco Valente alla batteria, col suo stile secco e potente, che ricorda, per dirne uno, Mike Bordin (Faith No More, Jerry Cantrell, Ozzy Osbourne, Korn), forma una sezione ritmica devastante.


Maestosa la versione di Die zeit in chiusura, dopo una breve pausa; una scelta atipica, non ruffiana, anche se con questo pezzo "espanso" e marziale, affogato in un pubblico non tutto attento, si rischia la noia, rispetto ad un pezzo più tirato. Sono le 1,00 passate, e la band saluta il pubblico a lungo, a luci accese, evidentemente soddisfatti della risposta.

Il Teatro Degli Orrori è una bella realtà italiana. A me rimane la voglia di vederli in un altra location.

20091215

first light, last light


Visto che si parla spesso dei Converge, una mia recensione del loro concerto del 2005.
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Converge + Modern Life is War + My Fashion Love, 22/03/2005, Pinarella di Cervia, Rock Planet

Avete mai visto una band che si scusa col pubblico per la presenza delle transenne sotto il palco? Può darsi, ma questo già vi dà le misure dei Converge. Andiamo con ordine.

Ancora una volta mi sento non il padre, ma il nonno del pubblico presente; semplice constatazione, importante per delineare il bacino d’utenza dei Converge. Alla fine, poco piu’ di un centinaio di presenti nel piccolo locale vicino all’Adriatico, giovani e scatenati.

Aprono le ostilita’ sonore gli italiani My Fashion Love, venature metal per un cantanto screamo; batterista pestone, cantante timido, chitarrista che si sente poco con lo strumento ma in compenso canta piu’ del cantante, bassista che riempie con un suono rotondo; pezzi troppo lunghi, quasi snervanti. Suonano una mezz’ora scarsa.

A ruota, da Marshalltown arrivano i Modern Life is War; autori di un album, My Love, My Way, hanno un approccio grintoso, sono in cinque (batteria, basso, voce e due chitarre), il cantante si muove ricordando molto sua maestà Henry Rollins, anche nel modo di usare la voce; pezzi rocciosi quanto basta, che dimostrano come la fusione di hardcore-punk e metal classico, iniziata anni fa dai Discharge e proseguita dai Metallica, abbia avuto un’evoluzione in questo senso. 40 minuti circa, e dopo un rapidissimo cambio palco, arrivano i quattro Converge.


Le note introduttive sono quelle di First Light, opener dell’ultimo maestoso You Fail Me, e sembrano precludere alla seguente Last Light; invece il quartetto si tuffa in estratti dal precedente Jane Doe, cosa che appaga i die-hard fans. La scaletta poi torna sul disco più recente e alterna i pezzi.
Il concerto dura 45 minuti, Jacob, il cantante, dice più volte di essere malato e di non farcela più, ma si concede ancora per un pezzo e, di certo, non si risparmia. Nei Converge la fusione tra Hardcore Punk, Black e Death Metal assume dimensioni grandiose.

Canzoni compatte, furiose, complesse ma mai prolisse o ridondanti, sempre efficaci, che arrivano dritte al punto anche se i tre musicisti si permettono divagazioni quasi prog. Il cantato di Jacob e’ furibondo, ai limiti del growling, la sezione ritmica e’ devastante, soprattutto nel drumming di Ben, un mostro affiancabile a Dave Lombardo, un batterista che non e’ capace di eseguire la stessa cosa per piu’ di 5 secondi; la chitarra di Kurt (una Rickenbacker mi fa notare l’amico che è con me, scelta davvero inusuale per il metal) cesella riff ma soprattutto atmosfere cupe, ossessive, opprimenti. You Fail Me, il pezzo, nell’esecuzione live di questa sera, consacra questa band nell’Olimpo della musica moderna, e ci lascia a bocca aperta.


Da vecchio metallaro, girovago di stili musicali, non posso che rallegrarmi. Il futuro e’ in ottime mani.