Margin Call - di J.C. Chandor (2011)
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Giudizio vernacolare: vesta grisi stori'amente è un po' come l'olocausto per ir se'olo passato
Siamo presumibilmente nel 2008, nello sfavillante distretto di Wall Street. Nella sede di una importante finanziaria, è tempo di ristrutturazione. Le "truppe" impiegatizie che annunciano i licenziamenti arrivano veloci, e velocemente si disfanno degli esuberi. Stavolta è Eric Dale che cade: un senior analyst dei rischi piuttosto rispettato da tutti. Peter Sullivan, un ingegnere aerospaziale prestato alla finanza, ha imparato molto da lui, e lo accompagna fino alla porta. Eric lo saluta, e gli dà una chiavetta USB, raccomandandosi di dargli un'occhiata alla svelta, era un lavoro che ha dovuto lasciare a metà, ed è importante. Mentre tutti se ne vanno a casa, Peter rimane e, a notte inoltrata, porta a termine il lavoro. Chiama per primo l'amico e collega Seth. La cosa è davvero tremenda: mettono al corrente il superiore, Will Emerson, che non appena mette a fuoco la gravità enorme della cosa, sveglia il capo Sam Rogers, che a sua volta, allarma tutta la dirigenza. In pratica, sono sull'orlo della bancarotta, e stanno vendendo titoli spazzatura. Durerà pochissimo. L'Amministratore Delegato Jared Cohen convoca i legali Sarah Robertson e Ramesh Shah, e, sempre nel giro della stessa notte, arriva l'intero Consiglio di Amministrazione, compreso il super capo John Tuld. E si decide...
Così come succede ogni tanto (qualche anno fa accadde con lo sconosciuto, ma eccezionale, In The Loop), ci sono dei film poco conosciuti (o completamente sconosciuti in Italia), che arrivano, come in questo caso, alla candidatura all'Oscar per la miglior sceneggiatura. Effettivamente, oltre al cast ricchissimo e all'attualità del soggetto, questo Margin Call (termine molto tecnico per descrivere una situazione identica a quella che si verifica nel film) si sviluppa in maniera egregia e dinamica, per essere un film sulla finanza "d'assalto". Quindi, un po' The Social Network, un po' Too Big To Fail ma "anonimo", questo debutto (anche da sceneggiatore) per il figlio di un operatore Merril Lynch (il padre ci ha lavorato oltre trent'anni) risulta più che promettente, e ci ricorda, tristemente ed ancora una volta, come se ce ne fosse bisogno, che la colpa è si, di squali come quelli interpretati da Jeremy Irons (parte offerta in principio a Ben Kingsley), a proposito, finalmente una parte decente negli ultimi tempi per Irons, ma in parte è pure colpa nostra: ascoltate quello che dice il personaggio di uno straordinario Paul Bettany (Will Emerson), mentre cerca di spiegare come finirà a Seth Bregman (interpretato da Penn Badgley). Nel cast anche un sempre ottimo Kevin Spacey (Sam Rogers), Zachary Quinto (Peter Sullivan), Simon Baker (Jared Cohen), il grande Stanley Tucci (Eric Dale), una tesissima Demi Moore (Sarah Robertson; la parte doveva essere di Carla Gugino, che come Kingsley ha dovuto rifiutare per altri impegni, ma che è presente nei ringraziamenti).
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