No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20120202

Hugo



Hugo Cabret - di Martin Scorsese (2012)

Giudizio sintetico: da vedere grandi e piccini (3,5/5)
Giudizio vernacolare: favolone


Parigi, 1930. Hugo Cabret è un ragazzino di dodici anni, orfano, che vive nella Gare de Paris Montparnasse, nell'antro ricavato dietro il grande orologio, del quale cura la manutenzione. In realtà, la manutenzione è affidata a suo zio Claude, un anziano alcolizzato che lo ha preso in custodia quando suo padre è morto, ma da qualche tempo è sparito nel nulla. Il padre, anche lui orologiaio, appassionato di meccanismi, è morto tragicamente in un incendio, lavorando in un museo; ma ha lasciato a Hugo un automa, ritrovato proprio in quel museo, abbandonato. Hugo ruba il cibo, tiene l'orologio della stazione preciso, e vaga in quel piccolo mondo, facendo attenzione a non dare nell'occhio, soprattutto all'Ispettore Gustav, supervisore del luogo, sempre impegnato a raccogliere orfani da destinare all'orfanotrofio. Hugo ruba anche dei piccoli pezzi meccanici che gli servono per continuare a riparare l'automa, finché il proprietario del negozio di giocattoli (sempre della stazione) non se ne accorge. Sarà l'inizio di un'avventura a dir poco straordinaria, perché l'uomo non è esattamente solo il proprietario di un negozio di giocattoli, e la sua figlioccia Isabelle accompagnerà Hugo passo per passo.


Martin Scorsese è garanzia di grande cinema, anche quando fa la televisione (vedi Boardwalk Empire), ma a dire il vero gli ultimi suoi lavori, senza dubbio interessanti e di successo (Shutter Island, The Departed, The Aviator), mi avevano sempre lasciato l'impressione che gli mancasse qualcosina. Invece, con questo nuovo Hugo (nella versione originale il titolo è senza cognome), che in principio mi appariva come un film da bambini, realizza non solo una bella e appassionante favola, ma anche uno straordinario omaggio al cinema, prendendo spunto da The Invention of Hugo Cabret di Brian Selznick, e omaggiando l'importantissima figura di Georges Méliès.

Già dall'introduzione (ci sono almeno 8 minuti prima che appaia il titolo), un piano sequenza aereo che ci porta dal panorama di Parigi fin dentro il rifugio del piccolo protagonista, si capisce che oltre a mostrarci un gran bel film, Scorsese si è pure divertito a girarlo.

Con un cast dove le superstar ci sono, ma non monopolizzano il film (Ben Kingsley è Georges Méliès, Jude Law è il padre di Hugo, Christopher Lee è il bibliotecario Monsieur Labisse), c'è spazio per facce meno conosciute, ma non meno ammirevoli. Asa Butterfield è Hugo (era il protagonista, Bruno, ne Il bambino con il pigiama a righe, e pure nel brutto Wolfman), e la sempre più brava Chloe Grace Moretz è Isabelle (ve la ricordate straordinaria in Kick-Ass, e sanguinaria in Blood Story). Emily Mortimer (Lars e una ragazza tutta sua, City Island, Shutter Island, Match Point, prossimamente in Quell'idiota di nostro fratello) è la fioraia Lisette, Helen McCrory (diversi Harry Potter, era Cherie Blair in The Queen) è Mama Jeanne, la moglie di Méliès, Michael Stuhlbarg (attore sopraffino, ricordatevelo: protagonista sensazionale di A Serious Man, è il glaciale Arnold Rothstein in Boardwalk Empire) è Rene Tabard (nome preso da un film di Jean Vigo del 1933, Zero de Conduite), lo storico cinematografico fan di Méliès, e soprattutto un'ancora una volta stre-pi-to-so Sacha Baron Cohen (Borat, Ali G) nei panni dell'Ispettore Gustav.

Un film per grandi e piccini, un gran film di grande cinema, una bella fiaba per chi ama la settima arte, al quale non do 4 su 5 per l'eccesso di melassa (tutti trovano - o ritrovano - l'anima gemella, perfino i cani). Cameo per Scorsese stesso (fateci caso, è il fotografo sul set di Méliès), omaggio a Django Reinhardt (il chitarrista dell'orchestrina che si intravede in qualche scena, interpretato da Emil Lager).

Nessun commento: