A Better Life - di Chris Weitz (2011)
Giudizio sintetico: si può perdere (2/5)
Giudizio vernacolare: vitaccia
Los Angeles. Carlos Galindo viene dal Messico, ed è un padre single. Suo figlio Luis è nato negli USA, quindi cittadino americano, ma Carlos è ancora un immigrato clandestino. Quindi Luis ogni mattina si alza e va a scuola, una scuola di un quartiere di certo non high class, ma comunque una scuola, mentre Carlos, sempre con una certa circospezione, lavora dall'alba al tramonto come giardiniere, insieme a Blasco, un anziano messicano regolare che possiede una piccola impresa, comprensiva del pick up e degli attrezzi necessari per il giardinaggio. Carlos è impegnato nel dare al figlio un futuro migliore. Ecco perché è molto tentato dalla proposta di Blasco, che ne ha abbastanza per mollare tutto e tornare in Messico "da vincitore", di rilevare l'impresa, comprando da lui la camionetta e gli attrezzi. Ma lui non ha tutti quei soldi, e a quel punto, si rivolge alla sorella Anna, che lui ha aiutato quando ne aveva bisogno. Anna recupera i soldi, nonostante abbia sposato uno statunitense che non è d'accordo con tutto ciò, e li presta a Carlos, che rileva l'attività. Le cose però non vanno per il verso giusto: Carlos assume temporaneamente Santiago, un salvadoregno che aveva condiviso con lui il pranzo in un momento di difficoltà di Carlos, convinto che sia una brava persona, ma al contrario, alla prima occasione questo gli ruba l'intera attrezzatura. Nel frattempo, Luis sta uscendo con Ruthie, la nipote di uno dei capi della gang del quartiere, e il suo miglior amico è Facundo, un suo coetaneo completamente affascinato dalle gang, deciso ad entrare al più presto in quella del quartiere, per dedicarsi all'attività di gangster a tempo pieno.
Come detto più volte, diamo la precedenza, oltre ai film in uscita, a quelli che "contengono" almeno una nomination. Questo, diciamolo, mediocre dramma sulla pur verissima e attuale situazione dell'immigrazione dal Centro e dal Sud America verso gli USA, ha avuto una certa risonanza dalla nomination per Demiàn Bichir, qui nei panni del protagonista Carlos Galindo, come Best Actor In a Leading Role. Al momento non è prevista una uscita italiana. Dunque, dicevamo: il regista è Chris Weitz, regista (quella volta non accreditato) di American Pie (diretto insieme al fratello maggiore Paul), About a Boy - Un ragazzo (dal libro omonimo di Nick Hornby), New Moon della saga Twilight, La bussola d'oro (film per ragazzi) e Ritorno dal paradiso (un re-remake, di Il paradiso può attendere - 1978 - e L'inafferrabile signor Jordan - 1941 -, a sua volta tratto da una commedia teatrale, ma fermiamoci qui che può bastare): come dire, una sicurezza. Sarcasmo? Yep. Non c'era da attendersi granché, ed in effetti confermo quello che si potrebbe pensare: il film cerca la lacrima facile con una storia piuttosto scontata, turning point guidati dalla disperazione (ma azioni che nessuna persona sana di mente porterebbe a termine), giocando forse un po' troppo colpevolmente con situazioni, invece, che esistono senza dubbio, e sono certamente dolorosissime. Nonostante tutto ciò, si sente che è tutto molto stereotipato e forzato, il film ne risente molto e ci si annoia anche un po'. La prova di Bichir è indubbiamente l'unica cosa da salvare, anche se, permettetemi di fare un po' lo snob, non solo la sua presenza in Weeds, ma anche la sua splendida interpretazione di un giovane Fidel Castro nei due Che di Soderbergh, erano superiori. Solo per curiosi.
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