Corpo celeste - di Alice Rohrwacher (2011)
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Giudizio vernacolare: l'ho già detto, ma aveva ragione marz.
All'età di 13 anni, dopo aver vissuto 10 anni in Svizzera, Marta torna a Reggio Calabria, la sua città d'origine, assieme alla madre Rita, madre single. Reggio, e la Calabria tutta, in confronto alla Svizzera, è realmente un altro mondo; un mondo che sembra devastato dagli abusi edilizi, dal punto di vista estetico, e completamente asservito all'influenza della televisione commerciale, dal punto di vista umano. Perfino la comunità che ruota intorno alla parrocchia, compreso il catechismo che Marta viene spinta a frequentare, per ricevere il sacramento della Cresima, è pacchianamente influenzato dalla sottocultura televisiva imperante. Marta finisce destabilizzata, e un bel giorno se ne va dal catechismo. La trova Don Mario, il parroco carrierista e compromesso con la politica, che la porta con sé a prendere un crocifisso, posto in una chiesetta di un paese non troppo lontano, ma in montagna; lassù, in questo paesino completamente abbandonato, vive ancora il parroco, Don Lorenzo. Che in pochi minuti...
Debutto piuttosto interessante di Alice Rohrwacher, sorella minore dell'attrice Alba. Alice scrive anche la sceneggiatura, di un film che, a mio giudizio, non tratta solo del rapporto della società italiana con la religione "vissuta", quanto della nostra società nella sua interezza. Il ritratto di un sud Italia devastato, come detto nel riassunto della trama, sia esteticamente che spiritualmente, è agghiacciante ma lucido, e, purtroppo, probabilmente molto vicino alla realtà. La fotografia risulta molto naturale, e la macchina da presa si muove senza indugi. Gli attori, chiamiamoli "di contorno", sono efficaci, in particolare Renato Carpentieri (Don Lorenzo), anche se appare brevissimamente, Salvatore Cantalupo (Don Mario), e la sempre brava e bella Anita Caprioli nei panni di Rita. Yle Vianello, la protagonista Marta, è un'impressionante debuttante, inquieta, dubbiosa, lunatica, pura davanti alla devastazione.
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