No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20120520

Kenya/EAU aprile/maggio 2012 - 2

Come per dimostrare ancora una volta che la memoria funziona ormai solo a sprazzi, avevo completamente rimosso quello che avevamo fatto subito dopo il mio arrivo a Nairobi. In effetti, quando stavo tornando, alla fine del soggiorno, verso la capitale, mi ero reso conto di non aver visto granché della strada che, appunto, da Nairobi porta a Naivasha. Questo perché l'avevamo percorsa con il buio. Se non ci avete mai fatto caso, il Kenya è attraversato dalla linea immaginaria dell'Equatore. Questo fa si che il sole sorge più o meno alle 6 di mattina, e tramonta più o meno alle 18 del pomeriggio. Dopo che Susy ed Ismail mi sono venuti a prendere all'aeroporto Jomo Kenyatta (un po' il padre della Patria, primo presidente, presente su tutte le banconote, e, scopro solo adesso dalla scheda Wikipedia, prozio paterno - se solo sapessi cosa vuol dire - di Tom Morello), preoccupati che avessi fame (ma devo dire che sulla Emirates non ti fanno soffrire né la fame, né tantomeno la sete), ma anche avendo la necessità di fare spesa, mi hanno portato in uno dei 6 Nakumatt (precisamente il West Gate) di Nairobi. Ora, lo so che penserete che è da obesi americani, o da malati di shopping, da persona che non sa e/o non vuole capire come vive davvero la gente là. Però ero lì, e non mi sono lamentato: anche dalla più grande catena di supermercati kenyana, magari puoi capire qualcosa. Prima di fare la spesa, però, ci siamo seduti in un locale, visto che la struttura era un vero e proprio Mall all'americana (c'è anche il cinema). Non ricordo il nome del locale, ma ricordo molto bene almeno tre delle cameriere. Ora, c'è da aprire una parentesi per così dire simpatica. Ismail l'avevo conosciuto quando lui venne in Italia per alcuni mesi. Avevamo parlato un po', anche di cose "da uomini", e non so come era uscito l'argomento, ma era rimasto molto colpito dal fatto che mi piacessero le donne orientali, per capirci quelle con gli occhi a mandorla. Ecco perché Ismail, quando ha notato che cominciava a girarmi la testa in mezzo a queste bellezze d'ebano, è rimasto ancora più colpito. In pratica, mi ha detto "ma allora ti piacciono ANCHE le nere!". Eh si, caro Isma, come abbreviavo io.  Potrei aggiungere anche altri particolari fisici, che mi facevano piacere particolarmente almeno 3 di queste cameriere, ma sono sicuro che non interesserebbe particolarmente, soprattutto le lettrici donne. Fatto sta che Ismail da quel momento, non si è più dimenticato del fatto che mi piacessero le donne di colore scuro, e pure del fatto che non fossi né sposato né, tantomeno, fidanzato, e quindi in pratica tampinava, come si diceva forse una volta, le donne per me. Con risultati a volte davvero divertenti. Al supermercato, poi, mi sono ricordato di comprare per me, alcune cose che di solito non mi porto dietro, per non rendere troppo grande la busta trasparente per trasportare i liquidi e le altre cose teoricamente proibite nel bagaglio a mano (perché si, insisto ancora a viaggiare SOLO col bagaglio a mano): collutorio e deodorante spray, quest'ultimo può tornare molto più comodo di quello stick, quando tieni una felpa per tre settimane senza lavarla...
A parte le disquisizioni sulle donne o sulle tecniche di sopravvivenza col bagaglio a mano, nel supermercato c'è tutto, a prezzi quasi europei (vi faccio un esempio che magari non è proprio calzante, ma può servire: una t-shirt Adidas o Nike costa tra i 30 e i 40 euro, cambio grossolano incluso; una t-shirt qualunque della mia misura - XXL - circa 8 euro, una per mio nipote tra i 5 e i 6 euro). Nakumatt è kenyano, ma in realtà è di propeità, pare, di una famiglia indiana. Ignorantemente non lo sapevo, ma ci sono molti indiani in Kenya, così come ce n'erano in Uganda prima che il dittatore di turno li scacciasse. Se ho capito bene, gli indiani in Kenya ci sono dall'epoca coloniale inglese (che è durata dal 1890 circa fino all'indipendenza, ottenuta nel 1963). A parte il fatto che gli indiani del Kenya sono tutti piuttosto agiati, questo ha portato anche una discreta presenza della religione induista (ma, non vi preoccupate: il cristianesimo non lo batte nessuno, seppur diviso tra cattolici, anglicani e quaccheri). Detto questo, fuori dal Nakumatt West Gate, sulla via "di casa", il fatto che in Kenya il 50% della popolazione viva sotto la soglia della povertà si comincia a notare. Una frase ricorrente nella mia testa, durante questo viaggio, è stata: e figuriamoci, che il Kenya non è neppure nella top ten dei paesi più poveri.
Nella tenuta dove lavora Susy si entra da un cancello sorvegliato. C'è una vasca di liquido disinfettante per le ruote delle auto, e se possibile, anche i passeggeri debbono aprire gli sportelli e bagnare, dentro questo liquido, le piante delle scarpe. L'auto che Susy ha in dotazione è una Nissan Patrol modello vecchissimo, con due ruote di scorta sul portabagagli. Ismail è l'autista ufficiale, quasi sempre. La casa di Susy l'avevo vista in foto. Dentro è spartana, per così dire, ma ha 3 camere e due bagni. Mi hanno sistemato in una delle due camere non occupate, ma Susy si accorge che la mia bocca fa un movimento impercettibile, e mi dice che il giorno dopo mi farà trasferire nell'altra, leggermente più grande. Quando domando se c'è la lavatrice, mi viene risposto che no, c'è Ann. Ann è la housemaid: lava, stira, pulisce, per circa 8 ore al giorno (con "passo" africano). Quando è arrivata Susy, aveva due housemaid. Per farla breve, la lavatrice non è necessaria: lava Ann. Metto i panni sporchi nell'apposita bacinella, quindi. Ceniamo, e Ismail cucina, altra cosa alla quale è addetto, praticamente. Appena provo a cambiare canale alla televisione, che ha la parabola e quindi riceve molti canali internazionali, appare un messaggio strano. E così, si scopre che è scaduto l'abbonamento, e che lunedì dovremo ricordarci di andarlo a pagare.
A questo punto, più o meno confusamente, sono arrivato al leopardo in gabbia, e al giorno seguente al mio arrivo, domenica 29 aprile. Mi portano in uno dei molti parchi della zona, praticamente adiacente all'estesissima tenuta. E' qualcosa che si chiama Crater Lake, o giù di lì, per ovvi motivi. Si vedono già molti animali, di quelli docili. Il mio preferito è naturalmente il facocero: brutto, goffo, mi ci riconosco parecchio. Ne ammirate un esemplare nella prima foto allegata. Si buca una gomma, e la mia goffaggine, oltre alla mia negazione assoluta nei lavori manuali, si distingue: non è molto l'aiuto che riesco a dare ad Ismail, nel cambio gomma. Ma ce la fa praticamente da solo. Proseguiamo, e mangiamo dentro al parco, circondati da scimmie bianche e nere, pelose, e non chiedetemi il loro nome. Davanti, il lago che si è formato nel cratere del vulcano ormai spento, che mi ricorda quello visto in Nicaragua. Un bel posto, non c'è che dire. Sulla via del ritorno, guida Susy, che è meno sfrontata nell'affrontare le grandi pozze d'acqua che si formano nei percorsi sterrati, e dopo un po' rimaniamo stuck in the mud. Ismail si rimbocca i pantaloni e si immerge nella pozza, con la chiave a croce, per innestare le 4 ruote motrici: il modello della 4x4 è talmente vecchio che le 4 ruote motrici devono prima essere inserite manualmente. Ne usciamo velocemente. Sulla via del ritorno rimaniamo bloccati in un ingorgo causato dall'uscita di una partita di calcio. Il giorno seguente scoprirò che era finita in pareggio, e quindi continuo a non capire bene il perché di quell'euforia, ma è stata divertente, soprattutto quando uno attraverso il finestrino mi ha urlato se quella era la mia squadra preferita, toccandosi la maglia, ed io ho alzato il pollice in segno di approvazione. Mi ero dimenticato di dire che adesso, in Kenya, è la stagione delle piogge, e quindi di solito nel pomeriggio inizia a piovere, spesso per tutta la notte.
La strada per tornare verso "casa" è costellata di serre. La coltivazione intensiva delle rose è tipica di questa zona. Susy mi spiega che quelle serre che sono dentro la tenuta, hanno una sorta di "certificazione" di commercio equo e solidale, non ci sono sfruttamenti del personale che ci lavora. Su queste qui ha dei sospetti. So che è un po' razzista dirlo, ma la società (che dà pure il nome a una delle due squadre che si incontravano oggi) è di proprietà ebraica.

Nella seconda foto un babbuino, sempre in giro al Crater Lake, dopo di che, le altre tre foto sono del lago Bogoria (ci arriveremo); nella quarta e quinta foto, le chiazze rosa che notate sulla riva, sono create da gruppi di fenicotteri rosa.

Nessun commento: