Lilja 4-ever - di Lukas Moodysson (2003)
Giudizio sintetico: da vedere (3,5/5)
Giudizio vernacolare: vitadimerda
Lilja ha 16 anni, e vive in un ex paese sovietico, mai nominato (ma l'ambientazione è in Estonia). La povertà è dietro l'angolo, come pure la civiltà: nessun divertimento, nessuna spensieratezza, solo palazzoni grigi, eredità del socialismo reale. Fortunatamente, tra pochi giorni Lilja se ne andrà negli USA, visto che il compagno della madre vuole portarle lì. L'amico Volodya, più piccolo ma ugualmente innamorato di Lilja, è dispiaciuto. Poco prima di partire, la madre comunica a Lilja che non potranno portarla con loro: per un periodo impreciso, Lilja dovrà rimanere da sola, di lei si occuperà la zia Anna. Lilja è disperata, e ne ha ben donde. La zia la tratta malissimo, e per cominciare la sfratta dalla casa dove viveva con la madre, assegnandole un appartamento più piccolo, sporco e mal tenuto. Le passa pochissimi soldi per mangiare. Ovviamente, Lilja comincia ad andare male a scuola, e finisce per abbandonarla. Natasha, la sua migliore amica, una sera le lascia intravedere l'unica opportunità di fare soldi facili. Lilja è contraria, ma nonostante ciò, a causa della codardìa dell'amica, Lilja verrà di li a poco etichettata come ragazza facile.
Basato ampiamente sulla storia di Dangoule Rasalaite, questo Lilja 4-ever, che si apre (e si chiude) sulle note incessanti di Mein Herz Brennt ("il mio cuore brucia", appropriatissima) dei Rammstein, è probabilmente il film migliore del regista svedese, anche se i precedenti Fucking Amal e Together mi colpirono molto positivamente (così come non mi è piaciuto il suo ultimo Mammoth). Moodysson riesce a coinvolgere totalmente lo spettatore, che naturalmente empatizza e soffre insieme alla protagonista maltrattata dalla vita e da praticamente tutte le persone che le stanno attorno. Indovinate le location, come pure l'assegnazione della parte principale ad una relativamente inesperta Oksana Akinshina, giovanissima (soprattutto all'epoca della lavorazione del film) attrice russa che abbiamo rivisto in una piccola parte in The Bourne Supremacy, che compie un lavoro straordinario. Film duro ed amarissimo, in Italia presentato a Venezia 2002 e l'anno seguente uscito direttamente in tv, ruvido al punto che gli si perdonano un paio di concessioni oniriche leggermente forzate verso il finale.
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