No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20120518

Kenya/EAU aprile/maggio 2012 - 1

Che mica è facile ogni volta raccontare un viaggio: guardate quel che (non) ho fatto col fine settimana lungo ad Istanbul. Non ho scritto niente, alla fine. Hai sempre in testa un mucchio di cose attorcigliate (e, in questo caso specifico, pure contrastanti), soprattutto se, quando stai scendendo dall'aereo, tua sorella al telefono ti dice che mentre eri via i ladri ti sono entrati in casa (per rubare, of course). Ecco perché, quando dopo qualche ora, passeggiando per Roma insieme all'amica Paola, che mi ha ospitato al ritorno, questa tipa del TG1, con cameraman annesso, mi ha chiesto di fare una domanda al Ministro Passera, che sarebbe stato presente in studio, non sono stato così brillante come invece lo ero stato 17 giorni prima, all'aeroporto di Fiumicino. Lì, dopo che l'amico Fabio, che mi aveva ospitato a sua volta, e mi aveva accompagnato all'aeroporto, ed avevo constatato, non senza sorpresa, che la Emirates, la compagnia aerea si degli Emirati Arabi Uniti, ma più precisamente dell'Emirato di Dubai (la Etihad, ad esempio, è quella dell'Emirato di Abu Dhabi, per dire una delle cose che ho appreso dall'amico Francesco), aveva aperto il check in ben 4 ore prima del volo, anziché 3, come scritto nell'e-ticket, avevo fatto la fila e, arrivato al desk, ero stato talmente simpatico con l'addetta, che dopo qualche decina di secondi di risate ininterrotte, la ragazza mi aveva chiesto: "signor Alessandro, ma lei per caso è un comico?". Tralascio la risposta, che ha fatto quasi cadere dalla sedia l'addetta del desk adiacente, generando l'interesse pure dei passeggeri in fila, ma vi assicuro che faceva ridere pure quella.
Vabé. Sono un ragazzo fortunato, come diceva Jovanotti prima di diventare un guru di sinistra: ho un sacco di amici e amiche, sparsi lungo la penisola ma anche all around the world. Quest'ultima parte è significativa, secondo me: se ci sono tante persone italiane che lavorano in giro per il mondo, anche senza essere necessariamente scienziati, un motivo c'è di sicuro. Quando la guardo da questo punto di vista, mi sembra di essere una sorta di sopravvissuto. Come che sia, partito verso le 22 abbondanti ora italiana, e arrivando a Dubai prima delle 6,00 del luogo, trovare posto nei bagni del grande, lussuoso ma affollatissimo (a quell'ora) aeroporto, è stato un problema. Prima delle 11,00, ora in cui avevo la coincidenza per Nairobi, comunque ce l'ho fatta. La Emirates, anche in classe economica, è una signora compagnia aerea, la scelta dei film, per chi se la cava con l'inglese, è davvero interessante, e quindi dopo aver sonnecchiato nella tratta precedente, sulla Dubai-Nairobi mi son dato da fare. Tra l'altro, il menù (e adesso parlo del cibo) è ottimo, e per il piatto principale si può scegliere tra 2 o addirittura 3 opzioni. A Nairobi c'è voluto un po' per fare il visto (40 euro, attualmente), dopo di che ho dovuto constatare che le cose che mi diceva l'amica Susy, che mi ha ospitato in Kenya, a proposito dei lavoratori locali delle strutture pubbliche, erano vere. Pagare le tasse sulla gelatiera che ero stato incaricato di portare a Susy e Ismail, il compagno di Susy, è stato più impegnativo che riuscire ad ottenere il visto sul passaporto (prima con il doganiere, poi con l'addetta alla riscossione, poi con quella dell'adiacente ufficio di cambio, visto che queste tasse si possono pagare solo in contanti e in valuta locale, lo scellino keniota. Passata questa, ho potuto abbracciare i due amici, che erano venuti a prendermi all'aeroporto, e che mi hanno prontamente portato a casa loro.
Susy lavora in una (chiamiamola) tenuta che, se vi aiutate con una mappa del Kenya, è tra le cittadine di Naivasha e Gilgil, un centinaio di chilometri a Nord Ovest di Nairobi. La zona, anzi, la provincia, è quella della Rift Valley, la più estesa del paese. Ismail studia all'Università di Kisumu, se non ricordo male, ed in questo periodo i corsi e gli esami sono terminati. E' stato soprattutto lui, il mio cicerone.
Questo enorme appezzamento dove Susy lavora (è davvero enorme), ha già, al suo interno, molti animali. I più comuni, da quelle parti, sono zebre, gazelle, orici, dik dik, facoceri, ma anche gnu. Siccome siamo molto vicino al lago Naivasha (dove ha vissuto Joy Adamson, quella di Nata libera) e ad un discreto fiume (del quale ignoro il nome), ci sono pure ippopotami. Molti anche gli uccelli, dei quali non vi so specificare i nomi. A casa di Susy ci sono due cani femmina (madre e figlia; la figlia ha partorito di recente 8 cuccioli, 4 sono morti), e un piccolo gatto che quando arrivo sta malissimo, mi dicono che sospettano abbia mangiato qualcosa che lo ha avvelenato. E' piccolo, col pelo ritto e piuttosto pelle e ossa, e gira in tondo (pare sia l'effetto del veleno), ma con i giorni si rimetterà in forze, anche se rimarrà strano, e si distinguerà per la voglia di entrare continuamente in camera "mia" e per altri passatempi quantomeno particolari. Ma la prima sorpresa arriva il giorno seguente al mio arrivo, come potete vedere dalla prima foto: nella notte, un leopardo è stato costretto da alcuni coraggiosi uomini della sorveglianza, a cadere in una trappola, e a breve verrà preso in cura dagli uomini del Kenya Wildlife Service. Nel frattempo, però, noi e molti abitanti e lavoratori della tenuta, ci rechiamo curiosi a vederlo. Vi assicuro che, pur non essendo per niente grande, anche dentro una gabbia fa paura, e gli occhi sono davvero cattivi. Quando si scaglia contro la gabbia, tutti, anche i più coraggiosi, fanno un salto all'indietro.

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