Lo so, è strano. A volte però bisogna seguire le intuizioni; il progetto di questa recensione doppia è nato dalla segnalazione dell'amico Monty a proposito di Reunion, un live dei Black Sabbath in formazione originale, del quale ignoravo l'esistenza, pensate un po'. Il collegamento è stato automatico: pensando alla mitica band inglese, che ha praticamente inventato l'heavy metal, ho ricordato l'altro disco del quale parleremo, che vede invece il compianto Ronnie James Dio alla voce. Ve ne parlerò insieme non per fare confronti, ma per sottolineare due grandi dischi di un'unica grande band; sarà naturale, comunque, fare dei paralleli.
Live Evil - Black Sabbath (1982)
La storia di Live Evil è un po' come la storia dei Sabbath stessi: difficile, tormentata. Frutto del tour seguente alla pubblicazione di Mob Rules, secondo disco con Dio dopo Heaven and Hell e primo con Vinny Appice alla batteria, subentrato dopo una delle innumerevoli fuoriuscite di Bill Ward dalla band, disco che testimonia le serate di Dallas, San Antonio e Seattle, ebbe un missaggio che scatenò un furioso litigio tra Tony Iommi e RJ Dio. Brevemente, Iommi sosteneva che Dio avesse alzato i volumi di voce e batteria a discapito di quelli di basso e chitarra (pare che la colpa sia stata poi verificata essere semplicemente di un tecnico del suono); Dio negò fortemente, e lasciò la band insieme ad Appice, formando (appunto) i Dio. Sulle note di copertina, infatti, i due componenti fuoriusciti appaiono come collaboratori, e non come parte della band. Ora, il missaggio effettivamente non è bellissimo, soprattutto il pubblico è appena percettibile; ma ciò non inficia la maestosità di questo disco dal vivo. Tra l'altro, all'epoca era il primo ed unico live ufficiale dei Sabbath, visto che Live at Last del 1980 fu pubblicato senza il permesso della band (è stato poi "riconosciuto" in seguito). La scaletta è abbastanza ben bilanciata tra vecchi classici (N.I.B., Children of the Grave, Black Sabbath, Paranoid, War Pigs e Iron Man) e pezzi tratti dai due dischi in studio del periodo RJ Dio, e, a parte la bravura dei musicisti, mostra la grandezza di Ronnie, che si confronta con i pezzi storici del periodo Ozzy senza nessun timore reverenziale, anzi, li prende di petto e li interpreta a modo suo, arrivando perfino a personalizzarli. Spazio agli assoli di chitarra e batteria, memorabile l'interminabile versione di Heaven and Hell, che in pratica si estende per circa 23 minuti (per la versione vinile, a cavallo della facciata 3 e 4), racchiudendo anche The Sign of the Southern Cross e Paranoid. La sensazione è di grande professionalità, al servizio di una band che aveva già scritto la storia della musica, e stava proseguendo con dischi più che dignitosi.
Reunion - Black Sabbath (1998)
Testimonianza delle due serate al Birmingham NEC del dicembre 1997, Reunion è un disco che fa venire i brividi tanto esprime energia e scolpisce nel marmo, anche se non ce n'era per niente bisogno, il nome di una band sulla quale si è già detto tutto. E' vero che il basso "ingombrante" e pieno di Geezer Butler, il timbro inimitabile e "pazzoide" di Ozzy Osbourne, il drumming in equilibrio tra potenza bonhamiana ed influenze jazzy di Bill Ward, caratterizzano già perfettamente il marchio Black Sabbath; ma è innegabile che il rifferama di (Anthony Frank) Tony Iommi sia imprescindibile, se si parla del sabba nero. Oltre ai pezzi storici, sono presenti canzoni meno gettonate dal grande pubblico, ma che fanno felici i fan di una vita. E' forse proprio tra questi che bisogna cercare, per arrivare al godimento estremo. La versione di Snowblind è qualcosa di inarrivabile. Tra i grandi classici, questo disco dà l'occasione per una riflessione che definirei profonda: se qualcuno chiedesse "cos'è l'heavy metal?", basterebbe far partire la versione di Children of the Grave qui contenuta, ed i giochi sarebbero fatti. La carica del disco, che traspare dalla voce di Ozzy in versione "fomentatore", è davvero rimarchevole.
Contiene due inediti, Psycho Man e Selling My Soul, decenti senza dubbio, che mostrano esattamente quanto Iommi possa estirpare, con le sole sue pennate, la vena mainstream maturata dall'Ozzy solista.
Conclusioni
La signorilità di Ronnie James Dio è eguagliata dalla rozzezza di un Ozzy in grande spolvero. Per quanto Dio abbia contribuito ad un periodo davvero bello di una band che aveva evidentemente concluso un ciclo che rimarrà nella storia, e per quanto Ozzy sia meno professionale e spesso denoti dei limiti "tecnici", la sua carica quasi perversa è parte integrante dei Black Sabbath. Consiglio a tutti l'ascolto dei due live, ma naturalmente, se aveste tempo solo per uno dei due, la scelta cadrebbe inevitabilmente su Reunion.
1 commento:
Tutto molto bello (cit).
Posta un commento