No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20120906

Violeta è andata in cielo

Violeta se fue a los cielos - di Andrés Wood (2011)


Giudizio sintetico: si può vedere (3,5/5)
Giudizio vernacolare: la mamma dell'intillimani






Violeta del Carmen Parra Sandoval nasce nella Provincia di Nuble (il luogo preciso è ancora oggi controverso, conteso tra San Carlos e San Fabián de Alico, non distanti tra di loro), in Cile, ai piedi delle Ande, a sud di Santiago, il 4 ottobre 1917. Fu musicista, cantautrice, e in seguito pittrice, scultrice e ceramista. Visse un'infanzia di gravi ristrettezze, alle quali, insieme ai genitori e ai fratelli (ne ebbe cinque, più due fratellastri), cercò di far fronte con la musica. La madre Clarisa era contadina. Il padre, Nicanor, era professore di musica; morì quando Violeta aveva 14 anni, ma le insegnò a suonare la chitarra (così come ai fratelli): a 9 anni suonava lo strumento, a 12 cominciò a scrivere canzoni. Cambiò residenza più volte, cominciò, anche con i fratelli, ad esibirsi dappertutto fin da piccola. A 18 anni, con la madre e i fratelli, arrivò a Santiago; si sposò per la prima volta a 21 anni, con Luis Cereceda, dal quale ebbe i primi due figli Angel e Isabel. Cereceda, militante del Partito Comunista, introdusse Violeta alla politica, dando così il via all'impegno sociale della cantante, che da sempre dette voce ai più poveri. Inizia un immenso lavoro di riscoperta del folklore latino (peruviano, messicano, spagnolo, canti contadini cileni); si sposa per la seconda volta con Luis Arce (con il quale ha le figlie Carmen Luisa e Rosita Clara), escono i suoi primi dischi (con la sorella Hilda). Sempre più conosciuta in patria grazie ai suoi dischi, nel 1954 canta per un programma alla Radio Chilena (Canta Violeta Parra), vince il premio Caupolicán come miglior cantante di folklore dell'anno, che le vale un invito al Festival della Gioventù di Varsavia. Inizia così la sua esperienza europea, che la porterà anche in Russia e a Parigi (dove rimarrà un paio d'anni). Torna in Cile nel 1957, dopo aver saputo che la figlia Rosita Clara, nel frattempo, è morta. Si scopre pittrice, continuando l'attività di ricerca musicale, viaggiando per tutto il paese diffondendo la cultura del folklore, lavorando per l'Università di Concepción. Nel 1961 si trasferisce in Argentina, si riunisce con i figli (Angel e Isabel, insieme ai quali pubblicherà un disco sotto il nome Los Parra de Chile) e qualche nipote, riparte per l'Europa (Finlandia, Russia, Germania, Italia), si ferma ancora una volta a Parigi dove si esibisce, e lavora sia alla musica, sia alla pittura che alla scultura e alla decorazione. Scrive perfino un libro sulla poesia popolare andina, e nel 1964 segna una tappa storica: è la prima latinoamericana ad esporre al Louvre. Violeta ha modo di re-incontrare quello che sarà il grande amore della sua vita, il musicologo e antropologo Gilbert Favré; il loro rapporto segnerà l'ultima parte della carriera della cantante, a lui si ispirerà per scrivere le sue canzoni più conosciute. Nel 1965 Violeta torna in Cile, e mette in pratica quello che sarà il suo ultimo progetto: una grande tenda a La Reina, sopra Santiago, dove intende, insieme ai figli e ad alcuni intellettuali e cantanti, creare il più importante centro di cultura del folk. L'operazione non ebbe grande successo; la cosa demotivò fortemente Violeta, ed insieme all'abbandono di Gilbert, che andrà in Bolivia per perseguire i suoi obiettivi, e li si sposò, provocherà in lei una profonda depressione, che la porterà al suicidio di lì a poco.
Il regista di Machuca e di La buena vida mette in scena tutto questo, con l'aiuto di una prova straordinaria dell'attrice protagonista Francisca Gavilán. Insieme, rendono giustizia ad una figura da noi conosciuta pochissimo, ma al contrario importantissima: la canzone Grazie alla vita (Gracias a la vida), reinterpretata tra gli altri da Gabriella Ferri, Ginevra Di Marco, Banda Bassotti, ma pure da Joan Baez e Mercedes Sosa, credo la conosciate tutti. Tratto dal libro omonimo del 2006 di Angel Parra, il figlio, il film è lungo ma neppure troppo, racchiude tutti gli eventi importanti dandogli il giusto spazio, e come detto si avvale di un'interpretazione davvero notevole. Davvero un bel film. Quest'anno, ha vinto il Gran Premio della giuria al Sundance; non è uscito in Italia.

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