Tiempo de valientes - di Damián Szifrón (2005)
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Giudizio vernacolare: ganzetto
Buenos Aires, Argentina. Mariano Silverstein ed Alfredo Díaz non si conoscono. Sono lontani anni luce. Ma sono destinati a diventare migliori amici. Succede che Mariano, uno psicanalista benestante, sposato apparentemente in maniera felice, ma senza figli, con una bella casa in un bel quartiere, investe una signora mentre sta guidando, e viene giudicato colpevole; per questo motivo, viene destinato ad una pena "sociale". Dovrà far coppia con un poliziotto; il giudice decide che dovrà affiancare Alfredo, un poliziotto investigativo che ultimamente sta entrando in una sorta di depressione: ha scoperto che l'amata moglie lo tradiva. Naturalmente, all'inizio Mariano non vede l'ora che la sua "pena" termini, ed Alfredo non ci fa neppure caso, tanto ha la testa da un'altra parte. Ma, per un motivo futile, Mariano invita Alfredo a rimanere a cena. In quell'occasione, l'apparentemente distante Alfredo, intuisce dopo qualche minuto, e riesce a far confessare alla moglie di Mariano che lo ha tradito. Incredulo, Mariano va via di casa; Alfredo si dimostra insolitamente solidale, e i due pian piano diventano una vera coppia di investigatori. Alfredo sta lavorando ad un caso di doppio omicidio, e stupisce Mariano dimostrandosi un investigatore più che esperto. Le tracce, un po' alla volta, svelano una trama molto più ampia, che porta fino ai servizi segreti argentini, e ad un traffico internazionale di uranio, che dovrebbe servire alla costruzione di armi nucleari.
Secondo lungometraggio per il cinema del brillante giovane regista/sceneggiatore argentino creatore de Los Simuladores, una serie poliziesca che in Argentina ha fatto furore, e ha beneficiato di ben quattro rifacimenti (Cile, Spagna, Messico e addirittura Russia). Un po' Arma letale, ma con una freschezza e un umorismo tutto argentino, il film ha un buon ritmo e beneficia di una coppia di attori la cui alchimia funziona immediatamente. Uno è Luis Luque (Alfredo Díaz), attore di teatro e soprattutto di televisione, e l'altro è il più famoso Diego Peretti (curiosamente anche psicologo nella realtà, e ancor più curiosamente, negli ultimi tempi impegnati nel remake argentino di In Treatment), sconosciuto in Italia, ma del quale vi ho già parlato in occasione dei film di Juan Taratuto (Peretti appare in No sos vos, soy yo e in ¿Quién dice que es fácil?) e del debutto alla regia del mitico Ricardo Darín (La señal), un attore davvero degno di nota, fisicamente divertente e dotato di un discreto carisma. La prima parte regge meglio rispetto alla seconda, ma in generale si tratta di un buon film che conferma la solidità di Szifrón sia come sceneggiatore, sia come regista.
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