Revenge - di Mike Kelley - Stagione 1 (22 episodi; ABC) - 2011/2012
Una giovane, bionda, elegante, evidentemente facoltosa, che dice di chiamarsi Emily Thorne, si trasferisce negli Hamptons, e affitta una bella residenza in riva al mare. Il terreno sul quale sorge la casa confina con la maestosa ed enorme villa (è più un castello moderno) di proprietà dei Grayson, una delle famiglie più potenti, influenti, ricche, dell'alta società newyorkese. Emily sembra conoscere solo Ashley Davenport, una giovane organizzatrice di eventi inglese, che lavora a tempo pieno per Victoria Grayson, moglie di Conrad, l'amministratore delegato della Grayson Global. La donna è una sorta di ape regina, che fa e disfa a suo piacimento, e alla quale ogni persona che orbita in quella zona mostra referenza; ognuno spera di andarle a genio. Emily, scopriamo un po' alla volta, è legata anche a Nolan Ross, giovane multimilionario a capo di una multinazionale informatica, la NolCorp; Nolan inventa software, è fondamentalmente un bravissimo hacker, ed il padre di Emily lo ha aiutato a fondare la sua società quando tutti gli altri non lo prendevano sul serio. Emily Thorne non è in realtà il vero nome della ragazza; il suo passato è doloroso, da piccola viveva negli Hamptons, proprio nella casa che adesso ha affittato (e che spera di acquistare), ed ha un conto in sospeso con la famiglia Grayson.
Nelle cose che scrivo, a proposito delle cose che vedo, sento e leggo, mi è capitato spesso di descrivere (e di descrivervi) un sentimento per il quale non esiste, in italiano, una definizione precisa. Leggendo serialmente.com, un sito al tempo stesso divertente ed interessante, che naturalmente parla di serie tv e sul quale scrivono persone che ne sanno, almeno così mi pare, ho scoperto che in inglese, invece, esiste. Sto parlando di guilty pleasure. Ecco, Revenge, segnalatomi dall'amico Mazza, è, per me, un vero e proprio guilty pleasure: una cosa che mi piace, ma che mi vergogno un po' ad ammettere che mi piace. Basicamente, è una telenovela. O una soap, se volete. Solo un pochino più di qualità. Ma in realtà tutti sanno che le telenovelas danno dipendenza. Eppure, a dispetto di una quantità davvero innumerevole di difetti, Revenge ti fa stare attaccato allo schermo, e quando finisce un episodio non vedi l'ora di vedere quello successivo.
Revenge ha una fotografia troppo patinata. Spesso si notano degli sfondi inseriti con la computer graphic, in maniera pacchiana e fatti molto male. Porta avanti delle storylines inutili, con dei personaggi altrettanto inutili. Il 95 per cento delle recitazioni fa ridere, è inespressivo ed ingessato. I colpi di scena sono continui, inarrestabili, e spesso poco credibili. Nei flashback, la protagonista indossa delle parrucche ridicole (che nostaglia, le parrucche di Sydney Bristow in Alias; tra l'altro, Alias è un riferimento che ricorre spesso, quando si parla di Revenge); a proposito di flashback, c'è un intero episodio fatto praticamente solo di questi (il 20, Legacy), che è completamente inutile. La protagonista, Emily VanCamp (Emily Thorne ma anche... ), la Rebecca Harper (per la quale tifavo spudoratamente, in quel caso) di Brothers & Sisters, non è così convincente nei panni della psicopatica in cerca di vendetta. L'altra protagonista, Madeleine Stowe (Revenge il film, del 1990, L'ultimo dei Moicani, L'esercito delle 12 scimmie), nei panni di Victoria Grayson, è la dimostrazione definitiva che il botox sta all'espressività come il tofu sta al parmigiano reggiano. Eppure non vedo l'ora che arrivi il 30 settembre 2012, data in cui andrà in onda Bound, il primo episodio della seconda stagione.
La serie, ispirata a Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas (ma da una prospettiva femminile), crea dipendenza. La scrittura, a dispetto dai succitati plot twist poco credibili (così come, spesso, i repentini cambi di atteggiamento di alcuni protagonisti), ma soprattutto il ritmo, è incessante, mai noioso. Le strutture spesso indulgono in trucchetti (gli episodi che iniziano con un avvenimento e poi sono tutti in flashback fino a tornare all'inizio), ma la resa è ottima. Le migliori recitazioni, a mio parere, sono quelle di Gabriel Mann (Nolan Ross) e quella di Henry Czerny (Conrad Grayson). Nonostante l'inutilità del suo personaggio, sono contento di rivedere Ashley Madekwe (Ashley Davenport), la Bambi di Secret Diary of a Call Girl.
1 commento:
inappuntabile
guilty pleasure era la definizione che cercavo
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