Ritual - Soulfly (2018)
La creatura di Max Cavalera arriva all'undicesimo album, e per fare chiarezza: attualmente questo è il progetto vivente, insieme ai Cavalera Conspiracy e a quello dei Killer Be Killed. Inserito in pianta stabile uno dei figli (adottivi) Zyon alla batteria, Mike Leon al basso dopo l'abbandono di Tony Campos, e sempre con Marc Rizzo alla chitarra solista, una colonna portante del progetto, senza dubbio alcuno, ecco che la novità sta soprattutto nella produzione di Josh Wilbur (un produttore piuttosto in voga adesso, già con i Killer Be Killed). Il risultato è un massiccio disco di death metal che si fonde con il groove metal, dove qua e là ci sono tentativi di sperimentazione world music e addirittura free jazz. Sono episodi sporadici, perché il corpo del disco è potente e decisamente violento, ma si integrano bene con il resto. Un deciso segno di buona salute.
The creature of Max Cavalera arrives at the eleventh album, and to make things clear: currently this is the living project, along with Cavalera Conspiracy and that of Killer Be Killed. One of the (adoptive) sons Zyon on drums, Mike Leon on bass after the abandonment of Tony Campos, and always with Marc Rizzo on the lead guitar, a supporting column of the project, without any doubt, here is the novelty especially in the production of Josh Wilbur (a rather fashionable producer now, already with the Killer Be Killed). The result is a massive death metal record that blends with groove metal, where there are attempts to experiment world music and even free jazz. They are sporadic episodes, because the body of the album is powerful and decidedly violent, but they integrate well with the rest. A decided sign of good health.
No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.
20181130
20181129
Volere male
El mal querer - Rosalía (2018)
Forse non sarà nei dieci dischi migliori del 2018, dato il genere, ma sicuramente questo della giovane catalana (25 anni, di San Esteban de Sasroviras, provincia di Barcellona), è uno dei dischi più interessanti ascoltati questo anno. E' il suo secondo, la ragazza si è fatta notare in un talent spagnolo (Tu si que vales) e ha lavorato con La Fura dels Baus, e dimostra una maturità spaventosa. Sposa flamenco e pop, la trap e il soul, l'elettronica rarefatta alla Bjork delle ultime produzioni, la musica da camera e i cori ecclesiastici, usa gli spoken word quando necessario (su Preso c'è nientemeno che Rossy de Palma). Il disco è un concept ispirato ad un racconto occitano anonimo del 1287 intitolato Flamenca, o Roman de Flamenca, ad ogni traccia, oltre al titolo, è abbinato un titolo alternativo (o capitolo), ci sono molti ospiti, e il risultato è oltremodo affascinante. Ci sono singoli che spaccheranno le classifiche (Malamente, Pienso en tu mirà, Di mi nombre lo hanno già fatto, un po' dappertutto), ma il disco non è assolutamente di facile assimilazione. Se siete curiosi, e come dico spesso, vi piacciono le sfide, ecco pane per i vostri denti.
Maybe it will not be in the ten best records of 2018, given the genre, but certainly this of the young Catalan (25 years, from San Esteban de Sasroviras, province of Barcelona), is one of the most interesting albums listened during this year. It's her second, the girl has made her mark in a Spanish talent (Tu si que vales) and has worked with La Fura dels Baus, and shows a scary maturity. She melts flamenco and pop, trap and soul, the rarefied electronic as Bjork of the latest productions, chamber music and church choirs, use spoken words when necessary (on Preso there is none other than Rossy de Palma). The disc is a concept inspired by an anonymous Occitan novel of 1287 entitled Flamenca, each track, in addition to the title, is combined with an alternative title (or chapter), there are many guests, and the result is very fascinating . There are singles who will rule the charts (Malamente, Pienso en tu mirà, Di mi nombre have already done it, everywhere), but the album is not absolutely easy to assimilate. If you are curious, and as I often say, you like challenges, here is bread for your teeth.
Forse non sarà nei dieci dischi migliori del 2018, dato il genere, ma sicuramente questo della giovane catalana (25 anni, di San Esteban de Sasroviras, provincia di Barcellona), è uno dei dischi più interessanti ascoltati questo anno. E' il suo secondo, la ragazza si è fatta notare in un talent spagnolo (Tu si que vales) e ha lavorato con La Fura dels Baus, e dimostra una maturità spaventosa. Sposa flamenco e pop, la trap e il soul, l'elettronica rarefatta alla Bjork delle ultime produzioni, la musica da camera e i cori ecclesiastici, usa gli spoken word quando necessario (su Preso c'è nientemeno che Rossy de Palma). Il disco è un concept ispirato ad un racconto occitano anonimo del 1287 intitolato Flamenca, o Roman de Flamenca, ad ogni traccia, oltre al titolo, è abbinato un titolo alternativo (o capitolo), ci sono molti ospiti, e il risultato è oltremodo affascinante. Ci sono singoli che spaccheranno le classifiche (Malamente, Pienso en tu mirà, Di mi nombre lo hanno già fatto, un po' dappertutto), ma il disco non è assolutamente di facile assimilazione. Se siete curiosi, e come dico spesso, vi piacciono le sfide, ecco pane per i vostri denti.
Maybe it will not be in the ten best records of 2018, given the genre, but certainly this of the young Catalan (25 years, from San Esteban de Sasroviras, province of Barcelona), is one of the most interesting albums listened during this year. It's her second, the girl has made her mark in a Spanish talent (Tu si que vales) and has worked with La Fura dels Baus, and shows a scary maturity. She melts flamenco and pop, trap and soul, the rarefied electronic as Bjork of the latest productions, chamber music and church choirs, use spoken words when necessary (on Preso there is none other than Rossy de Palma). The disc is a concept inspired by an anonymous Occitan novel of 1287 entitled Flamenca, each track, in addition to the title, is combined with an alternative title (or chapter), there are many guests, and the result is very fascinating . There are singles who will rule the charts (Malamente, Pienso en tu mirà, Di mi nombre have already done it, everywhere), but the album is not absolutely easy to assimilate. If you are curious, and as I often say, you like challenges, here is bread for your teeth.
20181128
Vangelo interstatale
Interstate Gospel - Pistol Annies (2018)
Continua l'attività parallela delle Pistol Annies, supergruppo country femminile formato da Miranda Lambert, Ashley Monroe e Angaleena Presley, ognuna delle quali ha una propria carriera e discografia. Niente di particolarmente diverso da un disco della brava Miranda, per esempio, ottimo country pop ben fatto e con liriche divertenti ma mai stupide. Mi sfugge un po' il senso, ma consideriamolo un divertissement; rimane il fatto che trovo questo uno dei generi migliori per i lunghi viaggi in auto.
The parallel activity of the Pistol Annies continues, a women's country supergroup formed by Miranda Lambert, Ashley Monroe and Angaleena Presley, each of whom has her own career and discography. Nothing particularly different from an album from the good Miranda, for example, excellent country pop well done and with funny but never stupid lyrics. The sense escapes me a little, but let's consider it a divertissement; the fact remains that I find this one of the best kinds for long car trips.
Continua l'attività parallela delle Pistol Annies, supergruppo country femminile formato da Miranda Lambert, Ashley Monroe e Angaleena Presley, ognuna delle quali ha una propria carriera e discografia. Niente di particolarmente diverso da un disco della brava Miranda, per esempio, ottimo country pop ben fatto e con liriche divertenti ma mai stupide. Mi sfugge un po' il senso, ma consideriamolo un divertissement; rimane il fatto che trovo questo uno dei generi migliori per i lunghi viaggi in auto.
The parallel activity of the Pistol Annies continues, a women's country supergroup formed by Miranda Lambert, Ashley Monroe and Angaleena Presley, each of whom has her own career and discography. Nothing particularly different from an album from the good Miranda, for example, excellent country pop well done and with funny but never stupid lyrics. The sense escapes me a little, but let's consider it a divertissement; the fact remains that I find this one of the best kinds for long car trips.
20181127
Spazzatura digitale
Digital Garbage - Mudhoney (2018)
Al decimo album in studio per la seminale band di di Seattle, Washington, l'unica novità rilevante è una politicizzazione delle liriche, come si può intuire vagamente dal titolo, "spazzatura digitale". Contro le sparatorie, che avvengono perfino in chiesa, contro i necon, contro l'estremismo evangelico, contro la corsa al successo, contro la diffusione di paure insensate ("Robot e alieni rubano posti di lavoro, stanno portando droga, violenteranno tua madre! / Attenti alle luci abbaglianti della città dove le lesbiche stanno aspettando di rubare tua moglie!" canta un Mark Arm mai domo e ancora in gran forma, in Paranoid Core), il tutto con il solito suono che ci riporta indietro di 30 anni, senza particolari picchi compositivi (non c'è una nuova Touch Me, I'm Sick), ma senza riempitivi: undici tracce oneste, per una band fedele alla linea, stavolta davvero preoccupata per il futuro del pianeta.
At the tenth studio album for the seminal band of Seattle, Washington, the only relevant news is a politicization of lyrics, as you can vaguely guess from the title, "digital garbage". Against the shootings, which happen even in church, against the necon, against evangelical extremism, against the race to success, against the spread of senseless fears (“Robots and aliens stealing jobs, they’re bringing drugs, they’ll rape your mom!/Beware the city’s dazzling lights where dykes are waiting to steal your wife!", sings a Mark Arm never tamed and still in great shape, in Paranoid Core), all with the usual sound that brings us back 30 years, without particular compositional peaks (there is no new Touch Me, I'm Sick), but without fillers: eleven honest tracks, for a band faithful to the line, this time really worried about the future of the planet.
Al decimo album in studio per la seminale band di di Seattle, Washington, l'unica novità rilevante è una politicizzazione delle liriche, come si può intuire vagamente dal titolo, "spazzatura digitale". Contro le sparatorie, che avvengono perfino in chiesa, contro i necon, contro l'estremismo evangelico, contro la corsa al successo, contro la diffusione di paure insensate ("Robot e alieni rubano posti di lavoro, stanno portando droga, violenteranno tua madre! / Attenti alle luci abbaglianti della città dove le lesbiche stanno aspettando di rubare tua moglie!" canta un Mark Arm mai domo e ancora in gran forma, in Paranoid Core), il tutto con il solito suono che ci riporta indietro di 30 anni, senza particolari picchi compositivi (non c'è una nuova Touch Me, I'm Sick), ma senza riempitivi: undici tracce oneste, per una band fedele alla linea, stavolta davvero preoccupata per il futuro del pianeta.
At the tenth studio album for the seminal band of Seattle, Washington, the only relevant news is a politicization of lyrics, as you can vaguely guess from the title, "digital garbage". Against the shootings, which happen even in church, against the necon, against evangelical extremism, against the race to success, against the spread of senseless fears (“Robots and aliens stealing jobs, they’re bringing drugs, they’ll rape your mom!/Beware the city’s dazzling lights where dykes are waiting to steal your wife!", sings a Mark Arm never tamed and still in great shape, in Paranoid Core), all with the usual sound that brings us back 30 years, without particular compositional peaks (there is no new Touch Me, I'm Sick), but without fillers: eleven honest tracks, for a band faithful to the line, this time really worried about the future of the planet.
20181126
Messia elettrico
Electric Messiah - High On Fire (2018)
Come capita in casi come questi, monolite è la definizione che calza meglio a proposito di questo nuovo disco, l'ottavo della band di Oakland, California, una delle due creature di Matt Pike. Il disco, ancora prodotto da Kurt Ballou, è dichiaratamente un tributo a Lemmy Kilmister, ed è davvero un altro passo in avanti per questa band probabilmente un poco sottovalutata rispetto all'altra di Pike (gli Sleep). Un suono potentissimo, un universo lirico visionario e quasi folle, una precisione chirurgica dei tre musicisti, ugualmente bravissimi, e un incedere tellurico, per un disco che è veramente metal, e nient'altro. La summa di tutte le influenze, sludge, doom, stoner, thrash, speed, continua a salire di qualità e serve ai tre per comporre dischi di un livello superiore. Vi basti, su tutte, Sanctioned Annihilation (Andy O'Connor su Pitchfork la definisce la loro Sign of the Southern Cross), 10 minuti e 29 di heavy metal allo stato lavico.
As happens in cases like these, monolith is the definition that best fits this new record, the eighth for the band of Oakland, California, one of the two creatures of Matt Pike. The album, still produced by Kurt Ballou, is admittedly a tribute to Lemmy Kilmister, and is really another step forward for this band, probably a little underestimated compared to the other by Pike (the Sleep). A powerful sound, a lyrical universe visionary and almost insane, a surgical precision of the three musicians, equally talented, and a telluric pace, for a record that is really metal, and nothing else. The sum of all influences, sludge, doom, stoner, thrash, speed, continues to rise in quality and serves the three to compose a record of a higher level. All you need is listen to Sanctioned Annihilation (Andy O'Connor on Pitchfork defines it as their Sign of the Southern Cross), 10 minutes and 29 minutes of heavy metal in the lava state.
Come capita in casi come questi, monolite è la definizione che calza meglio a proposito di questo nuovo disco, l'ottavo della band di Oakland, California, una delle due creature di Matt Pike. Il disco, ancora prodotto da Kurt Ballou, è dichiaratamente un tributo a Lemmy Kilmister, ed è davvero un altro passo in avanti per questa band probabilmente un poco sottovalutata rispetto all'altra di Pike (gli Sleep). Un suono potentissimo, un universo lirico visionario e quasi folle, una precisione chirurgica dei tre musicisti, ugualmente bravissimi, e un incedere tellurico, per un disco che è veramente metal, e nient'altro. La summa di tutte le influenze, sludge, doom, stoner, thrash, speed, continua a salire di qualità e serve ai tre per comporre dischi di un livello superiore. Vi basti, su tutte, Sanctioned Annihilation (Andy O'Connor su Pitchfork la definisce la loro Sign of the Southern Cross), 10 minuti e 29 di heavy metal allo stato lavico.
As happens in cases like these, monolith is the definition that best fits this new record, the eighth for the band of Oakland, California, one of the two creatures of Matt Pike. The album, still produced by Kurt Ballou, is admittedly a tribute to Lemmy Kilmister, and is really another step forward for this band, probably a little underestimated compared to the other by Pike (the Sleep). A powerful sound, a lyrical universe visionary and almost insane, a surgical precision of the three musicians, equally talented, and a telluric pace, for a record that is really metal, and nothing else. The sum of all influences, sludge, doom, stoner, thrash, speed, continues to rise in quality and serves the three to compose a record of a higher level. All you need is listen to Sanctioned Annihilation (Andy O'Connor on Pitchfork defines it as their Sign of the Southern Cross), 10 minutes and 29 minutes of heavy metal in the lava state.
20181125
Inno dell'esercito pacifico
Anthem of the Peaceful Army - Greta Van Fleet (2018)
Ci siamo già passati tanti anni fa con i tedeschi Kingdom Come, qualcuno se lo ricorderà e se li ricorderà. A me piacevano pure, e per quel poco che ricordo, assomigliavano meno ai Led Zeppelin, rispetto agli statunitensi di Frankenmuth, Michigan, Greta Van Fleet. Qualche giorno fa, scherzando con alcuni amici, alla notizia che Pitchfork aveva stroncato il disco (1,6 su 10), mi dispiacevo perché avrei voluto farlo per primo. Anthony Fantano, il mitico nerd di The Needle Drop, è ugualmente drastico, ma con una certa classe: "il disco è uno sputo in faccia all'evoluzione artistica". Sono d'accordo, anche se mentre ascolto Anthem of the Peaceful Army non ho la tentazione di togliere l'album, alla stessa maniera non ho la voglia di metterlo ancora quando finisce. Ci sono pezzi buoni, e anche diversi pezzi totalmente inutili (paradossalmente quando fanno meno i Led Zeppelin, questa è la cosa preoccupante). Lasciamoli lavorare, sono giovani: il prossimo disco ci dirà cosa vogliono fare da grandi.
We already passed through this, many years ago with the Germans Kingdom Come, someone will remember this, and remember them. I liked them, and for the little I remember, they sounded less like Led Zeppelin, compared to the Americans of Frankenmuth, Michigan, Greta Van Fleet. A few days ago, joking with some friends, at the news that Pitchfork had destroyed the record (1.6 out of 10), I was sorry because I wanted to do it first. Anthony Fantano, the mythical nerds of The Needle Drop, is equally dramatic, but with a certain class: "The album is a spit in the face of artistic evolution." I agree, but as I listen Anthem of the Peaceful Army did not the temptation to remove the album, the same way I do not have the desire to put it even when it ends. There are good tracks, and also several totally useless tracks (paradoxically, when they try to sound less Led Zeppelin-ish, and this is the worrying thing). Let them work, they are young: the next record will tell us what they want to do when they grow up.
Ci siamo già passati tanti anni fa con i tedeschi Kingdom Come, qualcuno se lo ricorderà e se li ricorderà. A me piacevano pure, e per quel poco che ricordo, assomigliavano meno ai Led Zeppelin, rispetto agli statunitensi di Frankenmuth, Michigan, Greta Van Fleet. Qualche giorno fa, scherzando con alcuni amici, alla notizia che Pitchfork aveva stroncato il disco (1,6 su 10), mi dispiacevo perché avrei voluto farlo per primo. Anthony Fantano, il mitico nerd di The Needle Drop, è ugualmente drastico, ma con una certa classe: "il disco è uno sputo in faccia all'evoluzione artistica". Sono d'accordo, anche se mentre ascolto Anthem of the Peaceful Army non ho la tentazione di togliere l'album, alla stessa maniera non ho la voglia di metterlo ancora quando finisce. Ci sono pezzi buoni, e anche diversi pezzi totalmente inutili (paradossalmente quando fanno meno i Led Zeppelin, questa è la cosa preoccupante). Lasciamoli lavorare, sono giovani: il prossimo disco ci dirà cosa vogliono fare da grandi.
We already passed through this, many years ago with the Germans Kingdom Come, someone will remember this, and remember them. I liked them, and for the little I remember, they sounded less like Led Zeppelin, compared to the Americans of Frankenmuth, Michigan, Greta Van Fleet. A few days ago, joking with some friends, at the news that Pitchfork had destroyed the record (1.6 out of 10), I was sorry because I wanted to do it first. Anthony Fantano, the mythical nerds of The Needle Drop, is equally dramatic, but with a certain class: "The album is a spit in the face of artistic evolution." I agree, but as I listen Anthem of the Peaceful Army did not the temptation to remove the album, the same way I do not have the desire to put it even when it ends. There are good tracks, and also several totally useless tracks (paradoxically, when they try to sound less Led Zeppelin-ish, and this is the worrying thing). Let them work, they are young: the next record will tell us what they want to do when they grow up.
20181124
20181123
Dioniso
Dyonisus - Dead Can Dance (2018)
I Dead Can Dance, forse lo saprete già, sono di nuovo insieme e attivi, dalla fine del 2011. E' già uscito un disco immediatamente dopo la riunione, Anastasis del 2012, a sedici anni di distanza dal precedente Spiritchaser (1996), come pure un disco dal vivo, In Concert, nel 2013. Questo Dionysus quindi è il loro nono album in studio, che vede 36 minuti di musica, divisi in due suite, meglio, due Atti, divisi in vari movimenti (il primo atto è composto da tre movimenti: Sea Borne, Liberator of Minds, Dance of the Bacchantes, il secondo da quattro: The Mountain, The Invocation, The Forest, Psychopomp). Non è propriamente la mia tazza di the, ma sicuramente è un disco decisamente suggestivo: al pari di quel che dissi di 10,000 Days dei Tool, Dionysus (non avendo mai ascoltato gli altri dischi dei Dead Can Dance, lo confesso, immagino che valga anche per quelli, ma non posso confermarvelo in questo momento) è un disco che andrebbe ascoltato in una stanza buia, in assoluto silenzio. Sicuramente, un'esperienza sensoriale, che si avvicina a quella delle droghe in genere. La definizione, anzi le definizioni, con le quali viene etichettato il genere della band australiana, è varia proprio perché di difficile catalogazione; in questo caso tribalismo, forse, ci si avvicina. In diversi momenti si ha l'impressione di sentire una variazione di Canyon Jam (la traccia nascosta di Roots dei Sepultura, registrata con la tribù indigena amazzonica degli Xavante) senza metal, sofisticata e resa vagamente più gotica. Senza dubbio si tratta di world music, e può fornire dei momenti catartici.
The Dead Can Dance, you may already know, are together again and active, from the end of 2011. A record has already been released immediately after the reunion, Anastasis of 2012, sixteen years after the previous Spiritchaser (1996), as also a live album, In Concert, in 2013. This Dionysus is therefore their ninth studio album, which sees 36 minutes of music, divided into two suites, better, two Acts, divided into various movements (the first act is composed from three movements: Sea Borne, Liberator of Minds, Dance of the Bacchantes, the second from four: The Mountain, The Invocation, The Forest, Psychopomp). It's not really my cup of tea, but it's definitely a very suggestive album: like what I said about Tool's 10,000 Days, Dionysus (never having listened to the other Dead Can Dance records, I confess, I guess it's also worth for those, but I can not confirm it at this time) is a record that should be heard in a dark room, in absolute silence. Surely, a sensory experience, which approaches that of drugs in general. The label, better the labels, with which the genre of the Australian band is labeled, is various precisely because it is difficult to classify; in this case tribalism, perhaps, is the closest one. At different times you have the impression of hearing a variation of Canyon Jam (the hidden track of Roots of the Sepultura, recorded with the indigenous tribe of the Xavante) without metal, sophisticated and vaguely more gothic. No doubt it is world music, and can provide cathartic moments.
I Dead Can Dance, forse lo saprete già, sono di nuovo insieme e attivi, dalla fine del 2011. E' già uscito un disco immediatamente dopo la riunione, Anastasis del 2012, a sedici anni di distanza dal precedente Spiritchaser (1996), come pure un disco dal vivo, In Concert, nel 2013. Questo Dionysus quindi è il loro nono album in studio, che vede 36 minuti di musica, divisi in due suite, meglio, due Atti, divisi in vari movimenti (il primo atto è composto da tre movimenti: Sea Borne, Liberator of Minds, Dance of the Bacchantes, il secondo da quattro: The Mountain, The Invocation, The Forest, Psychopomp). Non è propriamente la mia tazza di the, ma sicuramente è un disco decisamente suggestivo: al pari di quel che dissi di 10,000 Days dei Tool, Dionysus (non avendo mai ascoltato gli altri dischi dei Dead Can Dance, lo confesso, immagino che valga anche per quelli, ma non posso confermarvelo in questo momento) è un disco che andrebbe ascoltato in una stanza buia, in assoluto silenzio. Sicuramente, un'esperienza sensoriale, che si avvicina a quella delle droghe in genere. La definizione, anzi le definizioni, con le quali viene etichettato il genere della band australiana, è varia proprio perché di difficile catalogazione; in questo caso tribalismo, forse, ci si avvicina. In diversi momenti si ha l'impressione di sentire una variazione di Canyon Jam (la traccia nascosta di Roots dei Sepultura, registrata con la tribù indigena amazzonica degli Xavante) senza metal, sofisticata e resa vagamente più gotica. Senza dubbio si tratta di world music, e può fornire dei momenti catartici.
The Dead Can Dance, you may already know, are together again and active, from the end of 2011. A record has already been released immediately after the reunion, Anastasis of 2012, sixteen years after the previous Spiritchaser (1996), as also a live album, In Concert, in 2013. This Dionysus is therefore their ninth studio album, which sees 36 minutes of music, divided into two suites, better, two Acts, divided into various movements (the first act is composed from three movements: Sea Borne, Liberator of Minds, Dance of the Bacchantes, the second from four: The Mountain, The Invocation, The Forest, Psychopomp). It's not really my cup of tea, but it's definitely a very suggestive album: like what I said about Tool's 10,000 Days, Dionysus (never having listened to the other Dead Can Dance records, I confess, I guess it's also worth for those, but I can not confirm it at this time) is a record that should be heard in a dark room, in absolute silence. Surely, a sensory experience, which approaches that of drugs in general. The label, better the labels, with which the genre of the Australian band is labeled, is various precisely because it is difficult to classify; in this case tribalism, perhaps, is the closest one. At different times you have the impression of hearing a variation of Canyon Jam (the hidden track of Roots of the Sepultura, recorded with the indigenous tribe of the Xavante) without metal, sophisticated and vaguely more gothic. No doubt it is world music, and can provide cathartic moments.
20181122
Dove vado quando dormo
Where I Go When I Am Sleeping - Casey (2018)
Secondo disco a lunga durata per la band gallese, formatasi dalla volontà del cantante Tom Weaver e del chitarrista Liam Torrance che, fuoriusciti dalle loro rispettive vecchie band (Continents e Hot Damn), hanno messo insieme i Well Wisher, che hanno iniziato a lavorare in studio dopo aver reclutato gli altri tre componenti, e un breve iato durante il quale Tom è stato in lizza per entrare nei Northlane. Cambiato il nome in Casey per un paio di motivi, hanno cominciato a produrre materiale, e ad esibirsi dal vivo. Il loro suono risente al tempo stesso delle reminiscenze dell'hardcore punk così come dello shoegaze, creando così un genere oggi abbastanza in uso nell'underground e non, ma affrontandolo con una certa personalità. Il disco quindi è emozionale ed emozionante quanto i temi affrontati dalle liriche, ed alterna momenti decisamente rilassati e suggestivi ad altri estremamente potenti e vigorosi. Molto bravi, con canzoni molto belle.
Second long-lasting record for the Welsh band, formed by the will of singer Tom Weaver and guitarist Liam Torrance who, having escaped from their respective old bands (Continents and Hot Damn), put together Well Wisher, who started working in study after recruiting the other three members, and a brief hiatus during which Tom was vying to enter Northlane. Changed the name in Casey for a couple of reasons, they started to produce material, and to perform live. Their sound is at the same time reminiscent of hardcore punk as well as shoegaze, thus creating a genre that today is quite used in the underground and not only, but facing it with a certain personality. The album is therefore emotional and exciting as the themes dealt with by the lyrics, and alternates decidedly relaxed and suggestive moments with other extremely powerful and vigorous ones. Very good, with a very beautiful songs.
Secondo disco a lunga durata per la band gallese, formatasi dalla volontà del cantante Tom Weaver e del chitarrista Liam Torrance che, fuoriusciti dalle loro rispettive vecchie band (Continents e Hot Damn), hanno messo insieme i Well Wisher, che hanno iniziato a lavorare in studio dopo aver reclutato gli altri tre componenti, e un breve iato durante il quale Tom è stato in lizza per entrare nei Northlane. Cambiato il nome in Casey per un paio di motivi, hanno cominciato a produrre materiale, e ad esibirsi dal vivo. Il loro suono risente al tempo stesso delle reminiscenze dell'hardcore punk così come dello shoegaze, creando così un genere oggi abbastanza in uso nell'underground e non, ma affrontandolo con una certa personalità. Il disco quindi è emozionale ed emozionante quanto i temi affrontati dalle liriche, ed alterna momenti decisamente rilassati e suggestivi ad altri estremamente potenti e vigorosi. Molto bravi, con canzoni molto belle.
Second long-lasting record for the Welsh band, formed by the will of singer Tom Weaver and guitarist Liam Torrance who, having escaped from their respective old bands (Continents and Hot Damn), put together Well Wisher, who started working in study after recruiting the other three members, and a brief hiatus during which Tom was vying to enter Northlane. Changed the name in Casey for a couple of reasons, they started to produce material, and to perform live. Their sound is at the same time reminiscent of hardcore punk as well as shoegaze, thus creating a genre that today is quite used in the underground and not only, but facing it with a certain personality. The album is therefore emotional and exciting as the themes dealt with by the lyrics, and alternates decidedly relaxed and suggestive moments with other extremely powerful and vigorous ones. Very good, with a very beautiful songs.
20181121
Muri
Walls - Barbra Streisand (2018)
Barbara Joan Streisand, conosciuta come Barbra (ha cambiato legalmente il nome, togliendo una a, per essere unica), chi non la conosce? Cantante, attrice, compositrice e regista, eccellente in tutti i campi da lei "frequentati". Di famiglia ebrea, è da sempre impegnata politicamente: amica di Shimon Peres, grande sostenitrice del Partito Democratico statunitense (in Italia sarebbe definita radical chic). Precorritrice in ogni campo: è stata fidanzata con il tennista Agassi negli anni '90: la differenza d'età tra i due è di 28 anni (lei è ovviamente più anziana: oggi ha 76 anni, portati tra l'altro meravigliosamente). Sostenitrice dei diritti delle donne e LGBT, anche qui, da sempre. Insomma, massimo rispetto. Questo Walls, già dal titolo un manifesto contro la Presidenza Trump, è il suo trentaseiesimo disco in studio, e mette insieme qualche nuova canzone, per la quale si avvale del meglio a livello di produzione e di composizione, e qualche canzone tradizionale, con testi che si attaglino ad un disco come dire, orientato politicamente ma al tempo stesso delicato (addirittura c'è una coraggiosa medley tra Imagine e What A Wonderful World). L'operazione è discutibile, perfino dal mio punto di vista, un punto di vista che concorda sulla causa, ma, se riuscite a mettere da parte l'eventuale repulsione per uno stile pop-musical, capirete che la classe non si inventa: o ce l'hai o non ce l'hai, e la signora in questione ce ne ha per dozzine di aspiranti stelle musicali (e non solo).
Barbara Joan Streisand, known as Barbra (she has legally changed the name, removing one A to be unique), who does not know her? Singer, actress, composer and director, excellent in all the fields she "frequented". She comes from a Jewish family, has always been politically engaged: a friend of Shimon Peres, a great supporter of the US Democratic Party (in Italy she would be called radical chic). She always been ahead in every field: she was engaged with the tennis player Agassi in the 90s: the age difference between the two is 28 years (she is obviously older: today she is 76 years old, brought it wonderfully among other things). Sustainer of women's rights and LGBT, here too, from always. In short, maximum respect. This Walls, already titled a manifesto against the Trump Presidency, is her thirty-sixth disc in the studio, and puts together some new song, for which she makes use of the best in production and composition, and some traditional song, with lyrics that are in line to a disc as if to say, politically oriented but at the same time delicate (there is even a brave medley between Imagine and What A Wonderful World). The operation is questionable, even from my point of view, a point of view that agrees on the cause, but if you can put aside any repulsion for a pop-Broadway musical style, you will understand that the class is not invented: do you have it or you do not have it, and the lady in question has it for dozens of aspiring musical stars (and not only).
Barbara Joan Streisand, conosciuta come Barbra (ha cambiato legalmente il nome, togliendo una a, per essere unica), chi non la conosce? Cantante, attrice, compositrice e regista, eccellente in tutti i campi da lei "frequentati". Di famiglia ebrea, è da sempre impegnata politicamente: amica di Shimon Peres, grande sostenitrice del Partito Democratico statunitense (in Italia sarebbe definita radical chic). Precorritrice in ogni campo: è stata fidanzata con il tennista Agassi negli anni '90: la differenza d'età tra i due è di 28 anni (lei è ovviamente più anziana: oggi ha 76 anni, portati tra l'altro meravigliosamente). Sostenitrice dei diritti delle donne e LGBT, anche qui, da sempre. Insomma, massimo rispetto. Questo Walls, già dal titolo un manifesto contro la Presidenza Trump, è il suo trentaseiesimo disco in studio, e mette insieme qualche nuova canzone, per la quale si avvale del meglio a livello di produzione e di composizione, e qualche canzone tradizionale, con testi che si attaglino ad un disco come dire, orientato politicamente ma al tempo stesso delicato (addirittura c'è una coraggiosa medley tra Imagine e What A Wonderful World). L'operazione è discutibile, perfino dal mio punto di vista, un punto di vista che concorda sulla causa, ma, se riuscite a mettere da parte l'eventuale repulsione per uno stile pop-musical, capirete che la classe non si inventa: o ce l'hai o non ce l'hai, e la signora in questione ce ne ha per dozzine di aspiranti stelle musicali (e non solo).
Barbara Joan Streisand, known as Barbra (she has legally changed the name, removing one A to be unique), who does not know her? Singer, actress, composer and director, excellent in all the fields she "frequented". She comes from a Jewish family, has always been politically engaged: a friend of Shimon Peres, a great supporter of the US Democratic Party (in Italy she would be called radical chic). She always been ahead in every field: she was engaged with the tennis player Agassi in the 90s: the age difference between the two is 28 years (she is obviously older: today she is 76 years old, brought it wonderfully among other things). Sustainer of women's rights and LGBT, here too, from always. In short, maximum respect. This Walls, already titled a manifesto against the Trump Presidency, is her thirty-sixth disc in the studio, and puts together some new song, for which she makes use of the best in production and composition, and some traditional song, with lyrics that are in line to a disc as if to say, politically oriented but at the same time delicate (there is even a brave medley between Imagine and What A Wonderful World). The operation is questionable, even from my point of view, a point of view that agrees on the cause, but if you can put aside any repulsion for a pop-Broadway musical style, you will understand that the class is not invented: do you have it or you do not have it, and the lady in question has it for dozens of aspiring musical stars (and not only).
20181120
Uomo spaziale
Spaceman - Ace Frehley (2018)
Dovreste conoscermi davvero bene, e da molto tempo, per sapere che Paul Daniel Frehley detto Ace, è uno dei musicisti rock più influenti ed importanti, per me. Senza il suo singolo New York Groove (una cover di Russ Ballard, inserita nel disco solista Ace Frehley del 1978, quando i Kiss, in cui militava, decisero di prendersi una pausa e far uscire quattro dischi solisti, uno ciascuno), probabilmente avrei seguito un percorso musicale del tutto diverso. O forse no, ma come che sia, amo questo chitarrista autodidatta, anche cantante, con uno stile unico e riconoscibilissimo, che ha influenzato molti chitarristi negli anni seguenti al suo successo con i Kiss. Questo Spaceman (il nome della persona da lui inventata per il suo ruolo, sempre con i Kiss) è il suo ottavo disco solista, ed è un disco di classic hard rock estremamente piacevole e ben fatto, dove ovviamente, si riconosce il suo marchio di fabbrica. Partecipazione straordinaria di Gene Simmons, che scrive insieme ad Ace due pezzi, Without You I'm Nothing e Your Wish Is My Command, e suona il basso sul primo, e, nella scaletta, anche una cover di I Wanna Go Back dei Billy Satellite. Per il resto, un manipolo di pezzi semplici, ma molto efficaci. E, naturalmente, un sacco di assoli-killer.
You should know me really well, and from a long time, to know that Paul Daniel Frehley, known as Ace, is one of the most influential and important rock musicians for me. Without his single New York Groove (a cover of Russ Ballard, inserted in the solo album Ace Frehley of 1978, when the Kiss, in which he played, decided to take a break and release four solo records, one each), I would probably have followed a completely different musical path. Or maybe not, but whatever it is, I love this self-taught guitarist, also a singer, with a unique and recognizable style that influenced many guitarists in the years following his success with Kiss. This Spaceman (the name of the persona he invented for his role, always with Kiss) is his eighth solo record, and is a very pleasant and well made classic hard rock album, where obviously, we can recognize his factory brand. Extraordinary participation of Gene Simmons, who writes with Ace two tracks, Without You I'm Nothing and Your Wish Is My Command, and plays the bass on the first one, and, in the set list, also a cover of I Wanna Go Back of Billy Satellite. For the rest, a handful of simple but very effective songs. And, of course, a bunch of killer guitar solos.
Dovreste conoscermi davvero bene, e da molto tempo, per sapere che Paul Daniel Frehley detto Ace, è uno dei musicisti rock più influenti ed importanti, per me. Senza il suo singolo New York Groove (una cover di Russ Ballard, inserita nel disco solista Ace Frehley del 1978, quando i Kiss, in cui militava, decisero di prendersi una pausa e far uscire quattro dischi solisti, uno ciascuno), probabilmente avrei seguito un percorso musicale del tutto diverso. O forse no, ma come che sia, amo questo chitarrista autodidatta, anche cantante, con uno stile unico e riconoscibilissimo, che ha influenzato molti chitarristi negli anni seguenti al suo successo con i Kiss. Questo Spaceman (il nome della persona da lui inventata per il suo ruolo, sempre con i Kiss) è il suo ottavo disco solista, ed è un disco di classic hard rock estremamente piacevole e ben fatto, dove ovviamente, si riconosce il suo marchio di fabbrica. Partecipazione straordinaria di Gene Simmons, che scrive insieme ad Ace due pezzi, Without You I'm Nothing e Your Wish Is My Command, e suona il basso sul primo, e, nella scaletta, anche una cover di I Wanna Go Back dei Billy Satellite. Per il resto, un manipolo di pezzi semplici, ma molto efficaci. E, naturalmente, un sacco di assoli-killer.
You should know me really well, and from a long time, to know that Paul Daniel Frehley, known as Ace, is one of the most influential and important rock musicians for me. Without his single New York Groove (a cover of Russ Ballard, inserted in the solo album Ace Frehley of 1978, when the Kiss, in which he played, decided to take a break and release four solo records, one each), I would probably have followed a completely different musical path. Or maybe not, but whatever it is, I love this self-taught guitarist, also a singer, with a unique and recognizable style that influenced many guitarists in the years following his success with Kiss. This Spaceman (the name of the persona he invented for his role, always with Kiss) is his eighth solo record, and is a very pleasant and well made classic hard rock album, where obviously, we can recognize his factory brand. Extraordinary participation of Gene Simmons, who writes with Ace two tracks, Without You I'm Nothing and Your Wish Is My Command, and plays the bass on the first one, and, in the set list, also a cover of I Wanna Go Back of Billy Satellite. For the rest, a handful of simple but very effective songs. And, of course, a bunch of killer guitar solos.
20181119
Un Bore Mercher
Keeping Faith - Di Matthew Hall - Stagione 1 (8 episodi; S4C/BBC One Wales) - 2017
Abercorran (luogo fittizio), Galles rurale. Faith Howells è felicemente sposata con Evan, sono entrambi avvocati ed hanno uno studio legale. Faith è ancora in maternità, avendo da poco dato alla luce il terzo figlio, il primo maschio. Una sera esce con le amiche, per festeggiare il divorzio di una di loro, rientra tardi e ubriaca. La mattina dopo, Evan saluta ed esce per andare a lavoro. Dopo di che, svanisce nel nulla.
Avvincente e curioso thriller gallese (girato contemporaneamente in due lingue, gallese ed inglese), ambientato in scenari mozzafiato (Camarthen, Laugharne, Swansea, Vale of Gramorgan), con un cast ben allestito, e una protagonista, Eve Myles (Faith), davvero brava a caricarsi il grosso della serie sulle spalle, e a generare totale empatia dallo spettatore alla condizione del suo personaggio. Ha avuto in grande successo in UK, e la seconda stagione è attualmente in lavorazione. Consigliata, per uscire un poco dagli schemi americani o scandinavi, a livello di thriller.
Exciting and curious Welsh thriller (shot simultaneously in two languages, Welsh and English), set in stunning scenery (Camarthen, Laugharne, Swansea, Vale of Gramorgan), with a well-prepared cast, and a main protagonist, Eve Myles (Faith), really good at loading the bulk of the series on the shoulders, and generate total empathy from the viewer to the condition of her character. It has had great success in the UK, and the second season is currently in production. Recommended, to go out a little from the American or Scandinavian schemes, at the level of thrillers.
Abercorran (luogo fittizio), Galles rurale. Faith Howells è felicemente sposata con Evan, sono entrambi avvocati ed hanno uno studio legale. Faith è ancora in maternità, avendo da poco dato alla luce il terzo figlio, il primo maschio. Una sera esce con le amiche, per festeggiare il divorzio di una di loro, rientra tardi e ubriaca. La mattina dopo, Evan saluta ed esce per andare a lavoro. Dopo di che, svanisce nel nulla.
Avvincente e curioso thriller gallese (girato contemporaneamente in due lingue, gallese ed inglese), ambientato in scenari mozzafiato (Camarthen, Laugharne, Swansea, Vale of Gramorgan), con un cast ben allestito, e una protagonista, Eve Myles (Faith), davvero brava a caricarsi il grosso della serie sulle spalle, e a generare totale empatia dallo spettatore alla condizione del suo personaggio. Ha avuto in grande successo in UK, e la seconda stagione è attualmente in lavorazione. Consigliata, per uscire un poco dagli schemi americani o scandinavi, a livello di thriller.
Exciting and curious Welsh thriller (shot simultaneously in two languages, Welsh and English), set in stunning scenery (Camarthen, Laugharne, Swansea, Vale of Gramorgan), with a well-prepared cast, and a main protagonist, Eve Myles (Faith), really good at loading the bulk of the series on the shoulders, and generate total empathy from the viewer to the condition of her character. It has had great success in the UK, and the second season is currently in production. Recommended, to go out a little from the American or Scandinavian schemes, at the level of thrillers.
20181118
Politica guasta
Broken Politics - Neneh Cherry (2018)
Sempre con il suo ritmo estremamente lento, sembra che Neneh Mariann Karlsson, meglio conosciuta come Neneh Cherry, sia decisa a continuare la sua longeva carriera musicale, che va avanti dal 1980 circa. Il suo disco precedente risale al 2014, Blank Project, e il precedente, non esattamente a suo nome, era del 2012, The Cherry Thing; quest'ultimo mi dette la sensazione di aver ritrovato una vecchia amica, che dal 1996 (Man) avevo perso di vista, anche se nel frattempo, lei aveva fatto uscire due dischi sotto il monicker CirKus. Detto tutto questo, per farvi capire che la signora è navigata, e soprattutto, che fa dischi quando sente di avere davvero qualcosa da dire, nonostante i due dischi precedenti fossero davvero dei dischi difficili da superare, anche questo Broken Politics è uno di quei lavori da ascoltare con i testi (e magari il traduttore) a portata di mano, causa l'importanza e il coinvolgimento socio-politico molto attuale delle liriche, e che potrebbe spiazzare l'ascoltatore vista la trasversalità dello stile. Cherry si è sempre definita non una rapper, ma una cantante che "fa un po' di rap"; è passata dal punk, del quale conserva l'attitudine, e attraverso tutti gli stadi evolutivi della musica dance. Si è messa nelle sapienti mani di Four Tet (Kieran Hebden), si è fatta dare un aiuto da Robert Del Naja (Massive Attack) per il singolo Kong (un singolo che lancia l'album e che parla di immigrati), e per la composizione, troviamo quasi sempre la collaborazione del marito Cameron McVey, grande orecchio pop ma anche radici che affondano nella tradizione trip hop. Il risultato è un disco che potrebbe a prima vista sembrare leggermente inferiore ai due precedenti, solo perché il loro ricordo è, credetemi, davvero ingombrante. Al contrario, questo disco ha uno stile al tempo stesso inconfondibile, e sempre più raffinato, orecchiabile ma intellettuale, mentre Cherry parla, in maniera soffusa, di aborto, rifugiati, violenza armata, e della facilità con la quale le cospirazioni entrano nella vita di tutti i giorni. Se vi pare poco.
Still with its extremely slow pace, it seems that Neneh Mariann Karlsson, better known as Neneh Cherry, is determined to continue her long musical career, which has been going on since about 1980. Her previous record dates back to 2014, Blank Project, and the previous one, not exactly in her name, was from 2012, The Cherry Thing; the latter gave me the feeling of having found an old friend, who since 1996 (Man) I had lost sight of, even if in the meantime, she had released two records under the CirKus monicker. Having said all this, to make you understand that the lady is navigated, and above all, making records when she feels she really has something to say, despite the two previous records were really difficult to overcome, this Broken Politics is one of those works to listen with the lyrics (and perhaps the translator) at hand, because of the importance and the very current socio-political involvement of the lyrics itself, and that could displace the listener considering the transversality of the style. Cherry has always defined herself as not a rapper, but a singer who "does a bit of rap"; she has passed from punk, of which it retains the attitude, and through all the evolutionary stages of dance music. She has put herself in the expert hands of Four Tet (Kieran Hebden), has been helped by Robert Del Naja (Massive Attack) for the single Kong (a single that launches the album and that speaks of immigrants), and for the composition, we almost always find the collaboration of her husband Cameron McVey, big pop ear but also roots that sink in the trip hop tradition. The result is a record that may at first sight seem slightly inferior to the previous two, just because their memory is, believe me, really cumbersome. On the contrary, this record has a style that is at once unmistakable, but increasingly refined, catchy but intellectual, while Cherry speaks, in a suffused way, of abortion, refugees, gun violence, and the ease with which conspiracies enter the life of everyday. If you think it's a nothing...
Sempre con il suo ritmo estremamente lento, sembra che Neneh Mariann Karlsson, meglio conosciuta come Neneh Cherry, sia decisa a continuare la sua longeva carriera musicale, che va avanti dal 1980 circa. Il suo disco precedente risale al 2014, Blank Project, e il precedente, non esattamente a suo nome, era del 2012, The Cherry Thing; quest'ultimo mi dette la sensazione di aver ritrovato una vecchia amica, che dal 1996 (Man) avevo perso di vista, anche se nel frattempo, lei aveva fatto uscire due dischi sotto il monicker CirKus. Detto tutto questo, per farvi capire che la signora è navigata, e soprattutto, che fa dischi quando sente di avere davvero qualcosa da dire, nonostante i due dischi precedenti fossero davvero dei dischi difficili da superare, anche questo Broken Politics è uno di quei lavori da ascoltare con i testi (e magari il traduttore) a portata di mano, causa l'importanza e il coinvolgimento socio-politico molto attuale delle liriche, e che potrebbe spiazzare l'ascoltatore vista la trasversalità dello stile. Cherry si è sempre definita non una rapper, ma una cantante che "fa un po' di rap"; è passata dal punk, del quale conserva l'attitudine, e attraverso tutti gli stadi evolutivi della musica dance. Si è messa nelle sapienti mani di Four Tet (Kieran Hebden), si è fatta dare un aiuto da Robert Del Naja (Massive Attack) per il singolo Kong (un singolo che lancia l'album e che parla di immigrati), e per la composizione, troviamo quasi sempre la collaborazione del marito Cameron McVey, grande orecchio pop ma anche radici che affondano nella tradizione trip hop. Il risultato è un disco che potrebbe a prima vista sembrare leggermente inferiore ai due precedenti, solo perché il loro ricordo è, credetemi, davvero ingombrante. Al contrario, questo disco ha uno stile al tempo stesso inconfondibile, e sempre più raffinato, orecchiabile ma intellettuale, mentre Cherry parla, in maniera soffusa, di aborto, rifugiati, violenza armata, e della facilità con la quale le cospirazioni entrano nella vita di tutti i giorni. Se vi pare poco.
Still with its extremely slow pace, it seems that Neneh Mariann Karlsson, better known as Neneh Cherry, is determined to continue her long musical career, which has been going on since about 1980. Her previous record dates back to 2014, Blank Project, and the previous one, not exactly in her name, was from 2012, The Cherry Thing; the latter gave me the feeling of having found an old friend, who since 1996 (Man) I had lost sight of, even if in the meantime, she had released two records under the CirKus monicker. Having said all this, to make you understand that the lady is navigated, and above all, making records when she feels she really has something to say, despite the two previous records were really difficult to overcome, this Broken Politics is one of those works to listen with the lyrics (and perhaps the translator) at hand, because of the importance and the very current socio-political involvement of the lyrics itself, and that could displace the listener considering the transversality of the style. Cherry has always defined herself as not a rapper, but a singer who "does a bit of rap"; she has passed from punk, of which it retains the attitude, and through all the evolutionary stages of dance music. She has put herself in the expert hands of Four Tet (Kieran Hebden), has been helped by Robert Del Naja (Massive Attack) for the single Kong (a single that launches the album and that speaks of immigrants), and for the composition, we almost always find the collaboration of her husband Cameron McVey, big pop ear but also roots that sink in the trip hop tradition. The result is a record that may at first sight seem slightly inferior to the previous two, just because their memory is, believe me, really cumbersome. On the contrary, this record has a style that is at once unmistakable, but increasingly refined, catchy but intellectual, while Cherry speaks, in a suffused way, of abortion, refugees, gun violence, and the ease with which conspiracies enter the life of everyday. If you think it's a nothing...
20181117
20181116
L'amore è magico
Love Is Magic - John Grant (2018)
La cosa che mi conforta, e al tempo stesso mi spingerà a fare sempre meglio, anche solo per la soddisfazione, è che, mentre tentavo disperatamente di costruire il mio giudizio scritto sul quarto disco in studio dell'artista originario di Buchanan, Michigan (cresciuto poi in Colorado, ha studiato in Germania, è tornato negli US a New York, e poi si è trasferito in Islanda), sono incappato nella recensione di Michael Hann sul Guardian, ed ho trovato scritto esattamente quello che pensavo, per filo e per segno, ma elaborato in una maniera nella quale io non ero riuscito a fare. Vi rimando quindi a quella recensione, mentre io aggiungerò questo: Love Is Magic è probabilmente l'album meno riuscito di John Grant, probabilmente perché esagera nell'uso dei synth, che spesso affogano tutto il resto, ed eccede nella durata delle canzoni, lasciando spazio a divagazioni strumentali sperimentali. Tutto questo va contestualizzato: John Grant rimane uno dei cantautori rock più dotati, a livello di songwriting, di testi e con una voce profondissima, capace di cantare di dolori profondi e segnanti con un tono da cabaret, e di infilare dentro un'unica canzone stupri, Trump e bei ragazzi brasiliani. Ci sono canzoni bellissime anche questa volta: Is He Strange, Smug Cunt, Love Is Magic, Tempest, ma, come detto, ci sono troppi orpelli sperimentali.
The thing that comforts me, and at the same time push me to do even better, just for the satisfaction, is that, while I tried desperately to build my judgment written on the fourth studio album of the artist born in Buchanan, Michigan (then raised in Colorado, he studied in Germany, he returned to the US in New York, and then he moved to Iceland), I stumbled on Michael Hann's review on The Guardian, and I found it written exactly what I thought, but elaborated in a manner in which I had failed to do. I refer you to that review, while I will add this: Love Is Magic is probably the least successful album of John Grant, probably because it exaggerates in the use of synths, which often drown all the rest, and exceeds with the duration of the songs, leaving space for experimental instrumental digressions. All of this must be contextualized: John Grant remains one of the most talented rock songwriters, in terms of songwriting, lyrics and with a very deep and beautiful voice, able to sing of deep pains and events that leave you scars, with a cabaret tone, and capable to insert a single song rapes, Trump, and handsome Brazilian guys. There are beautiful songs also this time: Is He Strange, Smug Cunt, Love Is Magic, Tempest, but, as mentioned, there are too many experimental trappings.
La cosa che mi conforta, e al tempo stesso mi spingerà a fare sempre meglio, anche solo per la soddisfazione, è che, mentre tentavo disperatamente di costruire il mio giudizio scritto sul quarto disco in studio dell'artista originario di Buchanan, Michigan (cresciuto poi in Colorado, ha studiato in Germania, è tornato negli US a New York, e poi si è trasferito in Islanda), sono incappato nella recensione di Michael Hann sul Guardian, ed ho trovato scritto esattamente quello che pensavo, per filo e per segno, ma elaborato in una maniera nella quale io non ero riuscito a fare. Vi rimando quindi a quella recensione, mentre io aggiungerò questo: Love Is Magic è probabilmente l'album meno riuscito di John Grant, probabilmente perché esagera nell'uso dei synth, che spesso affogano tutto il resto, ed eccede nella durata delle canzoni, lasciando spazio a divagazioni strumentali sperimentali. Tutto questo va contestualizzato: John Grant rimane uno dei cantautori rock più dotati, a livello di songwriting, di testi e con una voce profondissima, capace di cantare di dolori profondi e segnanti con un tono da cabaret, e di infilare dentro un'unica canzone stupri, Trump e bei ragazzi brasiliani. Ci sono canzoni bellissime anche questa volta: Is He Strange, Smug Cunt, Love Is Magic, Tempest, ma, come detto, ci sono troppi orpelli sperimentali.
The thing that comforts me, and at the same time push me to do even better, just for the satisfaction, is that, while I tried desperately to build my judgment written on the fourth studio album of the artist born in Buchanan, Michigan (then raised in Colorado, he studied in Germany, he returned to the US in New York, and then he moved to Iceland), I stumbled on Michael Hann's review on The Guardian, and I found it written exactly what I thought, but elaborated in a manner in which I had failed to do. I refer you to that review, while I will add this: Love Is Magic is probably the least successful album of John Grant, probably because it exaggerates in the use of synths, which often drown all the rest, and exceeds with the duration of the songs, leaving space for experimental instrumental digressions. All of this must be contextualized: John Grant remains one of the most talented rock songwriters, in terms of songwriting, lyrics and with a very deep and beautiful voice, able to sing of deep pains and events that leave you scars, with a cabaret tone, and capable to insert a single song rapes, Trump, and handsome Brazilian guys. There are beautiful songs also this time: Is He Strange, Smug Cunt, Love Is Magic, Tempest, but, as mentioned, there are too many experimental trappings.
20181115
Razzo
Rocket - Edie Brickell and New Bohemians (2018)
Era il 1988, quando molti appassionati di musica, anche molto più dura di quella proposta da Edie Brickell and New Bohemians, rimasero fulminati dal singolo What I Am, e corsero a comprare, su disco o cassetta, Shooting Rubberbands at the Stars, scoprendo che c'era anche un'altra canzone, forse più bella, Circle. Girava tutto intorno ad un rock venato di folk. Dopo un paio d'anni, si seppe che la cantante si era sposata nientemeno che con Paul Simon. I più, da allora, ne hanno perso le tracce, e invece, lei ha continuato a fare musica, saltuariamente anche con gli stessi New Bohemians (The Live Montauk Sessions, 1999, Stranger Things, 2006). La band si è riunita per concerti sporadici anche dopo il 2006, e l'anno scorso in aprile, hanno suonato tre concerti esauriti a Oak Cliff, un sobborgo di Dallas (dov'è nata Edie), per raccogliere fondi per una scuola di musica, sempre di Oak Cliff, dove il chitarrista della band Kenny Withrow, insegna. Durante le prove per questi tre concerti, la band, evidentemente in stato di grazia, ha scritto nuove canzoni. Dopo i concerti, hanno deciso di registrarle, e il tutto si è concluso in pochi giorni. Così come dice la stessa Brickell, l'album non è molto omogeneo, e "salta" tra vari generi. Ma potenzialmente, mostra che c'è ancora qualcosa da dire, seppure con una modalità un po' agée.
It was 1988, when many music lovers, even of music much harder than the one proposed by Edie Brickell and New Bohemians, were struck by the single What I Am, and ran to buy, on disc or cassette, Shooting Rubberbands at the Stars, discovering that there was also another song, perhaps more beautiful, Circle. The genre was a simple rock veined by folk. After a couple of years, it was learned that the female singer had married no less than with Paul Simon. The most, since then, have lost track of her, and instead, she has continued to make music, occasionally even with the same New Bohemians (The Live Montauk Sessions, 1999, Stranger Things, 2006). The band gathered for sporadic concerts even after 2006, and last year in April, they played three sold out concerts in Oak Cliff, a suburb of Dallas (where Edie was born), to raise funds for a music school , also from Oak Cliff, where the band's guitarist Kenny Withrow teaches. During the rehearsals for these three concerts, the band, evidently in a state of grace, wrote new songs. After the concerts, they decided to register them, and it all ended in a few days. As Brickell herself says, the album is not very homogeneous, and "skips" between various genres. But potentially, it shows that there is still something to be said, albeit with a slightly old school way.
Era il 1988, quando molti appassionati di musica, anche molto più dura di quella proposta da Edie Brickell and New Bohemians, rimasero fulminati dal singolo What I Am, e corsero a comprare, su disco o cassetta, Shooting Rubberbands at the Stars, scoprendo che c'era anche un'altra canzone, forse più bella, Circle. Girava tutto intorno ad un rock venato di folk. Dopo un paio d'anni, si seppe che la cantante si era sposata nientemeno che con Paul Simon. I più, da allora, ne hanno perso le tracce, e invece, lei ha continuato a fare musica, saltuariamente anche con gli stessi New Bohemians (The Live Montauk Sessions, 1999, Stranger Things, 2006). La band si è riunita per concerti sporadici anche dopo il 2006, e l'anno scorso in aprile, hanno suonato tre concerti esauriti a Oak Cliff, un sobborgo di Dallas (dov'è nata Edie), per raccogliere fondi per una scuola di musica, sempre di Oak Cliff, dove il chitarrista della band Kenny Withrow, insegna. Durante le prove per questi tre concerti, la band, evidentemente in stato di grazia, ha scritto nuove canzoni. Dopo i concerti, hanno deciso di registrarle, e il tutto si è concluso in pochi giorni. Così come dice la stessa Brickell, l'album non è molto omogeneo, e "salta" tra vari generi. Ma potenzialmente, mostra che c'è ancora qualcosa da dire, seppure con una modalità un po' agée.
It was 1988, when many music lovers, even of music much harder than the one proposed by Edie Brickell and New Bohemians, were struck by the single What I Am, and ran to buy, on disc or cassette, Shooting Rubberbands at the Stars, discovering that there was also another song, perhaps more beautiful, Circle. The genre was a simple rock veined by folk. After a couple of years, it was learned that the female singer had married no less than with Paul Simon. The most, since then, have lost track of her, and instead, she has continued to make music, occasionally even with the same New Bohemians (The Live Montauk Sessions, 1999, Stranger Things, 2006). The band gathered for sporadic concerts even after 2006, and last year in April, they played three sold out concerts in Oak Cliff, a suburb of Dallas (where Edie was born), to raise funds for a music school , also from Oak Cliff, where the band's guitarist Kenny Withrow teaches. During the rehearsals for these three concerts, the band, evidently in a state of grace, wrote new songs. After the concerts, they decided to register them, and it all ended in a few days. As Brickell herself says, the album is not very homogeneous, and "skips" between various genres. But potentially, it shows that there is still something to be said, albeit with a slightly old school way.
20181114
Trincea
Trench - Twenty One Pilots (2018)
So che comincio sempre più spesso le mie recensioni (sempre che si possano definire tali) nella stessa maniera, ma devo essere prima di tutto onesto, perché spesso i giudizi possono essere sensibilmente guidati, quando si conosce l'intera carriera di una band, per quanto si provi ad essere equilibrati. E quindi, anche stavolta rivelerò che non avevo mai ascoltato, prima d'ora, i Twenty One Pilots, duo di Columbus, Ohio. E non sapevo assolutamente cosa aspettarmi, visto che non avevo neppure mai letto niente che mi potesse dare un'indicazione, un'idea anche solo approssimativa del genere da loro praticato. Genere che rimane indefinibile anche dopo diversi ascolti di questo loro quinto album. Certo, l'influenza prominente è l'hip hop, ma tenete conto che i componenti, Tyler Joseph (voce, tastiere, chitarre) e Josh Dun (batteria, tromba), sono entrambi bianchi. Non vorrebbe dire granché; il fatto è che dentro alla loro musica c'è di tutto, dal rock al reggae, dall'elettronica al punk, e che, nonostante entrambi siano fondamentalmente autodidatti musicalmente, il disco, che qualche fan definisce il loro più pop, è geniale nel suo minimalismo. E' un concept album, basato su una realtà distopica creata da Joseph, e attraverso storie legate a questo mondo immaginario, i testi esplorano l'insicurezza, la fede, il suicidio e la salute mentale. Dategli un ascolto, potrebbe coinvolgervi.
I know that I always more often start my reviews (as long as they can be defined so) in the same way, but I have to be honest first of all, because often the judgments can be sensibly guided, when you know the whole career of a band, for how much you try to be balanced. And so, again this time I will reveal that I had never heard before the Twenty One Pilots, duo from Columbus, Ohio. And I did not know what to expect, since I had never even read anything that could give me an indication, even an approximate idea of the genre they practiced. Genre that remains indefinable even after several listening of this their fifth album. Of course, the prominent influence is hip hop, but keep in mind that the components, Tyler Joseph (vocals, keyboards, guitars) and Josh Dun (drums, trumpet), are both white. It would not mean much; the fact is that inside their music there is everything, from rock to reggae, from electronics to punk, and that, although both are basically self-taught musically, the album, which some fans define their most pop, is brilliant in its minimalism. It is a concept album, based on a dystopian reality created by Joseph, and through stories related to this imaginary world, the lyrics explore insecurity, faith, suicide and mental health. Give it a listen, it could involve you.
So che comincio sempre più spesso le mie recensioni (sempre che si possano definire tali) nella stessa maniera, ma devo essere prima di tutto onesto, perché spesso i giudizi possono essere sensibilmente guidati, quando si conosce l'intera carriera di una band, per quanto si provi ad essere equilibrati. E quindi, anche stavolta rivelerò che non avevo mai ascoltato, prima d'ora, i Twenty One Pilots, duo di Columbus, Ohio. E non sapevo assolutamente cosa aspettarmi, visto che non avevo neppure mai letto niente che mi potesse dare un'indicazione, un'idea anche solo approssimativa del genere da loro praticato. Genere che rimane indefinibile anche dopo diversi ascolti di questo loro quinto album. Certo, l'influenza prominente è l'hip hop, ma tenete conto che i componenti, Tyler Joseph (voce, tastiere, chitarre) e Josh Dun (batteria, tromba), sono entrambi bianchi. Non vorrebbe dire granché; il fatto è che dentro alla loro musica c'è di tutto, dal rock al reggae, dall'elettronica al punk, e che, nonostante entrambi siano fondamentalmente autodidatti musicalmente, il disco, che qualche fan definisce il loro più pop, è geniale nel suo minimalismo. E' un concept album, basato su una realtà distopica creata da Joseph, e attraverso storie legate a questo mondo immaginario, i testi esplorano l'insicurezza, la fede, il suicidio e la salute mentale. Dategli un ascolto, potrebbe coinvolgervi.
I know that I always more often start my reviews (as long as they can be defined so) in the same way, but I have to be honest first of all, because often the judgments can be sensibly guided, when you know the whole career of a band, for how much you try to be balanced. And so, again this time I will reveal that I had never heard before the Twenty One Pilots, duo from Columbus, Ohio. And I did not know what to expect, since I had never even read anything that could give me an indication, even an approximate idea of the genre they practiced. Genre that remains indefinable even after several listening of this their fifth album. Of course, the prominent influence is hip hop, but keep in mind that the components, Tyler Joseph (vocals, keyboards, guitars) and Josh Dun (drums, trumpet), are both white. It would not mean much; the fact is that inside their music there is everything, from rock to reggae, from electronics to punk, and that, although both are basically self-taught musically, the album, which some fans define their most pop, is brilliant in its minimalism. It is a concept album, based on a dystopian reality created by Joseph, and through stories related to this imaginary world, the lyrics explore insecurity, faith, suicide and mental health. Give it a listen, it could involve you.
20181113
Non sarebbe fantastico?
Wouldn't It Be Great - Loretta Lynn (2018)
86 anni, 41 dischi in studio, quasi 60 anni di carriera; un solo marito (morto nel 1996), sei figli avuti, attualmente ha 27 nipoti e 16 pronipoti. Eppure, continua ad andare in tour, a comporre, a cantare. Basterebbe solo questo per capire di cosa stiamo parlando. Avevo sempre e solo sentito parlarne, l'avevo sentita citare da altri artisti, e quindi a questo giro, visto che c'è un nuovo album, mi sono deciso ad ascoltare miss Loretta Lynn née Webb, da Butcher Hollow, Kentucky, un luogo che non è catalogato neppure come villaggio, ma semplicemente una antica comunità di minatori di carbone. A dispetto dell'aspetto un po' spettrale, causato ovviamente dai lifting, la voce di questa leggenda del country statunitense pare inarrestabile, e il disco potrebbe essere una perfetta introduzione al genere per principianti. Anche perché le canzoni non sono tutte nuove: una buona parte sono nuove versioni di pezzi già pubblicati dalla stessa Lynn nel passato (Wouldn't It Be Great, God Makes No Mistakes, My Angel Mother, Don't Come Home a Drinkin', Darkest Day e la sua signature song per eccellenza, Coal Miner's Daughter). L'album è il terzo di una serie di cinque pianificati per essere registrati al Cash Cabin Studio di Hendersonville, Tennessee, ed è prodotto da una delle figlie di Loretta, Patsy Lynn Russell, e da John Carter Cash, l'unico figlio di Johnny e June Carter.
86 years, 41 studio albums, almost 60 years of career; one husband (died in 1996), six children, currently has 27 grandchildren and 16 great-grandchildren. Yet, she continues to go on tour, to compose, to sing. This would be enough to understand what we are talking about. I had only ever heard of her, I heard her mentioned by other artists, and so this time, since there is a new album, I decided to listen to Miss Loretta Lynn née Webb, from Butcher Hollow, Kentucky, a place which is not even listed as a village, but simply an ancient community of coal miners. In spite of the somewhat ghostly appearance, obviously caused by facelifts, the voice of this American country legend seems unstoppable, and the record could be a perfect introduction to the beginner of this genre. Also because the songs are not all new: a good part are new versions of tracks already published by the same Lynn in the past (Wouldn't It Be Great, God Makes No Mistakes, My Angel Mother, Don't Come Home a Drinkin', Darkest Day and her signature song by excellence, Coal Miner's Daughter). The album is the third of a series of five scheduled to be recorded at the Cash Cabin Studio in Hendersonville, Tennessee, and is produced by one of Loretta's daughters, Patsy Lynn Russell, and John Carter Cash, Johnny's and June Carter only son.
86 anni, 41 dischi in studio, quasi 60 anni di carriera; un solo marito (morto nel 1996), sei figli avuti, attualmente ha 27 nipoti e 16 pronipoti. Eppure, continua ad andare in tour, a comporre, a cantare. Basterebbe solo questo per capire di cosa stiamo parlando. Avevo sempre e solo sentito parlarne, l'avevo sentita citare da altri artisti, e quindi a questo giro, visto che c'è un nuovo album, mi sono deciso ad ascoltare miss Loretta Lynn née Webb, da Butcher Hollow, Kentucky, un luogo che non è catalogato neppure come villaggio, ma semplicemente una antica comunità di minatori di carbone. A dispetto dell'aspetto un po' spettrale, causato ovviamente dai lifting, la voce di questa leggenda del country statunitense pare inarrestabile, e il disco potrebbe essere una perfetta introduzione al genere per principianti. Anche perché le canzoni non sono tutte nuove: una buona parte sono nuove versioni di pezzi già pubblicati dalla stessa Lynn nel passato (Wouldn't It Be Great, God Makes No Mistakes, My Angel Mother, Don't Come Home a Drinkin', Darkest Day e la sua signature song per eccellenza, Coal Miner's Daughter). L'album è il terzo di una serie di cinque pianificati per essere registrati al Cash Cabin Studio di Hendersonville, Tennessee, ed è prodotto da una delle figlie di Loretta, Patsy Lynn Russell, e da John Carter Cash, l'unico figlio di Johnny e June Carter.
86 years, 41 studio albums, almost 60 years of career; one husband (died in 1996), six children, currently has 27 grandchildren and 16 great-grandchildren. Yet, she continues to go on tour, to compose, to sing. This would be enough to understand what we are talking about. I had only ever heard of her, I heard her mentioned by other artists, and so this time, since there is a new album, I decided to listen to Miss Loretta Lynn née Webb, from Butcher Hollow, Kentucky, a place which is not even listed as a village, but simply an ancient community of coal miners. In spite of the somewhat ghostly appearance, obviously caused by facelifts, the voice of this American country legend seems unstoppable, and the record could be a perfect introduction to the beginner of this genre. Also because the songs are not all new: a good part are new versions of tracks already published by the same Lynn in the past (Wouldn't It Be Great, God Makes No Mistakes, My Angel Mother, Don't Come Home a Drinkin', Darkest Day and her signature song by excellence, Coal Miner's Daughter). The album is the third of a series of five scheduled to be recorded at the Cash Cabin Studio in Hendersonville, Tennessee, and is produced by one of Loretta's daughters, Patsy Lynn Russell, and John Carter Cash, Johnny's and June Carter only son.
20181112
Cera
Wax - KT Tunstall (2018)
Questo sesto album in studio per la cantautrice scozzese, è per me il primo approccio in assoluto con la sua musica. Eppure, la carriera musicale di Kate Victoria Tunstall, oggi 43enne, comincia intorno al 2000. Capace di suonare anche batteria, flauto, pianoforte e tastiere in genere, predilige la chitarra e combina il folk con un'attitudine molto rock, direi low fi dal punto di vista di approccio, ma con un tipo di scrittura molto radiofonica. Questo disco, il secondo di una trilogia che lei definisce "soul, body and mind", e che segue di due anni il primo della trilogia intitolato KIN, contiene 11 tracce (13 nell'edizione HMV) molto orecchiabili, eppure non ruffiane, oserei definirle oneste.
This sixth studio album for the Scottish singer-songwriter, is for me the first ever approach with her music. Yet, the musical career of Kate Victoria Tunstall, now 43 years-old, starts around 2000. Able to play drums, flute, piano and keyboards in general, she prefers guitar and combines folk with a very rock attitude, I would say low fi, from the approach point of view, but with a very catchy type of songwriting. This record, the second in a trilogy that she calls "soul, body and mind", and which follows the first of the trilogy entitled KIN, is composed of 11 tracks (13 in the HMV edition) very catchy, yet not built, I would dare to define them honest.
Questo sesto album in studio per la cantautrice scozzese, è per me il primo approccio in assoluto con la sua musica. Eppure, la carriera musicale di Kate Victoria Tunstall, oggi 43enne, comincia intorno al 2000. Capace di suonare anche batteria, flauto, pianoforte e tastiere in genere, predilige la chitarra e combina il folk con un'attitudine molto rock, direi low fi dal punto di vista di approccio, ma con un tipo di scrittura molto radiofonica. Questo disco, il secondo di una trilogia che lei definisce "soul, body and mind", e che segue di due anni il primo della trilogia intitolato KIN, contiene 11 tracce (13 nell'edizione HMV) molto orecchiabili, eppure non ruffiane, oserei definirle oneste.
This sixth studio album for the Scottish singer-songwriter, is for me the first ever approach with her music. Yet, the musical career of Kate Victoria Tunstall, now 43 years-old, starts around 2000. Able to play drums, flute, piano and keyboards in general, she prefers guitar and combines folk with a very rock attitude, I would say low fi, from the approach point of view, but with a very catchy type of songwriting. This record, the second in a trilogy that she calls "soul, body and mind", and which follows the first of the trilogy entitled KIN, is composed of 11 tracks (13 in the HMV edition) very catchy, yet not built, I would dare to define them honest.
20181111
Ella
Ella Mai - Ella Mai (2018)
Album di debutto per la 24enne londinese, che però ha vissuto la sua adolescenza a New York. Esperienza breve per l'undicesima edizione dell'X Factor inglese, con il trio Arize subito eliminato, poco dopo pubblica un EP su SoundCloud, e viene scoperta su Instagram dal produttore statunitense DJ Mustard, che le pianifica i passi iniziali, fino all'album di debutto. Descritto come throwback R&B, il disco in effetti suona come un qualcosa tra le Destiny's Child o le TLC, e l'attuale R&B. La voce è buona, ma non fa gridare al miracolo, forse c'è un'inflazione di voci femminili, soprattutto nel campo R&B, e pure le tracce, nonostante produttori quotati e partecipazioni di un certo livello (Chris Brown, John Legend, H.E.R.), non spiccano particolarmente.
Debut album for the 24-year-old Londoner, who has lived her adolescence in New York. Short experience for the eleventh edition of the English X Factor, with the trio Arize immediately eliminated, shortly after she published an EP on SoundCloud, and she was discovered on Instagram by the US producer DJ Mustard, who plans her initial steps, up to the album debut. Described as a throwback R&B, the record actually sounds like something between Destiny's Child or TLC, and current R&B. The voice is good, but we can not cry to a miracle, perhaps there is an inflation of female voices, especially in the field of R&B, and even tracks, despite big producers and some guests of a certain level (Chris Brown, John Legend, H.E.R.), do not particularly stand out.
Album di debutto per la 24enne londinese, che però ha vissuto la sua adolescenza a New York. Esperienza breve per l'undicesima edizione dell'X Factor inglese, con il trio Arize subito eliminato, poco dopo pubblica un EP su SoundCloud, e viene scoperta su Instagram dal produttore statunitense DJ Mustard, che le pianifica i passi iniziali, fino all'album di debutto. Descritto come throwback R&B, il disco in effetti suona come un qualcosa tra le Destiny's Child o le TLC, e l'attuale R&B. La voce è buona, ma non fa gridare al miracolo, forse c'è un'inflazione di voci femminili, soprattutto nel campo R&B, e pure le tracce, nonostante produttori quotati e partecipazioni di un certo livello (Chris Brown, John Legend, H.E.R.), non spiccano particolarmente.
Debut album for the 24-year-old Londoner, who has lived her adolescence in New York. Short experience for the eleventh edition of the English X Factor, with the trio Arize immediately eliminated, shortly after she published an EP on SoundCloud, and she was discovered on Instagram by the US producer DJ Mustard, who plans her initial steps, up to the album debut. Described as a throwback R&B, the record actually sounds like something between Destiny's Child or TLC, and current R&B. The voice is good, but we can not cry to a miracle, perhaps there is an inflation of female voices, especially in the field of R&B, and even tracks, despite big producers and some guests of a certain level (Chris Brown, John Legend, H.E.R.), do not particularly stand out.
20181110
20181109
Evoluzione
Evolution - Disturbed (2018)
Settimo disco in studio per la band di Chicago, Illinois, secondo dopo la pausa che si sono presi dal 2011 al 2015 (abitudine sempre più frequente nelle band, del tutto comprensibile per il mondo musicale odierno). Ora, devo dire onestamente che la band non è mai stata tra le mie preferite, ed è difficile spiegare il perché. Fatto sta che tutte le loro caratteristiche, quelle che non mi piacciono, potete ritrovarle in questo nuovo Evolution, che quindi è un disco assolutamente non brutto, ma che non riesce a coinvolgermi. Ballate stucchevoli, pezzi ritmati con quell'andamento nu metal che non si sopporta più, e soprattutto, la voce di David Draiman, esageratamente teatrale. Quest'ultima è forse l'elemento che a me impedisce di digerire tutto il resto; in effetti, la tecnica è impeccabile, voce compresa. E' quindi l'elemento emozionale, che mi impedisce di apprezzare fino in fondo questa band, che sono sicuro, a molti piacerà.
Seventh studio album for the band from Chicago, Illinois, second after the break that took place from 2011 to 2015 (more and more frequent in bands, completely understandable for today's musical world). Now, I have to honestly say that the band has never been one of my favorites, and it's hard to explain why. The fact is that all their characteristics, those that I do not like, you can find them in this new Evolution, which is therefore a record absolutely not bad, but that fails to involve me. Nauseating ballads, tracks punctuated with that nu metal trend that I can't no longer bears, and above all, the voice of David Draiman, exaggeratedly theatrical. The latter is perhaps the element that prevents me from digesting everything else; in fact, the technique is impeccable, including the vocal one. It is therefore the emotional element, which prevents me from fully appreciating this band, which I am sure, many will like it.
Settimo disco in studio per la band di Chicago, Illinois, secondo dopo la pausa che si sono presi dal 2011 al 2015 (abitudine sempre più frequente nelle band, del tutto comprensibile per il mondo musicale odierno). Ora, devo dire onestamente che la band non è mai stata tra le mie preferite, ed è difficile spiegare il perché. Fatto sta che tutte le loro caratteristiche, quelle che non mi piacciono, potete ritrovarle in questo nuovo Evolution, che quindi è un disco assolutamente non brutto, ma che non riesce a coinvolgermi. Ballate stucchevoli, pezzi ritmati con quell'andamento nu metal che non si sopporta più, e soprattutto, la voce di David Draiman, esageratamente teatrale. Quest'ultima è forse l'elemento che a me impedisce di digerire tutto il resto; in effetti, la tecnica è impeccabile, voce compresa. E' quindi l'elemento emozionale, che mi impedisce di apprezzare fino in fondo questa band, che sono sicuro, a molti piacerà.
Seventh studio album for the band from Chicago, Illinois, second after the break that took place from 2011 to 2015 (more and more frequent in bands, completely understandable for today's musical world). Now, I have to honestly say that the band has never been one of my favorites, and it's hard to explain why. The fact is that all their characteristics, those that I do not like, you can find them in this new Evolution, which is therefore a record absolutely not bad, but that fails to involve me. Nauseating ballads, tracks punctuated with that nu metal trend that I can't no longer bears, and above all, the voice of David Draiman, exaggeratedly theatrical. The latter is perhaps the element that prevents me from digesting everything else; in fact, the technique is impeccable, including the vocal one. It is therefore the emotional element, which prevents me from fully appreciating this band, which I am sure, many will like it.
20181108
Creature non celesti
Vaxis - Act I: The Unheavenly Creatures - Coheed and Cambria (2018)
Ho sempre avuto un rapporto strano, direi quasi conflittuale con la band di Nyack, New York, probabilmente perché non ho mai approfondito gli ascolti, e non sono mai riuscito a "collocarli" come genere. Sono infatti andato a controllare, e non ho mai scritto niente su di loro, se non una volta quando mi sono stupito che si potesse abbandonare una band come i Dillinger Escape Plan per, appunto, una come i Coheed and Cambria (il batterista Chris Pennie). Chissà se la cosiddetta maturità, implica anche questo: mettersi pazientemente all'ascolto di qualcosa che non si è compreso fino ad allora. Ma devo rivelarvi che non è stato per niente difficile, in questo caso: il nono disco in studio dei Coheed e, a mio modestissimo parere, molto bello. Sono stati catalogati spesso alla voce progressive, ma direi che se si esclude qualche tempo dispari e l'uso delle tastiere, l'etichetta è esagerata, almeno per questo disco. Le canzoni sono piuttosto lineari, anche quelle più lunghe; come quasi tutti i loro dischi, anche questo è un concept, che è ispirato alla saga fumettistica The Amory Wars, scritta dal cantante e chitarrista della band, Claudio Sanchez. L'attitudine progressive si sposa con un approccio heavy metal classico, un po' alla Iron Maiden, e da una ricerca della melodia decisamente riuscita, tanto che il risultato mi fa pensare a dei moderni Journey, più che ai Rush. Nonostante la lunghezza del disco (quasi 80 minuti per 14 canzoni ed un iniziale prologo), ci sono una quantità di belle canzoni tale, che un'altra band qualsiasi ci avrebbe probabilmente scritto almeno tre dischi diversi, con vari riempitivi. Vi invito a superare le diffidenze, in caso ne aveste, e ad ascoltarlo: ne rimarrete stupiti.
I have always had a strange relationship, I would say almost conflicting, with the band from Nyack, New York, probably because I have never deepened the listenings, and I have never been able to "place them" as a genre. I went to check, and I never wrote anything about them, if not once when I was amazed that someone could leave a band like the Dillinger Escape Plan for, in fact, another one like the Coheed and Cambria (the drummer Chris Pennie did it). Who knows if the so-called maturity, also implies this: to patiently listen to something that has not been understood until then. But I must reveal to you that it was not difficult at all, in this case: the ninth record in studio by the Coheed is, in my humble opinion, very good. They have been cataloged often at the voice: progressive, but I would say that if you exclude some polyrhythms and the use of the keyboards, the label is exaggerated, at least for this record. The songs are quite linear, even the longest ones; like almost all their records, this is also a concept, which is inspired by the comic book saga The Amory Wars, written by the singer and guitarist of the band, Claudio Sanchez. The progressive attitude is combined with a classic heavy metal approach, a bit Iron Maiden-ish, and a research for the melody decidedly successful, so that the result makes me think of a modern Journey, rather than to the Rush. Despite the length of the record (almost 80 minutes for 14 songs and an initial prologue), there are a lot of beautiful songs such that any other band would probably have written at least three different records, with various fillers. I invite you to overcome the prejudice, in case you have, and to listen to it: you will be amazed.
Ho sempre avuto un rapporto strano, direi quasi conflittuale con la band di Nyack, New York, probabilmente perché non ho mai approfondito gli ascolti, e non sono mai riuscito a "collocarli" come genere. Sono infatti andato a controllare, e non ho mai scritto niente su di loro, se non una volta quando mi sono stupito che si potesse abbandonare una band come i Dillinger Escape Plan per, appunto, una come i Coheed and Cambria (il batterista Chris Pennie). Chissà se la cosiddetta maturità, implica anche questo: mettersi pazientemente all'ascolto di qualcosa che non si è compreso fino ad allora. Ma devo rivelarvi che non è stato per niente difficile, in questo caso: il nono disco in studio dei Coheed e, a mio modestissimo parere, molto bello. Sono stati catalogati spesso alla voce progressive, ma direi che se si esclude qualche tempo dispari e l'uso delle tastiere, l'etichetta è esagerata, almeno per questo disco. Le canzoni sono piuttosto lineari, anche quelle più lunghe; come quasi tutti i loro dischi, anche questo è un concept, che è ispirato alla saga fumettistica The Amory Wars, scritta dal cantante e chitarrista della band, Claudio Sanchez. L'attitudine progressive si sposa con un approccio heavy metal classico, un po' alla Iron Maiden, e da una ricerca della melodia decisamente riuscita, tanto che il risultato mi fa pensare a dei moderni Journey, più che ai Rush. Nonostante la lunghezza del disco (quasi 80 minuti per 14 canzoni ed un iniziale prologo), ci sono una quantità di belle canzoni tale, che un'altra band qualsiasi ci avrebbe probabilmente scritto almeno tre dischi diversi, con vari riempitivi. Vi invito a superare le diffidenze, in caso ne aveste, e ad ascoltarlo: ne rimarrete stupiti.
I have always had a strange relationship, I would say almost conflicting, with the band from Nyack, New York, probably because I have never deepened the listenings, and I have never been able to "place them" as a genre. I went to check, and I never wrote anything about them, if not once when I was amazed that someone could leave a band like the Dillinger Escape Plan for, in fact, another one like the Coheed and Cambria (the drummer Chris Pennie did it). Who knows if the so-called maturity, also implies this: to patiently listen to something that has not been understood until then. But I must reveal to you that it was not difficult at all, in this case: the ninth record in studio by the Coheed is, in my humble opinion, very good. They have been cataloged often at the voice: progressive, but I would say that if you exclude some polyrhythms and the use of the keyboards, the label is exaggerated, at least for this record. The songs are quite linear, even the longest ones; like almost all their records, this is also a concept, which is inspired by the comic book saga The Amory Wars, written by the singer and guitarist of the band, Claudio Sanchez. The progressive attitude is combined with a classic heavy metal approach, a bit Iron Maiden-ish, and a research for the melody decidedly successful, so that the result makes me think of a modern Journey, rather than to the Rush. Despite the length of the record (almost 80 minutes for 14 songs and an initial prologue), there are a lot of beautiful songs such that any other band would probably have written at least three different records, with various fillers. I invite you to overcome the prejudice, in case you have, and to listen to it: you will be amazed.
20181107
Ti ho amato nel tuo momento più buio
I Loved You at Your Darkest - Behemoth (2018)
C'è chi dice che questo undicesimo disco della band polacca, è uno dei loro picchi. In effetti, pur continuando a non ritenermi un esperto di metal estremo, ed, in questo caso, di blackened death metal, mi pare molto difficile trovare dei difetti ad un disco massiccio come questo I Loved You at Your Darkest (titolo che a me piace tantissimo), dove il quartetto suona come una cosa sola, mettendo in scena, è proprio il caso di dirlo per la teatralità che si riesce a percepire, insieme alla musica, una rappresentazione efficace di una sorta di protesta anti-cristiana, argomentata da testi a tema. I pezzi sono tutti di una compattezza invidiabile, e i quattro musicisti sono tecnicamente inappuntabili. Il risultato è grandioso, nel suo genere.
Some say that this eleventh record of the Polish band, is one of their peaks. In fact, while continuing to not consider me an expert in extreme metal, and, in this case, blackened death metal, it seems very difficult to find defects in a massive disc like this I Loved You at Your Darkest (title that I like a lot), where the quartet plays as one thing, staging, it is appropriate to say it for the theatrical that you can perceive, together with the music, an effective representation of a sort of anti-Christian protest, argued by the lyrics. The tracks are all of an enviable compactness, and the four musicians are technically impeccable. The result is great, in its kind.
C'è chi dice che questo undicesimo disco della band polacca, è uno dei loro picchi. In effetti, pur continuando a non ritenermi un esperto di metal estremo, ed, in questo caso, di blackened death metal, mi pare molto difficile trovare dei difetti ad un disco massiccio come questo I Loved You at Your Darkest (titolo che a me piace tantissimo), dove il quartetto suona come una cosa sola, mettendo in scena, è proprio il caso di dirlo per la teatralità che si riesce a percepire, insieme alla musica, una rappresentazione efficace di una sorta di protesta anti-cristiana, argomentata da testi a tema. I pezzi sono tutti di una compattezza invidiabile, e i quattro musicisti sono tecnicamente inappuntabili. Il risultato è grandioso, nel suo genere.
Some say that this eleventh record of the Polish band, is one of their peaks. In fact, while continuing to not consider me an expert in extreme metal, and, in this case, blackened death metal, it seems very difficult to find defects in a massive disc like this I Loved You at Your Darkest (title that I like a lot), where the quartet plays as one thing, staging, it is appropriate to say it for the theatrical that you can perceive, together with the music, an effective representation of a sort of anti-Christian protest, argued by the lyrics. The tracks are all of an enviable compactness, and the four musicians are technically impeccable. The result is great, in its kind.
20181106
Cancellami
Erase Me - Underoath (2018)
Erase Me è l'ottavo album della band di Tampa, Florida, ed è anche l'album del ritorno dopo lo scioglimento (durato dal 2013 al 2017), oltre che essere pure quello del ritorno di Aaron Gillespie alla batteria e alle clean vocals (che però stavolta "divide" con il lead vocalist Spencer Chamberlain). Cosa c'è di nuovo? Un bel po' di cose. Questo sarà sicuramente il disco con il quale gli Underoath perderanno molti fan, che li accuseranno di essersi rammolliti. La cosa curiosa, è che, contemporaneamente, con alcune dichiarazioni ufficiali, la stessa band, che si era da sempre professata cristiana, sembra distaccarsi da questa sorta di etichetta. E quindi, direte voi. E quindi l'album è paradossalmente, punteggiato dall'uso del pianoforte, sulle parti rilassate, ugualmente "duro" nelle parti tirate, ma con concessioni melodiche distribuite a piene mani, con il risultato da contenere un alto numero di potenziali singoli. Ascoltate (il terzo singolo) ihateit e ditemi se non vi ricorda Zombie dei Cranberries. Ascoltate il disco e ditemi se non vi viene voglia di rimetterlo subito. A me piace, e credo che questo percorso fosse prevedibile, con il ritorno di Gillespie. Come detto, non mi dispiace affatto.
Erase Me is the eighth album of the band of Tampa, Florida, and is also the album of the return after the disbanding (lasted from 2013 to 2017), as well as being the return of Aaron Gillespie on drums and on clean vocals (but this time he "divides" this duty with lead vocalist Spencer Chamberlain). What's new? A lot of things. This will surely be the album with which the Underoath will lose many fans, who will accuse them of having softened. The curious thing is that, at the same time, with some official statements, the same band, which had always professed Christianity, seems to detach itself from this sort of label. So what, you will ask. And so the album is paradoxically, punctuated by the use of the piano, on the relaxed parts, equally "hard" in the heaviest parts, but with melodic concessions distributed with full hands, with the result to contain a large number of potential singles. Listen to (the third single) ihateit and tell me if it does not remind you of Zombie by the Cranberries. Listen to the record and tell me if you do not want to put it on right away. I like it, and I think this path was predictable, with the return of Gillespie. As said, I do not mind at all.
Erase Me è l'ottavo album della band di Tampa, Florida, ed è anche l'album del ritorno dopo lo scioglimento (durato dal 2013 al 2017), oltre che essere pure quello del ritorno di Aaron Gillespie alla batteria e alle clean vocals (che però stavolta "divide" con il lead vocalist Spencer Chamberlain). Cosa c'è di nuovo? Un bel po' di cose. Questo sarà sicuramente il disco con il quale gli Underoath perderanno molti fan, che li accuseranno di essersi rammolliti. La cosa curiosa, è che, contemporaneamente, con alcune dichiarazioni ufficiali, la stessa band, che si era da sempre professata cristiana, sembra distaccarsi da questa sorta di etichetta. E quindi, direte voi. E quindi l'album è paradossalmente, punteggiato dall'uso del pianoforte, sulle parti rilassate, ugualmente "duro" nelle parti tirate, ma con concessioni melodiche distribuite a piene mani, con il risultato da contenere un alto numero di potenziali singoli. Ascoltate (il terzo singolo) ihateit e ditemi se non vi ricorda Zombie dei Cranberries. Ascoltate il disco e ditemi se non vi viene voglia di rimetterlo subito. A me piace, e credo che questo percorso fosse prevedibile, con il ritorno di Gillespie. Come detto, non mi dispiace affatto.
Erase Me is the eighth album of the band of Tampa, Florida, and is also the album of the return after the disbanding (lasted from 2013 to 2017), as well as being the return of Aaron Gillespie on drums and on clean vocals (but this time he "divides" this duty with lead vocalist Spencer Chamberlain). What's new? A lot of things. This will surely be the album with which the Underoath will lose many fans, who will accuse them of having softened. The curious thing is that, at the same time, with some official statements, the same band, which had always professed Christianity, seems to detach itself from this sort of label. So what, you will ask. And so the album is paradoxically, punctuated by the use of the piano, on the relaxed parts, equally "hard" in the heaviest parts, but with melodic concessions distributed with full hands, with the result to contain a large number of potential singles. Listen to (the third single) ihateit and tell me if it does not remind you of Zombie by the Cranberries. Listen to the record and tell me if you do not want to put it on right away. I like it, and I think this path was predictable, with the return of Gillespie. As said, I do not mind at all.
20181105
Nella nostra scia
In Our Wake - Atreyu (2018)
Settimo disco in studio per la band di Orange County, California, il secondo dopo la riunione che è seguita allo iato che si sono presi dal 2011 al 2014. Non li avevo mai ascoltati, e non so come mai, dal nome mi aspettavo qualcosa di più pesante. Invece, più volte mi sono ritrovato a pensare ai Papa Roach; siamo infatti di fronte al più classico dei metalcore, tantissime aperture melodiche, pochi cantati urlati, begli assoli di chitarra, suono corposo e discreto songwriting. Un disco che si fa ascoltare senza picchi particolari, ma anche senza cadute rovinose. Chiude il disco (nella versione standard) Super Hero, addirittura con dei fiati, e la partecipazione di altri due cantanti, Aaron Gillespie degli Underoath, e M. Shadows degli Avenged Sevenfold.
Seventh studio album for the band from Orange County, California, the second after the reunion that followed the hiatus that took place from 2011 to 2014. I had never listened to them, and I do not know why, I expected something heavier, from the name. Instead, several times I found myself thinking of the Papa Roach; we are in fact in front of the most classic of metalcore, many melodic openings, a few screamed chants, beautiful guitar solos, full-bodied sound and discreet songwriting. A record that is heard without particular peaks, but also without ruinous falls. Closes the album (in the standard version) Super Hero, even with the horns, and the participation of two other singers, Aaron Gillespie from Underoath, and M. Shadows from Avenged Sevenfold.
Settimo disco in studio per la band di Orange County, California, il secondo dopo la riunione che è seguita allo iato che si sono presi dal 2011 al 2014. Non li avevo mai ascoltati, e non so come mai, dal nome mi aspettavo qualcosa di più pesante. Invece, più volte mi sono ritrovato a pensare ai Papa Roach; siamo infatti di fronte al più classico dei metalcore, tantissime aperture melodiche, pochi cantati urlati, begli assoli di chitarra, suono corposo e discreto songwriting. Un disco che si fa ascoltare senza picchi particolari, ma anche senza cadute rovinose. Chiude il disco (nella versione standard) Super Hero, addirittura con dei fiati, e la partecipazione di altri due cantanti, Aaron Gillespie degli Underoath, e M. Shadows degli Avenged Sevenfold.
Seventh studio album for the band from Orange County, California, the second after the reunion that followed the hiatus that took place from 2011 to 2014. I had never listened to them, and I do not know why, I expected something heavier, from the name. Instead, several times I found myself thinking of the Papa Roach; we are in fact in front of the most classic of metalcore, many melodic openings, a few screamed chants, beautiful guitar solos, full-bodied sound and discreet songwriting. A record that is heard without particular peaks, but also without ruinous falls. Closes the album (in the standard version) Super Hero, even with the horns, and the participation of two other singers, Aaron Gillespie from Underoath, and M. Shadows from Avenged Sevenfold.
20181104
Guardia del corpo
Bodyguard - Creata da Jed Mercurio - Stagione 1 (6 episodi; BBC One) - 2018
UK. Il Sergente David Budd, veterano della guerra in Afghanistan e ufficiale di polizia, si trova su un treno diretto alla stazione di London Euston, insieme ai due figli. E' separato, e durante il fine settimana i figli stanno con lui. Mentre i bambini dormono, David nota dei movimenti strani da parte della capotreno, dalla quale viene a sapere che la polizia ha diramato un all'erta: si sospetta la presenza di un kamikaze che vuol far saltare il treno. David è un ottimo poliziotto, e grazie al suo intervento, l'attentato viene sventato, e i due attentatori, marito e moglie musulmani, vengono arrestati. Dal suo atto eroico scaturisce una sorta di promozione: viene assegnato alla sorveglianza personale di Julia Montague, Home Secretary (l'equivalente del nostro Ministro degli Interni) del Governo in carica, conservatore. C'è una iniziale tensione tra i due: la Montague è determinata a supportare le guerre nei paesi arabi per controbattere il terrorismo, ed ha intenzione di limitare fortemente i diritti civili, rinforzando il RIPA. David è spaventato da ciò, così come l'ex commilitone Andy, attivista contro la guerra, disgustato dalla nuova svolta di carriera di Budd, mentre l'ex marito di Julia, attualmente Chief Whip, figura predominante immediatamente sotto al Primo Ministro, sospetta che lei voglia sfruttare la paura del terrorismo per guadagnare consensi, e riuscire a sostituire il Primo Ministro. David, dal canto suo, sta lottando strenuamente contro una grave forma di Stress Post Traumatico, che sta deteriorando il suo rapporto con la ormai ex moglie, e lo rende estremamente paranoico.
Intrigante miniserie inglese, con protagonista assoluto, nei panni del Serg. David Budd, uno schizzatissimo Richard Madden (mai dimenticato Robb Stark di Game of Thrones), che affronta, non senza porgere il fianco ad innumerevoli critiche di islamofobia ed altro, la paura probabilmente più diffusa nell'Europa attuale, il terrorismo di matrice estremista islamica. Sei episodi di circa un'ora di durata, tensione altissima, qualche ingenuità ma nel complesso un'ottima visione, che ha avuto un successo enorme in UK. Ottimo il cast di contorno, a partire da Keeley Hawes, nei panni di Julia Montague.
Intriguing English miniseries, with absolute protagonist, in the role of Serg. David Budd, a schizoid Richard Madden (never forgotten Robb Stark of Game of Thrones), who faces, not without giving the flank to innumerable criticism of Islamophobia and more, probably the most widespread fear in today's Europe, the terrorism of Islamic extremist origin . Six episodes of about an hour of duration, very high tension, some ingenuity but overall a great vision, which has had a huge success in the UK. Excellent sideline cast, starting with Keeley Hawes, in the role of Julia Montague.
UK. Il Sergente David Budd, veterano della guerra in Afghanistan e ufficiale di polizia, si trova su un treno diretto alla stazione di London Euston, insieme ai due figli. E' separato, e durante il fine settimana i figli stanno con lui. Mentre i bambini dormono, David nota dei movimenti strani da parte della capotreno, dalla quale viene a sapere che la polizia ha diramato un all'erta: si sospetta la presenza di un kamikaze che vuol far saltare il treno. David è un ottimo poliziotto, e grazie al suo intervento, l'attentato viene sventato, e i due attentatori, marito e moglie musulmani, vengono arrestati. Dal suo atto eroico scaturisce una sorta di promozione: viene assegnato alla sorveglianza personale di Julia Montague, Home Secretary (l'equivalente del nostro Ministro degli Interni) del Governo in carica, conservatore. C'è una iniziale tensione tra i due: la Montague è determinata a supportare le guerre nei paesi arabi per controbattere il terrorismo, ed ha intenzione di limitare fortemente i diritti civili, rinforzando il RIPA. David è spaventato da ciò, così come l'ex commilitone Andy, attivista contro la guerra, disgustato dalla nuova svolta di carriera di Budd, mentre l'ex marito di Julia, attualmente Chief Whip, figura predominante immediatamente sotto al Primo Ministro, sospetta che lei voglia sfruttare la paura del terrorismo per guadagnare consensi, e riuscire a sostituire il Primo Ministro. David, dal canto suo, sta lottando strenuamente contro una grave forma di Stress Post Traumatico, che sta deteriorando il suo rapporto con la ormai ex moglie, e lo rende estremamente paranoico.
Intrigante miniserie inglese, con protagonista assoluto, nei panni del Serg. David Budd, uno schizzatissimo Richard Madden (mai dimenticato Robb Stark di Game of Thrones), che affronta, non senza porgere il fianco ad innumerevoli critiche di islamofobia ed altro, la paura probabilmente più diffusa nell'Europa attuale, il terrorismo di matrice estremista islamica. Sei episodi di circa un'ora di durata, tensione altissima, qualche ingenuità ma nel complesso un'ottima visione, che ha avuto un successo enorme in UK. Ottimo il cast di contorno, a partire da Keeley Hawes, nei panni di Julia Montague.
Intriguing English miniseries, with absolute protagonist, in the role of Serg. David Budd, a schizoid Richard Madden (never forgotten Robb Stark of Game of Thrones), who faces, not without giving the flank to innumerable criticism of Islamophobia and more, probably the most widespread fear in today's Europe, the terrorism of Islamic extremist origin . Six episodes of about an hour of duration, very high tension, some ingenuity but overall a great vision, which has had a huge success in the UK. Excellent sideline cast, starting with Keeley Hawes, in the role of Julia Montague.
20181103
20181102
Why Write
Perché scrivere - Zadie Smith (2011)
Desiderio di spingere il mondo in una certa direzione, di modificare l'altrui concezione del tipo di società alla quale bisogna tendere. [...] Nessun libro è autenticamente privo di orientamento politico. L'opinione che l'arte non debba avere nulla a che fare con la politica è essa stessa una posizione politica. (Orwell, citato da Zadie Smith)
Perché scrivere è un libriccino che raccoglie due lavori della scrittrice inglese, che ha vissuto per qualche anno in Italia. La prima parte (che dà il titolo all'opera), Why Write, è semplicemente il testo di una lectio magistralis tenuta a Firenze il 15 giugno 2011 in occasione della quinta edizione del Premio Gregor von Rezzori; naturalmente, si interroga sul motivo per cui scrivere, oggi, quale sia il ruolo dello scrittore, se sia rilevante, se scrivere possa essere considerato un gesto politico (appunto), quanto sia importante la tecnica, gli ingredienti per scrivere bene, da cosa si misura il valore di un'opera e del suo autore, che cosa significa scrivere onestamente. La seconda parte, Fail Better, apparso originariamente sul Guardian il 13 gennaio 2007 e poi ripubblicato in italiano (Il fallimento riuscito) sul numero 725 di Internazionale del 28 dicembre 2007, affronta più o meno gli stessi argomenti, dal punto di vista di un ipotetico scrittore che pubblica un libro di successo e che in seguito, riflette su quello che avrebbe voluto fosse, ma non è stato.
Why Write is a short book that collects two works by the English writer, who lived for a few years in Italy. The first part (which gives the title to the work), Why Write, is simply the text of a lectio magistralis held in Florence on June 15, 2011 on the occasion of the fifth edition of the Gregor von Rezzori Award; of course, she wonders about why writing, today, what the role of the writer is, if it is relevant, if writing can be considered a political gesture (indeed), how important is the technique, the ingredients to write well, from what measure the value of a work and its author, what it means to write honestly. The second part, Fail Better, originally appeared in the Guardian on January 13, 2007 and then republished in Italian on the 725 issue of Internazionale on December 28, 2007, deals with more or less the same arguments, from the point of view of a hypothetical writer who publishes a successful book and who later reflects on what he wanted to be, but it was not.
Desiderio di spingere il mondo in una certa direzione, di modificare l'altrui concezione del tipo di società alla quale bisogna tendere. [...] Nessun libro è autenticamente privo di orientamento politico. L'opinione che l'arte non debba avere nulla a che fare con la politica è essa stessa una posizione politica. (Orwell, citato da Zadie Smith)
Perché scrivere è un libriccino che raccoglie due lavori della scrittrice inglese, che ha vissuto per qualche anno in Italia. La prima parte (che dà il titolo all'opera), Why Write, è semplicemente il testo di una lectio magistralis tenuta a Firenze il 15 giugno 2011 in occasione della quinta edizione del Premio Gregor von Rezzori; naturalmente, si interroga sul motivo per cui scrivere, oggi, quale sia il ruolo dello scrittore, se sia rilevante, se scrivere possa essere considerato un gesto politico (appunto), quanto sia importante la tecnica, gli ingredienti per scrivere bene, da cosa si misura il valore di un'opera e del suo autore, che cosa significa scrivere onestamente. La seconda parte, Fail Better, apparso originariamente sul Guardian il 13 gennaio 2007 e poi ripubblicato in italiano (Il fallimento riuscito) sul numero 725 di Internazionale del 28 dicembre 2007, affronta più o meno gli stessi argomenti, dal punto di vista di un ipotetico scrittore che pubblica un libro di successo e che in seguito, riflette su quello che avrebbe voluto fosse, ma non è stato.
Why Write is a short book that collects two works by the English writer, who lived for a few years in Italy. The first part (which gives the title to the work), Why Write, is simply the text of a lectio magistralis held in Florence on June 15, 2011 on the occasion of the fifth edition of the Gregor von Rezzori Award; of course, she wonders about why writing, today, what the role of the writer is, if it is relevant, if writing can be considered a political gesture (indeed), how important is the technique, the ingredients to write well, from what measure the value of a work and its author, what it means to write honestly. The second part, Fail Better, originally appeared in the Guardian on January 13, 2007 and then republished in Italian on the 725 issue of Internazionale on December 28, 2007, deals with more or less the same arguments, from the point of view of a hypothetical writer who publishes a successful book and who later reflects on what he wanted to be, but it was not.
20181101
On the neverfront of Leghorn
Sul Lungomai di Livorno - Simone Lenzi (2013)
La retorica impone che si dia prima la cattiva: i livornesi vogliono avere a che fare soltanto con i livornesi. La buona è invece che diventare livornesi non è affatto difficile: siamo tutti pronti a darvi una mano. Perché è bene che si sappia subito che a noi, di voi, di chi siete e del luogo da cui provenite, francamente non ce ne importa nulla. Se però, dichiarando la vostra apostasia, professerete adesione alla livornesità, non solo sarete i benvenuti, ma faremo di tutto per farvi sentire a casa, visto che, per la vostra intelligenza, avete saputo vedere quel che gli altri (si pensi ai disgraziati che si ostinano a vivere a Parigi, Milano, New York o Roma) non vedono.
Abbiamo già parlato di Simone Lenzi, mente dei Virginiana Miller e scrittore purtroppo ancora non troppo noto, a me particolarmente caro perché livornese (e anche perché la sua band ha mosso i primi passi anche sul palco di una manifestazione locale da me fortemente voluta, molti anni fa). Dopo il suo romanzo d'esordio La generazione, ha scritto questo libriccino, con il pretesto di raccontare i suoi tre traslochi in vent'anni, ed ha provato non a spiegare, ma semplicemente a raccontare il suo punto di vista sulla livornesità. Questo tema, come avrete capito non solo da questo post, sta a me particolarmente a cuore, in quanto livornese di provincia (e quindi considerato non livornese), e trovo che Lenzi sia riuscito a cogliere nel segno, riuscendo, come si conviene, a far vagamente commuovere ed a far sorridere al tempo stesso, citando equamente spacciatori di quartiere e grandi figure storiche.
We have already talked about Simone Lenzi, mind of Virginiana Miller and writer unfortunately not too well known, particularly dear to me because he's from Livorno (and also because his band took its first steps on the stage of a local event strongly desired by me, many years ago). After his debut novel La generazione, he wrote this little book, under the pretext of telling his three removals in twenty years, and he tried not to explain, but simply to tell his point of view on the livornesità (being an inhabitant of Livorno). This theme, as you will have understood not only from this post, is particularly close to my heart, as I come from the province of Livorno (and therefore considered not from Livorno), and I find that Lenzi has managed to make the point, succeeding, as is appropriate, to being vaguely touching, and to make us smile at the same time, equally quoting neighborhood drug dealers, and great historical figures.
Non sono del resto mai stato uno di quei provinciali che si lamentano del fatto che nella loro città non ci sia nulla, che non succeda niente, pensando invece che questa mancanza sia piuttosto una ricchezza, un vantaggio che i provinciali hanno sui cosmopoliti, condannati come sono a vivere sempre in mezzo all'attualità, fra mille stimoli che finiscono per non produrre più alcuna reazione. Penso invece che l'ideale sia vivere in provincia e frequentare le grandi città per brevi periodi.
La retorica impone che si dia prima la cattiva: i livornesi vogliono avere a che fare soltanto con i livornesi. La buona è invece che diventare livornesi non è affatto difficile: siamo tutti pronti a darvi una mano. Perché è bene che si sappia subito che a noi, di voi, di chi siete e del luogo da cui provenite, francamente non ce ne importa nulla. Se però, dichiarando la vostra apostasia, professerete adesione alla livornesità, non solo sarete i benvenuti, ma faremo di tutto per farvi sentire a casa, visto che, per la vostra intelligenza, avete saputo vedere quel che gli altri (si pensi ai disgraziati che si ostinano a vivere a Parigi, Milano, New York o Roma) non vedono.
Abbiamo già parlato di Simone Lenzi, mente dei Virginiana Miller e scrittore purtroppo ancora non troppo noto, a me particolarmente caro perché livornese (e anche perché la sua band ha mosso i primi passi anche sul palco di una manifestazione locale da me fortemente voluta, molti anni fa). Dopo il suo romanzo d'esordio La generazione, ha scritto questo libriccino, con il pretesto di raccontare i suoi tre traslochi in vent'anni, ed ha provato non a spiegare, ma semplicemente a raccontare il suo punto di vista sulla livornesità. Questo tema, come avrete capito non solo da questo post, sta a me particolarmente a cuore, in quanto livornese di provincia (e quindi considerato non livornese), e trovo che Lenzi sia riuscito a cogliere nel segno, riuscendo, come si conviene, a far vagamente commuovere ed a far sorridere al tempo stesso, citando equamente spacciatori di quartiere e grandi figure storiche.
We have already talked about Simone Lenzi, mind of Virginiana Miller and writer unfortunately not too well known, particularly dear to me because he's from Livorno (and also because his band took its first steps on the stage of a local event strongly desired by me, many years ago). After his debut novel La generazione, he wrote this little book, under the pretext of telling his three removals in twenty years, and he tried not to explain, but simply to tell his point of view on the livornesità (being an inhabitant of Livorno). This theme, as you will have understood not only from this post, is particularly close to my heart, as I come from the province of Livorno (and therefore considered not from Livorno), and I find that Lenzi has managed to make the point, succeeding, as is appropriate, to being vaguely touching, and to make us smile at the same time, equally quoting neighborhood drug dealers, and great historical figures.
Non sono del resto mai stato uno di quei provinciali che si lamentano del fatto che nella loro città non ci sia nulla, che non succeda niente, pensando invece che questa mancanza sia piuttosto una ricchezza, un vantaggio che i provinciali hanno sui cosmopoliti, condannati come sono a vivere sempre in mezzo all'attualità, fra mille stimoli che finiscono per non produrre più alcuna reazione. Penso invece che l'ideale sia vivere in provincia e frequentare le grandi città per brevi periodi.
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