Sul Lungomai di Livorno - Simone Lenzi (2013)
La retorica impone che si dia prima la cattiva: i livornesi vogliono avere a che fare soltanto con i livornesi. La buona è invece che diventare livornesi non è affatto difficile: siamo tutti pronti a darvi una mano. Perché è bene che si sappia subito che a noi, di voi, di chi siete e del luogo da cui provenite, francamente non ce ne importa nulla. Se però, dichiarando la vostra apostasia, professerete adesione alla livornesità, non solo sarete i benvenuti, ma faremo di tutto per farvi sentire a casa, visto che, per la vostra intelligenza, avete saputo vedere quel che gli altri (si pensi ai disgraziati che si ostinano a vivere a Parigi, Milano, New York o Roma) non vedono.
Abbiamo già parlato di Simone Lenzi, mente dei Virginiana Miller e scrittore purtroppo ancora non troppo noto, a me particolarmente caro perché livornese (e anche perché la sua band ha mosso i primi passi anche sul palco di una manifestazione locale da me fortemente voluta, molti anni fa). Dopo il suo romanzo d'esordio La generazione, ha scritto questo libriccino, con il pretesto di raccontare i suoi tre traslochi in vent'anni, ed ha provato non a spiegare, ma semplicemente a raccontare il suo punto di vista sulla livornesità. Questo tema, come avrete capito non solo da questo post, sta a me particolarmente a cuore, in quanto livornese di provincia (e quindi considerato non livornese), e trovo che Lenzi sia riuscito a cogliere nel segno, riuscendo, come si conviene, a far vagamente commuovere ed a far sorridere al tempo stesso, citando equamente spacciatori di quartiere e grandi figure storiche.
We have already talked about Simone Lenzi, mind of Virginiana Miller and writer unfortunately not too well known, particularly dear to me because he's from Livorno (and also because his band took its first steps on the stage of a local event strongly desired by me, many years ago). After his debut novel La generazione, he wrote this little book, under the pretext of telling his three removals in twenty years, and he tried not to explain, but simply to tell his point of view on the livornesità (being an inhabitant of Livorno). This theme, as you will have understood not only from this post, is particularly close to my heart, as I come from the province of Livorno (and therefore considered not from Livorno), and I find that Lenzi has managed to make the point, succeeding, as is appropriate, to being vaguely touching, and to make us smile at the same time, equally quoting neighborhood drug dealers, and great historical figures.
Non sono del resto mai stato uno di quei provinciali che si lamentano del fatto che nella loro città non ci sia nulla, che non succeda niente, pensando invece che questa mancanza sia piuttosto una ricchezza, un vantaggio che i provinciali hanno sui cosmopoliti, condannati come sono a vivere sempre in mezzo all'attualità, fra mille stimoli che finiscono per non produrre più alcuna reazione. Penso invece che l'ideale sia vivere in provincia e frequentare le grandi città per brevi periodi.
1 commento:
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