Meshuggah + Destrage, Estragon, Bologna, 20 giugno 2018
Come potete notare anche dal poster qui sopra, il giorno del concerto era un mercoledì, e non un giovedì. Avrebbe cambiato poco: la decisione è presa, esco da lavoro e attraverso l'appennino dalla strada cosiddetta Porrettana per evitare l'ingorgo del tardo pomeriggio intorno a Firenze, e spero di arrivare in orario per l'inizo del concerto degli svedesi, considerati creatori del genere djent. Così è, riesco perfino ad ascoltare le note finali dei milanesi Destrage. Ho tempo per osservare bene il banco del merchandise, comprare un paio di t-shirt (una sorta di rito, ultimamente: una per me, l'altra per il nipote, che ascolta si, la trap, ma adora le maglie nere, soprattutto se ci sono i teschi), ed ecco che calano le luci, ed i cinque di Umea, Svezia, attaccano con Clockworks. Che vi devo dire, il titolo, che come forse saprete, è quello della canzone di apertura del loro ottavo album, The Violent Sleep of Reason del 2016, è un po' come se fosse un manifesto della band. Meccanismi, dei meccanismi perfetti, quelli dei Meshuggah. Suono tagliente, secco, che sferza la platea e fa ondeggiare le teste. Perfetti, me li aspettavo proprio così, e così sono. Concessioni al dialogo zero, dodici tracce che spaziano lungo il loro repertorio più recente (da Nothing, 2002, in poi) eseguite rasentando la perfezione, i Meshuggah sono questo, prendere o lasciare.
Here the lights go down, and the five from Umea, Sweden, attack with Clockworks. What should I say, the title, which as you may know, is that of the opening song of their eighth album, The Violent Sleep of Reason of 2016, is a bit as if it were a manifesto of the band. Clockworks, perfect clockworks, those of the Meshuggah. Sharp, dry sound that lashes the audience and waves the heads. Perfect, I expected them just like that, and so they are. Concessions to the dialogue zero, twelve tracks that span along their most recent repertoire (from Nothing, 2002, onwards) performed verging on perfection, the Meshuggah are like this, to take or leave it.
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