No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20120124

l'aiuto




The Help - di Tate Taylor (2012)


Giudizio sintetico: da vedere (3,5/5)

Giudizio vernacolare: o che pazienza cianno avuto i neri?


Jackson, Mississippi, anni '60. Eugenia Phelan, che tutti chiamano Skeeter, torna a casa dopo essersi laureata. E' modesta ma ambiziosa, figlia di una famiglia benestante di produttori di cotone; il suo sogno è diventare una scrittrice, vuole essere padrona della sua vita, a differenza delle sue amiche d'infanzia, che pensano a "sistemarsi" con un marito che lavori per loro, e che permetta loro una vita agiata. Trova lavoro nel giornale locale, dovrà scrivere una rubrica dove risponderà alle lettere delle casalinghe, su consigli di economia domestica. Ma ha un'idea per un libro, ed è in contatto con un'editrice di New York che inizialmente ha rifiutato la sua proposta, perché poco convincente. Skeeter è bianca, e si trova spesso a riflettere su come sono trattate le donne nere che, libere dalla schiavitù, fanno ancora parte di una classe sociale poverissima, praticamente ancora segregata (autobus e bagni per bianchi separati da quelli dei neri, tanto per intenderci), ma continuano a crescere i bambini e le bambine dei bianchi. Infatti, l'impiego classico delle donne nere è "essere a servizio" di una ricca famiglia bianca, il che implica cucinare, stirare, fare le pulizie, e fare da babysitter. Tendenzialmente, come le amiche di Skeeter dimostrano, le donne del sud si sposano giovani, e non hanno alcuna esperienza su come crescere e trattare i bambini, ed evidentemente le madri non le hanno mai preparate; ecco quindi che, in particolar modo le bambine, si attaccano visceralmente alle loro "tate" nere. Anche Skeeter ama Constantine, la donna di servizio di casa Phelan, che l'ha cresciuta e aiutata nei momenti difficili dell'adolescenza, ma quando torna non la trova, e sua madre le racconta che se n'è andata di sua volontà. Il disagio di Skeeter si fa sempre più grande, e riprendendo a frequentare le sue amiche, Hilly Holbrook (la più prepotente, che influenza pesantemente le decisioni non solo delle amiche, ma di tutta quanta la gente bianca di Jackson, e profondamente razzista), Elizabeth Leefolt e Jolene French, comincia a rendersi conto che le persone nere non sono considerate come persone da questa cerchia. Cominciando a chiedere ad Aibileen Clark, la domestica di Elizabeth, di aiutarla con le risposte alle lettere della sua rubrica sul giornale locale, ecco l'idea: raccontare le loro storie dal loro stesso punto di vista. Non è facile convincere Aibileen inizialmente, ma le cose iniziano a svilupparsi, con incontri "clandestini" a casa della stessa Aibileen. L'editrice però vuole più storie da più fonti differenti: ecco quindi che Aibileen cerca di coinvolgere Minny Jackson, altra lavoratrice domestica di colore, con un caratterino meno accomodante di quello di Aibileen, recentemente rimasta senza lavoro. L'impeto di Minny, e gli eventi del momento, finiranno per cambiare le vite di molte delle protagoniste.


A volte il cinema è strano come la vita. Tate Taylor fino a ieri era un attore dallo scarso successo, e un regista alle prime armi, con alle spalle un cortometraggio e una commedia sconosciuta, valutata pochissimo (Pretty Ugly People). Poi, l'amica d'infanzia Kathryn Stockett, aspirante scrittrice, fa uscire il suo debutto The Help (in Italia, come spesso succede, prima uscito come L'aiuto, poi, dopo l'annuncio dell'uscita del film, ripubblicato come The Help), che diventa un grande successo. Com'è, come non è, affida a lui la trasposizione cinematografica. Taylor scrive la sceneggiatura, ingaggia un manipolo di attrici emergenti (alcune però già ben avviate sulla strada per la celebrità), dirige con diligenza e senza strafare la storia, ed ecco pronto un gran film, che secondo me darà filo da torcere a molti, sulla strada per gli Oscar. Mi piace, degli statunitensi, la loro capacità di autocriticarsi (vabé, non lo fanno proprio tutti gli statunitensi), di ammettere i loro errori nella pur breve storia. Trovo che in Europa riesca solo ai tedeschi, e probabilmente perché l'hanno fatta davvero troppo grossa. Messa da parte questa constatazione personalissima, il film, che supera abbondantemente le due ore, non annoia mai pur avendo un ritmo rilassato, e si prende tutto il tempo per dare spazio alle tre storie fondamentali, che si dilatano in una serie infinita di sottotrame (e di flashback), sempre ben affrontate, con delicatezza, ironia, ma non mancando mai di sottolineare la stupidità del razzismo e l'ignoranza del pregiudizio. Fotografia scintillante di un solare Mississippi, il film è anche sostenuto, come detto, da un cast femminile di talenti innegabili. Quattro le sottolineature importanti: Bryce Dallas Howard e Jessica Chastain le più conosciute, già viste in ruoli da protagoniste, sono rispettivamente Hilly Holbrook e Celia Foote. La prima è eccezionale nel farsi odiare; la seconda è superlativa nel sembrare davvero una classica bionda ingenua e frivola, ma non cattiva. Poi ci sono le due attrici di colore Viola Davis e Octavia Spencer nei panni (sempre rispettivamente) di Aibileen Clark e Minny Jackson. Entrambe caratteriste fino a adesso, ma con una lunghissima filmografia alle spalle, entrambe davvero bravissime in due ruoli opposti (Aibileen silenziosa, dimessa e rassegnata a chinare la testa, Minny orgogliosa, chiacchierona e rumorosa), dimostrano ancora una volta che negli USA anche i caratteristi potrebbero essere potenziali stelle, se gliene fosse data l'opportunità. In mezzo a queste quattro prove di alta qualità, si nota meno quella che avrebbe dovuto essere la protagonista, Emma Stone nei panni di Skeeter Phelan, che adotta un tono recitativo dimesso, ma funzionale al quadro d'insieme. Da non dimenticare le prove delle due "esperte", una misurata Allison Janney nei panni di Charlotte, la madre di Skeeter, e una scoppiettante Sissi Spacek nel ruolo di Missus, la madre di Hilly.


Insomma, un film corale, divertente, godibile, tratto da una storia edificante, che ci ricorda, visto che spesso c'è chi se ne dimentica, che siamo tutti uguali, a prescindere dal colore della pelle.


Edit: da notare la traduzione molto libera della tagline del film. In italiano è "Il vento della libertà inizia a soffiare". L'originale inglese è "Change begins with a whisper", meno pomposo ma non meno significativo.

4 commenti:

exit ha detto...

L'ho visto ieri sera. Carino. Colonna sonora azzeccata.

Pensavo a quella commedia francese "Le donne del sesto piano" con Fabrice Luchini (non mi ricordo più se ne hai parlato, mi sembra di no, se sbaglio rammentami il link): nella Francia degli anni '60 i ricchi hanno domestiche spagnole, se ne servono ma le disprezzano e le costringono a vivere miseramente. Ecco, voglio dire, non illudiamoci che il problema sia risolto. Ogni epoca, ogni società sviluppa e mette in pratica il proprio concetto di razzismo. È storia di tutti i giorni e bisogna stare costantemente all'erta.

jumbolo ha detto...

Tutto giusto. Il film di Luchini non l'ho visto, se mi dici che il tema è questo lo recupero.

exit ha detto...

Sì recuperalo, leggerò con interesse la tua recensione. L'ho trovata una commedia davvero ben scritta e ottimamente interpretata. E poi l'argomento è piuttosto insolito: non sapevo che in Francia negli anni '60 facesse chic avere una domestica spagnola.
L'unico neo, se proprio vogliamo essere pignoli, è il lieto fine un po' da favola. E però neanche tanto: voglio dire, nella vita non si sa mai, possono capitare anche cose belle...:)

jumbolo ha detto...

già. su marte, magari!