L'homme qui voulait vivre sa vie - di Eric Lartigau (2010)
Giudizio sintetico: da vedere (3,5/5)
Giudizio vernacolare: come 'gatti, sette vite
Giudizio vernacolare: come 'gatti, sette vite
Parigi. Paul Exben è un uomo fortunato. Giovane, piacente, probabilmente già ricco di famiglia, è avvocato in uno degli studi più importanti della città, la titolare lo tratta come un figlio, ed è decisa a ritirarsi e a lasciare tutto nelle mani di Paul. Una villa bellissima in un quartiere raffinato, macchina lussuosa e barca (di discrete dimensioni) al mare, Paul ha una bella moglie, Sarah, e due figli, Hugo e Fiona. Davvero non si capisce che cosa una persona può chiedere di più dalla vita. Eppure.
Paul ha qualcosa che lo rode dentro. Ama la moglie alla follia, ma non si fida di lei. Ama i suoi figli più di se stesso, ma non riesce ad essere un padre affettuoso, se non a tratti. Per quanto riguarda Sarah, il suo comportamento negli ultimi giorni lo insospettisce. Prova in tutti i modi ad esprimerle il suo amore, ma è al tempo stesso stizzito, tanto che una sera, a cena con amici e amiche, si ubriaca più del dovuto e dice qualcosa che fa davvero arrabbiare Sarah. La mattina seguente, Paul si alza e trova l'enorme casa deserta. Vede un biglietto sul tavolo della cucina, ma ha il terrore di leggerlo. Probabilmente, ha già capito. Sarah lo ha lasciato, e si è naturalmente portata via i bambini. Disperato, affronta il vicino, Grégoire Kremer, un foto-reporter, perché convinto che abbia una relazione con Sarah. Grégoire non nega nulla, e lo invita ad andarsene, ma mentre sono in giardino...
Tratto dal libro The Big Picture dello scrittore statunitense Douglas Kennedy, questo film del francese Eric Lartigau, regista poco conosciuto da noi, che cura anche la trasposizione, aiutato da diversi collaboratori, non ha avuto grande fortuna, se ho ben capito neppure in patria. Distribuito in pochi altri paesi, in Italia non ci hanno neppure pensato; eppure, nonostante abbia letto in giro alcune recensioni che non ne parlano affatto bene, mi sono fatto incuriosire, ed ho fatto bene. Il film è affascinante, gravita tutto sulle spalle di un sempre più bravo Romain Duris nei panni del protagonista, e riesce ad avvolgere lo spettatore, che nella fase iniziale invece guarda con un certo distacco la vita di Paul, così come lui stesso, del resto. Duris mette in scena perfettamente l'inquietudine che il regista pare voler comunicare, e l'abissale diversità tra gli sfondi (una Parigi quieta e piena di soldi nella prima parte, un Montenegro splendido - la baia di Kotor - nella seconda) fa il resto. Conclusione aperta, con un pre-finale dall'altissima tensione.
Il regista è bravo con le inquadrature, i panorami della seconda parte lo tentano davvero molto, e lui li sfrutta, per poi tornare sul viso perennemente inquieto di Duris. Nonostante il film ci metta un po' ad ingranare, l'inquietudine è ben presente fin dall'inizio, e lo spettatore la percepisce, anche se non sa (ancora) bene come "collocarla". Affascinante perché non si capisce mai dove andrà a parare, avvolgente per il ritmo, lento ma non noioso, il film dura circa due ore ma non scoccia. Oltre al già citato Duris, nella prima parte c'è Catherine Deneuve nei panni della titolare dello studio, ed è brava Marina Fois (compagna del regista) nei panni di Sarah. Efficace Eric Ruf nei panni di Grégoire. Nella seconda parte buca come sempre lo schermo Niels Arestrup (Bartholomé), e c'è la sempre splendida Branka Katic (Ivana), che abbiamo visto spesso, e vanta ormai un curriculum di tutto rispetto: Gatto nero, gatto bianco con Kusturica, Im Juli con Akin, Nemico pubblico con Mann. Era in Jagoda: fragole al supermarket, ed è apparsa in serial statunitensi (Bored To Death e Big Love).
Film molto interessante.
Nessun commento:
Posta un commento