The Iron Lady - di Phyllida Lloyd (2012)
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Giudizio vernacolare: era sempati'a si...
Inghilterra. Una signora piuttosto anziana esce di casa per comprare il latte. Sembra vagamente infastidita dalla maleducazione di alcuni avventori del negozio. Rientra a casa e fa colazione con l'anziano marito, e lo rimbrotta amorevolmente. Ma poco dopo, ecco che arriva l'assistente della signora, e si scopre che la presenza del marito è solo un'allucinazione dell'anziana signora. Questa signora si chiama Margaret, e di cognome fa Thatcher: una donna che, senza dubbio ha segnato la storia politica del novecento, sia nel Regno Unito, sia a livello mondiale.
Ecco un altro film "confezionato" appositamente addosso ad un attore, in questo caso ad un'attrice, per concorrere ad uno degli Oscar più importanti (Leading Role, attore o attrice). Permettetemi una piccola digressione informativa: Meryl Streep, è ovviamente di lei che sto parlando, pensate, è stata candidata ben 16 volte, come miglior attrice protagonista o non protagonista, ed ha vinto due volte (Kramer contro Kramer e La scelta di Sophie); certo, l'ultima vittoria risale ormai al 1982, quindi è logico che ci provi ancora (essendo ancora molto, molto brava). Naturalmente, la Streep in questo caso interpreta Margaret Thatcher nel periodo che va dal 1970 in poi (nella versione "giovane" è interpretata da Alexandra Roach, convincente), ed è l'assoluta mattatrice del film in questione. Limite e grandezza al tempo stesso. Curiosa anche la scelta di affidare la regia ad un'esperta di musical (la Lloyd non ha solo diretto Mamma Mia!, ma anche molte opere sia a teatro che nelle trasposizioni soprattutto televisive). Per fortuna, mi vien da pensare, che la sceneggiatura sia di Abi Morgan, relativamente giovane, che però sono curioso di "vedere" all'opera con Shame (scritto a quattro mani con il regista Steve McQueen), anche se non mi aveva convinto troppo trasponendo Brick Lane (tratta dall'omonimo libro di Monica Ali, ma scritto insieme all'espertissima Laura Jones). Tutto questo panegirico per dire che il film è si interessante, soprattutto quando "entra" nella storia (fate attenzione in modo particolare alla scena della decisione che portò all'affondamento dell'incrociatore argentino General Belgrano, durante la guerra delle Falkland, alle discussioni in merito alla politica economica, o alle conseguenze della poll tax), ma la parte "privata", incentrata sulla figura del marito Denis, sul suo essere leale, solidale, parte integrante del suo successo, e quindi, dopo la sua morte, oggetto della nostalgia (o malattia) allucinatoria di Margaret, sa un po' troppo di sentimentalizzazione romanzata (e forzata). Ecco quindi che la (solita) grandiosa prova di Maryl Streep (e di quella ottima di Jim Broadbent nei panni di Denis), straordinaria se aveste l'occasione di vederla in versione originale, rimane un po' fine a se stessa, dato appunto che nella sua totalità, il film cerca un po' troppo le corde della commozione: la Thatcher è stata una figura politica importantissima, si condividano o no le sue posizioni o le cose che ha fatto, e non ha certo bisogno della nostra compassione. Del resto, la tagline del film recita: Never compromise.
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